martedì 27 dicembre 2011

Le Acli a dìfesa dell'acqua bene comune

Ponte S.Marco, 23 dicembre 2011

Ill.mo Sig. Sindaco del
Comune di Calcinato

Oggetto: Richiesta chiarimenti

Il circolo Acli di Ponte San Marco intende comunicarle con la presente la più viva e attenta preoccupazione per il continuo succedersi di notizie che interessano il nostro territorio.
Il tema riguarda l’adesione del sistema di depurazione acqua del Comune di Calcinato alla AATO.
La perplessità maggiore è legata alla sottoscrizione di accordi con la Provincia di Brescia: come previsto dalla manovra Monti, infatti, l’esistenza degli enti provinciali terminerà a fine mandato.
Chi diventerà responsabile della gestione dell’acqua a quel punto e chi se ne occuperà? Finché non si è certi della sorte delle province, prendere decisioni così importanti in questo ambito pare essere forse un po’ avventato.
In caso si decida comunque di prendere accordi con tali enti, ci auguriamo che l’organizzazione sia gestita da un ente pubblico non a scopo li lucro (come il referendum ha stabilito), poiché questa è una scelta amministrativa le cui responsabilità politiche ricadono su chi governa, e per dovere, e per obbligo.
Inoltre, si ha notizia di informazioni sull’evolversi della procedura di adesione senza sapere ad ora le relative garanzie per i cittadini calcinatesi. Quello che ci interessa, in conclusione, è che non venga sprecato il patrimonio del nostro Comune in termini di impianti e che venga garantita la tutela dell’utenza rispetto allo stato attuale.
In attesa di riscontro, porgiamo distinti saluti.

Il presidente
Ettore Siverio

giovedì 22 dicembre 2011

Acqua azzurra

Martedì 27 dicembre approda in consiglio comunale a Calcinato la proposta di affidamento a una società esterna della gestione dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione.
Per verificare insieme se la delibera assunta rispetterà l'opinione espressa dai cittadini che anche a Calcinato in stragrande maggioranza a giugno hanno votato sì ai due referendum sull'acqua bene comune, l'appuntamento è alle ore 20.45 in municipio.
Si preparino ad attendere gli interessati a capire se l’acqua di Calcinato verrà gestita fuori dal Comune, perché il tema è stato posto dal sindaco all'ottavo punto dell’ordine del giorno della seduta.

martedì 20 dicembre 2011

Acqua calda

L'ipotesi, ventilata nei giorni scorsi, di concedere entro fine anno in gestione la rete idrica e fognaria del Comune di Calcinato ha suscitato la reazione del locale Comitato Salute Ambiente, che ha diffuso una lettera aperta inviata al sindaco Marika Legati, in cui il presidente del sodalizio Roberto Sigurtà esprime netto dissenso nei confronti di questa possibilità.
Dal punto di vista economico gli ambientalisti giudicano "l’offerta ricevuta (si parla di "un vantaggio economico a sei zeri da parte della Società speciale della Provincia") priva dei basilari requisiti, commerciali e contrattuali. La compensazione economica potrebbe forse considerarsi allettante per un’amministrazione in crisi economica che limita la propria visione nel breve periodo, ma volgendo lo sguardo a una visione più prolungata (almeno decennale), il vantaggio economico si aggira a poco più di 200mila euro all’anno, ben inferiori alle rimanenze che il nostro servizio idrico già offre".
Per quanto concerne l'aspetto normativo sottolineano che "i riferimenti legislativi indicati sono superati e inesistenti alla luce degli esiti referendari, infatti il Comune non deve sottostare a nessuna scadenza al 31 dicembre". "E' evidente che il vuoto normativo attuale è tale da sconsigliare assolutamente una presa di posizione in materia per l’immediato futuro" osserva il Comitato.
Infine la questione politica. "Se lo scenario legislativo non è mutato verso la direzione della privatizzazione dell’acqua, anzi tutt’altro grazie all’espressione referendaria - rileva Sigurtà - non sussiste nessun rilevante vantaggio economico lungimirante o a lungo termine (anzi i costi delle tariffe aumenteranno e le disponibilità per il Comune diminuiranno a causa della mancanza dei proventi tariffari)".
Il rifiuto che il Comitato chiede al sindaco di opporre alla "proposta di cessione" è collegato a una richiesta di "chiarezza sul futuro della gestione, futuro che noi vediamo, in qualsiasi caso, con un’impostazione veramente consorziale tra i comuni, che cooperino e ne mantengono sia la responsabilità che la diretta gestione ognuno delle proprie infrastrutture, ma con una gestione partecipativa sui programmi e sugli investimenti".
E a mo' d'esempio, propone di "sostenere la proposta di legge d’iniziativa popolare redatta dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua che racchiude al proprio interno le soluzioni per una gestione del ciclo dell’acqua come bene indispensabile all’uomo, da proteggere, tutelare e utilizzare in modo responsabile".
Dal canto suo, il primo cittadino ammette che "è arrivata una proposta di valorizzazione degli impianti da parte dell'Uffficio d'ambito provinciale, l'ex Ato, e da oltre un mese l'amministrazione sta procedendo alla consultazione degli organi preposti, dalla conferenza dei capigruppo consiliari alla commissione ecologia alla consulta ambientale".
"La nostra controposta è stata accettata con una lettera del 6 dicembre scorso dall'Ufficio d'ambito" informa. "Essa prevede investimenti di riqualificazione e miglioramento degli impianti. in particolare il depuratore di Calcinatello con la relativa dorsale di collegamento con tutto l'abitato e con gli insediamenti industriali a est di Ponte San Marco, opera per noi prioritaria".
Quanto ai riferimenti normativi fatti dal Comitato, il sindaco li giudica "non propriamente corretti, soprattutto dopo il referendum del giugno scorso, in quanto riguardano le modalità di gestione di servizio, ovvero i rapporti fra l'Ufficio d'ambito provinciale e le società che gesticono operativamante il servizio sui territori".
"Ma a noi - sottolinea Legati - interessa la normativa che riguarda la gestione del servizio idrico integrato, sulla quale non c'è dubbio che dal prossimo 1° gennaio non sarà più possibile amministrarla in economia come Comune. Ciò non significa privatizzare il servizio e il ciclo dell'acqua. Il comune non lo gestirà più direttamente, ma lo affiderà comunque a un ente interamente pubblico, la cui assemblea è formato da tutti sindaci della provincia. Fra l'altro, in sede di assemblea dei primi cittadini, è stata avanzata la proposta di privilegiare le società in house, interamente pubbliche".
E a questo proposito, conclude osservando che "le modalità d'ingresso e dell'affidamento sono diverse da comune a comune. Il nostro acquedotto è in buono stato e l'ufficio d'ambito ha riconosciuto questa prerogativa con una adeguata remunerazione economica per gli investimenti fatti in passato".
flavio marcolini

mercoledì 14 dicembre 2011

Una firma per abbassare i compensi dei politici eletti. Subito!

Invitiamo tutti gli amici e i compagni a sottoscrivere la petizione popolare per rendere illegale il trattamento privilegiato della classe politica.
La proposta di legge di iniziativa popolare punta all’“adeguamento alla media europea degli stipendi, emolumenti, indennità degli eletti negli organi di rappresentanza nazionale e locale”.
L’iniziativa, nata in modo trasversale ai partiti e promossa a livello nazionale dal gruppo “Nun Te Regghe Più” che prende il nome dalla canzone di Rino Gaetano, ha come obiettivo la promulgazione di una legge di iniziativa popolare formata da un solo articolo: “i parlamentari italiani eletti al senato della repubblica, alla camera dei deputati, il presidente del consiglio, i ministri, i consiglieri e gli assessori regionali, provinciali e comunali, i governatori delle regioni, i presidenti delle province, i sindaci eletti dai cittadini, i funzionari nominati nelle aziende a partecipazione pubblica, ed equiparati non debbono percepire, a titolo di emolumenti, stipendi, indennità, tenuto conto del costo della vita e del potere reale di acquisto nell’unione europea, più della media aritmetica europea degli eletti negli altri paesi dell’unione per incarichi equivalenti”
è possibile firmare all’ufficio anagrafe del comune di calcinato tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 12.30, il sabato dalle 9 alle 11, il martedì e il giovedì anche al pomeriggio dalle 16 alle 18.

lunedì 12 dicembre 2011

Tre milioni all’ora: l’Italia in crisi li spende per la difesa.

In tutta la discussione nazionale in atto sulla manovra finanziaria, che ci costerà 20 miliardi di euro nel 2012 e 25 miliardi nel 2013, quello che più mi lascia esterrefatto è il totale silenzio di destra e sinistra, dei media e dei vescovi italiani sul nostro bilancio della Difesa. È mai possibile che in questo paese nel 2010 abbiamo speso per la difesa ben 27 miliardi di euro? Sono dati ufficiali questi, rilasciati lo scorso maggio dall’autorevole Istituto Internazionale con sede a Stoccolma (SIPRI). Se avessimo un orologio tarato su questi dati, vedremmo che in Italia spendiamo oltre 50.000 euro al minuto, 3 milioni all’ora e 76 milioni al giorno. Ma neanche se fossimo invasi dagli UFO, spenderemmo tanti soldi a difenderci!!
È mai possibile che a nessun politico sia venuto in mente di tagliare queste assurde spese militari per ottenere i fondi necessari per la manovra invece di farli pagare ai cittadini? Ma ai 27 miliardi del Bilancio Difesa 2010, dobbiamo aggiungere la decisione del governo, approvata dal Parlamento, di spendere nei prossimi anni, altri 17 miliardi di euro per acquistare i 131 cacciabombardieri F35. Se sommiamo questi soldi, vediamo che corrispondono alla manovra del 2012 e 2013. Potremmo recuperare buona parte dei soldi per la manovra, semplicemente tagliando le spese militari. A questo dovrebbe spingerci la nostra Costituzione che afferma :”L’Italia ripudia la guerra come strumento per risolvere le controversie internazionali…” (art.11) Ed invece siamo coinvolti in ben due guerre di aggressione, in Afghanistan e in Libia. La guerra in Iraq (con la partecipazione anche dell’Italia), le guerre in Afghanistan e in Libia fanno parte delle cosiddette “guerre al terrorismo”, costate solo agli USA oltre 4.000 miliardi di dollari (dati dell’Istituto di Studi Internazionali della Brown University di New York). Questi soldi sono stati presi in buona parte in prestito da banche o da organismi internazionali. Il governo USA ha dovuto sborsare 200 miliardi di dollari in dieci anni per pagare gli interessi di quel prestito. Non potrebbe essere, forse, anche questo alla base del crollo delle borse? La corsa alle armi è insostenibile, oltre che essere un investimento in morte: le armi uccidono soprattutto civili.
Per questo mi meraviglia molto il silenzio dei nostri vescovi, delle nostre comunità cristiane, dei nostri cristiani impegnati in politica. Il Vangelo di Gesù è la buona novella della pace: è Gesù che ha inventato la via della nonviolenza attiva. Oggi nessuna guerra è giusta, né in Iraq, né in Afghanistan, né in Libia. E le folle somme spese in armi sono pane tolto ai poveri, amava dire Paolo VI. E da cristiani come possiamo accettare che il governo italiano spenda 27 miliardi di euro in armi, mentre taglia 8 miliardi alla scuola e ai servizi sociali?Ma perché i nostri pastori non alzano la voce e non gridano che questa è la strada verso la morte?
E come cittadini in questo momento di crisi, perché non gridiamo che non possiamo accettare una guerra in Afghanistan che ci costa 2 milioni di euro al giorno? Perché non ci facciamo vivi con i nostri parlamentari perché votino contro queste missioni? La guerra in Libia ci è costata 700 milioni di euro!Come cittadini vogliamo sapere che tipo di pressione fanno le industrie militari sul Parlamento per ottenere commesse di armi e di sistemi d’armi. Noi vogliamo sapere quanto lucrano su queste guerre aziende come la Fin-Meccanica, l’Iveco-Fiat, la Oto-Melara, l’Alenia Aeronautica. Ma anche quanto lucrano la banche in tutto questo.E come cittadini chiediamo di sapere quanto va in tangenti ai partiti, al governo sulla vendita di armi all’estero (Ricordiamo che nel 2009 abbiamo esportato armi per un valore di quasi 5 miliardi di euro).
È un autunno drammatico questo, carico di gravi domande. Il 25 settembre abbiamo la 50° Marcia Perugia-Assisi iniziata da Aldo Capitini per promuovere la nonviolenza attiva. Come la celebreremo? Deve essere una marcia che contesta un’Italia che spende 27 miliardi di euro per la Difesa.E il 27 ottobre sempre ad Assisi, la città di S. Francesco, uomo di pace, si ritroveranno insieme al Papa, i leader delle grandi religioni del mondo. Ci aspettiamo un grido forte di condanna di tutte le guerre e un invito al disarmo.Mettiamo da parte le nostre divisioni, ricompattiamoci, scendiamo per strada per urlare il nostro no alle spese militari, agli enormi investimenti in armi, in morte.Che vinca la Vita!
Alex Zanotelli
per firmare http://www.ildialogo.org/appelli/indice_1314206334.htm

sabato 10 dicembre 2011

Lettera aperta al Presidente della Repubblica

Passano i Governi, ma i privilegi della chiesa cattolica restano immutati.
Dopo aver sostenuto fino all’ultimo momento il governo Berlusconi, tentando di massimizzare i vantaggi che potevano derivare per se stessa, sul piano dei cosiddetti “valori non negoziabili” (famiglia, leggasi opposizione totale a qualsiasi riconoscimento delle coppie di fatto etero e omosessuali; difesa della vita, leggasi sabotaggio della legge sull’aborto e opposizione a qualsiasi seria legge sul testamento biologico; educazione, leggasi privilegi anticostituzionali per le scuole private cattoliche e relativi finanziamenti), la chiesa cattolica ha “benedetto” la nascita del governo Monti, nel quale sono ben presenti e posizionati noti esponenti del mondo cattolico, in particolare Lorenzo Ornaghi, ministro dei Beni Culturali (già Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, vicino alla CEI e al cardinale Camillo Ruini), Andrea Riccardi, ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione (fondatore della comunità di Sant’Egidio) e Renato Balduzzi, ministro della Salute (giurista e docente dell’Università Cattolica).
Opportunamente, sia il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, che il prof. Adriano Prosperi, dalle pagine di Repubblca, hanno osservato che i cattolici del governo Monti sarebbero stati chiamati a dar prova di essere “cattolici adulti” e non meri esecutori dei desiderata del Vaticano.
I primi passi del governo Monti in tal senso non paiono incoraggianti.
Come viene acutamente segnalato dal periodico on line “Lucidamente”, nel commentare le nomine dei sottosegretari del neogoverno, “non si era mai visto in tutta la storia repubblicana” che venisse nominato sottosegretario alla Pubblica Istruzione il preside di una scuola privata paritaria cattolica: ebbene, ciò è avvenuto, con la nomina di Elena Ugolini, militante in Comunione e Liberazione, nonché preside del Liceo privato paritario Malpighi di Bologna, recentemente assurto alle cronache per le percentuali del 100% dei propri allievi promossi, tutti con media di voti compresa tra il 9 e il 7, a fronte del pagamento di rette d’iscrizione annue di oltre € 4.000. “Lucidamente” si chiede, e noi con esso: “Come è possibile che a sovrintendere a questo compito sia chiamata, nel ruolo di sottosegretaria, una dirigente di una delle scuole da controllare? Non si crea un enorme conflitto di interessi?” Attendiamo risposte dal governo.
Il giorno 1° dicembre ricorreva la Giornata Mondiale della lotta all’AIDS. Laura De Pasquale, assistente del direttore di Radio rai 1 e dei Radiogiornali, all’inizio della giornata ha inviato una mail di comunicazione aziendale interna nella quale scriveva: “Carissimi, segnalo che nelle ultime ore il ministro ha ribadito che in nessun intervento deve essere nominato esplicitamente il profilattico; bisogna limitarsi al concetto generico di prevenzione nei comportamenti sessuali”. Il neoministro della Salute, Renato Balduzzi, con qualche imbarazzo, ha seccamente smentito di aver ordinato la censura. Dobbiamo credergli? O forse rischia di configurarsi un eccesso di zelo di obbedienza clericale, viste le recentissime dichiarazioni del papa in Benin, che hanno ribadito la totale contrarietà della chiesa cattolica all’uso del preservativo nella prevenzione dell’AIDS?
In questi giorni il governo Monti ha varato il pacchetto dei provvedimenti anticrisi, che impongono durissimi sacrifici agli italiani. Il viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, ha dichiarato perentoriamente che la tassa sui fabbricati (ex ICI, ora IMU) la dovranno pagare tutti, anche le imprese. Si è però dimenticato di osservare che in quei “tutti”, non è compresa, al solito, la chiesa cattolica, proprietaria di oltre il 25% del patrimonio immobiliare italiano. Il 5 dicembre, interrogato sulla questione ICI-chiesa cattolica da un giornalista straniero, il presidente del Consiglio Monti ha dichiarato: “E’ una questione che non ci siamo posti ancora”. Eppure, a fronte del fatto che oggi solo il 10°% delle proprietà della chiesa cattolica paga l’ICI, per un mancato introito nelle esangui casse dello Stato che viene stimato fra 600 milioni e 1 miliardo di euro, tale questione una qualche urgenza dovrebbe pur rivestirla. Per comprendere meglio il paradosso di questa esenzione clericale, occorre fare un salto indietro nel tempo. Come ci ricorda sul Riformista il giornalista Gianmaria Pica “nel 1992 il governo Amato stabilisce alcune esenzioni per le proprietà della Chiesa. La questione su quale tipo di edifici e proprietà dovessero essere esentati ha portato negli anni a diversi procedimenti giudiziari, fino al 2004 quando la norma viene in parte bocciata dalla Consulta che elimina le agevolazioni fiscali per gli immobili a scopo di lucro. L’esenzione, però, viene reintrodotta nel 2005 dal governo Berlusconi II che cambia la vecchia normativa, includendo gli immobili destinati ad attività commerciali tra quelli compresi nel diritto all’esenzione. Nel 2006, l’allora governo Prodi, modifica nuovamente la legislazione. Tuttavia un emendamento alla legge permise di mantenere l’esenzione per le sedi di attività che abbiano fini ‘non esclusivamente commerciali’ “, di fatto qualsiasi edificio, pur adibito a albergo o clinica o altro, che abbia al proprio interno e nelle proprie pertinenze un altarino, una cappelletta di pochi centimetri e così via.
Scommettiamo che il governo Monti, mentre taglia le pensioni e aumenta le tasse a tutti gli italiani, si guarderà bene dal reintrodurre l’ICI per la chiesa cattolica?
D’altronde quella dell’esenzione dell’ICI non è che soltanto una delle mille voci che costituiscono gli innumerevoli privilegi economici che lo Stato italiano riconosce ogni anno al Vaticano. Infatti le voci e le entità dei finanziamenti diretti e indiretti e delle esenzioni sono così ampie, fantasiose e diversificate da potersi sostenere, senza allontanarsi troppo dalla realtà, che esse corrispondano all’incirca a poco meno della metà della manovra finanziaria del nuovo governo e che sia agevole per chiunque prevedere che, se tali privilegi clericali venissero aboliti, ciò sarebbe sufficiente, da solo, a contribuire in modo significativo al risanamento delle finanze pubbliche. Il mercimonio tra lo Stato italiano e i suoi enti locali (Regioni, Province e Comuni) e Stato del Vaticano, oltre all’esenzione ICI, comprende otto per mille, cinque per mille, finanziamenti alle scuole private cattoliche, stipendi per gli insegnanti di religione, buoni scuola per pagare le rette alle scuole cattoliche, finanziamenti agli oratori cattolici, stipendi per cappellani militari ed ospedalieri, forniture idriche vaticane, contributi alle università cattoliche, prebende alle emittenti radiotelevisive vaticane, sussidi alla stampa cattolica, etc., etc., per arrivare a una cifra complessiva di circa 10 miliardi di euro all’anno. Sommessamente ci chiediamo: quand’è che gli italiani potranno essere informati di questi fatti in modo adeguato e quando si stuferanno di mantenere di tasca propria i costi esorbitanti della “casta” della chiesa? O forse il mantenimento dei propri privilegi economici costituisce la vera merce di scambio per il sostegno politico delle gerarchie vaticane al neogoverno Monti?
Nel frattempo il Capo dello Stato, il pur ottimo Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, vero levatore e garante del governo Monti, trova il tempo per varare (come ci informa il Messaggero del 30 novembre) un decreto che stabilisce che le visite pastorali dei vescovi nelle scuole pubbliche italiane, durante l’orario di lezione, sono legittime. Tale decreto presidenziale rigetta il ricorso straordinario presentato dal padre di un alunno di Grosseto, che non aveva gradito la visita pastorale del vescovo locale nella scuola del figlio. Scrive Franca Giansoldati sul “Messaggero”: “Il decreto del Capo dello Stato si rifà al parere n. 335/2009 della Seconda Sezione del Consiglio di Stato nell’adunanza del 21 aprile 2010. I giudici amministrativi hanno riconosciuto che la ‘questione obiettivamente delicata e complessa in via generale, coinvolge profili che attengono alla libertà di culto e di coscienza e alla funzione di servizio pubblico degli istituti scolastici, statali e comunque integrati nella rete della scuola dell’obbligo’. Hanno però ritenuto di poterla ‘agevolmente risolvere sulla base delle norme che disciplinano l’autonomia delle istituzioni scolastiche’. La visita pastorale, si legge nel dispositivo del Consiglio di Stato ‘è avvenuta nelle ore di lezione, ma essa non si è svolta attraverso il compimento di atti di culto (eucaristia, benedizione, eccetera), ma attraverso una testimonianza sui valori, religiosi e culturali, che sono alla radice della catechesi cattolica’. Una analoga iniziativa poteva tranquillamente essere svolta da ministri di altre confessioni religiose presenti nella comunità territoriale in cui agisce la scuola ‘a condizione che essi siano portatori di valori coerenti con i principi di tolleranza e rispetto delle leggi e della Carta Costituzionale’. Vogliamo parlare seriamente di tale sentenza burlesca e di quanto i valori predicati dalla chiesa cattolica siano ispirati alla tolleranza e al rispetto delle leggi e della Costituzione italiane?
E il Capo dello Stato (verso cui pure nutriamo il massimo rispetto e stima), in qualità di garante della Costituzione, è sicuro di agire in modo consono al Suo alto mandato, con iniziative di tal genere? O tale episodio si inserisce in una serie di comportamenti presidenziali sul tema della laicità dello Stato che lasciano perlomeno perplessi?
Come non ricordare le Sue reiterate dichiarazioni, del tutto “politiche” e come tali del tutto opinabili, secondo le quali la questione dei rapporti fra Stato e chiesa cattolica nel nostro paese sarebbe stata definitivamente e ottimamente risolta una volta per tutte con l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione Repubblicana, avvenuta grazie all’approvazione dell’art. 7 all’Assemblea Costituente? E come non sottolineare come tale interpretazione sia radicalmente contestata dal miglior pensiero laico esistente nel nostro paese e da generazioni di cittadini e di studiosi di diritto laici e cattolici?
E come non rammentare l’inconsueta iniziativa di una lettera presidenziale che, un paio d’anni fa, accompagnò, sostenendolo in modo determinante, il ricorso del governo Berlusconi alla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, contro la sentenza della Piccola Camera della medesima Corte (presieduta dal giudice italiano Vladimiro Zagrebelsky) che l’anno precedente aveva coraggiosamente stabilito che l’esposizione dei crocifissi nelle scuole pubbliche italiane configurava una violazione dei principi di libertà religiosa degli studenti e della libertà educativa dei genitori?
Presidente Napolitano, possiamo permetterci, con tutto il rispetto per il Suo ruolo, la Sua persona e la Sua storia politica, di suggerirLe maggior prudenza sulle questioni della laicità dello Stato, astenendosi dal mettere in essere comportamenti ed atti che facciano sì che alcuni cittadini italiani (tanti o pochi è questione secondaria, ma certo tanto pochi non saranno), si debbano sentire stranieri in Patria?
Con stima e deferenza voglia gradire i miei ossequi

Tullio Monti
Portavoce del Coordinamento Nazionale delle Consulte per la Laicità delle Istituzioni

venerdì 9 dicembre 2011

COME NON PAGARE ICI E IMU

1- ANDARE AL CATASTO
2- CAMBIATE LA CATEGORIA CATASTALE DELLA VOSTRA ABITAZIONE PER POTER BENEFICIARE DELL’ESENZIONE ICI IN :
B7 = Cappelle ed oratori non destinati all’esercizio pubblico del culto
O
E7 = Fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti
3- DA ABITAZIONE A LUOGO DI CULTO PRIVATO O PUBBLICO DEL DIO SOLE
4- AL POSTO DEL CAMINO FABBRICARE UN PICCOLO CAMPANILE CON BATOCCHIO A BANANA
5- CREARE UN PALCO CON ALTARE DEVOZIONE
6- ATTENDERE I VIGILI SULL’ALTARE PER VERIFICA CATEGORIA E DESTINAZIONE D’USO
AMEN
Pasquale Caterisano, http://pasquale1.wordpress.com

mercoledì 7 dicembre 2011

Il solito ombrello, cambia lo stile

Un modo creativo per opporci al matrimonio dell’Italia con Mario Monti è pubblicare il fogliettone di Alessandro Robecchi sul quotidiano il manifesto di domenica 4 dicembre 2011.

Si parla di stile quando non si può parlare di sostanza. Quindi fino ad oggi il governo Monti è stato descritto con i toni elegiaci tipici di chi si sveglia da una lunga seduta di ipnosi e torna alla vita reale.
Il confronto è impietoso e i grandi giornali fanno a gara per farlo notare: al confronto dell' Alvaro Vitali che avevamo prima a capo del governo, ora abbiamo Shakespeare. Quello usava l'aereo di stato per andare dal salotto alla piscina, questo prende il treno. Quello di prima mentiva come un venditore di tappeti, questo parla a stento con le frasi secche di un bancomat: «È possibile effettuare una nuova operazione». Quello di prima si circondava di ceffi degni di un film sulla mafia marsigliese, questo parla alla pari con i banchieri di mezzo mondo, non guarda il culo alle deputate finlandesi, non fa cucù alla Merkel, non frequenta professioniste dell'amore e non viaggia con la scorta di avvocati. Quello di prima, tra capelli magicamente ricomparsi e cerone, sembrava un laboratorio di chirurgia estetica, quello di adesso è un signore elegante e posato.
La forma è salva, anche se il salto è vertiginoso e potrebbe creare qualche trauma. Da domani, però, la forma conterà un po' meno e si guarderà più alla sostanza. I tagli alle pensioni. I tagli alla sanità. Le tasse per i soliti che già le pagano. Le consultazioni invece delle trattative. Il Parlamento chiamato a dire signorsì. Quello di prima regalava nuove frequenze alle sue stesse tivù con una gara di dubbia correttezza (valore: oltre una decina di miliardi), quello di adesso conferma il regalo. Quello di prima spendeva come Creso in armamenti, bombardieri, caccia (oltre una quindicina di miliardi, ma probabilmente chi legge altri giornali e non questo non lo sa), quello di adesso non intende risparmiare un euro su quello spreco assurdo (ma probabilmente chi legge altri giornali e non questo non lo sa). Quello di prima andava a Porta a Porta, questo andrà a Porta a Porta. È il solito ombrello, direbbe Altan. Ma vuoi mettere lo stile?

martedì 6 dicembre 2011

Mercoledì 7 dicembre il Movimento nonviolento ricorda la morte di Saidou

A un anno dalla morte, mercoledì 7 dicembre il Movimento nonviolento commemora, con una manifestazione silenziosa in Piazza Rovetta a Brescia, Elhdy Saidou Gadiaga, il 36enne senegalese, in Italia da circa 15 anni, morto domenica 12 dicembre 2010 dopo che era giunto d’urgenza in ospedale dalla caserma dei carabinieri di piazza Tebaldo Brusato.
“In caserma è stato male, gli hanno aperto le porte della cella inutilmente” ricorda Adriano Moratto. “I soccorsi sono arrivati troppo tardi. E’ stato arrestato, in base alla legge Bossi-Fini e al pacchetto sicurezza del 2009, soltanto perché privo dei documenti per il soggiorno regolare in Italia. Se fosse stato fermato 13 giorni dopo, non avrebbero potuto arrestarlo perché con colpevole ritardo l'Italia il 24 dicembre ha recepito la Direttiva Europea in materia di rimpatri del 2008”.
“Elhdy Saidou Gadiaga non aveva commesso alcun reato” osserva. “Aveva semplicemente perso il lavoro: si è trovato così, con un permesso di soggiorno scaduto, come altri 684.413 stranieri nel corso del 2010 e mesi fa era stato colpito da un provvedimento di espulsione per immigrazione clandestina”. Sulla vicenda sono in corso accertamenti da parte della magistratura.
L’appuntamento di mercoledì, a partire alle ore 18, estende la solidarietà a tutti i migranti che quotidianamente attraversano il Mediterraneo per cercar fortuna in Europa.
Per informazioni e adesioni si può telefonare ai numeri 347.8640893 o 339.6243617 oppure inviare una e-mail all’indirizzo movimentononviolento.bs@alice.it.

lunedì 5 dicembre 2011

Aiutiamo il Mato Grosso!

L'Operazione Mato Grosso, il noto movimento di volontariato internazionale che dal lontano 1967 opera per sostenere alcune missioni in America Latina, promuove sabato 10 e domenica 11 dicembre una raccolta nelle abitazioni di Calcinato. I giovani del sodalizio terzomondista passeranno nelle case a ritirare materiali in ferro e indumenti usati.
Il centro di raccolta è presso l’oratorio don Vincenzo Bertini di Calcinato. Successivamente i materiali verranno distribuiti nell’ambito dei progetti di sviluppo in corso in alcune delle 70 missioni dell'Omg presenti in Bolivia, Brasile, Ecuador e Perù. Chi volesse dare una mano ai volontari può acquisire ulteriori informazioni telefonando a Nicola al 334.3377815.

sabato 3 dicembre 2011

Se avessero ascoltato Piero Calamandrei

Onorevoli colleghi, io non so se voi abbiate una impressione, che io ho vivissima: cioè che l'opinione pubblica non ha, in questo momento, molta simpatia e molta fiducia per i deputati. Vi è intorno a noi un'atmosfera, che tutti quanti avvertiamo, di sospetto e di discredito. Fondamentalmente al centro di questa atmosfera c'è la convinzione diffusa che molte volte l'esercizio del mandato parlamentare, il quale è conferito per il raggiungimento di scopi di pubblico interesse, possa servire a mascherare il soddisfacimento di interessi personali; e diventi un affare, una professione, un mestiere. Ora, nella massima parte dei casi questa impressione dell'opinione pubblica è sbagliata. Ma ci sono profonde ragioni che potrebbero spiegare perchè è sorta: ragioni che in parte risalgono lontano, ed in parte anche al ventennio trascorso. (...) Noi siamo gli innocenti parafulmini delle malefatte dei gerarchi del ventennio fascista. (...) E quindi può essere utile, facendo tesoro di questa esperienza, guardare, per quel poco che possono fare le leggi, là dove soprattutto vale il costume, come si possa chiudere alcuna di queste vie di infezione che minacciano l'organismo parlamentare. A questo scopo mira appunto il primo emendamento (...): «I componenti del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge, che può essere determinata in misura più alta per coloro che non abbiano altri redditi.
(Piero Calamandrei, presentazione all'Assemblea Costituente di un emendamento all'art. 66, 10 ottobre 1947)