lunedì 31 maggio 2021

Stasera c'è il consiglio comunale

Stasera alle ore 20.30 è convocato in municipio a Calcinato il consiglio comunale. Solamente due gli argomenti posti all'ordine del giorno dal sindaco Nicoletta Maestri, l'esame del rendiconto generale di gestione per l'anno scorso e la determinazione dei valori di monetizzazione per le aree standard in alternativa alla cessione.
Non c'è invece traccia dell'indagine sull’azienda accusata di smaltimento di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti, che ha portato il paese della Bassa su tutti i principali giornali e tivù nazionali.
“Avevamo chiesto di inserire all'ordine del giorno una mozione per impegnare la giunta a costituire il Comune nell' eventuale processo nell' affaire fanghi” dichiara la capogruppo della lista di minoranza In-Patto 2.0, Vincenza Corsini.
“Il consiglio comunale - osserva - ci sembrava la sede più opportuna anche per rispetto delle istituzioni, ma ci è stato risposto che per regolamento non era possibile aggiornare l'ordine del giorno già fissato”.
“In un paese normale, passato alle cronache nazionali e provinciali, vi pare possibile?” chiede Vincenza, per la quale “Calcinato e i suoi cittadini devono poter ascoltare le istituzioni su questo tema: l'intenzione di costituirsi parte civile non va solo dichiarata alla stampa, ma messa nero su bianco con il voto unanime alla nostra mozione”.

domenica 30 maggio 2021

Inquinamento da miasmi: una mamma racconta...

Quanto descritto dagli articoli apparsi in questi giorni sui quotidiani mi ha fatto rabbrividire. Se i presunti reati che vengono contestati saranno provati significa che dal 2018 tutti i cittadini che abitano nella mia zona hanno dormito respirando queste sostanze.
Una domanda sorge spontanea: questo accadeva anche prima del 2018? (naturalmente non avrò mai una risposta). Posso però descrivere cosa capitava durante le notti da fine primavera ad inizio autunno di ogni anno, e ne sono passati più di 20: alla stessa ora, come un orologio svizzero, iniziava a penetrare da qualsiasi apertura un odore acre, irrespirabile, nauseabondo che mi svegliava e non mi permetteva più di dormire. Il miasmo era di tipo stagnante, “pesante”, si insinuava in ogni dove, ad esempio negli armadi! Infatti, al mattino quando li aprivi questo ti avvolgeva a tal punto che ti accompagnava per tutta la giornata. Purtroppo, gli effetti di tutte le lavorazioni che avvenivano in azienda giungevano nella mia zona essendo ubicata a sud della stessa.
All’interno del titolo di un articolo appare la parola “bambino”: già... quante volte in questi anni mio marito ed io, ma credo tutti gli abitanti di questa zona, ci siamo chiesti se fosse corretto che i nostri figli vivessero in simile degrado; già… come tutelarli? L'unica soluzione che avevamo trovato noi era quella di dormire altrove: fare la spola da casa nostra e un B&B oppure affittare un appartamento in un'altra località. In uno stato di diritto è logico che ad una persona sia reso difficoltoso (è un eufemismo) dormire a casa propria? Se altri si fossero trovati nella nostra stessa situazione cosa avrebbero fatto? Tutti noi abbiamo tentato di dialogare con il proprietario dell'azienda per spiegargli quanto fosse drammatico vivere in una situazione di quel tipo, ma non abbiamo avuto comprensione. Quante richieste di aiuto andate a vuoto: la continua ricerca di verità e di chiarezza non ha portato buoni frutti, anzi alcune volte siamo stati fraintesi e bistrattati. Quanta sofferenza e amarezza nel vedere che anche persone a noi care non ci hanno creduto e abbandonato. Quante risposte assurde dagli enti superiori di controllo: l'azienda deve lavorare, l'azienda ha avvisato che avrebbe causato miasmi… l'azienda, l’azienda e il nostro diritto a respirare? Chi avrebbe dovuto tutelarlo? Entrare nella propria casa, costruita con enormi sacrifici, e non riconoscerla perché percepita sporca è una sensazione indescrivibile, solo chi si è trovato a viverla può capire. Che valenza ha la mia voce, la nostra voce come cittadini?
Ringrazio le Forze dell’Ordine per il lavoro svolto e abbraccio gli abitanti di tutte le zone interessate compresa la mia. Mi auguro che il decorso di tutto l’iter giudiziario porti in risalto anche il disagio psicofisico vissuto in tutti questi anni dagli abitanti dei tre Comuni.
Eleonora Tonni

sabato 29 maggio 2021

IsraeIe-Palestina: l'analisi della ricercatrice calcinatese Giulia Macario

Dal cuore del Medio Oriente ci giunge la lettura che del conflitto israelo-palestinese esacerbatosi nei giorni scorsi dà la studiosa calcinatese Giulia Macario. 27 anni, formatasi al Liceo Don Milani di Montichiari, la giovane dopo una nutrita serie di studi internazionali, lavora ora come ricercatrice al Center for Strategic Studies di Amman.
"Molti fatti e fenomeni vengono omessi dai media occidentali nella narrazione di questa vicenda" esordisce, senza negare "le complessità di un conflitto che dura da oltre 70 anni. Le asimmetrie di potere ad oggi sono chiare e dovrebbero guidarci ad una comprensione necessaria per quanto scomoda che non cerca parti immacolate".
“Quello che è accaduto nell’ultimo mese non è che l’ultimo esempio di letture dei fatti che non si intersecano” ."All'inizio dell'ultimo Ramadan - ricorda - l'esercito per una questione di ordine pubblico ha transennato la Porta di Damasco, luogo fortemente simbolico per la comunità palestinese, che invece ha visto in questa decisione l’ennesimo attacco ai propri spazi a cui ha reagito violando il divieto. Le forze di sicurezza hanno risposto con granate, acqua putrescente e cariche della polizia. Le transenne verranno rimosse solo dopo una marcia autorizzata nel centro della Città Vecchia Gerusalemme di gruppi suprematisti ultranazionalisti che a centinaia urlavano 'Morte agli arabi!'.
Successivamente "nel quartiere di Sheikh Jarrah proseguivano le espulsioni forzate dalle case in cui gli abitanti palestinesi avevano vissuto per tutta la vita inserite all’interno di politiche di sostituzione e pulizia etnica documentate. La Corte israeliana ritiene perfettamente legali tali pratiche che inserisce invece in un discorso sulla 'proprietà privata' che diventa mainstream nell'opinione pubblica israeliana che considera legittima l'espropriazione".
"Alle iniziali pacifiche proteste palestinesi che sono montate - prosegue - la polizia ha reagito sparando proiettili rivestiti di gomma colpendo, alle volte irreversibilmente, viso e occhi di decine e decine di manifestanti. Fra il 9 e 10 maggio l’acuirsi degli scontri ha visto molti manifestanti rifugiarsi nella moschea di Al Aqsa, dove l'esercito ha fatto irruzione il mattino seguente in assetto da guerra violando un luogo sacro, azione ascritta all’interno dei crimini di guerra dal diritto internazionale".
"Le cronache di tutto questo in Occidente sono state avvolte da una manipolazione che ne ha appiattito il racconto sulle posizioni del governo israeliano, in coincidenza con un periodo in cui per il premier Netanyahu è urgente distrarre l'opinione pubblica dai suoi guai con la giustizia" sottolinea.
Per Macario "mentre i palestinesi vivono in uno stato di forte vulnerabilità, Israele parla sempre di diritto alla difesa declinando la realtà esclusivamente alle proprie esigenze. Quella fra la supposta democrazia israeliana e il radicalismo della leadership palestinese di Hamas è una antinomia semplicistica. Al di là dei formalismi, la democrazia di Tel Aviv si fonda su un principio di esclusività etnico-religiosa e sulla sostituzione del popolo palestinese a vantaggio della componente ebraica, così facendo nega i diritti fondamentali ai palestinesi, attraverso un regime di apartheid documentato dall'Onu e Human Rights Watch che vede tra vari esempi, processi arbitrari e sommari, la limitazione gli spostamenti e le libertà fondamentali attraverso check point e un’aggressiva militarizzazione. Da anni sta crescendo ad un ritmo assai preoccupante il numero e il peso dei coloni ultraortodossi, usciti rafforzati anche in Parlamento dalle ultime elezioni, si tratta ormai di 667 mila persone e 145 insediamenti illegali e irremovibili".
"D'altro canto - secondo la ricercatrice - è inutile nascondere la problematicità dell'universo di Hamas, movimento che ha una matrice identitaria religiosa, frange militarizzate e scarsa credibilità presso le diplomazie occidentali e internazionali, che preferiscono continuare a interloquire con un'Olp sempre più in crisi, non solo di rappresentanza. A Gaza - dove le condizioni sono disastrose e la vita media si aggira sui 24 anni - servirebbe ben altro. Le forme di clientelismo e i razzi sono armi viete e rudimentali; questi ultimi fra l'altro sono quasi sempre neutralizzati dall'efficientissimo sistema di difesa israeliano Iron Dome e si configurano come reazione sporadica e spesso controproducente alle violenze sistematiche e quotidiane di Israele, che gode in modo esclusivo di impunità e senza essere chiamato alle responsabilità delle proprie azioni criminali davanti alle corti e alla comunità internazionale".
Anche se minoritarie, dall'interno dello Stato ebraico persistono voci di dissenso. "Hanno purtroppo scarso peso politico - osserva Macario - ma dimostrano comunque l'insostenibilità di un modello statuale che nasce e si sviluppa secondo schemi coloniali".
Più in generale, "rispetto alle altre rivolte questa ennesima escalation di violenza è stata maggiormente sotto i riflettori dei social media, che hanno rivelato le censure della stampa internazionale. Stimolata forse anche da ciò, la mobilitazione planetaria è stata impressionante, in termini di dimensioni e partecipazione dopo anni di acritico sostegno a Israele".
"Non so quanto reggerà questa tregua proclamata sotto l'egida dell'Egitto, nazione che sta giocando la sua partita nel tentativo di ritrovare un ruolo di preminenza nell'area" dichiara.
"Era chiaro a tutti che era impossibile continuare così, il problema è capire cosa succederà ora. Con tutta probabilità si tornerà allo status quo e alla violazione dei diritti, fino al prossimo incendio. Se non si affrontano i nodi che impediscono di trovare una coesistenza pacifica si susseguiranno continui eventi di violenza e stallo”.
Ma ci sarà mai una convivenza pacifica? “Ad oggi nessun attore internazionale è interessato a trovare una via d'uscita sostenibile: alcuni parlano di un Israele secolare, non più fondato sull’ebraicità. Col numero di fedi cristiane e musulmane presenti, questo Stato dovrebbe rimettere in discussione se stesso nella sua natura più essenziale e fondante, praticamente fantascienza o romantica utopia. Gli accordi di Oslo sono rimasti lettera morta - due popoli, due stati, si diceva; ad oggi tutto questo è impraticabile, l'edilizia vorace dei coloni e l’espansionismo su più fronti concertato con il silenzio e la viltà della comunità internazionale hanno portato a una domanda molto meno ambiziosa: 'come gestire i diritti dei palestinesi?'. Un processo di riscrittura così importante deve passare dalle soluzioni che le comunità troveranno".

venerdì 28 maggio 2021

28 maggio 1974-2021: noi non dimentichiamo

Nel 47esimo anniversario della strage fascista di Piazza della Loggia, oggi a Brescia le cerimonie istituzionali si apriranno alle ore 10.12, quando in piazza risuoneranno gli otto rintocchi in ricordo dei caduti.
Seguirà l’incontro nel Salone Vanvitelliano con Casa della Memoria e Cgil-Cisl-Uil: interverranno Marta Cartabia (ministra della Giustizia), Monica Falocchi (coordinatrice infermieristica del reparto di rianimazione 1 degli Spedali Civili di Brescia) e Ivan Pedretti (segretario generale Spi-Cgil).
Nel pomeriggio alle ore 18, sempre in piazza, ci sarà il presidio statico “28 maggio 1974-2021: Piazza Loggia, piazza di lotta”, con parole e musiche di “Quelli di AO”, Collettivo UNO, CUB Brescia, USB Brescia, Centro sociale 28 Maggio di Rovato, Donne e Uomini contro la guerra, Osservatorio sulle nuove destre-Azione Antifa Brescia, Prc, SA, PaP, PCL, Centro studi Maitan-Berneri e Comitato Senza Confini.
Sempre alle ore 18, nell’attigua piazza Rovetta, è in programma il presidio statico indetto da Brescia Antifascista con le parole d’ordine “C’era una volta e c’è ancora una piazza. Ci sono otto vittime, alcuni colpevoli, nessun mandante. Siamo qui oggi ai nostri posti dove eravamo ieri e saremo domani”.

giovedì 27 maggio 2021

Inquinamento da miasmi: non solo a Calcinato

Anima del movimento contro le aziende che ammorbano l'aria con i propri miasmi a Quinzano d'Oglio è Barbara Mantovani, portavoce del locale Comitato Cittadini, la quale parla di un vero e proprio sistema di “smaltimento di rifiuti speciali, mascherato da produzione di gessi di defecazione”.
“Quinzano negli anni è diventata una delle terre dei fuochi d'Italia” sottolinea. “Siamo stati a lungo prigionieri nelle nostre case e spesso abbiamo dovuto abbandonarle per diverse ore della giornata perché diventavano vere e proprie camere a gas. Le emissioni odorigene erano fortissime, quasi ogni giorno c'erano folate di tanfo insopportabile che innescavano tosse, malesseri, conati di vomito, prendevano occhi e gola; gli animali da cortile hanno sviluppato svariate patologie".
La donna punta l'attenzione “non solo sui terreni inquinati, problematica peraltro gravissima, ma anche sulle malattie sviluppate nella nostra zona in correlazione con tossicità ambientali, dal cancro alla sensibilità chimica multipla". "Personalmente - racconta - ho dovuto fare a spese mie delle indagine ambientali e delle analisi sulle matrici cellulari di alcune persone, esaminate in laboratori stranieri, dagli Stati Uniti al Regno Unito, per avere una valutazione da parte di enti prestigiosi e impermeabili a ogni potenziale condizionamento esterno".
"Nelle cellule di queste persone - spiega - io ho trovato sostanze tossiche come l'acido epossioleico, la tartrazina, l'ortoxinolo e altri elementi che penetrando le membrane plasmatiche possono creare importanti disordini cellulari. Inoltre ho rinvenuto tassi di piombo e mercurio ben sopra il limite massimo di esposizione, anche in bambini molto piccoli. Ciò può comportare seri rischi di insorgenza di anemie ed infarti, che spesso si manifestano con sintomi di affaticamento, miastenia, effetti negativi sulla memoria e sulla funzione cognitiva, ai quali si dà poca importanza perché sono tipici dell’età".
Mantovani chiede ora "che venga fatta chiarezza anche sul fatto che la nota documentale delle mie analisi, inoltrata nel lontano 2013 in Procura attraverso un avvocato civilista del Foro di Roma, possa finalmente ricevere una valutazione".
"Senza la fermezza e la costanza di Imma Lascialfari, presidente del Comitato Ambiente Futuro Lombardia - osserva - non saremmo arrivati all'importante risultato di questi giorni. Parafrasando Feuerbach, noi siamo quello che mangiamo. Quindi il fatto che siano per anni state sversate queste sostanze inquinanti nei terreni costituisce una bomba ecologica per la catena e la filiera agroalimentare, dai foraggi ai mangimi, dal latte alla carne al formaggio".
"Mai più lungaggini burocratiche, mai più abbassare l'attenzione su questa emergenza" conclude la combattiva signora della Bassa.

mercoledì 26 maggio 2021

l dialoghi shock alla Wte: «CHISSA' IL BIMBO CHE MANGIA IL MAIS CRESCIUTO SUI FANGHI»

Il dorso bresciano del “Corriere della Sera” oggi pubblica questo inquietante servizio dei giornalisti Gorlani e Rodella, che ringraziamo per il loro lavoro.

l dialoghi shock alla Wte: «CHISSA' IL BIMBO CHE MANGIA IL MAIS CRESCIUTO SUI FANGHI»

Le intercettazioni nella ditta finita sotto sequestro per traffico di rifiuti.

«Io ogni tanto ci penso eh… Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi… Io sono stato consapevolmente un delinquente». Così parla Antonio Maria Carucci, laureato in Scienze geologiche e a libro paga della Wte, al telefono con Simone Bianchini, un contoterzista che quei fanghi li spandeva nei campi della bassa bresciana. Lasciano di sasso le intercettazioni telefoniche e ambientali condotte dai Carabinieri Forestali su delega della procura, contenute nelle 204 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Elena Stefana nell’ambito dell’inchiesta che conta 15 indagati e ha portato al sequestro della ditta bresciana produttrice di fanghi e gessi di defecazione.
Ben 150 mila le tonnellate finite nei campi degli agricoltori dal gennaio 2018 al 6 agosto 2019. Agricoltori spesso ignari del potere inquinante di quelle sostanze, che — a detta di Arpa e del consulente della procura, l’ingegner Santo Cozzupoli — erano veri e propri rifiuti. Agli agricoltori gli addetti della Wte raccontavano si trattasse di scarti della produzione agroalimentare. «Sono un mentitore!... Io…finisco all’inferno» dice ridendo in modo spregiudicato ancora Carucci (ex dipendente della Cre srl di Sesto San Giovanni, che si occupa di trattamento di fanghi della depurazione in agricoltura, con alle spalle una condanna per traffico illecito di rifiuti) al telefono con Ottavia Ferri, dipendente della Wte, che replica, sempre ridendo: «Lo facciamo per il bene dell’azienda!».
L’azienda è quella dell’ingegner Giuseppe Giustacchini, amministratore delegato della Wte, finita al centro di esposti e denunce presentati dai cittadini già dal 2011 per le molestie olfattive prodotte dai fanghi. La Provincia negli anni le ha più volte contestato l’irregolarità delle lavorazioni, imponendo migliorie agli impianti e Arpa ha dimostrato il carico inquinante di quei fanghi, con il superamento dei limiti soglia per zinco, stagno, idrocarburi, toluene, fenolo, cianuri, cloruri, nichel-rame, solfati, arsenico, selenio. Ma è solo con l’inchiesta scattata a gennaio 2018, condotta dal pm Mauro Tenaglia (trasferito a Verona) e passata al collega Teodoro Catananti, che i Carabinieri Forestali dimostrano le condotte illecite e spregiudicate del «re» bresciano dei fanghi, dei suoi collaboratori e dei contoterzisti pagati (fino a 100 mila euro al mese) per spargerli sui terreni agricoli. Fanghi che stando all’accusa non venivano lavorati a norma di legge, risparmiando così una montagna di soldi, tanto che Giustacchini poteva recuperare la materia prima da società pubbliche e private ad un prezzo imbattibile. Dalle analisi prodotte con le autocertificazioni tutto però era regolare.
Giustacchini ha potuto contare anche sul supporto di Luigi Mille, direttore dell’Agenzia Interregionale per il fiume Po, che aveva un rapporto di consulenza con Giustacchini ed è finito indagato per traffico di influenze illecite. «Sfruttando relazioni esistenti (o comunque asserite) con altri pubblici ufficiali — scrive il gip nell’ordinanza — in particolare con Ettore Prandini (presidente Coldiretti), Fabio Rolfi (assessore all’agricoltura di Regione Lombardia), l’onorevole Guido Guidesi (ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), Fabio Carella (direttore generale Arpa Lombardia), Loredana Massi (funzionaria ufficio rifiuti della Provincia), indebitamente si faceva dare e promettere da Giustacchini denaro, vantaggi patrimoniali e altre utilità (regalie, incarichi di consulenze) quale prezzo della propria mediazione illecita verso i suddetti pubblici ufficiali». Autorità pubbliche, deve essere molto chiaro, che non sono in alcun modo coinvolte nell’indagine. L’ingegner Mille invece l’ 8 agosto 2018 viene intercettato negli uffici del settore Ambiente della Provincia, dove sollecita la funzionaria Massi in merito all’autorizzazione per il nuovo impianto Wte a Calcinato («sono venuto qui per la solita cosa, che aspetta una delibera…»), sentendosi rispondere che l’istanza era inammissibile: «L’è impossibile quel che domanda quel gnaro lì…sono arrivati i corpi di polizia e gli hanno fatto un casino».
La procura aveva chiesto alcune misure personali: gli arresti domiciliari nei confronti di Mille e di Cristian Franzoni (un contoterzista) e la custodia cautelare in carcere invece per Giustacchini e altri suoi dipendenti o terzisti che spargevano fanghi (oltre a Carucci anche Ottavia Ferri, Simone Bianchini, Vittorio Balestrieri, Gabriele Fogale). Per il gip, però, gli illeciti più gravi sono cessati dall’agosto 2019, con un primo blitz delle forze dell’ordine in azienda. Quindi non si ravvisa il rischio di reiterazione del reato o dell’inquinamento probatorio, viste le prove già raccolte in abbondanza. Il giudice ha però disposto il sequestro di 12,36 milioni di euro (per gli illeciti profitti ottenuti dal 1 gennaio 2018 al 6 agosto 2018): oltre 11 milioni a carico della Wte, altri 683 mila euro alla società lavorazioni agricole Gruppo Bianchini di Mazzano, 173 mila euro alla la società Agri E.N.T. srl di Calvisano, 81 mila euro alla società Franzoni Luca e Oscar (riconducibile a Cristian Franzoni) di Calvisano e 127 mila euro alla società di Balestrieri Vittorio &C-sas di Castelvisconti (Cr).
Nelle tante intercettazioni finite agli atti è però Giuseppe Giustacchini che (parlando con Simone Bianchini e Carucci) palesa come i fanghi non venissero trattati secondo le norme di legge, impartisce ordini su come camuffarli ed esprime la volontà di trovare a tutti i costi terreni dove spargerli ( « non mi faccio inc… dalla Forestale perché voi non mi avete trovato i terreni, perché la prossima volta mi chiudono eh!»). A lui e ai suoi sodali vengono contestati anche i reati di molestie olfattive e la creazione di discariche abusive, per la quantità abnorme di fanghi sparsi sui terreni decine di volte oltre i limiti consentiti.

martedì 25 maggio 2021

Indagini sull'inquinamento: conferenza-stampa a Calcinatello

Affollata conferenza-stampa dei movimenti ecologisti martedì in via Cavour a Calcinatello, nei pressi della sede dell’azienda accusata da ieri mattina dalla Procura di smaltimento di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti.
“Lunedì - ha esordito Imma Lascialfari, portavoce del Comitato Ambiente Futuro Lombardia - è stata una giornata epocale per noi cittadini, che abbiamo vinto contro l'arroganza di chi della legalità s'è sempre beffato”.
“Dopo anni di denunce, finalmente si è arrivati ad una prima vittoria” ha detto. “Nessuno di noi esulta perché si chiudono le ditte, ma l'errore è a monte: per il profitto di pochi, contro il disagio di molti, perché, se tutto si fosse svolto nella legalità, oggi non saremmo qui. Avere conferma di ciò che sospettavamo ci fa piacere ma al contempo ci rattrista, perché vuol dire che per anni sono stati sversati sui nostri territori veleni camuffati da fertilizzanti”.
In sostanza, “ti cercavano, ti aravano il terreno, ti regalavano il fertilizzante e, dulcis in fundo venivi pagato; alla faccia di noi, ignari cittadini, che ne avremo subito le conseguenze nella catena alimentare”.
Ha poi chiesto “agli inquirenti che venga fatta chiarezza sulle responsabilità dei funzionari pubblici coinvolti, compresi i politici, affinché siano rimossi da incarichi eventualmente ricoperti”.
“Il Sistema Procura-Carabinieri-Arpa - ha concluso – si dimostra ancora una volta strumento molto efficace a Brescia nel contrasto dei reati ambientali”.
È poi intervenuta la portavoce del Comitato Cittadini Laura Corsini, che ha esordito ricordando che “solo la tenacia porta a far sì che le cariche preposte ai controlli pongano attenzione alle situazioni ambientali. Le normative non sono semplici e ciò consente spesso rimpalli di responsabilità fra gli enti”.
“Dal 2009 a Calcinato i cittadini avevano segnalato al Comune l’inadeguatezza logistica e le problematiche collegate a impianti del genere, soprattutto gli impatti olfattivi. Da allora per i cittadini inizia un lungo iter procedurale con telefonate alla Polizia Locale per segnalare odori, problemi di viabilità, perdita di gessi di defecazione e fanghi. Si chiedono continuamente incontri, accessi agli atti e si presentano relazioni”.
Corsini ha poi ripercorso analiticamente tutte le tappe degli interventi, “una storia lunga, ma necessaria. La situazione è peggiore di quanto potevamo pensare. Le responsabilità sono multiple: dell’azienda e dei consulenti, dei collaboratori che vedevano e non denunciavano, degli agricoltori (ma questi non sono agricoltori) che si sono fatti comprare per arature gratis, della politica che si stupisce di tutto sempre dopo”.
“Siamo rattristati perché non sappiamo gli effetti di quanto accadrà” ha concluso, preannunciando che il Comitato sta “valutando con i propri legali di costituirsi parte civile nell’eventuale processo. Ci auguriamo che il Comune faccia altrettanto”.
E per il Comune, oltre ad alcuni consiglieri, fra il pubblico c'era anche il sindaco Nicoletta Maestri. “Nella tutela dell'ambiente non ci sono buoni e cattivi - ha detto - ma è necessario rafforzare la collaborazione fra cittadini, istituzioni e forze dell'ordine. Sono almeno 10 anni che il Comune con la Polizia Locale emana ordinanze e presenta denunce alla Procura su questa situazione per chiedere l'apertura di indagini, l'ultima nell'aprile 2020”. Al termine dell'incontro il primo cittadino e Laura Corsini si sono espresse reciproci ringraziamenti, auspicando di rafforzare la collaborazione in difesa della legalità.

domenica 23 maggio 2021

I portuali italiani dicono no alla guerra di Israele

Anche i lavoratori portuali di Ravenna comunicano che non caricheranno armi o altri materiali bellici diretti in Israele. Come già i loro compagni di Livorno e Napoli, anch’essi rifiutano la guerra. 
"I lavoratori del porto di Ravenna si rifiuteranno di caricare armi, esplosivi o altro materiale bellico che possano alimentare il conflitto tra Israele e Hamas" scrivono in una nota congiunta Cgil, Cisl e Uil e le loro categoria dei trasporti, Filt, Fit e Uiltrasporti. 
I portuali si schierano "contro l’uso della guerra come strumento per dirimere i conflitti" e sollecitano il governo italiano, la comunità internazionale e l’Onu a "intervenire urgentemente per imporre il cessate il fuoco tra le parti in guerra: il mondo del lavoro e i lavoratori del porto di Ravenna vogliono contribuire con questo atto concreto alla ricerca di una soluzione al conflitto che crei le condizioni per la pace tra i popoli israeliano e palestinese e per il loro diritto a vivere pacificamente in un proprio stato libero e indipendente, mettendo fine ad una guerra che da decenni ha mietuto decine di migliaia di vittime innocenti".
I sindacati  erano venuti a sapere che nei prossimi giorni una nave ormeggerà al porto di Ravenna per imbarcare alcuni container contenenti materiali bellici. Il carico dovrebbe essere sbarcato in un porto israeliano. Se la nave si presentasse le organizzazioni sindacali di categorie dichiareranno lo sciopero impedendo l'operazione.

sabato 22 maggio 2021

Depuratore del Garda a Esenta: le ragioni del no

C'eravamo anche noi questo pomeriggio a manifestare contro la proposta di realizzare il nuovo depuratore del Garda a Esenta.
Nella piazza antistante la chiesa parrocchiale della frazione di Lonato l'iniziativa era organizzata dal neonato Comitato Tutela Ambiente, A presentare il sodalizio è stato il portavoce Danilo Zeni. Il quale ha sottolineato come “come questa presenza porta anche nel nostro Comune le ragioni dell'ambientalismo. Solo se coordinate le diverse realtà possono rafforzare le proprie ragioni nel dialogo con gli enti locali. Non è un caso che esordiamo contro l'ipotesi di localizzare qui il depuratore del Garda, se ne parla dal 2008 ed è uscita fuori nuovo adesso dopo che erano state proposte diverse altre sedi”.
A spiegare analiticamente le ragioni del no è stato Giovanni Contiero, storico esponente di Ritrovo Lonato, che ha parlato di “scelta devastante sotto il profilo ambientale e del consumo di suolo agricolo, per l'impatto che avrà su viabilità e vivibilità dei territori, a causa dei necessari km di condotte che da Salò percorreranno il territorio fino al lido di Lonato e poi da lì verso Maguzzano, la Rassica, per raggiungere Esenta”.
“In uscita dal depuratore - ha aggiunto - i reflui confluirebbero verso la Roggia Lonata che qui alimenta una centrale idroelettrica per poi dirigersi, attraverso Castiglione delle Stiviere, sui suoli irrigui dell'alto mantovano e raggiungere attraverso altri canali il fiume Mincio. L'unica soluzione veramente sostenibile è il potenziamento del depuratore di Peschiera e la riqualificazione della condotta sublacuale, che costituirebbe una soluzione di gran lunga più economica rispetto alla realizzazione di un nuovo depuratore e di nuove condotte”.
Il notevole risparmio è ben evidenziato da uno studio dell'ingegnere goriziano Pieraimondo Cappella, illustrato dal Gianluca Bordiga, Presidente della Federazione delle associazioni del fiume Chiese e del lago d'Idro Lo studio evidenzia diverse cose molto importanti: i minori costi economici (oltre il 40% in meno), i minori costi sociali durante i lavori (niente cantieri a bloccare la circolazione stradale) e le migliori garanzie sotto il profilo ecologico e ambientale, legate al mantenimento e controllo di gestione di un unico depuratore.
Le ragioni del no del fronte mantovano sono state poi rappresentate da Gian Battista Ruzzenenti, sindaco di Medole per sei legislature fino al 2019, mentre Laura Corsini del Comitato Cittadini di Calcinato con il suo icastico intervento ha chiamato alla mobilitazione: “Cittadini, uscite di casa: fra un mese sarà troppo tardi”.
E gli abitanti della frazione saranno i protagonisti martedì 25 del consiglio comunale convocato in adunanza aperta proprio davanti alla Chiesa di Esenta per le ore 19 dal sindaco Roberto Tardani. All'ordine del giorno la “riqualificazione del sistema di depurazione e collettamento delle acque del Garda”. In quella sede sarà presentato un documento in cui decine di gruppi ambientalisti della zona chiedono di “arrestare la procedura in corso e ristrutturare la configurazione esistente, con costi enormemente inferiori ad ogni ipotesi di trasferire la depurazione di una parte dei reflui in altri territori al di fuori del bacino gardesano, perché trasferire la depurazione occidentale significa costruire un nuovo megaimpianto con il relativo nuovo collettamento, per una lunghezza di molte decine di km sia per raggiungere il nuovo impianto che per scaricare la depurazione”.

mercoledì 19 maggio 2021

Bedizzole: si riparla dell'impianto forsu

C'erano anche gli ambientalisti ieri alla prima Conferenza di Servizi convocata a Brescia per discutere il nuovo progetto presentato da A2A per un impianto di trattamento dei rifiuti che, in località Fusina a Bedizzole, ai confini con Calcinato e Lonato, dovrebbe trattare tutta la frazione umida dei rifiuti domestici (la cosiddetta forsu) della nostra provincia, producendo biometano e compost.
Vi hanno partecipato, fra gli altri, Laura Corsini del Comitato Cittadini, i consulenti del Laboratorio Ambiente Attilio Bonetta e Donatella Decise e Imma Lascialfari di Ambiente Futuro Lombardia.
“A2A avrebbe dovuto presentare il nuovo progetto di impianto – raccontano gli ecologisti presenti all'incontro - mentre i tecnici hanno illustrato solo alcune slide, peraltro non significative e carenti dei chiarimenti richiesti dalla Provincia all'atto del diniego al precedente progetto”.
Secondo loro “il progetto è un maldestro e rustico 'copia e incolla' del precedente, bocciato dalla Provincia lo scorso ottobre, riportando tra l’altro alcuni elementi peggiorativi. Nulla cambia: identico il luogo dove A2A chiede di realizzare l’impianto a Bedizzole, in una situazione di pressione ambientale e di presenza di realtà insalubri già oltre i limiti definiti da tutte le norme europee e nazionali”.
“Rispetto allo scorso anno oltre agli aspetti tecnici, anche la situazione ambientale, della qualità dell’aria e dei rischi per la salute pubblica, è peggiorata” osservano.
Entro la scadenza dei termini per le osservazioni al progetto - fissata per sabato 5 giugno - i comitati ambientalisti annunciano che presenteranno “una dettagliata e corposa documentazione tecnico-scientifica, impiantistica in grado di demolire qualsiasi velleità del colosso bresciano-milanese attraverso più di 87 solidi motivi ostativi”.
“Poiché i tecnici di A2A hanno esercitato uno sforzo minimo per copiare e incollare il progetto già bocciato e apportare alcuni peggioramenti, restano evidenti alcuni dati che dovrebbero allarmare i cittadini e gli amministratori locali”, afferma dal canto suo Stefano Apuzzo, direttore di Laboratorio Ambiente ed ex deputato.
Fra le criticità rilevate, “l'aumento del traffico pesante, il fatto che l’impianto non è collegato alla rete fognaria e deve smaltire enormi quantità di reflui, un flusso emissivo previsto di ben 270.000 m3/h pesantemente gravato di contaminanti, soprattutto ammoniaca”.
Il tutto in un'area già interessata da problemi odorigeni, alta velocità ferroviaria, impianti, discariche e realtà di trattamento rifiuti ad elevato impatto ambientale.

martedì 18 maggio 2021

Casa di Riposo: segretario-direttore cercasi

La Fondazione Casa di Riposo di Calcinato sta raccogliendo le candidature per l’assunzione di un nuovo segretario-direttore. Il testo completo dell’avviso è consultabile sul sito internet www.casariposocalcinato.itGli interessati possono inoltrare la propria domanda entro le ore 12 di venerdì 28 maggio. Informazioni e ragguagli allo 030.963221.

lunedì 17 maggio 2021

No al depuratore del Garda a Esenta

Alla fine, e dopo tanto tempo perso, sembra che sulla depurazione reflui fognari bresciani la scelta sia tornata alla proposta originaria: un depuratore a Lonato. Acque Bresciane ha confermato quello che la politica aveva già deciso da tempo: la scelta di localizzare il depuratore per i reflui bresciani del Garda con un nuovo impianto di 80 mila mq in località Esenta, frazione lonatese. Certo si è cercata la partecipazione di tutti gli interessati, si sono fatti i tavoli di discussione tra tecnici, amministratori e rappresentanti delle associazioni. 
Tutto molto interessante, ma la decisione ripetiamo, era già stata presa dalla politica a livello provinciale: il Depuratore doveva sorgere a Lonato, dove era già stato pensato tanto tempo fa dall'allora presidente del Consorzio Garda Uno. Una scelta scellerata, malgrado sia stata valutata dai vertici di Acque Bresciane come una scelta assolutamente sostenibile: è devastante sotto il profilo ambientale e del consumo di suolo agricolo, per l'impatto che avrà su viabilità e vivibilità dei territori, a causa dei necessari km di condotte che da Salò percorreranno il territorio fino al lido di Lonato e poi da lì verso Maguzzano, la Rassica, per raggiungere Esenta dove il Depuratore è localizzato. 
Appare evidente che si è voluto dare ascolto alla politica localizzando a Lonato il nuovo depuratore anche se ancora non si è individuato con esattezza il corpo recettore per le acque che da questo usciranno. È straordinario: quella che è sempre stata la principale querelle in materia di depurazione, cioè la inadeguatezza del fiume Chiese quale corpo recettore, non è ancora risolta. Anzi, nella prima bozza del progetto Esenta, il fiume Chiese continua ad essere il corpo recettore per i prodotti in fuoriuscita dal depuratore e forse continuerà ad esserlo, nonostante, durante i tavoli di discussione, siano state avanzate fantasiose soluzioni per la salvaguardia del Chiese (che ha naturalmente tutto il diritto di essere salvaguardato). Si è proposto di utilizzare la Roggia Lonata, un canale artificiale che deriva dalla stesso Chiese, e poi il Canale Virgilio: una fantasiosa «cordamolla» idraulica per conferire i reflui del depuratore al fiume Mincio o in alternativa al fiume Oglio. Questa la straordinaria forza della Mozione approvata in Consiglio Provinciale, la Sarnico per intenderci, colta a pieno da Acque Bresciane: trasferire i reflui del depuratore il più lontano possibile dai comuni bresciani che si affacciano sul Lago di Garda. In uscita dal depuratore i reflui confluiscono verso la Roggia Lonata. 
A Esenta la Roggia alimenta una centrale idroelettrica per poi dirigersi, attraversandolo, il centro di Castiglione delle Stiviere, prima di arrivare sui suoli irrigui dell'alto mantovano e raggiungere attraverso altri canali il fiume Mincio. Ammesso che sia quella la destinazione finale, è facile immaginare che i cittadini mantovani non siano certo entusiasti di tale soluzione. Torniamo alla gestione politica del problema depurazione reflui fognari dei Comuni Bresciani del Lago di Garda e alla scelta sempre perseguita di arrivare ad un'unica Grande Opera consortile che servisse tutti i Comuni, alla decisione che questa opera dovesse sorgere ex novo, senza privilegiare il potenziamento di impianti esistenti. Una scelta che, a partire dalla Mozione Sarnico in Consiglio Provinciale, è trasversale a tutti i principali partiti di destra e sinistra rappresentati nello stesso Consiglio. Sarà interessante ora capire come faranno Lega, Forza Italia ma anche PD a far digerire la scelta ai cittadini lonatesi e mantovani. 
Si è invece sempre voluto rifiutare l'unica soluzione veramente sostenibile, che è il potenziamento del depuratore di Peschiera. Una soluzione che avrebbe risparmiato 80 mila mq di terreno agricolo fertile e la devastazione di territori per le condotte. Costi mai adeguatamente considerati nella progettazione dell'opera. Non solo: la soluzione del potenziamento di Peschiera e il mantenimento (ma anche rifacimento) della condotta sublacuale, che ha sinora egregiamente garantito il trasporto dei reflui verso Peschiera, costituirebbe una soluzione di gran lunga più economica rispetto alla realizzazione di un nuovo depuratore e di nuove condotte. Un risparmio ben evidenziato nello studio redatto dall'ing. Cappella di Gorizia, presentato pochi giorni fa ad Acque Bresciane, in cui si evidenzia come il perseguimento della soluzione definita potenziamento del depuratore esistente di Peschiera, il trasferimento dei liquami da Toscolano a Torri, per la parte nord del lago, sia da preferire a quella di Lonato-Esenta. Lo studio evidenzia diverse cose molto importanti: i minori costi economici (oltre il 40% in meno), i minori costi sociali durante i lavori (niente cantieri a bloccare la circolazione stradale) e le migliori garanzie sotto il profilo ecologico e ambientale, legate al mantenimento e controllo di gestione di un unico depuratore. Siamo con chi afferma che questa soluzione non possa essere ignorata. Siamo con chi indica anche il possibile ricorso alla Corte dei Conti perché sia preferita.

Giovanni Contiero, Ritrovo Lonato 

Chile: banderas de unidad?

In Cile vincono i partiti di sinistra e i movimenti indigeni sia nelle votazioni locali sia nelle elezioni per l’Assemblea costituente, chiamata a redigere una nuova Costituzione che cancellerà quella promulgata durante la dittatura di Pinochet nel 1980 e ancora in vigore. 
Insieme superano ampiamente la maggioranza dei 155 seggi a disposizione. Debacle per la destra che nell’Assemblea avrà i soli 38 seggi di Chile Vamos.  28 li conquista Apruebo Dignidad (formato dal Frente Amplio e dal Partito comunista cileno) e 25 Apruebo (che comprende socialisti, Ppd e Democrazia cristiana) e 1 il Partito Umanista. 17 sono i membri eletti delle comunità indigene e ben 48 gli indipendenti portavoce del movimento che dal 19 ottobre 2019 scese in piazza chiedendo trasformazioni sociali radicali e una nuova Costituzione. 
Di particolare rilievo è il fatto che la destra non ha nemmeno raggiunto l’obiettivo minimo di un terzo dei seggi della Costituente, elemento che le avrebbe permesso un’azione di blocco delle decisioni a lei meno gradite. 

domenica 16 maggio 2021

Tutti i giusti li ha divorati l’orco

Tutti i giusti li ha divorati l'orco
sopravvivono solo gli assassini e quelli che assassini diverranno.
Dal cielo piovono pentole di olio bollente
le case basta un soffio e sono polvere.

Fino all'orizzonte tutto e' morte e deserto
carovane di superstiti escono dalle macerie
come fantasmi affamati e sbigottiti
di essere ancora vivi.

Non piove manna ma chiodi e scorpioni
non angeli parlano ma draghi di ferro
tutta l'aria ha consumato il fuoco
tutto il giorno e' diventato notte.

Io vedo tutto questo e sono trasformato
in sacco di spine
in statua di sale.

Peppe Sini

sabato 15 maggio 2021

Martedì 18 c'è il consiglio comunale

È quasi interamente dedicato alle iniziative della minoranza a Calcinato il consiglio comunale convocato per martedì 18 maggio alle ore 21.30 dal sindaco Nicoletta Maestri in municipio.
Tre le interrogazioni a risposta scritta presentate dal gruppo consiliare di opposizione "Calcinato In-Patto 2.0": sul degrado all'area dell'ex macello in via Cimitero, sul depuratore di Ponte San Marco e ampliamento di quello di Calcinatello e sulle bonifiche lungo il tracciato della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Brescia-Verona. Ci sarà poi l'esame di una mozione, sempre della minoranza, sulle “"attività di informazione e consulenza alla popolazione prioritariamente interessata dai lavori del Tav" e infine si discuterà della proposta - illustrata dal vicesindaco e assessore all’Urbanistica e Servizi Sociali Mirco Cinquetti – di “rinuncia del diritto ad uso pubblico di parcheggi pertinenziali in via XX Settembre”.

venerdì 14 maggio 2021

Alla Malora un corso di agroforestazione

Mercoledì 19 e giovedì 20 maggio alla Cascina La Malora di Calcinato il permacultore Giuseppe Sannicandro terrà un corso esperienziale sulla agroforestazione.
Noto a livello internazionale per i suoi progetti ecologici, il docente è stato il cofondatore dell’associazione Regen ed è consulenze di aziende agricole multifunzionali ed ecovillaggi interessati alla agricoltura rigenerativa, alle food forest e alla orticoltura sostenibile.
Dalle ore 9 alle 19 l'esperto condurrà i partecipanti in due giornate di full immersion nella formazione teorico-pratica. La prima sarà dedicata agli alberi, al ruolo della vegetazione nell'ecosistema, alla preparazione di aiuole agroforestali e alla gestione di un'agroforesta. Nella seconda ci si concentrerà sull'orto all’interno di un sistema rigenerativo, dalla progettazione all'allestimento, ai metodi di miglioramento della fertilità del suolo, preparazione dei trapianti e semine, alla propagazione delle piante, semi, talee e piantine.
“Le agroforeste sono sistemi di coltivazione basati su policolture, quindi con più piante nello stesso impianto, di cui molte perenni o autoseminanti” ci racconta la signora Erica Cherubini, che ha organizzato il corso nell'ambito del suo progetto di rivitalizzazione degli oltre 7 mila metri quadrati di fronte alla cascina, per realizzarne un piccolo esempio qui, con orti, frutteti, fiori e cespugli, su progetto proprio di Sannicandro.
“Un’agroforesta - sottolinea - tende all’autofertilità e autoregolazione, attraverso la gestione di piante da supporto accanto a quelle di diretto uso umano (alberi da frutto, piante officinali, da tisana ecc.), imitando il bosco per ottenere la massima produzione da una piccola o grande area, riducendo col tempo al minimo input esterni”.
Informazioni e prenotazioni al 335/6857399. C'è anche la possibilità di partecipare a una sola giornata.

giovedì 13 maggio 2021

Contro le discriminazioni un presidio a Brescia

Sabato 15 maggio è in programma un presidio per chiedere l’approvazione del disegno di legge Zan anche a Brescia. L’appuntamento è alle ore 17.30 in Piazza Vittoria.
Il disegno di legge Zan prevede aggravanti specifiche per i crimini d’odio e discriminazioni contro omosessuali, transessuali, donne e disabili e sta facendo nascere diverse e accese discussioni nel mondo politico, ma anche nel dibattito pubblico. Il ddl è stato approvato nel novembre 2020 alla Camera. Ma dopo il primo via libera, la legge è rimasta per lunghi mesi in stallo nella stessa commissione.
Nonostante il caos che ha generato, i punti del disegno di legge sono ben definiti: il principio che guida tutti gli articoli è quello della «prevenzione e del contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità».

mercoledì 12 maggio 2021

Bedizzole: chiuse le indagini preliminari sulla discarica, interviene il Comitato Cittadini

Fa discutere la conclusione delle indagini preliminari sulla discarica Green Up di Bedizzole: l'accusa della Procura di Brescia, per quanto avvenne nell'estate 2019, è di “concorso di persone in incendio di cosa propria pluriaggravato mediante omissione”.
Sul tema interviene la presidente del Comitato Cittadini Laura Corsini, la quale segnala come "già nel 2018 la commissione di inchiesta parlava in più passaggi di criticità, inottemperanze e osservava che gli incaricati presenti in discarica al momento degli incendi, si erano pure immedesimanti sia nelle vesti di 'vigili del fuoco' iniziando le procedure di spegnimento; addirittura nell'ultimo incendio avevano preso pure la decisione di non contattare Arpa, la quale dichiarava di venire a conoscenza dell’incendio soltanto nel sopralluogo del 4 dicembre 2017 in quanto non allertata".
Secondo la leader ambientalista "tre incendi non erano bastati a mettere in campo le sicurezze imposte dagli enti. Nel 2019 si verifica anche un quarto incendio in un territorio dove la politica locale si inalbera quando i 'comitatini' evidenziano che Brescia è anche la terra dei fuochi, oltre a quella dei buchi".
"Il Comitato Cittadini - informa Corsini - aveva effettuato segnalazioni e inoltrato esposti, che speriamo siano serviti. Ora speriamo che le indagini portino all’individuazione dei responsabili, che a nostro avviso dovrebbero essere allontanati da ogni attività legate alla gestione di aziende che trattano rifiuti, visto che hanno dimostrato una incapacità professionale che poteva anche causare conseguenze gravissime".
"In questi anni - commenta - abbiamo letto molto di questa azienda che, passando dalla tangenziale alla statale, cambia ogni giorno la sua morfologia. Accumuli di terra e rifiuti a occhio nudo si alzano e si abbassano, ponendo a molti cittadini la domanda del motivo di questo continuo spostamento di materiale, che ricordiamo è fatto di rifiuti speciali, seppur non pericoloso. E mai che la ditta abbia porto le proprie scuse alla cittadinanza per la mancanze derivate dalla non attivazione dei sistemi di sicurezza dell’impianto che, oltre al trattamento dei rifiuti, gestisce anche il ciclo di combustione a biogas".
"Ci siamo invece trovati a leggere dichiarazioni su nuovi posti di lavori (come se il lavoro potesse giustificare tutto), su compensazioni per le criticità che l’azienda reca al territorio, che non sono mai legate a mitigazioni in loco per attenuare e diminuire impatti visivi e odorigeni" commenta, ricordando che "ascoltare le necessità di un territorio non è fare da sponsor alle squadre di calcio bedizzolesi o donare euro al Comune. Ascoltare il territorio, dando in modo concreto un contributo, significa investire al meglio nelle tecnologie e nella messa in sicurezza della propria azienda per la tutela di tutti i cittadini".

domenica 9 maggio 2021

Una nuova primavera per La Malora

I campi della Cascina Malora a ridosso della strada provinciale 28 torneranno a vivere all'insegna dell'agricoltura sostenibile. Una buona notizia soprattutto per chi ha seguito con tristezza il progressivo degrado dell'antico rustico che per la tenacia dei proprietari, soprattutto dell'indimenticabile sindachessa Maria Bianchi, è riuscito a superare indenne insieme alle sue pertinenze la cementificazione selvaggia degli ultimi decenni del secolo scorso.
La Malora è un nome che suscita tante fantasie ma che, non avendo alcun riscontro documentario fino alla fine dell'Ottocento, può essere solo attribuito a qualche disgrazia economica dei suoi abitanti in un'epoca in cui bastava una grandinata o un'epidemia del bestiame per far andare in malora, cioè in rovina, tante famiglie del proletariato rurale.
Spirito libero, salde radici su territorio, anima di questa rigenerazione è Erica Cherubini, che fra una piantumazione e l'altra racconta il suo singolare progetto. “La mia esperienza a 360 gradi nel mondo del verde mi ha spinto a mettermi in gioco”.
Negoziante di fiori in centro a Brescia già negli anni '90, Erica ha poi operato a lungo nella gestione del verde indoor per hotel, ristoranti, aziende, allestimenti floreali per eventi e matrimoni, organizzazione di fiere e showroom.
“Nel '99 - racconta - aprii a Desenzano del Garda un mio laboratorio, 'Blooms unconventional floral decorations', con importanti collaborazioni nel panorama verde internazionale. “Attraverso diverse altre esperienze in questi vent'anni ho poi abbandonato ogni lavoro stabile e mi sono messa alla ricerca in movimento, tra fiori, piante e natura, guidata dalla mia creatività”.
Un marito e quattro figli non le hanno impedito di continuare a sognare e nel drammatico tempo della clausura da Covid-19 sboccia l'idea. “Da tempo la osservavo” sottolinea. “Nessuno ci vive da decenni; depredata e vandalizzata, in alcuni scorci si vede la natura prenderne possesso, benché i terreni attorno siano coltivati dalla Fattoria Serenissima e il giardino, mantenuto curato, conservi il disegno e le piantumazioni dell’ultimo tentativo di metterla a nuovo, senza farle perdere il sapore della tradizione contadina che si respira in ogni mattone”.
“Dal mio balcone in via della Filanda, al terzo piano di una palazzina, la vedevo ogni giorno e intanto gli anni passavano fra lavoro, figli, crescita personale” racconta. “Sognavo di viverci coltivando un pezzo di terra. Col Covid mi son ritrovata con un discreto vuoto professionale e molto tempo per riflettere su come provare a realizzare il sogno”.
“Da consulente e progettista per attività commerciali che si occupano di vendita di piante e fiori, mi definisco una green visual merchandiser: mi appassiona creare allestimenti, progettare spazi di vendita, studiare e sperimentare tecniche di coltivazione. Al di là di agricoltura biodinamica, sinergica, permacultura, non ci si può fossilizzare su un’unica tecnica: bisogna lasciarsi guidare dalla terra, ascoltarne i bisogni, le ferite, cooperare con lei per ottenere risultati, che si tratti di un pomodoro, fiori, frutta o benessere personale. Con questa avventura alla Malora andrò alla ricerca della mia tecnica, che scoprirò sul campo di giorno in giorno”.
“Grazie a un accordo con la proprietà - annuncia - ora mi ritrovo custode di oltre 7 mila mq proprio di fronte alla cascina dei miei sogni. Vi sorgerà una piccola agroforesta, progettata con Giuseppe Sannicandro, esperto di sistemi agroforestali. Parto da questa tecnica perché trovo affascinante l’idea di imitare il bosco, che ha un sistema di autoregolazione impeccabile: tutto crescerà lentamente, con un’attività legata a una passione e al desiderio di vivere a ritmi rallentati. Ci saranno un orto, un frutteto misto, fiori, cespugli, il tutto governato da consociazioni, rotazioni culturali e concimazioni naturali, per ottenere prodotti sani e nutrienti”.
“Ci vorranno alcuni anni per vedere i risultati - ammette - ma nel frattempo vorrei che questo spazio diventasse occasione per promuovere queste conoscenze”.
Da febbraio sono iniziati i lavori di impostazione del frutteto e dell’orto-giardino: “È bellissimo non solo lavorare conversando con le persone che hanno ricordi legati a questo sito, ma anche riportarvi qualcosa di bello da vedere, esperienze da condividere, un'area che diventi una sorta di aula a cielo aperto. Per le prime semine mi hanno aiutata le mie figlie e i e i figli di mia sorella, un’esperienza che spero di poter offrire ad altri bambini e ragazzi, per stimolare la loro curiosità e riavvicinarli all’agricoltura”.
“Vorrei infine che chi da queste parti abbia varietà tradizionali delle nostre zone da salvaguardare (fiori, frutti o ortaggi) si senta libero di rivolgersi a me” conclude. “Troveremo uno spazio e me ne prenderò cura, inserendoli nella foresta, come una biblioteca botanica all’aria aperta”.

mercoledì 5 maggio 2021

E’ morto, non facciamone un eroe


Dopo due mesi è morto
per protestare è morto
per le sue idee è morto.

E’ morto, non facciamone un eroe.

Aveva delle idee, ci credeva.
Voleva più giustizia, ci credeva.
Cercava la sua gente, ci credeva.

Ci credeva ed è morto.

Ai funerali tante persone, è un eroe.
Il suo nome sui giornali, è un eroe.
Finirà appeso ai libri, è un eroe.

E’ un eroe, peccato!

Flavio Marcolini, 9 maggio 1981
per Bobby Sands morto il 5 maggio 1981 digiunando in carcere nell’Ulster.

martedì 4 maggio 2021

In digiuno per far cessare l'orrore della strage degli innocenti nel Mediterraneo

Come tutti i primi mercoledi' del mese anche questo mercoledi' 5 maggio le persone che partecipano al "Digiuno di giustizia in solidarieta' con i migranti" digiuneranno, digiuneremo, per denunciare l'orrore della strage degli innocenti nel Mediterraneo, l'orrore dei lager libici dei quali il governo italiano e' complice, l'orrore della schiavitu' e dell'apartheid nel nostro paese.
Digiuneranno, digiuneremo, per chiedere che l'Italia torni alla legalita', alla civilta', all'umanita', al rispetto del primo di tutti i doveri: il dovere di non uccidere, il dovere di salvare le vite.
Ed anche chi scrive queste righe ancora una volta prendera' parte a questo giorno di digiuno mensile. Che e' ben misera cosa, ma almeno vuol essere un grido di dolore e di denuncia, di scandalo e di appello a quanti chiudono gli occhi dinanzi alla strage in corso, una strage che possiamo e dobbiamo far cessare con un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze che costringa chi ci governa a rispettare finalmente il dovere sancito dalla Costituzione della repubblica italiana - cosi' come dalla Dichiarazione universale dei diritti umani - di rispettare e difendere i diritti di tutti gli esseri umani e primo fra tutti il diritto alla vita.
Dobbiamo soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto, tutte le persone in fuga dall'orrore, tutte le persone in pericolo di morte.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Benito D'Ippolito

lunedì 3 maggio 2021

Una colonia felina a Ponte San Marco

Da qualche settimana nella zona industriale di Ponte San Marco, a ridosso della ex strada statale 11 fuori dall'abitato in direzione Brescia, è sorta una colonia felina gestita da un gruppo di volontari che hanno censito gli animali nei pressi di un ristorante che si è rivelato per essi prezioso.
Si tratta di una quindicina di gatti di varia provenienza e razza, fra i quali ci sono quattro cuccioli. "Stiamo operando affinché a tutti loro siano garantite le necessarie cure e assistenza e siano sterilizzati" racconta Mauro Bonforti, uno dei volontari. "Purtroppo abbiamo trovato diversi mici in cattive condizioni: una gatta ha un probabile tumore all’orecchio ed è in osservazione, mentre un'altra aveva una emorragia uterina ed è stato necessario asportare tutto".
"I gatti di cui ci occupiamo ora stanno decisamente meglio e quando saranno ritenuti più docili saranno dati in adozione" sottolinea Cinzia Ce, che informa di "una importante collaborazione in corso con Ats e alcuni veterinari privati. Ma ci serve un aiuto concreto e per questo abbiamo aperto una raccolta ad hoc sulla piattaforma gofund.com, intitolata 'La colonia Ponte San Marco'”.
I volontari hanno realizzato un fotoreportage per sensibilizzare la cittadinanza, corredato da una serie di informazioni a disposizione di tutti gli interessati.
"La sterilizzazione - informa Bonforti - è una procedura necessaria per evitare una vita sulla strada ai mici. La creazione di una colonia serve ad ottenere l’ufficialità e a portare a conoscenza del sindaco questa problematica situazione, sotto la cui responsabilità, è bene ricordarlo, sono tutti gli animali da strada e quindi anche questi felini".
L'accorato invito dei volontari "a tutti i cittadini è a collaborare, operativamente; siamo a buon punto, ma necessitiamo di risorse, non ingenti, ma certe. Pertanto invitiamo a non portare pappe, ma coordinarsi con il gruppo: nella fase delle catture i gatti devono essere un po' affamati altrimenti non entrano nelle gabbie".
Gli interessati a seguire questa esperienza di accudimento dal basso possono farlo sulla pagina Facebook "Amici a 4 zampe Calcinato". Ulteriori informazioni e ragguagli si possono acquisire telefonando al 339.8052045 .