martedì 24 maggio 2022

Da una guerra all’altra

“Ma non puoi scrivere qualcosa sulla guerra in Ucraina?” Lo farei volentieri, ma bisogna far molta attenzione a quel che scrivi, perché è estremamente facile esser tacciati di “putinismo” o di altre amenità; è successo in questi ultimi mesi a personaggi ben più noti di me, luminari quali il professor Alessandro Orsini, la filosofa Donatella Di Cesare e lo storico Luciano Canfora. Per queste ragioni non ti viene tanto la voglia di scrivere che la guerra è una cosa malsana; questo lo sanno anche i cani, ma tanti padroni questo assunto non lo vogliono recepire. 
Poi, pensi, ‘ma vuoi mettere il tuo articolo pubblicato con sotto tanto di firma in bella mostra’ ed allora cominci a scrivere qualche frase, qualche pensiero. Oggi è il 24 maggio, quello della canzone del Piave, anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia nel 1915; la guerra dell’inutile strage, come la definì papa Benedetto XV (da non confondere con Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger). 
“Mi sono maritato da pochissimo - disse mio nonno Lorenzo, quando i carabinieri della caserma di Rezzato si presentarono a casa sua per consegnargli la cartolina precetto - e per di più mia moglie Marietta è incinta della prima figlia!”. “Alla patria non interessano i tuoi fatti personali, tua moglie se ne farà una ragione, tu devi partire soldato per conquistare il Trentino”. Tutti gli accordi diplomatici fatti in precedenza per evitare il conflitto armato da parte dell’esercito italiano, non erano serviti a nulla, tanto forte era stata la pressione da parte delle forze interventiste. 
Mi piace sempre ricordare la vigilia del Natale del 1914, le truppe austroungariche di fronte alle francesi e scozzesi erano appostate in trincea per quella che oggi si chiamerebbe guerra di logoramento: ognuno manteneva le proprie posizioni, ogni tanto veniva comandato un tentativo di sfondamento che, immancabilmente, finiva per cozzare mortalmente sui reticolati della trincea nemica. La notte di Natale un cantante lirico, che era stato mandato al fronte per allietare le truppe, intona “Stille Nacht” e subito, dal fronte opposto, un soldato scozzese risponde con le note della sua cornamusa. Il tenore tedesco esce dalla trincea intonando “Adeste Fideles”; seguendone l’esempio, i militari tedeschi, francesi e scozzesi escono allo scoperto incontrandosi nella terra di nessuno, accordandosi per una notte di tregua. I “nemici” festeggiano insieme, si scambiano gli auguri e fraternizzano con una sigaretta, un pezzo di cioccolato assieme ad abbracci e fotografie. I soldati giocano anche una partita di calcio ed ora è davvero difficile pensare di spararsi contro. Il giorno seguente, i comandanti, obbedienti ai loro superiori, sono costretti a riprendere le ostilità. 
Questo fatto avvenne anche la vigilia di Natale dell’anno successivo, sul fronte trentino, dove combatteva nonno Lorenzo; molto probabilmente s’era sparsa la notizia e i militari ne avevano approfittato per una breve pausa di scambio di affetti e di auguri. 
Questa tradizione non accadde mai più; senz’altro le autorità militari avranno preso dei provvedimenti restrittivi nei confronti dei poveri soldati con il cuore tenero ed i piedi buoni, calcisticamente parlando. Voglio pensare che, tra i calciatori di quella sgangherata partita, ci sia stato anche nonno Lorenzo, me lo immagino con una maglia di lana, anche un poco rabberciata, e un paio di brache alla zuava più larghe del dovuto, a correre come una lepre per lanciare il pallone in rete. 
Mio nonno non è più tornato dal fronte, mia madre non ha mai conosciuto suo padre, ma noi in compenso abbiamo ottenuto il Trentino e l’Alto Adige. 
Dopo questa prima guerra mondiale ne è scoppiata un’altra, altrettanto cruenta, forse ancora più bestiale. Dal ’45 ad oggi, sono state decine le guerre combattute in giro per il mondo: da una parte il Patto Atlantico con la Nato, dall'altra il Patto di Varsavia. Ma se, con la caduta del muro di Berlino, il Patto di Varsavia si è dissolto, la Nato ha continuato a “lavorare” underground. 
Alla fine della seconda guerra mondiale, i partigiani che avevano militato nella resistenza italiana, hanno dovuto consegnare le armi che erano state utilizzate. Stranamente un gruppo di persone ben inquadrate e organizzate, tra cui uomini politici del calibro di Francesco Cossiga (sì, quello che è stato poi eletto presidente della Repubblica) e Paolo Emilio Taviani (che non c’entra nulla con i due fratelli Paolo e Vittorio, registi) e militari come l’ammiraglio De Lorenzo, militavano in un’organizzazione segreta ben armata e legata alla Cia americana e ai servizi segreti italiani. Sia Cossiga che Taviani sono stati politici appartenenti allo stesso partito dell’attuale ministro Lorenzo Guerini. 
Ora siamo a Mariupol, presso le acciaierie Azovstal, dove fino a qualche giorno fa erano asserragliati i combattenti del battaglione Azov; chissà, forse tra questi combattenti ci sarà anche il nipote di quel soldato tedesco morto a cui il militare russo aveva sottratto l’orologio da polso, salendo poi sul palazzo del Bundestag a Berlino per issare la bandiera sovietica in segno di vittoria. 
Termino riportando la frase pubblicata da questo blog qualche giorno fa - “ in guerra i soldati obbediscono, gli uomini obiettano” - e uno slogan che a me piace molto: “Ora e sempre renitenza!”.
Giulio Botticini, obiettore di coscienza

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