martedì 31 gennaio 2012

Un'ora di silenzio per l'uguaglianza

Nell´ambito della campagna nazionale «Siamo sulla stessa barca», mercoledì 1° febbraio il Movimento Nonviolento organizza «un´ora di silenzio e di rilessione» dalle 18 alle 19 in Piazza Rovetta a Brescia, all´insegna dello slogan «L´Italia sono anch´io».
L´obiettivo è di promuovere, di concerto con 18 associazioni cattoliche e laiche sul territorio nazionale, «l´uguaglianza tra persone di origine straniera e italiana che vivono, crescono, studiano e lavorano in Italia, contribuendo a rimuovere gli ostacoli che la legislazione a­ttuale frappone al raggiungimento di questo obiett­ivo», ha spiegato il portavoce Adriano Moratto.
«Si può nascere in Italia ma non essere considerati italiani: questo succede a chi, pur essendo nato e cresciuto qui, ha genitori di origine straniera - ha osservato Moratto -. L´Italia è il paese che accoglie i bambini stranieri grazie ai ricongiungimenti familiari ma poi li esclude: vanno a scuola, hanno amici, si sentono italiani. Ma alla maggiore età sono costretti a un lungo percorso burocratico se vogliono ottenere la cittadinanza».
Per sostenere la campagna ci si può recare in piazza a Brescia mercoledì o alla sede del Movimento Nonviolento in via Milano 65 in orario di ufficio o scrivere a mir.brescia@libero.it oppure ancora si puo` telefonare allo 030/3229343.

lunedì 30 gennaio 2012

Lettera aperta di un padre al figlio

Vincenzo Rocca, del Movimento Nonviolento di Verona, ha scritto questa lettera aperta a suo figlio Zeno arrestato e rinchiuso in carcere a Padova in seguito ai fatti relativi alle manifestazioni dell'estate 2012 in Val di Susa con il Movimento NO TAV.




Pescantina, 29 gennaio 2012




Carissimo e amatissimo Zeno,




ti scrivo con il groppo in gola e le lacrime negli occhi e nel cuore.Tutta la mia persona è percorsa da sentimenti contrastanti. Sono comunquetutti sentimenti che nascono dalla “fame e sete di giustizia” e daquell’amore “per eccesso” che sento e so che ci accomuna, anche se simaterializza in modi diversi. Faccio fatica a far fluire i sentimenti perché prendono forma fisica, quasi incontrollabile e sorprendente. Miritrovo a piangere e mi lascio piangere.




Non sono lacrime di sola tristezza. Sono lacrime consapevoli di chi inquesti anni ti ha detto e ti ha scritto tutto quello che poteva e voleva comunicarti (e forse anche tutto quello di cui sono inconsapevolmente portatore).




Il tuo nascere, il tuo crescere, il tuo vivere ha sconvolto letteralmentela mia vita, mi sono lasciato sconvolgere fino quasi a perdermi. Ho lasciato che la matassa si ingarbugliasse fino a perderne il bandolo.Oggi, per usare un’espressione che ho appena letto in un libro di Vito Mancuso, sono tra i “perplessi”, ma pur sempre tenace e indomito nellaricerca di un senso, se non proprio di una “Verità”. Le esperienze che tumi hai costretto a vivere sono servite proprio a confermarmi nellaricerca.




Sabato per esempio ho partecipato a Padova a una manifestazione organizzata dai tuoi amici del “Pedro”: io non avevo intenzione dipartecipare, ma la mamma sentiva il bisogno di partecipare, di farequalcosa, e quindi l’ho accompagnata. La mia ritrosia era ed è giustificata dall’impossibilità di manifestare chiaramente, in quelcontesto, le mie idee e le mie posizioni che non coincidono perfettamente con quelle di chi aveva in mano il megafono. Sono contento però di essercistato, di essermi mischiato, perché ho sentito tanto calorenell’abbracciare il Ciolli, Luca, la Iaia, la Melli, la Betti, il Pippo,Eric, Giulio e tutti gli altri che hanno generosamente accolto un“eretico” nella loro manifestazione.




Non ho mai tirato sassi alla Polizia e continuerò a non farlo per rispettodella dignità umana che riconosco anche al mio peggior nemico. Ma ho imparato anche a non farmi cogliere con la pietra in mano pronto agiudicare e a lapidare l’adultera colta in flagrante. Non prenderò la tessera del partito dei farisei, è fin troppo a buon mercato, te la regalano se non sei sveglio e pronto a rifiutarla.




Spero che tu senta la mia vicinanza sempre e comunque.




Mi piace pensare che sia una questione che si può sintetizzare in uno sguardo. Io oggi sostengo con fierezza e leggerezza lo sguardo severo dichi mi legge padre colpevole, irresponsabile o, addirittura, complice. E’ lo stesso sguardo che offrirò alla Vaccari, giornalista che su L’Arena tiha dipinto in modo irrispettoso non conoscendo la tua storia, violando iprincipi elementari di un giornalismo onesto, nascondendo le fonti dietrole notizie e le notizie dietro le fonti, combinando confusione con pregiudizio. Proprio nel “giorno della memoria” si dimenticano i loro assordanti silenzi di ieri, rinnovandoli nell’informazione deformante dioggi. Ed è lo sguardo che ho offerto al tuo amico del Pedro quando l’ho sorpreso dicendogli: “Io non ho intenzione di fare la difesa d’ufficio dimio figlio, non sono venuto qui a fare “l’innocentista”, lo amo giàabbastanza”.




Non vedo l’ora che tu possa offrirmi il tuo sguardo, lo stesso sguardo chepotrai offrire ai tuoi giudici, se ci sarà il processo, e ai poliziottiche ti accusano, e magari anche alle loro mogli e ai loro figli. Ancheammettere i propri eventuali errori, e sapersene scusare, può risultare sorprendentemente rivoluzionario. Il giudice Caselli ha dichiarato che imagistrati inquirenti hanno lavorato “di cesello”: individueranno senz’altro con facilità anche il poliziotto che ti ha sparato un candelotto lacrimogeno in pieno petto. Siamo fiduciosi.




Non vedo l’ora che tu sia libero, libero anche da me e da queste forse inutili parole, libero di mettere la tua libertà in relazione con tutti isogni di libertà e di giustizia che ci sono nel mondo. Uomo.




Il tuo papà




Vincenzo

domenica 29 gennaio 2012

Cinque anni di settimana corta alla primaria di Ponte San Marco. Un bilancio

Alla fine di quest’anno scolastico a Ponte San Marco terminerà il ciclo della scuola primaria la prima classe di bambini che hanno avuto modo di sperimentare il modello orario della settimana corta.
Ciò dà l’occasione a Roberto Cappiello, portavoce dell’associazione genitori di Calcinato e membro del Consiglio di istituto, per un intervento pubblico nel quale sottolinea che “tale modello orario è stato molto utile ai bambini, alle famiglie e all'Istituto comprensivo”.
Dopo aver ricordato che “la settimana corta prevede un orario articolato su cinque giorni, con 30 ore a settimana più 10 ore di mensa”, Cappiello osserva che “tale modello orario era stato richiesto da una trentina di famiglie che non avevano la possibilità di prendere i loro bambini alle 13 poiché il loro lavoro non lo consentiva”.
“Grazie alla loro determinazione, all'appoggio dell'Associazione genitori, alla lungimiranza dell'allora dirigente scolastico Fiorella Sangiorgi e alla sensibilità dell'allora assessore all’istruzione Marika Legati - racconta - è potuta partire questa esperienza. La scelta è caduta sul plesso di Ponte San Marco perché era l'unico ad essere dotato di una mensa interna, e perché da un questionario alle famiglie voluto dall'attuale dirigente Michele Falco, era emersa una maggiore richiesta di questo modalità da parte dell'utenza di quella frazione”..
“Naturalmente – osserva - se i genitori avessero potuto tenere a casa i propri figli il pomeriggio, lo avrebbero fatto volentieri, ma non essendo purtroppo possibile hanno dovuto ingegnarsi e cercare una soluzione. Oggi possiamo dire che si tratta di un esempio praticabile e sostenibile, nonostante i continui tagli al personale e all'eliminazione delle ore di compresenza dovute alla riforma Gelmini”.
In cinque anni oltre cento famiglie hanno potuto usufruire di questo modello orario, in mancanza del quale avrebbero sicuramente portato fuori i loro bambini, iniziandoli sin dalla più tenera età ad una vita da pendolari, ad avere amici a Lonato piuttosto che a San Vito o a Montichiari”. “Nessun problema - commenta il genitore - sarebbero sopravvissuti ugualmente, ma in un mondo sempre più frantumato e concentrato sul singolo individuo, si sarebbe contribuito ad aumentare la già forte disgregazione sociale e si sarebbe aggiunto un altro motivo per vivere sempre di meno il proprio territorio, proprio perché le relazioni si sarebbe costruite all'esterno”.
“Crediamo che tutti debbano essere orgogliosi di un simile risultato, che testimonia come, se di fronte a richieste dettate da motivazioni meritevoli di attenzione, si lavora nell'interesse della comunità e si danno le giuste risposte, a guadagnarci è l'intera comunità, che col tempo sarà più ricca di occasioni di incontro, di collaborazione e di relazioni”.

sabato 28 gennaio 2012

"Diari" del duce: una bufala annunciata?

Forse qualcuno credeva di avere fatto un grande affare pubblicando a volumi i “Diari” di Mussolini, ricevendo addirittura credito da una casa editrice solitamente seria come Bompiani (che però ha aggiunto nel titolo la parentesi “(veri o presunti)”), sebbene diversi esperti del fascismo avessero immediatamente contestato l'autenticità dei documenti. Ma lo storico camuno Mimmo Franzinelli ha pazientemente radiografato il testo del primo volume, dedicato al 1939, producendo un accurato saggio - "Autopsia di un falso" (Bollati Boringhieri, pp. 278 , euro 16) - nel quale prova, documenti alla mano, che esso non è assolutamente attribuibile al duce, anzi è accostabile ad altre fantasiose operazioni del genere tentate in passato.
Al di là della rigorosa operazione filologica condotta dallo studioso - che rileva la frequenza di errori ortomorfosinttatici, incongruenze nella trascrizione di nomi di persone ben note al presunto estensore, errori di datazione e di collocazione geografica assai difficilmente riconducibili al duce - ciò che è interessante in questo suo libro è il senso di quella che lo stesso autore chiama nel sottotitolo “la manipolazione della storia”, una pratica sotterranea e ambigua, ma costante e preoccupante, negli anni che stiamo vivendo.
Complessa e tortuosa è la vicenda della costruzione e della divulgazione, nel tentativo di vendita per trarne speculazioni non solo economiche, di alcuni volumi di questi pseudo-diari.
Tutto cominciò a metà degli anni ’50 quando due donne vercellesi, Rosetta e Amalia Panvini Rosati, produssero una loro redazione dei “diari mussoliniani”. Le due, madre e figlia, intendevano sfruttare un filone assai fortunato per le attenzioni che gli riservavano i nostalgici del regime. Nel 1956 Arnoldo Mondadori li acquistò per 22 milioni di lire ma poi, accortosi che erano falsi, recuperò quasi tutto il denaro trattenendo copia di quei materiali.
Successivamente si pronunciarono archivisti, autorità giudiziarie, storici e grafologi, con esiti sovente divergenti. Che Mussolini abbia tenuto un diario non è messo in discussione dagli studiosi e, chiaramente, questa certezza ha attirato l’attenzione di quanti si son dati da fare nel corso dei decenni per recuperarli. La loro storia è ripercorsa da Franzinelli con dovizia di particolari e scoperte sorprendenti, che coinvolgono un illustre senatore, un commerciante di Domodossola figlio di un partigiano e altre personalità insospettabili.
Lo studioso traccia poi un raffronto rivelatore fra gli altrettanto falsi diari di Hitler pubblicati in Germania nel 1983 dal setimanale “Stern” e subito tradotti in tutto il mondo e quest’ultima edizione dei diari di Mussolini. Lo Stato tedesco si occupò della vicenda affidando una perizia agli archivisti dell'Archivio di Stato dell’allora Germania occidentale, alla fine della quale il ministro dell'interno convocò un’affollatissima conferenza stampa in cui dichiarò ufficialmente la falsità dei diari del Fuhrer; i responsabili della contraffazione furono denunciati e condannati e nessuno in seguito si azzardò a ridare credibilità a quei testi. Qui da noi invece lo Stato brilla per assenza di posizioni in una vicenda che pure ne chiama in causa ad altissimi livelli la storia e la dignità. E ciò mentre, giunte a 10mila le copie vendute dal volume dedicato al 1939 (pp. 994, euro 21,50), nessuna casa editrice straniera ha chiesto di tradurlo e pubblicarlo. Ora, sempre da Bompiani, è appena uscito quello dedicato al 1935 ( pp. 836, euro 22,90). Vedremo se la storia si ripeterà.
Flavio Marcolini

venerdì 27 gennaio 2012

Scalvini racconta la sua odissea a Cefalonia

Ecco un libro da raccomandare, il volume "Prigioniero a Cefalonia" (Mursia editore), diario del soldato calcinatese Angelo Gino Scalvini, che racconta la sua terribile odissea in tempo di guerra. È la storia di uno dei pochi militari italiani che nel settembre 1943 sopravvissero alla strage di Cefalonia, una pagina gloriosa nella storia dell'esercito italiano, argomento anni fa del film "Il mandolino del capitano Corelli" del regista americano John Madden, con Nicholas Cage, Penelope Cruz e Irene Papas.
Scalvini fu assegnato alla Divisione Acqui il 13 gennaio 1943: per mesi respira la calma apparente dell'isola greca e annota nel suo diario le giornate sempre uguali in quel presidio sperduto nel Mediterraneo. Poi sul finire dell'estate, si diffonde la notizia dell'armistizio.. L'8 settembre, il giorno in cui viene reso nota la firma dell'armistizio da parte del maresciallo Badoglio, ha poco più di vent'anni e si trova con i suoi commilitoni nell'isola di Ulisse, Itaca. Mai luogo fu più presago del lungo peregrinare che il destino gli avrebbe assegnato. Il 9 a Samo partecipa con i compagni alla leggendaria "consultazione referendaria", unica nel suo genere nella storia militare del nostro paese. Il generale Antonio Gandin fa infatti qualcosa di assolutamente coraggioso: chiede agli uomini della sua divisione ("i banditi della Acqui", li chiameranno poi i nazifascisti) di pronunciarsi personalmente sull'ultimatum tedesco che chiede la consegna delle armi. La decisione della stragrande maggioranza è chiara: resistere al nemico che in quelle ore sta invadendo la patria. Da allora in poi il suo diario diventa la testimonianza dei giorni febbrili della resistenza della divisione italiana contro i Tedeschi. La repressione è durissima e costò ai nostri quasi 1.500 morti in battaglia, 5.000 giustiziati, 3.000 prigionieri destinati poi a scomparire negli abissi marini a bordo delle navi tedesche che urtano nelle mine disseminate un po' ovunque. In totale i soldati morti furono 9.406.
Scalvini trascorre la notte successiva al massacro appostato su un albero a pochi metri dal mare. "Quella notte bevvi acqua di mare" racconta nelle sue memorie. Sotto gli occhi gli passano le immagini dei molti compagni che ha visto assassinare dai soldati della Wehrmacht. Gente che implora la salvezza non per sé ma per la propria famiglia. Nomi di giovani vite spezzate qua e là dalla ferocia nazista. Tra i tanti Scalvini ricorda uno delle sue parti: "L'ultimo che vidi morire in quell'inferno fu Daniele Zani di Calvisano".
In seguito salta con altri militari su una scialuppa di salvataggio, dopo due naufragi ai quali è scampato miracolosamente. E snocciola un altro episodio: "Qualche minuto prima avevo scommesso con Fernando Vezzola di Polpenazze. Lui voleva dividere subito la pagnotta rimasta e mi disse "Mangiamola adesso, magari si muore": Io invece l'avevo invitato a spartirla dopo il bombardamento". Pochi minuti dopo per il giovane della Valtenesi è la fine, mentre Scalvini si salva sorprendentemente a bordo di una specie di kayak greco.
Le disavventure delle quali è disseminato il suo cammino sono infinite. Più volte Scalvini ha sorpreso se stesso a raccontarne laconici brandelli in questi anni in paese. Tra le tante l'arrivo al Pireo, il porto di Atene: "Senza scarpe, di notte, davanti all'Acropoli illuminata dalla luna, sbucano dal sentiero due amici del paese. se non esiste il Signore, qualcuno dovrebbe spiegarmi ora a chi devo questo incontro. Sono Enrico Davo e Pietro Ramoni. È una festa!". Al termine della guerra i due torneranno in patria solo dopo altre inenarrabili peripezie.
Scalvini verrà poi catturato dai tedeschi e caricato su un treno insieme ad altre centinaia di prigionieri. destinazione Barauka, nell'alta Bielorussia. Il viaggiò dura ventiquattro giorni, stretti come sardine in vagoni piombati. Dopo Barauka passa al campo di Riga; nei mesi seguenti - quelli della disperata ritirata delle truppe tedesche - è a Danzica. Svolge le mansioni più disparate. "Facevo il facchino, spostavo caramelle, morti, pesci, feriti...". Infine il ritorno a casa, su mezzi di fortuna. A Calcinato giunge, stremato nel fisico e con la morte nel cuore, il 10 settembre 1945. Ma più forte delle strazianti immagini che ha ancora negli occhi è la voglia di ricominciare, l'indistruttibile attaccamento alla vita, che per Scalvini significa una famiglia e un lavoro ai quali il superstite calcinatese dedica i lunghi e gioiosi anni dalla ricostruzione ad oggi.
Nell'ambito del filone memorialistico, questo diario si segnala come prezioso ausilio per chi intende approfondire la conoscenza di un evento storico fondamentale per la resistenza italiana al nazismo.

giovedì 26 gennaio 2012

Ciao, Francesco!

Calcinato oggi darà l’ultimo addio al compagno Francesco Bravo, morto a 76 anni per un male incurabile che lo affliggeva da tempo.
Conosciuto da tutti in paese per l’alacre impegno politico e amministrativo, nel secondo dopoguerra era entrato nel Partito comunista italiano, parallelamente all’inizio del lavoro in fabbrica a Brescia.
Fra gli animatori della storica sezione Antonio Gramsci, fu consigliere comunale dal 1965 al 1990. Negli anni Settanta trovò occupazione alla Gandola e da lì coordinò fra l’altro una delle prime cooperative di consumatori della zona. Dal 1975 al 1980 fu vicesindaco e assessore al bilancio nell’ultima giunta municipale di sinistra, guidata da Mammola Bianchi. Dopo la scomparsa del Pci si allontanò progressivamente dalla vita politica attiva, mantenendo però sempre un vivo interesse per il bene della comunità. Spesso ci veniva a trovare la domenica mattina sulle panchine in piazza. Con affetto lo ricordiamo come attento interlocutore, prodigo di consigli pratici, memorie e informazioni sulla storia calcinatese della seconda metà del Novecento.
Per chi volesse, oggi alle ore 14.30 dalla camera ardente allestita all’ospedale di Montichiari partirà il corteo funebre per il Tempio Crematorio di Sant’Eufemia.

mercoledì 25 gennaio 2012

Tagliamo le ali ai cacciabombardieri!

( chiediamo a tutti di sottoscrivere questo appello in rete cliccando http://www.peacelink.it/campagne/person.php?id=82&id_topic=37 )

ABBIAMO DIRITTO ALL’ISTRUZIONE, AL LAVORO, ALLA PENSIONE E ALLA SANITA'... ...POSSIAMO FARE A MENO DI 131 CACCIABOMBARDIERI F-35 JSF!

Mentre con le due manovre economiche estive, per pareggiare i conti dello Stato, si chiedono forti sacrifici agli italiani con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, il Governo mantiene l'intenzione di procedere all’acquisto di 131 cacciabombardieri d'attacco F35 "Joint Strike Fighter" al costo di circa 20 miliardi di euro (15 per il solo acquisto e altri 5 in parte già spesi per lo sviluppo e le strutture di assemblaggio).
Le manovre approvate porteranno gravi conseguenze sui cittadini: si stimano proprio in 20 miliardi i tagli agli Enti Locali e alle Regioni (che si tradurranno in minori servizi sociali o in aumento delle tariffe), ed altri 20 miliardi saranno i tagli alle prestazioni sociali previsti dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, senza contare il blocco dei contratti e degli aumenti ai dipendenti pubblici e l'aumento dell'IVA che colpirà indiscriminatemante tutti i consumatori.
Il tutto per partecipare ad un progetto di aereo militare "faraonico" (il più costosto della storia) di cui non si conoscono ancora i costi complessivi (cresciuti al momento almeno del 50% rispetto alle previsioni iniziali) e che ha già registrato forti critiche in altri paesi partner (Norvegia, Paesi Bassi) e addirittura ipotesi di cancellazione di acquisti da parte della Gran Bretagna. Senza dimenticare che, contemporaneamente, il nostro paese partecipa anche allo sviluppo e ai costosi acquisti dell'aereo europeo EuroFighter Typhoon.
Con i 15 miliardi che si potrebbero risparmiare cancellando l'acquisizione degli F-35 JSF si potrebbero fare molte cose: ad esempio costruire duemila nuovi asili nido pubblici, mettere in sicurezza le oltre diecimila scuole pubbliche che non rispettano la legge 626 e le normative antincendio, garantire un'indennità di disoccupazione di 700 euro per sei mesi ai lavoratori parasubordinati che perdono il posto di lavoro.
Siamo convinti che in un momento di crisi economica per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo i fondi pubblici per creare presupposti ad una crescita reale del Paese senza gettare i soldi in un inutile e costoso aereo da guerra.
PER QUESTO CHIEDIAMO AL GOVERNO DI NON PROCEDERE ALL’ACQUISTO DEI 131 CACCIABOMBARDIERI F35 E DESTINARE I FONDI RISPARMIATI ALLA GARANZIA DEI DIRITTI DEI PIU’ DEBOLI ED ALLO SVILUPPO DEL PAESE investendo sulla società, l'ambiente, il lavoro e la solidarietà internazionale.

martedì 24 gennaio 2012

Fontamara a Calcinato?

La vera soluzione la presentò don Circostanza.“Queste donne pretendono che la metà del ruscello non basta per irrigare le loro terre. Esse vogliono più della metà, almeno così credo d’interpretare i loro desideri. Esiste perciò un solo accomodamento possibile. Bisogna lasciare al podestà i tre quarti dell’acqua del ruscello e i tre quarti dell’acqua che resta saranno per i Fontamaresi. Così gli uni e gli altri avranno tre quarti, cioè, un po’ più della metà. Capisco” aggiunse don Circostanza “che la mia proposta danneggia enormemente il podestà, ma io faccio appello al suo buon cuore di filantropo e di benefattore.” (…)
“Se c’è da pagare qualche cosa”, mi affrettai a dire “badate che non pago”.
“Non c’è nulla da pagare” spiegò ad alta voce l’Impresario.“Niente?” mi disse sottovoce la moglie di Zompa. “Se non costa niente, c’è l’imbroglio.”
Il notaio scarabocchiò sulla carta le parole dell’accomodamento e lo fece firmare all’Impresario, al segretario comunale e a don Circostanza come rappresentante del popolo fontamarese. Dopo di che noi ci rimettemmo in cammino per tornare a casa.
Nei giorni seguenti i cantonieri, sotto la protezione di due guardie armate, ripresero a scavare il fosso che doveva portare una parte della nostra acqua nelle terre acquistate dall’Impresario. Ma, esattamente, quanta parte?
Nessuno di noi aveva sufficiente istruzione per sciogliere quell’imbroglio, perché all’infuori della scrittura della propria firma, poc’altro ci era stato insegnato; ma diffidavamo dal ricorrere a qualche persona istruita, per non aggiungere altre spese all’inganno.
(Ignazio Silone, Fontamara, 1930)

Per non finire peggio dei fontamaresi incontriamoci giovedì 26 gennaio alle ore 20.30 alla sala civica Morelli, in Piazza della Repubblica a Calcinato, “per la difesa dell’acqua come bene comune dei calcinatesi”.

lunedì 23 gennaio 2012

Per la verità, sulle foibe...

Suscitano preoccupazione la leggerezza, la protervia e la disinformazione con le quali da più parti ultimamente si affronta la tragedia delle foibe istriane, oggetto di interventi a scopi propagandistici che tendono a isolarla dal contesto in cui maturò alla fine della seconda guerra mondiale.
Antidoto alla semplificazione interessata è, ancora una volta, la memoria storica, che non può essere ridotta a semplice ricordo, né limitarsi a isolare singoli eventi, ma richiede elaborazione per sedimentarsi nelle coscienze.
Fare memoria di un dramma così terribile come quello delle foibe non può consentire - alla onestà intellettuale dello storico, del politico, del cittadino - di fare finta che quella tragedia sia maturata in forma indipendente da quelle che l’hanno preceduta.
E’ doveroso ricordare solennemente le vittime italiane delle foibe e l'esodo forzato di tanti nostri connazionali dall'Istria e dalla Dalmazia, celebrare le migliaia di persone uccise nell'immediato dopoguerra durante l'occupazione jugoslava di Trieste, omaggiare le decine di migliaia di donne e uomini che abbandonarono le proprie case sotto la pressione del revanscismo sloveno e croato, condannare senza appello il nazionalismo e l'odio etnico.
Ma è altrettanto doveroso spiegare le ragioni che stavano alla radice di quell'odio: la violenza e l'espansionismo fascisti - con le loro innumerevoli e barbare stragi - sul confine orientale. E, prima ancora, la furibonda campagna di italianizzazione delle popolazioni slave durante il ventennio di Mussolini, negato a governare con giustizia territori plurietnici, plurilingui e multiculturali, spinto invece a realizzare un preciso programma di oppressione snazionalizzatrice dei sudditi del regno.
Non occorre essere nati fra Trieste e Gorizia per sapere che prima del fascismo quel confine non esisteva, né sulla carta, né soprattutto nelle menti e nella vita quotidiana di chi viveva in quei luoghi. Italiani, sloveni, croati si mescolavano, facevano gli stessi lavori, abitavano le stesse case, venivano sepolti negli stessi cimiteri. L'uno a fianco dell'altro. Il confine fu tracciato dopo e, anche se non c'era sulla carta geografica, cresceva e si alimentava nel razzismo istituzionale del regime.
Con l’avvento del fascismo furono aboliti tutti gli enti culturali, sociali e sportivi della popolazione slovena e croata, sparì ogni segno esteriore della presenza dei croati e sloveni, vennero chiuse le loro scuole di ogni grado, cessarono di uscire i loro giornali, i libri scritti nelle loro lingue furono considerati materiale sovversivo. Con un decreto del 1927 furono forzosamente italianizzati i cognomi di famiglia e migliaia di persone finirono al confino, le lingue croata e slovena dovettero sparire perfino dalle lapidi sepolcrali, furono cacciate dai tribunali e dagli altri uffici, bandite dalla vita quotidiana. Alcune centinaia di democratici italiani (socialisti, comunisti e cattolici), che lottarono per la difesa dei più elementari diritti delle minoranze, subirono attentati, arresti, processi e lunghi anni di carcere inflitti dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
E sugli infoibamenti il triste brevetto non è slavo, ma italiano, come si evince da una canzoncina in voga fra gli squadristi, che già negli anni Venti solevano gettarvi chi, fra i croati, aveva la pretesa, per esempio, di parlare nella lingua materna:

A Pola xe l'Arena
la Foiba xe a Pisin:
che i buta zo in quel fondo
chi ga certo morbin.
(A Pola c'è l'Arena,
a Pisino c'è la Foiba:
in quell'abisso vien gettato
chi ha certi pruriti).

Poi vennero la seconda guerra mondiale dichiarata dall’Italia alla Jugoslavia, i paesi bruciati, le stragi, le torture, i centomila civili internati nei campi di concentramento italiani (perché nessuno si ricorda di quello famigerato sull’isola di Arbe?). E alla fine un odio militarmente praticato per lunghi anni dai fascisti si rovesciò nella atroce rappresaglia delle foibe e nell'esodo finale di tanti nostri connazionali da quei luoghi.

domenica 22 gennaio 2012

A Calcinato si salvarono due famiglie ebree

Anche a Calcinato ci fu qualcuno che si prodigò per la salvezza dei cittadini ebrei perseguitati dl regime nazifascista nel corso della seconda guerra mondiale. Si tratta dei coniugi Angelo Tosi e Teresa Pasquali, coppia che si rese protagonista nella seconda parte della guerra di una toccante vicenda umanitaria che vale la pena di ricordare in tempi di crescente diffusione di negazionismi ideologici privi di fondamento storico. I due sposi ospitarono infatti nella propria abitazione in via San Vincenzo 3 due famiglie ebree, i Sarfatti e i Salinas, formate da internati politici a Calcinato e sottrattesi alle ricerche delle autorità germaniche dopo l'8 settembre 1943.
I clandestini furono alloggiati in casa Tosi per quasi diciotto mesi, dal 17 novembre 1943 al 27 aprile 1945, all'indomani della Liberazione. I rifugiati coraggiosamente accolti da Angelo e Teresa erano ben otto: la famiglia di Samuele Sarfatti era composta dalla moglie Clara Eschenazi e dai figli Susanna e Sara; quella di Davide Salinas comprendeva la moglie Virginia Sarfatti e i figli Giuseppe e Sara.
Le due famiglie erano state in precedenza internate nel 1941 nel campo di concentramento fascista di Ferramonti, in provincia di Cosenza, dove erano rimaste per circa un anno. Poi furono trasferite a Calcinato, sempre come internate. In paese trascorsero i primi due anni presso la Casa Bianchi, insieme ad altre famiglie ebree. "Quei due anni" ricordava anni fa Sara "sono stati il periodo più bello e spensierato della guerra: eravamo internati, c'erano le leggi razziali, ma potevamo comunque uscire per le vie del paese e incontrare gli amici. Poi è cominciato l'incubo: dopo l'8 settembre 1943 i nazisti occuparono l'Italia e insieme ai fascisti cominciarono a dar la caccia agli ebrei al fine di deportarli tutti nei famigerati lager dai quali era difficilissimo uscire vivi. Le nostre due famiglie furono salvate grazie alla generosità e bontà della famiglia Tosi, che nascosero, in casa loro e a loro rischio, ben otto persone nella cameretta al piano di sopra".
"Da lì non potevamo uscire" spiegava "altrimenti ci avrebbero arrestati e deportati; durante il giorno non potevamo nè muoverci nè parlare, altrimenti qualcuno in strada poteva sentirci e capire che i Tosi nascondevano in casa loro degli ebrei e ciò li avrebbe portati a subire la nostra stessa sorte".
Anche il fratello Giuseppe ricordava bene quei mesi. "Avevo 14 anni e, dopo la segnalazione dei carabinieri che i tedeschi ci cercavano, siamo stati ospitati da questa famiglia, costretti a trascorrere tutto il giorno al chiuso, sopravvivendo solo grazie alla loro cortese attenzione e cura. Essi avevano un figlio partito con l'Armir per la campagna di Russia ed avevano fatto una sorta di voto, in virtù del quale ci avrebbero ospitato affinchè egli tornasse sano e salvo dalla guerra. Se qualcuno del paese veniva in casa Tosi noi dovevamo nasconderci in soffitta fino al momento in cui se ne andava. Gli ultimi sei mesi della guerra furono i più duri ed angoscianti; ci nascondemmo nella stalla della casa degli Speranzini, che ricevevano sempre visite dai fascisti perché cercavano loro figlio. Vivevamo tutti i momenti con la paura che ci scoprissero".
Poi, finalmente, la primavera del '45 e il 25 aprile, con la libertà per tutti gli ebrei che non erano stati deportati nei campi di concentramento.
La famiglia Sarfatti in seguito si trasferì negli anni '60 in Israele, dove i genitori morirono poco dopo. Così come i Tosi, scomparsi entrambi negli anni '70. Giuseppe e Sara Salinas invece vissero a lungo a Milano, dove Giuseppe è scomparso tre anni fa. A Calcinato erano tornati insieme il 25 aprile 1998 per l'inaugurazione di una mostra storica su quel terribile periodo.

sabato 21 gennaio 2012

Giovedì 26 assemblea sull'acqua dei calcinatesi

Giovedì 26 gennaio alle ore 20.30 tutti coloro che a vario titolo in questi mesi si sono battuti per la difesa dell’acqua come bene comune dei calcinatesi si incontreranno alla sala civica Morelli, in Piazza della Repubblica a Calcinato, per discutere come proseguire le iniziative per la riassunzione in Comune della gestione dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione a Calcinato, passata dal 1° gennaio sotto il controllo di Garda Uno, società per azioni di Padenghe sul Garda.
Ci saranno le Acli di Ponte San Marco, Calcinato Migliore, il Comitato salute ambiente, il Gruppo libertario Spartaco, il Partito Democratico e, naturalmente, Linea indipendente.
Lanciamo un appello ai cittadini, i gruppi, le associazioni e i partiti che nella primavera scorsa hanno sostenuto i due referendum sull’acqua e poi a dicembre si sono battuti contro questa scelta affinché partecipino giovedì sera per capire come continuare insieme la campagna in atto.

venerdì 20 gennaio 2012

GIÙ LE MANI DALL’ACQUA E DALLA DEMOCRAZIA!

Il 12 e 13 giugno scorsi 26 milioni di donne e uomini hanno votato per l’affermazione dell’acqua come bene comune e diritto umano universale e per la sua gestione partecipativa e senza logiche di profitto.
Le stesse persone hanno votato anche la difesa dei servizi pubblici locali dalle strategie di privatizzazione: una grande e diffusa partecipazione popolare, che si è espressa in ogni territorio, dimostrando la grande vitalità democratica di una società in movimento e la capacità di attivare un nuovo rapporto tra cittadini e Stato attraverso la politica.
Il voto ha posto il nuovo linguaggio dei beni comuni e della partecipazione democratica come base fondamentale di un possibile nuovo modello sociale capace di rispondere alle drammatiche contraddizioni di una crisi economico-finanziaria sociale ed ecologica senza precedenti.
A questa straordinaria esperienza di democrazia il precedente Governo Berlusconi ha risposto con un attacco diretto al voto referendario, riproponendo le stesse norme abrogate con l’esclusione solo formale del servizio idrico integrato.
Adesso, utilizzando come espediente la precipitazione della crisi economico-finanziaria e del debito, il Governo guidato da Mario Monti si appresta a replicare ed approfondire tale attacco attraverso un decreto quadro sulle strategie di liberalizzazione che vuole intervenire direttamente anche sull’acqua, forse addirittura in parallelo ad un analogo provvedimento a livello di Unione Europea che segua la falsariga di quanto venne proposto anni addietro con la direttiva Bolkestein. In questo modo si vuole mettere all’angolo l’espressione democratica della maggioranza assoluta del popolo italiano, schiacciare ogni voce critica rispetto alla egemonia delle leggi di mercato ed evitare che il “contagio” si estenda fuori Italia.
Noi non ci stiamo.
L’acqua non è una merce, ma un bene comune che appartiene a tutti gli esseri viventi e a nessuno in maniera esclusiva, e tanto meno può essere affidata in gestione al mercato.
I beni comuni sono l’humus del legame sociale fra le persone e non merci per la speculazione finanziaria.
Ma sorge, a questo punto, una enorme e fondamentale questione che riguarda la democrazia: nessuna “esigenza” di qualsivoglia mercato può impunemente violare l’esito di una consultazione democratica, garantita dalla Costituzione, nella quale si è espressa senza equivoci la maggioranza assoluta del popolo italiano.
Chiediamo con determinazione al Governo Monti di interrompere da subito la strada intrapresa.
Chiediamo a tutti i partiti, a tutte le forze sociali e sindacali di prendere immediata posizione per il rispetto del voto democratico del popolo italiano.
Chiediamo alle donne e agli uomini di questo paese di sottoscrivere questo appello e di prepararsi alla mobilitazione per la difesa del voto referendario.
Oggi più che mai, si scrive acqua e si legge democrazia.

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Primi firmatari:
Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Luca Nivarra, Gustavo Zagrebelsky, Roberto Vecchioni, Gaetano Azzariti, Alberto Lucarelli, Riccardo Petrella, Maurizio Pallante, Valerio Mastandrea, Pietro Sermonti, Gino Strada, Marco Paolini, Don Andrea Gallo, Dario Fo, Padre Alex Zanotelli, Luciano Gallino, Nicoletta Braschi, Carlin Petrini

Per adesioni cliccare
http://www.acquabenecomune.org/raccoltafirme/index.php?option=com_petitions&view=petition&id=181&limitstart=33360

giovedì 19 gennaio 2012

50 anni di nonviolenza organizzata

Mentre il Movimento Nonviolento italiano compie 50 anni, quello bresciano ha appena spento le sue prime 40 candeline. “Era il 1971 - ci dice il portavoce Adriano Moratto - quando al Carmine, in via Scalvini, un gruppo di studenti e operai si riunì per approfondire i temi del militarismo e delle radici della violenza, ispirati dal pensiero di Aldo Capitini”.
Fra le prime iniziative ricorda “le lotte per l’obiezione di coscienza al servizio militare, con marce, incontri e manifestazioni che animarono per anni la città. Eclatante fu la vicenda del Poggio dei Mandorli, che vide i nonviolenti protagonisti della controinformazione su gravi irregolarità amministrative ed urbanistiche”.
“L’impegno per la difesa della salute e dell’alimentazione di qualità – aggiunge - ci portò a fondare la Cooperativa Il seme e il frutto, quello per la socialità a entrare nei nascenti comitati di quartiere”.
Del ’76 è l’acquisto della storica sede in via Milano, “dove si addestrarono per decenni obiettori da tutta Italia, venne coordinato il servizio civile e partirono le campagne contro il nucleare, per l’obiezione fiscale alle spese militari e per la libertà dalle vaccinazioni obbligatorie”.
I nonviolenti bresciani, pur festeggiando la ricorrenza, in questi giorni sono mobilitati su altri due fronti: l’ora di silenzio mensile per il riconoscimento dei diritti dei migranti in Piazza Rovetta e la campagna per la drastica riduzione delle spese militari, che sono fra le cause dell’attuale crisi economico-finanziario, dopo 20 anni di costosissime guerre ‘umanitarie’”.
Si recheranno comunque in tanti a Verona per partecipare alla manifestazione celebrativa nazionale, una kermesse dal titolo "50 di nonviolenza in Italia" in programma da venerdì 20 a domenica 21 gennaio, con spettacoli, tavole rotonde, proiezione di film a cui parteciperanno fra gli altri Fausto Amodei, Goffredo Fofi, Gianni Sofri, Daniele Lugli e Luisa Morgantini. La partenza è fissata alle ore 18 di venerdì dalla sede di via Milano 65. Per informazioni e iscrizioni al numero 030/3229343 o 339/6243617.

martedì 17 gennaio 2012

La libertà è sempre la libertà di chi la pensa diversamente

Vi chiediamo la cortesia di leggere il seguente appello a favore di Aldo Busi e, se il suo contenuto riscuote la vostra approvazione, di sottoscriverlo e diffonderlo.
Noi lo porteremo a conoscenza del maggior numero di persone possibile.
Per dare la vostra adesione, utilizzate per cortesia lo spazio dedicato ai commenti indicando il nome e il cognome.
Grazie.

Alle ore 9 di mercoledì 7 marzo 2012, presso il Tribunale di Monza è fissata la prima udienza dibattimentale del processo che vede Aldo Busi chiamato a difendersi dall’accusa di aver leso la reputazione di Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario, ex moglie dell’ex Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi. Ecco il capo d’imputazione contestato allo scrittore:
Nel corso della trasmissione televisiva 8 e mezzo trasmessa dalla emittente “LA 7”, e perciò comunicando con più persone nel corso di un’intervista, offendeva la reputazione di Miriam Bartolini, coniuge di Silvio Berlusconi, in quanto, in risposta alla domanda “di Veronica Lario, cosa pensa?”, rispondeva: “Non ho mai pensato nulla, soltanto mi sembra molto strano che una signora che ha recitato, che è stata nei teatri, che, insomma, non dico colta, ma comunque con un’istruzione piuttosto vasta, mandi una lettera per una storia di possibili corna o tradimenti o minorenni, ecc., e non abbia mai detto nulla sul fatto che a casa Berlusconi c’era un tale Mangano, lo stalliere pluriomicida e mafioso di vaglia che stava lì e che probabilmente ha preso in braccio i suoi bambini… Allora io mi sarei svegliata, magari venti anni prima”. In merito alla separazione tra la querelante e Berlusconi, aggiungeva “Sì ci sono state cose molto più gravi. Cioè, a me non sembra una ragione sufficiente per staccarsi da un uomo… No, perché in fondo a una donna fa piacere avere il marito che ogni tanto va fuori dalle palle, va con qualche altra … se piace alle altre donne vuol dire che ha scelto bene”.
Consideriamo inaccettabile che un magistrato possa dare seguito a una querela che parte da una simile dichiarazione. Non occorre leggere tra le righe delle parole di Aldo Busi per capire che lo scrittore, lungi dall’offendere Veronica Lario, le riconosce pubblicamente una sua dignità civile violata dall’ex marito e in seconda battuta proprio dalla stessa Lario allorché, per distanziarsi anche legalmente da Silvio Berlusconi, adduce come ragione, tra le tante e più gravi a disposizione, il tradimento sessuale di lui. E’ paradossale e nel contempo emblematico che Veronica Lario abbia deciso di querelare chi su di lei si è espresso autorevolmente e senza paternalismi. Ancora più paradossale è che un magistrato abbia potuto ravvisare nella querela gli estremi per avviare una causa processuale.
Riteniamo che la magistratura italiana abbia troppe urgenze cui dare la precedenza per scialacquare tempo e denaro dei contribuenti in contenziosi di conclamata futilità, che dimostrano di quanto poco credito godano ormai nel nostro Paese le libertà di pensiero e di opinione e quanta poca fiducia si abbia nell’intelligenza del cittadino e nelle sue capacità di interpretazione del linguaggio e dei fatti.
A coloro che credono ancora nella condivisione di un minimo di senso della realtà e delle proporzioni in materia di giustizia, diamo appuntamento la mattina del 7 marzo in Piazza Garibaldi a Monza, davanti al Tribunale, per manifestare solidarietà allo scrittore Aldo Busi. Servirà a rammentare ai giudici che il loro operato è soggetto al giudizio di quei cittadini che non hanno né santi in paradiso né ex coniugi che versano loro, a titolo di indennizzo, un appannaggio mensile di 3 milioni di euro.
Sottoscrivono: Marie Aguettant, Marcella Andreini, Edgardo Andriani, Barbara Angieri, Enzo Fabio Arcangeli, Fabio Baleani, Alessandro Barbero, Giovanni Bellandi, Lisa Bernardini, Danilo Biffi, Francesca Bignardi, Anna Bisconti, Daniele Bonazza, Marianna Bonelli, Vittorio Bresciani, Luca Bruno, Sebastiano Bucca, Paola Caffi, Daniela Campagna, Francesco Canu, Stefania Carlesso, Sabrina Carniel, Federico Castelli, Marcello Cavagna, Marco Cavalli, Giulio Chimetto, Stefano Ciavatta, Antonio Coda, Mario Marco Corbelli, Antonella Corrias, Carmen Covito, Donato Domenico Curtotti, Paride Cusimano, Michele Danza, Anna Chiara De Pippo, Mario De Ronzi, Annarita Desantis, Alessandro De Santis, Angela Di Filippo, Franca Di Muzio, Marco Dotti, Dario Durini, Laura Facchin, Enrico Fergnani, Angelo Ferrari, Pietro Ferrari, Daniele Fiacco, Antonella Filomeni, Elisabetta Fiore, Massimo Fontana, Silvia Foresti, Luca Franchini, Roberto Frison, Davide Fumagalli, Paolo Fumagalli, Ilaria Furlan, Marco Ghizzoni, Mario Giannelli, Silvia Giolo, Luca Gino Mori, Marcella Gritti, Nicola Lagioia, Barbara Latorre, Antonio Ligas, Claudio Losio, Tania Maestri, Luana Malavolta, Silvana Malavolti, Angela Malizia, Marco Manconi, Andrea Manenti, Davide Manenti, Marco Marchi, Flavio Marcolini, Milena Marinò, Guido Mazzucco, Alessandro Menichelli, Debora Mieli, Paola Migliorati, Marco Milzani, Daniela Modalini, Massimo Ortolani, Donatello Pace, Fabio Palmisciano, Matteo Panni, Elena Parisi, Lidia Parodi, Michele Pavan Deana, Mauro Peretto, Elvis Pernet, Marco Piacenti, Romana Pincitore, Daniela Piu, Goffredo Plastino, Vincenzo Politi, Nicolò Premi, Mauro Quetti, Luca Resca, Dario Rodondi, Fabio Romano, Luca Rozzini, Dario Rubino, Alessandro Ruffini, Michelina Russo, Raffaele Rutigliano, Maria Antonietta Sanna, Pier Angelo Sanna, Alessandro De Santis, Francesco Savio, Leonardo Scarcelli, Cosima Serio, Luca Serlini, Flavio Severino, Gianpaolo Spagnoli, Francesco Strocchi, Lorenzo Taidelli, Giovanni Tesio, Alberto Tommolini, Maria Letizia Tonelli, Matteo Tonoli, Massimiliano Viardi, Laura Vicenzi, Lorena Viganò, Nicola Villa, Mario Vitale, Gianluca Zaccagnino, Alessandro Zaltron, Gloria Zanuso.

lunedì 16 gennaio 2012

L'antisemitismo degli intellettuali

In vista della celebrazione il prossimo 27 gennaio della Giornata della Memoria, istituita dall’Unione Europea a ricordo del 67esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz da parte dei soldati dell’Armata Rossa, giunge opportuna la pubblicazione dell’ultimo saggio dello storico bresciano Francesco Germinario, “Argomenti per lo sterminio” (Einaudi, pp. 396, euro 32), che indica sin dal sottotitolo – “L’antisemitismo e i suoi stereotipi nella cultura europea (1850-1920)” – come il brodo di coltura in cui si sviluppò la dozzina di anni più terribile per il nostro continente sgorghi da fonti ben più antiche e altrettanto inquinate.

Per Germinario, apprezzato collaboratore della Fondazione Micheletti, le camere a gas di Auschwitz sono l’approdo terrificante di un processo messo in moto molto prima da una assai diffusa cultura politica antisemita che seppe amplificare pregiudizi e atteggiamenti antiebraici, sostenuti, motivati e valorizzati da consistenti settori dell’intellighenzia europea, i quali dall'alto di una pretesa ma equivoca neutralità scientifica si scagliarono contro un popolo stoltamente accusato di voler dominare il mondo.

Fra la prima metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in Europa si affermò infatti una cultura che procedette con sicumera nella “razzizzazione” della figura dell'ebreo. Nell’immaginario collettivo a partire da quel periodo si diffuse una preoccupante serie di stereotipi, dall'ebrea seducente, sessualmente perversa e incline alla prostituzione, all'ebreo nevrotico e dunque rivoluzionario, capaci di determinare un'immagine differenziata di questo popolo. La differenziazione toccherà il culmine nell'associare l'ebreo agli animali nocivi (frequenti gli accostamenti a ratti, iene, pidocchi) e fornirà il bagaglio culturale necessario ai nazisti per programmare la loro politica di sterminio.

Sconcerta scoprire in queste pagine come a legittimare gli atteggiamenti dell'antisemitismo militante fu la cosiddetta “cultura alta”, espressa da scrittori, sociologi, medici e giornalisti che, con le loro opere frutto di una concezione politica antipluralista e ostile ai sistemi politici liberali, diedero spietatamente argomenti agli scalmanati e violenti impegnati nelle agitazioni di piazza.
Quello che colti e scienziati avevano elaborato con copiosità - offrendo suggestioni, spunti e fondamenti ideologici all’antisemitismo - il nazismo lo tradurrà poi in atroci realtà, quelle dei lager che insanguinarono il cuore del vecchio continente .Il libro

Di grande interesse è infine la distinzione che lo storico traccia fra antisemitismo e razzismo. “L’antisemitismo — scrive Germinario — ha disposto di un testo, ‘I Protocolli dei Savi di Sion’, e di una visione della Storia, il cospirazionismo, di cui non c’è traccia nel pensiero razzista; il razzismo non è mai stato convinto che le ‘razze’ ritenute ‘inferiori’ cospirassero contro l’umanità e disponessero, anzi, degli strumenti e delle capacità di orientare la Storia”.

flavio marcolini

sabato 14 gennaio 2012

Giovedì 19 gennaio un incontro sul gassificatore di Bedizzole

Giovedì 19 gennaio alle ore 20.30 alla Sala Don Gorini in Piazza XXV Aprile il Comitato Civico Salute e Ambiente di Bedizzole organizza il convegno “Gassificatore, salute pubblica e qualità dell’aria”.
Il gassificatore non c’è ancora, ma è già emergenza. Che aria respiriamo? Perché ci ammaliamo sempre di più? Come difenderci? A discuterne saranno le amministrazioni comunali della nostra zona e due esperti: l’ingegner Giuseppe Magro, presidente nazionale dell’Associazione Internazionale per la Valutazione di Impatto Ambientale(I.A.I.A.) e i il dottor Celestino Panizza della Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia).

venerdì 13 gennaio 2012

Una tassa nata in lire, da pagare in euro: gli allacci alle fognature di Calcinato

Dopo una serie di verifiche nei propri archivi, l’ufficio tecnico del Comune di Calcinato in questi giorni ha inviato circa 500 lettere raccomandate ad altrettante famiglie nelle quali informa che ”risulta ancora pendente la regolarizzazione dei diritti di allaccio alla fognatura”, invitando i destinatari ai provvedere al versamento dei diritti (o alla sua integrazione) alla tesoreria comunale entro dieci giorni, per importi generalmente compresi fra i 100 e i 200 euro.
Numerose sono state le persone che hanno segnalato alla nostra redazione l’accaduto, sottolineando che la stragrande maggioranza dei casi riguarda allacciamenti risalenti agli anni ’90.
“Nei giorni scorsi – spiega il sindaco Marika Legati per precisare la questione - abbiamo rintracciato alcune centinaia di pratiche non concluse di richieste di allacciamenti fognari, concernenti un periodo molto esteso, che va dal 1992 al 2010; in sostanza in esse non vi era la cedola attestante il versamento dei diritti di allaccio”.
“A quel punto – dichiara il primo cittadino – avevamo due possibilità: o ripartire daccapo con l’iter procedurale aggiornandolo alla luce delle attuali normative o condurre a conclusione le procedura attraverso la doverosa riscossione dei diritti di segreteria, ultimo atto della pratica. Abbiamo percorso questa seconda strada, non considerando decadute le domande presentate: ciò consente fra l’altro ai cittadini di chiudere l’insieme delle pratiche propedeutiche al rilascio della dichiarazione di agibilità dei propri immobili”.
L’emissione in massa di queste istanze di regolarizzazione dei diritti di allaccio alla fognatura ha creato non pochi problemi: code in posta per ritirare le lettere raccomandate nei frequenti casi in cui non era stato possibile recapitarle a domicilio per l’assenza dei destinari, richieste di informazioni in municipio e la necessità per quasi tutti di rovistare negli incartamenti documentali di casa, per accertare la veridicità di quanto letto nelle lettere. Qualcuno è persino riuscito a scovare in vecchi faldoni la ricevuta dell’avvenuto versamento, effettuato a suo tempo, di quanto dovuto. I più si stanno interrogando sul da farsi, consultando commercialisti, legali e architetti.
E proprio un architetto, Flavio Vida, capogruppo in consiglio degli ecologisti di Linea Indipendente, sta coordinando le consulenze a chi ha ricevuto l’inattesa ingiunzione. “E’ evidente che il Comune sta raschiando il fondo del barile, ma in questo caso raccoglie solo le schegge” osserva.
“Ci hanno contattati in molti per avere delucidazioni” racconta. “Stiamo lavorando con un pool di legali per dare supporto a questi cittadini, specialmente agli anziani o a chi in questi anni ha effettuato una compravendita di un immobile”.
Per Vida “non si possono pretendere pagamenti di allacciamenti che si presume non siano stati effettuati, quanto meno per le pratiche precedenti il 2002. Il codice civile stabilisce che ogni diritto disponibile si estingue allorché il suo titolare non lo esercita per un determinato periodo di tempo; se la prescrizione massima è di 10 anni, è singolare che il Comune pretenda dai cittadini la copia di quietanze di pagamento (risalenti anche a 18 anni fa), che l’ente stesso non ha conservato nei propri archivi. Per fortuna diverse persone le hanno in casa e le esibiranno, a dimostrazione del fatto che le lettere sono state inviate indistintamente, non a seguito di un effettivo riscontro di un'insolvenza, cercando di fare cassa confidando nella negligenza degli utenti”.
“E' curioso - conclude il consigliere - che la necessità di questa verifica sia emersa a seguito della recentissima cessione del servizio a Garda Uno: non era più corretto, anche nei confronti del nuovo gestore, consegnare un apparato in ordine?”.

giovedì 12 gennaio 2012

Mai più spese per preparare la guerra!

Le sempre più inutili, quando non dannose, spese militari saranno al centro del convegno che il Movimento nonviolento organizza sabato 14 gennaio a partire dalle ore 9 nella sede di via Milano 65 a Brescia.
Partendo dal tema dell'antimilitarismo, nel corso della giornata verranno esaminati percorsi e prospettive per un progetto di alternativa globale della società in cui viviamo. Quattro le sessioni di lavoro previste, coordinate da Adriano Moratto e dedicate rispettivamente al "bilancio di vent'anni di guerre umanitarie", al rapporto fra "spese militari e sicurezza", a quello fra "crisi economica e spese militari" e alle "situazioni occupazionali nell'industria bellica in rapporto alle prospettive internazionali".
Per informazioni si può telefonare al n. 339.6243617.

mercoledì 11 gennaio 2012

All'asilo Bianchi si sta bene e si imparan tante cose

Un asilo molto creativo e interessante, dove si sta bene e si imparan tante cose, è la scuola dell´infanzia comunale Antonio e Maria Bianchi di via Stazione 86, a Ponte San Marco.
Fra i rari asili pubblici che propongono il rivoluzionario metodo pedagogico di Maria Montessori, l´istituto ospita fra l'altro il progetto Slow Food «Orto in condotta», che porterà alla creazione di un orto biologico gestito dai bambini in collaborazione con educatori, genitori e una pattuglia di abili «nonni ortolani».
Genitori, fateci un giro, se siete in cerca di una struttura educativa per i vostri piccini. E se deciderete per il sì, le iscrzioni si ricevono all’Ufficio Pubblica Istruzione del Comune il lunedì, martedì, mercoledì, venerdì dalle ore 9 alle ore 12.15 e il giovedì dalle 16 alle 17.45.

martedì 10 gennaio 2012

Il voto agli immigrati

Mercoledì 11 gennaio alle ore 20.45 al Centro per la Nonviolenza di via Milano 65 a Brescia si tiene un incontro di presentazione delle due petizioni popolari che, nell'ambito della campagna "L'Italia sono anch'io", chiedono il diritto di voto amministrativo per gli stranieri residenti Italia da almeno cinque anni e la cittadinanza ai bambini stranieri nati nel nostro paese.

lunedì 9 gennaio 2012

Per la difesa dell'acqua bene comune dei calcinatesi

Dal 1° gennaio la gestione dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione a Calcinato è passata sotto il controllo di Garda Uno, società per azioni di Padenghe sul Garda, che ne ha dato notizia con un volantino recapitato in tutte le abitazioni del Comune.
La scelta fatta dal sindaco Marika Legati esternalizza il servizio idrico integrato. "Ma ciò non significa privatizzarlo” ha sottolineato il sindaco “Il comune non lo gestisce più direttamente, ma lo ha affidato comunque a un ente interamente pubblico". Fra l’altro l’accordo raggiunto prevede “la valorizzazione degli impianti calcinatesi con una adeguata remunerazione economica per gli investimenti fatti in passato", come spiega il primo cittadino che ha ottenuto pure la realizzazione di “interventi di riqualificazione e miglioramento degli impianti, come il depuratore di Calcinatello con la relativa dorsale di collegamento con tutto l'abitato e con gli insediamenti industriali a est di Ponte San Marco".
Da gennaio Garda Uno ha aperto uno sportello presso il Comune di Calcinato, aperto il mercoledì dalle ore 14 alle 17. Lì potranno “essere eseguite le operazioni di apertura, chiusura e voltura dell’utenza ed ogni informazione relativa al servizio acquedotto di cui il cliente può necessitare”, spiega il volantino.
A questo punto chiediamo - a tutti i cittadini, i gruppi, le associazioni e i partiti che nella primavera scorsa hanno sostenuto i due referendum sull’acqua e poi a dicembre dentro e fuori il consiglio comunale si sono battuti contro questa scelta - di incontrarci per capire come continuare una campagna per evitare che i nostri concittadini si vedano definitivamente scippare l’acqua come bene comune dei calcinatesi. Nei giorni precedenti e immediatamente seguenti il consiglio comunale che ha dato il via libera all’operazione, sono circolate informalmente diverse ipotesi, dal referendum abrogativo al ricorso al Tar, strade giudicate dai più irte di difficoltà e difficilmente percorribili con esiti positivi a breve termine. In questa fase appare importante almeno informare correttamente la cittadinanza e sviluppare un dibattito sul che fare. I contributi inviatici, se richiesto, verranno pubblicati sul sito lineaindipendente.blogspot.com, per consentire a tutti di seguire la discussione con trasparenza, in attesa di un momento di sintesi comune.

Linea Indipendente

domenica 8 gennaio 2012

7mila e 200 euro alla cooperazione internazionale

A fine anno la giunta municipale di Calcinato ha assegnato i fondi destinati agli organismi di volontariato che si occupano di cooperazione internazionale. 7mila e 200 gli euro stanziati: 2mila 100 euro ciascuno sono andati all'Aps di Antonio Corsini per lo sviluppo economico dell'Africa, al Gruppo dei Prati che si occupa della Guinea Bissau e agli Amici delle missioni orsoline in Brasile, 500 al Gruppo di impegno missionario di Esenta di Lonato e 400 all'associazione Cesar attiva in Sudan.

sabato 7 gennaio 2012

E' morto l'uomo disarmato

L’anno si è aperto con una grave perdita per le donne e gli uomini di buona volontà. Giovedì 5 gennaio ci ha lasciati don Luisito Bianchi, morto a 84 anni dopo essere stato cappellano nell'abbazia di Viboldone, insegnante al seminario di Cremona, missionario in Belgio, viceassistente nazionale delle Acli, prete operaio in una fabbrica di Alessandria e inserviente in ospedale.
Ma la sua fama resta indissolubilmente legata al romanzo “La messa dell’uomo disarmato” (Sironi editore, Milano 2003, pagg. 860, euro 19), una prodigiosa epopea che ha circolato in edizione autoprodotta a cura di un gruppo di amici dell'Abbazia di Viboldone tra l'89 e il '95, finché l'editore milanese non lo ha proposto al grande pubblico.
Mai come in questi anni il valore di liberazione dalla dittatura nazifascista della guerra partigiana è stato messo in discussione non solo dai politici ma anche da storici e giornalisti. E allora può tornare utile la lettura di quest’opera monumentale che è forse in grado di mettere la parola fine alle polemiche, consegnando ai lettori la chiarezza di uno spartiacque: da una parte i valori e gli ideali della giustizia e della libertà, dall´altra il tentativo sconfitto di soggiogare le coscienze alla cieca volontà di pochi, intrisa di barbarie e razzismo.
Già la biografia del tutto particolare di questo prete ci parla del testo. Nato a Vescovato (Cremona) nel 1927, partecipa alla Resistenza ed è sacerdote dal 1950. Delle proprie esperienze successive ha parlato in diversi libri: "Salariati" (1968), "Come un atomo sulla bilancia" (1972), "Dialogo sulla gratuità" (1975), "Gratuità tra cronaca e storia" (1982), "Dittico vescovatino" (2001), "Sfilacciature di fabbrica" e "Simon mago" (2002).
Ma è la vicenda che ebbe inizio nella primavera del 1940 quella destinata a segnarlo per sempre. Franco lascia il monastero benedettino in cui era novizio e torna alla cascina dei genitori, La Campanella, per fare il contadino. L´Italia entra in guerra e Piero, suo fratello, è inviato come ufficiale medico in Grecia. Rientrerà pochi mesi dopo con i piedi semicongelati, mentre altri giovani partiranno per la campagna di Russia. Franco è voce narrante di una vicenda corale, che fa della Campanella e del paese intorno il formidabile microcosmo dell´Italia rurale di allora: i contadini e gli ambulanti, le operaie della filanda, un professore socialisteggiante, il maresciallo dei carabinieri, il segretario del fascio, l´arciprete. Su tutti piomba l´8 settembre 1943, a segnare un momento di svolta e di insospettata chiarezza: l´occupazione nazista induce tutti a compiere delle scelte. Per alcuni coraggiosi è la lotta partigiana sui monti: Lupo, Piero, Rondine, il Capitano, Spartaco, Sbrinz e gli altri trovano sostegno pratico e spirituale nei monaci del monastero in cui Franco è stato novizio. Don Benedetto è con loro: combatte inerme ma non inerte, abitato com’è da un pulsante sentimento di fraternità.
Circolato semiclandestinamente in edizione autoprodotta e autofinanziata tra il 1989 e il 1995, questo romanzo è già stato a suo tempo un best seller, al di fuori del mercato librario, diffondendosi di mano in mano, di amicizia in amicizia presso tutti coloro che secondo don Luisito “continuano questa testimonianza e tramandano questa memoria e la incarnano nella situazione di oggi: nella gratuità dell’impegno per la pace, la nonviolenza, l’eguaglianza tra gli esseri umani, la fraternità” come affermò in un intervista a Jesus nell’aprile 2005. “Tutti quelli che si sforzano di non strumentalizzare gli altri, che servono i fratelli e non li usano per i loro obiettivi, che si donano gratuitamente e non chiedono nulla in cambio, tutti questi sono i nuovi ribelli per amore” dichiarò, concludendo: “Se fanno i volontari qui oppure nel Terzo mondo o se protestano contro la guerra e contro il potere degli eserciti e delle multinazionali – e lo fanno perché vogliono un mondo più giusto e libero, e non per avere un tornaconto – tutti questi sono i nuovi ribelli per amore. Bisogna essere un po’ ribelli, infatti, per sapere che un mondo diverso è possibile”.
Flavio Marcolini

martedì 3 gennaio 2012

Calcinato puzza?

Abbiamo ricevuto questa lettera da una lettrice. Se qualcuno volesse rispondere, è possibile farlo scrivendo a linea.indipendente@hotmail.it

Buonasera.
So che potrebbe sembrare strano rivolgermi a Voi ma avrei una curiosità riguardante l'odore sgradevole che si sente transitando sull'A4 all'altezza del chilometro 237 circa.
Passo sporadicamente e all'inizio pensavo a uno sversamento occasionale sul manto autostradale (c'è una chiazza in terra) ma ho accertato che l'odore è persistente, da almeno qualche mese, e l'ho ben percepito anche la notte di capodanno alle 4 del mattino!
Da alcune ricerche mi risulta ricadere nel territorio di Calcinato e, navigando in internet, ho trovato il vostro sito. Pensando mi possiate essere d'aiuto ho pensato di chiedere a voi se siete a conoscenza di questo fenomeno e di quale sostanza possa essere, se è presente qualche ditta che lo produce o cos'altro.
Ringrazio cortesemente per qualsiasi informazione possiate darmi,
Alessandra Cardellino.