sabato 27 febbraio 2010

L'AMIANTO NELLA BRUGHIERA




Giovedì si è tenuta a Milano una conferenza dei servizi, cui ha partecipato anche il Comune di Calcinato [di cui non si è fatta comunicazione alla minoranza.. ], sul progetto della ditta Aspireco per un impianto di smaltimento amianto.
In Lombardia attualmente mancano siti di stoccaggio, tanto da dover ricorrere a strutture localizzate in regione Veneto. La litania è sempre la solita: non si è forse oltrepassato il limite di rifiuti depositati nella zona della Brughiera? Ed ancora, non è forse il caso di strutturare un piano di gestione del territorio intercomunale di Calcinato, Montichiari, Castenedolo, Ghedi e limitrofi?

qui sotto riportiamo alcuni articoli di giornale, con osservazioni di Legambiente Montichiari e Medicina Democratica



Fioccano osservazioni in Regione contro l’impianto progettato da Aspireco srl a Montichiari per l’inertizzazione di 240mila tonnellate/anno di amianto. Le più pesanti e dettagliate sono quelle del circolo locale di Legambiente, che ha affidato l’incarico a Marco Caldiroli di Medicina Democratica (già estensore delle osservazioni contro la centrale di Offlaga). Si aggiungono quelle dell’associazione castenedolese «La collina dei castagni» e quelle di un privato cittadino (proprietario della cascina Pasqua) che ha affidato lo studio al prof. Zanoni. Per tutti l’impianto sarebbe la «goccia che fa traboccare il vaso» in un territorio già devastato da una decina di discariche, che ha smaltito la bellezza di 10milioni di tonnellate di rifiuti. Un territorio su cui sono in fase di autorizzazione altre 4 discariche (una per l’amianto da 960mila mc); territorio oppresso dal traffico giornaliero di migliaia di veicoli, che vedrà passare anche la Tav (alta velocità) e la realizzazione di altri milioni di metri quadrati di cemento (centri commerciali e logistici, nuovi capannoni). Tutti sono d’accordo nel sostenere che, con l’impianto e la discarica Ecoeternit a Montichiari, si smaltirebbe in 10 anni la gran parte dell’amianto lombardo (2,7 milioni la stima). Inquietanti e dettagliatissime le osservazioni inviate alla Regione dal dottor Caldiroli (che ha elaborato i dati ufficiali presentati dall’ Aspireco): oltre a confutare nel dettaglio i dati, arriva al nocciolo della questione: il forno per vetrificare l’amianto emetterebbe una quantità spropositata di diossine. «Il limite di emissione per l’amianto (media giornaliera) sarebbe di 0,01 mg/Nmc ovvero 200 fibre/litro ma, dato ancor più preoccupante e inspiegabile, è un limite per le diossine di ben 0,01 mg/Nmc, ovvero un milione di volte superiore al limite applicato per l’incenerimento dei rifiuti (0,1 nanog/mc). L’incredibile dato sulle diossine è confermato dalla tabella E.1 dello Studio impatto ambientale (p. 72–p. 38 della relazione AIA) nella quale il proponente, come nulla fosse, stima una emissione permessa nelle condizioni di emissione dell’impianto proposto (emissioni E1 ed E2, per complessivi tre forni, compreso l’impianto mobile che diventa fisso) di ben 27,65 kg di diossine/anno. Ma anche i 2,76 kg/anno di amianto emesso non sono certamente ininfluenti».
Medicina Democratica poi denuncia sulle Via: «Appare ai più evidente come i pareri Via sui nuovi impianti per rifiuti nell’area vengano continuamente rilasciati in assenza di studi completi e indipendenti, che verifichino l’impatto sulla salute e sull’ambiente delle numerose discariche già esistenti». Inoltre non più rinviabile la necessità di introdurre un’ analisi effettiva degli impatti cumulativi nella Via.
IL REGNO DELLE DISCARICHE.L’associazione Collina dei Castagni e Legambiente insistono invece sulla devastazione già perpetrata: a Montichiari sono presenti «Cava Verde» di Asm (rifiuti urbani per 3.530.000 mc aperta fino al 2011); Vals.Eco 1 (speciali e tossico-nocivi, 1.805 mila mc, in esaurimento), Vals.Eco 2 (speciali e tossico-nocivi, 950.000 mc). Risultano esaurite la «Monti.Ri.Am. 1» (746.000 mc), «Monti.Ri.Am. 2» (300.000 mc), la «Pulimetal» (2.091.057 mc), «Se.Ac 1» (75.124 mc) e «Se.Ac 2» (100 mila mc). In avanzata fase di definizione le richieste Gedit (960.000 mc, la Regione ha già espresso parere favorevole alla Via), Ecoeternit (960.000 mc, Via regionale), Bernardelli inerti (871.000 mc, Via regionale favorevole), Cava verde 2 Montichiariambiente (2 milioni di mc) e la domanda di Aprica Brescia per la realizzazione di un impianto di recupero ceneri pesanti da termoutilizzatore, con capacità di lavorazione di 250.000 t/anno. Infine le discariche presenti (e future) di Calcinato e Castenedolo.

[P. Gorlani - Bresciaoggi - novembre 2009]



Nella nostra provincia ci sono 500mila metri cubi d'amianto da smaltire entro il 2015. Equivalgono alla volumetria totale di Crystal Palace insieme. E riguarderebbero solamente le coperture, visto che le cifre sono state desunte dal telerilevamento effettuato dal Pral (piano regionale amianto Lombardia): vanno aggiunti le quantità interne, quali le coibentazioni e le strutture antirumore. Dati davvero inquietanti, forniti dall'assessore provinciale all'Ambiente Stefano Dotti nell'ultimo consiglio provinciale, rispondendo ad una interrogazione scritta dell'opposizione del Pd. Ma c'è un altro dato preoccupante: la nostra provincia si candida a diventare la pattumiera d'amianto della Lombardia, visto che al Pirellone sono piovute richieste di discariche per un totale di oltre 3 milioni di metri cubi. Autorizzata al momento c'è solo la discarica di via Brocchi in città (80mila mq), che nel 2007 aveva ottenuto il via libera sia di Comune (dell'allora sindaco Corsini) sia della Provincia (allora l'assessore all'Ambiente era Enrico Mattinzoli).
C'è poi la Ecoeternit srl di Montichiari (960 mila mc di cui 605mila contenenti amianto) che ha già ottenuto la Valutazione d'impatto ambientale (Via) favorevole il 10 febbraio: piccolo particolare l'area è ancora sotto sequestro della magistratura perché già si smaltivano illecitamente rifiuti inerti, ancor prima di avere l'autorizzazione. C'è poi la cerca srl di Travagliato, località Madonna Valverde (435mila mc) che ha già incassato il 10 luglio un decreto Via positivo e adesso si avvia la fase di Aia (autorizzazione integrata ambientale), che fa capo alla Provincia. Non è finita: resta il rebus della Profacta spa di Cazzago (2milioni di mc): fino ad aprile 2009 risultava l'iter «discarica monorifiuto cemento-amianto» a settembre viene catalogata come «speciali non pericolosi». Dulcis in fundo: l'Aspireco srl di Gavardo ha iniziato l'iter in Regione per realizzare a Vighizzolo di Montichiari un impianto sperimentale per la trasformazione cristallochimica dell'amianto (240mila tonnellate l'anno): le emissioni di micro fibre di amianto in uscita dai camini dell'impianto saranno abbondantemente sotto i limiti di legge (0,0003 microgrammi di amianto per metro cubo d'aria a fronte di un limite di legge di 0,01). Ma per quanto le limitate, sarebbero l'ennesimo tassello grigio in un quadro ambientale della Bassa non certo roseo.
Risale al 31 agosto un'interrogazione dei consiglieri provinciali Pd al presidente della Provincia Daniele Molgora per chiedere alla Regione «il blocco delle autorizzazioni in corso, proprio perché la nostra provincia verrebbe ad essere la patria dello smaltimento di amianto lombardo e italiano». Chiedeva anche un piano programmatico serio a livello regionale, con una Via regionale e un forte richiamo ai principi dell'autosufficienza provinciale. Ovvero: Brescia si smaltisce i suoi 500mila mc, le altre province lombarde smaltiranno i loro. Chiara la risposta dell'assessore provinciale Dotti: la Regione per quanto riguarda i rifiuti speciali ha delle regole pianificatorie alle quali ci si deve attenere. Inoltre «la circolazione dei rifiuti speciali nella Ue è tendenzialmente libera» anche se una grossa fetta dei quantitativi previsti per lo smaltimento proverrà dalla nostra provincia. Infine per l'assessore è da valutare positivamente il fatto che si tolga amianto dai tetti delle case e delle fabbriche, diminuendo il rischio di inquinamento: «le molteplici attività poste in essere dalle varie strutture coinvolte nel Piano regionale amianto siano da valutare in termini positivi: a fronte di un incremento delle quantità di rifiuti di amianto rimossi ogni anno vi è un giudizio assolutamente rassicurante degli organismi preposti al monitoraggio della concentrazione di fibre d'amianto aerodisperse che valutano basso il rischio per la popolazione». Ultima nota: l'assessore vede di buon occhio l'impianto sperimentale per la vetrificazione dell'amianto, che – quando in funzione – potrebbe rendere superflue l'apertura delle discariche.

OSSERVAZIONI ALL'IMPIANTO ASPIRECO DI LEGAMBIENTE MONTICHIARI E MEDICINA DEMOCRATICA CASTELLANZA




Si presenta qui una sintesi delle osservazioni che il Circolo Legambiente di Montichiari e “MedicinaDemocratica” di Castellanza -VA- hanno presentato,nel settembre scorso, ai competenti uffici della Regione Lombardia relativamente allo Studio di impatto ambientale (SIA) elaborato dalla società Ecosphera e relativo alla proposta di “Impianto di Trattamento e recupero di rifiuti speciali contenenti amianto”, con capacità complessiva di 240.000 tonnellate/anno, ridotto a 200.000 in seconda battuta, che la società Aspireco intende realizzare a Montichiari, via Dritta


1. Quadro programmatico

1.1 E’ presente nel raggio di pochi Km dal sito in oggetto un numero eccezionale di discariche:

in esercizio:
a Montichiari: ASM “Cava Verde” per RSU e assimilabili m3 3.530.000 (scad. prev. 2/2011)
“Vals.Eco 1” per speciali e tossico-nocivi m3 1.805.910, in esaurimento e approvata, probabilmente in via d’esercizio, “Vals.Eco 2” per speciali e tossico-nocivi m3 950.000;

a Calcinato: “Ge.D.I.T.” per speciali non pericolosi e pericolosi non tossico-nocivi m3 1.303.000;

esaurite:
a Montichiari: “Monti.Ri.Am. 1” per speciali e tossico-nocivi m3 746.000; “Monti.Ri.Am. 2” per speciali e tossico-nocivi m3 300.000; “Pulimetal” per speciali assimilabili agli urbani m3 2.091.057 ; “Se.Ac 1” per inerti e speciali cemento-amianto derubricati inerti m 75.124 e “Se.Ac 2” m3 100.000;

a Calcinato: ASM “Antica Idrovora” per RSU e assimilabili m3 2.575.000;

a Castenedolo: ASM “Tra.Se” per RSU e assimilabili m3 985.000.

Questo per un totale, grosso modo, di 15 milioni di m3 già tumulati e in via di tumulazione di rifiuti non pericolosi, speciali non pericolosi e speciali pericolosi che pongono quest’area al vertice della non invidiabile classifica dei luoghi lombardi di massimo conferimento di rifiuti.

- In via di approvazione:
Come se non bastasse, sono in avanzata fase di definizione anche, attenendosi al solo Comune di Montichiari, le richieste per :
“GEDIT” discarica di rifiuti pericolosi di m3 960.000 (la Regione ha già espresso parere favorevole alla V.I.A.);
“ECOETERNIT” discarica di rifiuti non pericolosi con amianto di m3 960.000 (la Regione ha già espresso parere favorevole alla V.I.A.);
“BERNARDELLI INERTI” discarica di rifiuti non pericolosi di m3 871.000 (la Regione ha già espresso parere favorevole alla V.I.A.);
“CAVA VERDE 2 – MONTICHIARIAMBIENTE” discarica per rifiuti non pericolosi (solido-urbani) di 1.990.000 m3 (la procedura per la V.I.A. risulta ancora in istruttoria presso la Regione)

E’ depositata in Regione, al momento sospesa su istanza del committente, la richiesta di “APRICA BRESCIA” per la realizzazione di un impianto di recupero ceneri pesanti da inceneritore di rifiuti con capacità di lavorazione di 250.000 t/anno.

Si ricorda l’obbligo legale di assicurare un “elevato livello di tutela ambientale” che tende a spostare il sistema giuridico europeo dalla considerazione del danno da riparare, alla prevenzione. Questo per uno sviluppo economico davvero sostenibile ed un miglioramento sociale che veda garantita la qualità della vita e l’ambiente quale valore umano fondamentale di ogni persona e della società .


1.2 Nel SIA l’eventuale incremento di traffico diurno feriale dei veicoli pesanti sulla provinciale (per 1 solo impianto!), ex statale 236, è stimato del 10%. Si aumenterà il già pesante, e potenzialmente eccezionale, impatto viabilistico della zona di Fascia d’Oro al centro di programmi infrastrutturali di trasporto imponenti, data la vicinanza all’aeroporto di Montichiari (non a caso tuttora interessato da apposito Piano d’Area con relativa procedura di V.A.S.) peggiorando, ad esempio, la situazione del PM 10. Inoltre appare quantomeno strano che l’area interessata all’impianto vada a sovrapporsi in parte col sedime del percorso ipotizzato per la linea Alta Capacità nella tratta Milano-Venezia.


1.3 Appare ai più evidente come i pareri di V.I.A (Valutazione di Impatto Ambientale),. sui nuovi impianti per rifiuti nell’area vengano continuamente rilasciati in assenza di studi completi ed indipendenti che verifichino l’impatto sulla salute e sull’ambiente delle numerose discariche già esistenti, delle varie attività industriali che vi si esercitano, del pesante carico viabilistico che vi grava e, a maggior ragione, vi graverà in futuro, con un fenomeno di sovrasaturazione per eccessiva densità di tale tipologia di impianti. Ci si avvale dichiaratamente, nell’esprimere tale preoccupato parere, anche dello studio “Indirizzi recupero cave” commissionato nel 2004-5, oltre che agli architetti Cigognetti e Sigurtà, anche all’architetto Cocchi che ora, inopinatamente, troviamo estensore della relazione paesistica che é parte del progetto Aspireco.
Soprattutto ci parrebbe non più rinviabile la necessità di introdurre una analisi effettiva degli impatti cumulativi all’interno della V.I.A.


1.4 Facciamo presente che tra la serie di discariche già realizzate in territorio monteclarense due di quelle esaurite (Seac 1 e Seac 2) sono proprio di amianto. Inoltre la V.I.A. per la discarica “Ecoeternit”, da realizzarsi eventualmente in Via Levate di Vighizzolo (a meno di 2 km. dall’ipotizzato sito dell’impianto Aspireco) ha già ottenuto parere favorevole in Regione. Con i sui 960.000 m3 essa sarebbe una discarica nettamente più grande delle altre due per cemento-amianto ipotizzate per la provincia di Brescia (Travagliato 500.000 m3, S.Polo – Brescia 80.000 m3).
Allora, se nel Piano Regionale Amianto Lombardia si è stimato un quantitativo di 2.700.000-2.800.000 m3 di cemento-amianto da bonificare in Lombardia, si può definire equa e logica l’azione che intenderebbe concentrare nel territorio dello stesso Comune, nel raggio di non più di 5 Km l’una dall’altra, tre discariche e un impianto di incenerimento-trattamento che, da solo, in un decennio sarebbe in grado di smaltire la totalità del cemento amianto da bonificare nella nostra regione?


1.5 L’impianto verrebbe ad inserirsi in prossimità di terreni agricoli destinati a produzione di ortaggi, foraggi per il consumo animale e, soprattutto, sottrarrebbe al paesaggio ed al suolo agricolo oltre 60.000 m2 sin qui individuati dal PRG comunale (che necessiterebbe di modifica) come zona “E1-agricola produttiva” e confermato a livello provinciale dal PTCP come ambito “agricolo strategico.


1.6 La proposta di realizzazione dell’impianto a livello –6 m dal piano campagna prevede la realizzazione di una cava temporanea con asportazione di circa 300.000 m3 di ghiaia da cedere a terzi.


1.7 Ci pare sfuggito ai tecnici estensori del progetto che la limitrofa cascina Pasqua non è affatto disabitata e che il nucleo abitato più prossimo composto da oltre 200 abitanti, residenti in villette unifamiliari, case a schiera e palazzine, è quello di Fascia d’Oro, distante non più di 1 Km dal sito ipotizzato, e non più di 2 Km come dichiarato.


2. Quadro progettuale –Relazione tecnica AIA

2.1 Il processo: Il processo prevede temperature di esercizio molto maggiori rispetto al brevetto alla base della tecnologia, scelta che non viene adeguatamente giustificata, essendo l’85%-90% del rifiuto cemento e solo il resto amianto, di vario tipo. Non si capisce inoltre perché non si usino tecnologie prese ad esempio dall’industria ceramica, come la fornace a tunnel.


2.2 Le scelte tecnologiche-impiantistiche
Dal SIA sembrano impossibili da determinare:
-le modalità d’arrivo dei rifiuti d’amianto
-La segregazione degli ambienti di lavoro
-Elementi per valutare come sono strutturati i locali e le aree “polmone” per la decontaminazione degli addetti. Inoltre:
-i luoghi di lavoro (e i relativi presidi) ove verrà realizzata la bonifica non potranno essere modificati successivamente alla loro realizzazione, seppur in presenza di indicazioni assolutamente carenti.
- Riesce difficile immagine come possa essere indifferente la forma di arrivo dei rifiuti
- Non è chiaro quale sia il destino del capannone di messa in riserva con capacità di stoccaggio di 50000 t una volta completato l’impianto.

Nella SIA si elencano le tipologie di rifiuti di amianto che si intendono accettare senza specificare le stime relative alla quantità annua e/o il fabbisogno di stoccaggio (rifiuti della lavorazione dell’amianto, rifiuti della fabbricazione di amianto cemento oppure contenenti amianto). Si ritiene opportuno che il proponente specifichi le quantità previste per ogni tipologia (codice CER) di rifiuto che si intende conferire all’impianto. Ancor meno comprensibile appare il passaggio ove questi vengono considerati come rifiuti speciali non pericolosi, in contrasto con la normative.

Non vi sono indicazioni relative ai momenti di fermata (programmata) ma anche alle modalità di avvio o dei possibili casi di anomalia di funzionamento che rendono necessaria la fermata dell’impianto (di cui non si conoscono i tempi di arresto/avvio sia in condizioni normali che in situazioni di emergenza e le modalità stesse di avvio/arresto rispetto, in particolare, alla alimentazione dei rifiuti), a parte in caso d’incendio.
Per alcune parti dell’impianto secretate “soggette a know-how aziendale”: i forni, il ciclone, il sistema di lavaggio ad umido “water-system”, la “unità di decontaminazione” nella area di riconfezionamento posta nella “area attrezzata di messa in riserva”, non si ha conoscenza se siano state validate dalla autorità competente.


2.3 La configurazione emissiva
Nei certificati di analisi (CA) presso l’impianto mobile di Arborea (OR), preso come modello, si apprende:

a) Nel CA al camino ARPA Sardegna giugno 2006 i valori la concentrazione di fibre di amianto misurate con le modalità previste dal DLgs 114/95, sono pari a 0,5 fibre/litro (tecnica in MOCF, misura di tutti i tipi di fibre) ma non riporta dati relativi a ”temperatura, pressione dell’aria e velocità di flusso delle fibre di amianto emesse nel condotto”. Non sono inoltre pienamente indicati “uno schema semplice che illustri la collocazione dei punti di prelievo, le dimensioni dei condotti, il volume dei campioni raccolti e il metodo di calcolo utilizzato per determinare i risultati;
b) Dai due CA della Chimica Servizi Srl relativi a campioni ricevuti le emissioni sono pari a 7,7 fibre/litro e 2,6 fibre/litro, ma sono presenti le medesime carenze dei certificati ARPAS ;
c) Da un certificato di analisi della ditta Sardinia Service Srl relativo a un prelievo del 3.04.2007 con risultato <>

Ferme le carenze sopra esposte, indicative di gravi approssimazioni nella presentazione dei dati destinati a fornire elementi di valutazione dell’affidabilità dell’impiantistica adottata e delle modalità di conduzione, nell’allegato 2 vengono proposti dei CA ambientale in punti diversi nel sito e al perimetro dell’impianto di Arborea, dai quali emerge quanto segue:
da prelievi in postazioni interne al sito del 14.12.2006, ARPAS ha riscontrato 0,3; 0,5 e 0,3 fibre/litro di amianto (con medesima tecnica in MOCF adottata per l’analisi al camino), quindi valori pressoché identici a quelli in emissione, senza alcun effetto diluizione ma, viceversa, un evidente effetto di accumulo ambientale.
.
Si segnala inoltre che il sistema di abbattimento previsto è specifico per le polveri/fibre e non per i macroinquinanti da combustione (o lo è solo in parte in relazione al ciclone ad umido, di caratteristiche non note in quanto riservato). Non è previsto un sistema di postcombustione per la completa ossidazione dei fumi prima del trattamento di abbattimento in relazione al trattamento di amianto in matrice cementizia (e con altri materiali come gli imballaggi plastici, i dispositivi di protezione dei lavoratori ecc…).

Secondo quanto riportato dal proponente il limite di emissione per l’amianto (media giornaliera) sarebbe di 0,01 mg/Nmc ovvero 200 fibre/litro ma, dato ancor più preoccupante, e apparentemente inspiegabile un limite per le diossine di ben 0,01 mg/Nmc ovvero un milione di volte superiore al corrispondente limite applicato per l’incenerimento dei rifiuti (0,1 nanog/mc).
Inoltre, incredibilmente, non viene previsto alcun limite per le polveri.
L’incredibile dato relativo alle diossine sarebbe di ben 27,65 kg di diossine/anno che da solo, basterebbe per l’immediata spedizione al mittente del progetto. Basti pensare che l’inventario ENEA stima – al 2005 – emissioni di diossine da tutte le fonti a livello nazionale e su base annua, non superiori a 191,4 grammi. Nella seconda versione la previsione delle diossine emesse viene ridotta a poco meno di 0,01 nanog/mc, indicativo dell’attenzione posta al progetto.
Ma anche i 2,76 kg/anno di amianto emesso non sono certamente ininfluenti.

Il calcolo delle emissioni totali rivela:
-Errori e superficialità nelle stime degli ossidi di carbonio, zolfo e azoto, diossine, IPA, ecc…
-Non vengono specificate le modalità di raffreddamento del materiale e dei fumi fino alle temperature previste (temperatura ambiente per il materiale, fumi a 50 °C).
Inoltre: nel paragrafo dedicato alle risorse idriche non viene indicato il prelievo di acqua per raffreddamento.

Nella parte dedicata al monitoraggio sono previsti monitoraggi semestrali indicati come “da definire” per ossido di carbonio, COVNM, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, PCDD, cloro e inorganici, fluoro e inorganici, amianto, IPA; questo anche per l’analisi annuale dell’amianto nelle acque di scarico.
Non viene previsto un monitoraggio per le polveri sottili (PM10 e PM2,5) né per i metalli (che sono presenti nei materiali “granulati” uniti ai manufatti in amianto), i monitoraggi sono solo semestrali per i macroinquinanti da combustione nonché per il contaminante “caratteristico”, l’amianto.

Il prodotto del trattamento per poter essere riutilizzato come materia prima seconda deve essere esente da cristobalite, sospetta cancerogena, ciò nonostante nessun monitoraggio in tal senso è stato previsto per i prodotti in uscita dall’impianto.
Non viene previsto alcun monitoraggio sulle temperature (previsto esclusivamente per i forni) relativamente al flusso dei fumi e sulle caratteristiche chimico-fisiche degli stessi (pressione, umidità, ossigeno).


3. Quadro ambientale

Un primo aspetto che si vuole evidenziare sono le concentrazioni degli inquinanti, proposte nello SIA, utilizzate per elaborare il modello -6 fibre/l – sono in contrasto al valore di 200 fibre/l, indicato nella parte progettuale. Da notare che non è possibile individuare lo scenario meteoclimatico utilizzato.

Utilizzando il valore di emissione di 200 f/l, anziché 6 f/l, il valore massimo di ricaduta al suolo, anziché 0,0054 fibre/l, sarebbe stato 0,18 fibre/l, un incremento di per sé significativo sia rispetto a quanto indicato dalle linee guida dell’OMS (ancorché riferito a una esposizione di durata di una intera vita) come pure rispetto alle misurazioni ambientali note per le diverse province della Lombardia.
Il limite di 100 fibre/litro preso in considerazione è riferito a una esposizione professionale di 8 ore (e non della popolazione come “media giornaliera”) ed è attualmente un valore limite da non superare (e non un “livello d’azione a cui scattano determinati obblighi”).
Si ritiene che valori superiori a 20 fibre/litro (valutati in MOCF), ottenuti come valori medi su almeno tre campionamenti, possono essere indicativi di una situazione di inquinamento in atto.”

Dal contenuto dello SIA, inoltre, emerge che non sono stati considerati nelle simulazioni i gas serra prodotti oltre a tutti gli altri inquinanti (da combustione del combustibile fossile di supporto e da altri materiali avviati al forno). Per far funzionare l’impianto di 18 MW si utilizzerebbe l’energia consumata in un anno dalle famiglie dell’intera città di Montichiari. La CO2 prodotta necessiterebbe di una foresta di km2 per essere riassorbita. Ma non è possibile a tale proposito reperire in alcuna parte della documentazione riferimenti agli adempimenti previsti dal proponente.


Conclusioni
A fronte di tutte le diverse carenze nella documentazione presentata sopra evidenziate, nonché delle incongruenze e contraddizioni denunziate, con riserva di formulare ulteriori valutazioni nei termini e modi consentiti

SI CHIEDE

che venga espressa una pronuncia negativa di compatibilità ambientale e negata l’autorizzazione richiesta.

venerdì 26 febbraio 2010

DAL CONSIGLIO COMUNALE







Ha fatto presto mercoledì sera il consiglio comunale di Calcinato a piombare
all’argomento clou, la richiesta dei 7 consiglieri di minoranza (William
Spassini, Gialuca Capra, Flavio Vida, Elena Ringhini, Ivan Bertoli, Antonio
Guarisco e Fabio Quinzani) di discutere il “progetto per la realizzazione di
una discarica per lo smaltimento di rifiuti inerti in località Cavicchione”,
che pure era posto all’ultimo punto dell’ordine del giorno.
Nei primi 40 minuti il consiglio ha rimandato l’esame dei due regolamenti per
l'istituzione della commissione per le pari opportunità e per l'assegnazione di
borse di studio per studenti, accettato la cessione gratuita di un’area della
Cooperativa La Famiglia, varato l’accorpamento al demanio stradale di porzioni
di terreni, approvato tre piani attuativi, un piano di recupero, una variante
al Prg per l’adeguamento della fascia di rispetto stradale sulla provinciale
11.
E così alle 21.25 precise, in un’aula affollata dai cittadini, l’assessore
all’ecologia Roberto De Giovanni iniziava la relazione introduttiva sul nuovo
impianto di rifiuti (che, come si ricorderà, era stato approvato a fine anno),
facendo una cronistoria del sito (e, più in generale, delle discariche
calcinatesi) e rivendicando questa volta a merito dell’amministrazione di
“avere ottenuto un aumento dello strato d’argilla di altri 10 cm, un ulteriore
telo di protezione, l’applicazione di un sistema di monitoraggio in tempo
reale, la presenza costante sul posto di un esperto di fiducia del Comune”.
Sottolineando che il nuovo impianto “non inquinerà minimamente il territorio,
né la falda freatica né l’atmosfera”, ha giudicato impensabile opporvisi:
“avremmo dovuto iniziare una causa con il fortissimo rischio di perderla e
trovarci comunque la discarica”.
In seguito sulla decisione presa è intervenuto il consigliere Guarisco,
stigmatizzandone il metodo - “da dicembre a oggi il provvedimento, forse per
motivi d’urgenza, non è passato in consiglio comunale” - e il “merito - “il
nostro territorio è già fortemente compromesso”. Gli ha replicato la sindaca
Legati che ha ricordato “le conferenze dei capigruppo e gli incontri dei
consiglieri con il tecnico incaricato”. “La fretta – ha detto – l’aveva la
Regione, non certo il Comune”.
Il dibattito si è sviluppato poi con il consigliere Capra che ha ricordato
che “nelle linee programmatiche dell’amministrazione c’era scritto di opporsi
fermamente a nuove discariche”, ma il vicesindaco Alberto Bertagna ha ribadito:
“Questa discarica c’è già; i risultati ottenuti non sono una conquista, sono il
minore dei mali. Ora bisogna batterci affinché le cave presenti non diventino
altre discariche”. Anche Bertoli ha invitato a “guardare avanti e prevenire
nuovi e più preoccupanti insediamenti estrattivi che diventeranno altrettante
discariche fino a trasformare l’intera campagna di Calcinatello così come noi
la conosciamo”.
A questo punto il capogruppo di minoranza Spassini chiedeva di “uscire dalla
logica del prendere accorgimenti monetizzando il rischio. Bisogna tirare una
riga e impedire che sorgano altre attività inquinanti sul territorio”. Ha poi
presentato una risoluzione, chiedendo e ottenendo la sospensione della seduta
per consentirne l’esame. Dopo la pausa, la sindaca Legati riapriva i lavori
annunciando la costituzione a breve di “una commissione consiliare che
preparerà una mozione da presentare alla prossima seduta, inaugurando un nuovo
metodo di lavoro collaborativo”. Obiettivo condiviso studiare tutte le modalità
con le quali impedire il ripetersi in futuro di vicende come questa.

giovedì 25 febbraio 2010

A PIE' DEL COLLE SCORRE IL LAMBRO, LIMPIDISSIMO FIUME (francesco petrarca)




[Gabriele Cereda - La Repubblica]


Lambro, dietro quel sabotaggio appalti ed un progetto milionario

Quasi 200mila metri quadri di superfici, piste ciclabili ed edifici ecosostenibili: così dovrebbe cambiare il volto dell'antico complesso industriale di Monza da cui qualcuno ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro e il Po. La Procura indaga sul sottobosco degli appalti


È un affare da mezzo miliardo di euro, un progetto faraonico da 187mila metri quadrati su un terreno di 309mila. Ed è previsto proprio sui terreni della Lombarda Petroli, l´ex raffineria di Villasanta a Monza da cui qualcuno, nella notte tra lunedì e martedì, ha fatto uscire gli ottomila metri cubi di petrolio che hanno avvelenato il Lambro per poi riversarsi nel Po.

Su quell´impianto, e sui terreni che lo circondano, dovrebbero sorgere appartamenti, negozi, capannoni industriali, un grande centro direzionale. In una parola, Ecocity: così lo ha battezzato la Addamiano Engineering di Nova Milanese, che vuole realizzare tutto ciò. Un progetto che da qualche tempo sembra segnare il passo, frenato da una serie di difficoltà economiche, e sul quale ora la catastrofe del Lambro si abbatte con la forza di un ciclone. E le indagini dei carabinieri, della polizia provinciale e del Noe, il nucleo ecologico dell´Arma, sembrano avere già imboccato una direzione precisa: quella del sottobosco dei subappalti.

La Procura di Monza ha aperto un fascicolo per disastro ambientale e avvelenamento delle acque a carico di ignoti. Nessun dubbio che si sia trattato di un sabotaggio a cui hanno preso parte almeno tre persone. Per svuotare le cisterne è necessario sbloccare le valvole, attivare nella giusta sequenza tre comandi e attendere che gli idrocarburi vengano aspirati dal fondo e pompati in apposite tubature. Solo a questo punto si possono aprire le ultime paratie che dovrebbero essere collegate ad autobotti. L´amministratore delegato della Lombarda Petroli, Giuseppe Tagliabue, è stato interrogato a lungo. Sarebbero emerse gravi carenze nella sicurezza dell´impianto.

Nei prossimi giorni verrà sentita anche la famiglia Addamiano: i fratelli Giosuè, Rosario e Matteo, alla guida del holding Addamiano Engineering di Nova Milanese, fondata negli anni Sessanta. I costruttori si sono presentati ai cancelli della Lombarda Petroli per verificare di persona quanto accaduto sui terreni dove a breve prenderà il via il loro progetto di riqualificazione urbana. L´idea di Ecocity è trasformare l´ex raffineria in una cittadella ecosostenibile. Il masterplan è stato realizzato dall´architetto Massimo Roj in collaborazione con progettisti del Politecnico. La prima parte, 80mila metri quadri dedicati all´industria, è già stata realizzati.

Presto dovrebbe partire l´intervento per la costruzione della zona residenziale, altri 36mila metri quadri. Ed entro due anni dovrebbe essere aperto il cantiere per l´edificazione dell´ultima parte, quella direzionale (44mila metri quadri), che si troverebbe proprio dove oggi ci sono le cisterne del deposito carburanti della Lombarda Petroli da cui è uscita la terrificante onda nera che ora avanza lungo il Po. Nel quartiere svetteranno proprio due delle cisterne, simbolo della old economy, reperto di archeologia industriale, che saranno inserite nel nuovo contesto fatto di verde, piazze e piste ciclabili. «È prematuro dire se quanto accaduto rallenterà il nostro lavoro» fanno sapere gli Addamiano. Di certo c´è che questa non è la loro unica opera di lottizzazione di grosse dimensioni.

Sparsi da Nord a Sud, gli Addamiano hanno disseminato l´Italia di quartieri ecosostenibili, ma in questo momento soffrono di scarsa liquidità come molti imprenditori del settore. Un dato, quest´ultimo, che non è sfuggito agli inquirenti che hanno deciso di compiere una serie di accertamenti proprio in questa direzione. E la pista degli interessi legati al mattone prende corpo anche nelle dichiarazioni del presidente della Provincia di Milano, Guido Podestà, che ha dichiarato: «Se la magistratura dovesse individuare nella speculazione edilizia il movente di quest´azione criminalesarebbe necessario porre un vincolo urbanistico su tutte le aree attorno al Lambro».

L´ex raffineria della Lombarda Petroli non è per la verità nelle vicinanze del fiume ferito, ma il sospetto che dietro il sabotaggio alle cisterne ci sia un qualche misterioso interesse legato al futuro di tutta quell´area è la principale pista su cui, per ora, si stanno concentrando procura e carabinieri.




[Rita Querzè - Corriere della Sera]


GLI IMMOBILIARISTI ORIGINARI DI CERIGNOLA, IN PROVINCIA DI FOGGIA, IERI ERANO IRREPERIBILI

Le sette cisterne sabotate nella Ecocity mai decollata alle porte di Monza

Amianto e degrado dappertutto. «Attentato per fare pressioni». Si parla anche di «avvertimento» mafioso

MILANO — «Ecocity, il più grande progetto multifunzionale della Brianza». Dove oggi ci sono le sette cisterne violate della Lombarda Petroli sorgeranno a breve villette, uffici e centri commerciali. Lo annunciano gli enormi cartelli che costeggiano la strada che porta allo stabilimento. In fondo ci sono già i numeri a cui telefonare per prendere informazioni. Una città ecologica su terreni satolli di gasolio? Bella grana per i fratelli Addamiano (Giosuè, Rosario e Matteo), gli artefici del progetto. Ma tant’è, gli immobiliaristi originari di Cerignola, in provincia di Foggia, ieri erano irreperibili. Come del resto Enzo Tagliabue, il proprietario della Lombarda Petroli. Gli Addamiano hanno precisato soltanto che il terreno su cui sorge la Lombarda Petroli è ancora di Tagliabue. Come dire: noi con questo disastro non c’entriamo nulla.

Qui alle porte di Monza tutti sanno che gli Addamiano e Tagliabue si sono intesi da tempo sul futuro dell’area. Una parte dei terreni che erano della Lombarda Petroli sono già passati di mano e ora ospitano una fila di capannoni. Insomma, le sette cisterne svuotate con le cattive avevano i giorni contati. Come testimonia lo stato complessivo del sito: amianto e degrado dappertutto. Del resto il 15 aprile del 2009 il progetto «multifunzionale» è stato approvato dal consiglio comunale. Insomma, si potrebbe partire a suon di fondamenta e calcestruzzo per costruire 172 mila metri quadrati dedicati a uffici, residenza, commerciale e produttivo. Il tutto — recitano le brochure— «immerso in un grande parco di 80 mila metri quadrati».

Ma ora è l’immobiliare a tardare nella firma della convenzione. D’altra parte il mercato del mattone è ingessato dalla crisi. Sottoscrivere il documento vorrebbe dire mettere liquidità nel nuovo progetto. E gli Addamiano adesso sono impegnati su un altro fronte, la commercializzazione del polo tecnologico di Desio sull’ex area Autobianchi. Cui prodest? A chi conveniva avventurarsi di notte dentro il perimetro della Lombarda Petroli (operazione peraltro semplice, la sorveglianza delle telecamere pare fosse limitata al cancello d’ingresso)? Qualcuno sussurra che la responsabilità potrebbe essere dei vecchi dipendenti dell’azienda, cacciati via ad uno ad uno (oggi sono rimasti solo in cinque).

Ma l’assessore regionale al Territorio della Lombardia lascia intuire altre ipotesi.«Questo è un atto doloso di gravità eccezionale — ha detto ieri Davide Boni —. E se qualcuno pensa che così facendo si possa avere qualche agevolazione urbanistica ha sbagliato Regione». Il presidente delle Provincia di Milano, Guido Podestà, si è addirittura spinto oltre: « Potremmo pensare a un vincolo perenne». «E se si trattasse di un avvertimento mafioso?», sussurrano altri. Le infiltrazioni della ’ndrangheta a Buccinasco sono note, ma anche Desio non è estranea al fenomeno. A dipanare il groviglio delle ipotesi in queste ore è la procura di Monza. Il primo punto da chiarire riguarda la quantità di olio combustibile presente nelle cisterne. La Lombarda petroli aveva autocertificato meno di 5 milioni. Una soglia che permetteva una semplificazione delle procedure di sicurezza.




[da Monza Brianza news -http://www.mbnews.it/ambiente/81-ambiente/12471-villasanta-disastro-ambientale-ecco-la-storia-della-lombarda-petroli.html ]

La Lombarda Petroli è un’azienda storica, nata sul finire della Seconda Guerra mondiale e capace, nel 1965, dopo l’accordo con la francese Total, di pompare qualcosa come un milione e mezzo di tonnellate di combustibile.

Giuseppe Tagliabue, 54 anni, presidente della Lombarda Petroli, è rimasto, insieme al cugino Rinaldo, a dirigere l’impresa dopo che lo zio, il fondatore dell’attività, si è ritirato a vita privata. La prima svolta, per la Lombarda Petroli, è datata 1984, quando la raffineria chiude, con buona pace dei suoi 220 operai, e si trasforma in un deposito di stoccaggio di idrocarburi in conto terzi: petrolio, combustibile e gasolio.

Nel 2004, il secondo colpo di scena, i Tagliabue firmano un accordo storico con l’amministrazione comunale di Villasanta: la Lombarda Petroli, circa 330mila metri quadrati, corrispondenti a circa un terzo del territorio comunale, verrà dismessa.

Al suo posto vedrà la luce una nuova città: case, uffici, attività produttive, terziario e, nel mezzo, un parco a punta di diamante. Un restyling che, ultimato, avrebbe un valore stimato tra i 25 e i 50 milioni di euro.

Della partita è Addamiano srl, società immobiliare di Nova Milanese, che progetta un cantiere futuristico: “Eco City Villasanta”. L’accordo è chiaro: Addamiano bonifica l’area, Lombarda Petroli paga.

Sorgono le prime crepe nell’intesa: Addamiano chiede di rivedere il piano licenziato dal comune di Villasanta, trasformando 30mila metri quadrati da uffici a case. Nel frattempo, dopo 15 anni di governo di centrosinistra, in paese, è la volta di una nuova giunta di centrodestra.

Infine, alla Lombarda Petroli scade la convenzione per continuare a utilizzare i 100mila metri quadrati rimasti come deposito di idrocarburi.

Quindi, ieri, il sabotaggio.



HONNY SOIT QUI MAL Y PENSE




da un post di un blog molto divertente sui manifesti elettorali, per ironizzare sul celodurismo leghista, molto proclamato e poco attuato anche dalle nostre parti.

martedì 23 febbraio 2010

AL CONSIGLIO COMUNALE




Bisognerà aspettare ore alla seduta di mercoledì 24 febbraio del consiglio comunale di Calcinato per assistere alla discussione sul “progetto per la realizzazione e l’esercizio di una discarica per lo smaltimento di rifiuti inerti in località Cascina Cavicchione”.
La seduta infatti avrà inizio alle ore 20.45, ma l’argomento che i sette consiglieri comunali della lista di opposizione Calcinato Migliore (William Spassini, Gialuca Capra, Flavio Vida, Elena Ringhini, Ivan Bertoli, Antonio Guarisco e Fabio Quinzani) avevano chiesto di esaminare è stato posto dal sindaco Marika Legati al 12esimo e ultimo punto all’ordine del giorno.
Prima si parlerà un po’ di tutto. Dai prelevamenti dal fondo di riserva, a due regolamenti per l'istituzione della commissione per le pari opportunità fra uomini e donne e per l'assegnazione di borse di studio per studenti meritevoli, alla accettazione della cessione a titolo gratuito di area di proprietà della Cooperativa La Famiglia in via Stazione, all’accorpamento al demanio stradale di porzioni di terreni di proprietà, a tre piani attuativi a Ponte San Marco e a Calcinato, a un piano di recupero in via Cairoli, alla variante al Prg per l’adeguamento della fascia di rispetto stradale sulla provinciale n. 11.
Ormai prossimo all’apertura nella campagna di Calcinatello, l’impianto del Cavicchione ha ricevuto il via a fine anno dalla giunta municipale e si insedierà in un’area già satura di attività di questo genere nel giro di poche centinaia di metri, con elevati impatti a carico dell’ambiente. Nella nuova discarica si propone di smaltire 3.596.000 mc di rifiuti inerti, con un numero di camion indicati per il conferimento dei rifiuti pari a 111 al giorno. La zona circostante inoltre è abitata nelle immediate vicinanze da cascine e abitazioni, e a 1 km e mezzo ci sono le popolose frazioni di Calcinatello e Ponte San Marco. Infine nell’area limitrofa sono presenti, oltre alle case, molte aziende artigianali e industriali che impiegano quotidianamente centinaia di operai e impiegati.