lunedì 9 maggio 2022

Carlo invita all'obiezione contro la guerra

 
Il nostro Carlo Filippini non ha perso la fermezza dei 20 anni, che mezzo secolo fa lo portò a farsi lunghi mesi di carcere militare a Peschiera per aver rifiutato la naia come una quarantina di suoi compagni in lotta per ottener la legge sull’obiezione di coscienza, giunta poi il 15 dicembre 1972.  
Lo andarono a prendere nella comunità dei disabili dove avrebbe voluto senza armi “servire la patria”, che per lui erano gli ultimi, gli svantaggiati. Da allora non ha mai smesso di impegnarsi: è stato consigliere e assessore nel suo paese, ha operato nei gruppi ecologisti, è volontario di Croce Bianca.
“Dopo tutte le immagini e certezze avute su guerre iniziate per motivi poi risultati errati o falsi e terminate con conseguenze assai diverse da quelle che si proponevano i promotori, ancora molti sono convinti che il conflitto armato risolva un dissidio e porti risultati positivi” osserva. “Dopo Gandhi, King, don Milani, Capitini e Pinna, dopo innumerevoli lotte per sostenere diritti che venivano calpestati e per difendersi da soprusi senza armi né morti, ancora c’è chi considera la volontà di pace alla stregua di una resa all’oppressore, chi descrive i ‘pacifisti’ come affabulatori da salotto”.
E ricorda: “Persone che apprezzavo un tempo cantavano le canzoni dei Beatles e di De André e credevano alle parole che cantavano; adesso, chiamate alla prova dei fatti, si lasciano tentare dalla scelta delle armi, parlano di guerra giusta, necessaria e doverosa perché, dicono, ‘un popolo ha il diritto di difendersi e noi abbiamo il dovere di aiutarlo’. E allora si mandano fucili e bombe, e poi cannoni e poi missili. E poi?”
“Come sempre - sottolinea - anche in Ucraina a morire è quasi sempre chi la guerra non l’ha voluta e non è stato nemmeno interpellato. A morire sono per lo più i poveri, siano civili o militari. Ciò che muove una guerra è l’interesse economico di pochi che spingono i molti a combattere, uccidere e farsi uccidere, imbottiti di vuoti ideali”.
“Bistrattata oggi come mai - argomenta - la nostra Costituzione dichiara che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: non è abbastanza chiaro? La difesa della patria è un dovere di ogni cittadino, ma ci sono molti modi efficaci di difendersi, senza sparare cannonate o lanciare missili. “L’insegnamento dei partigiani celebrati in questi giorni è che non si faccia più la guerra - rammenta - e loro hanno conosciuto fino in fondo le ragioni di tale proposito. Quelli voglio ascoltare. Quando ero giovane c’erano attentati in Alto Adige di cui poco capivo; erano l’espressione armata di un dissidio, c’erano cittadini che avrebbero voluto staccarsi dall’Italia. Che cosa avrebbe dovuto fare l’Italia? Mandare l’esercito a bombardare le sedi dei separatisti? E, se questi avessero chiesto aiuto all’Austria, dichiarare guerra all’Austria? Sono state fatte trattative, si è cercato un accordo, non è stata mossa guerra. Più avanti, se la Lega di Bossi avesse avuto molti più sostenitori che avessero preteso l’indipendenza della Padania, avremmo dichiarato loro guerra?”

“La guerra no, mai” conclude desolato. “Per farla bisogna essere in due: se uno dei due non imbraccia le armi la guerra non c’è. E non significa che chi non spara non lotti, non attacchi, non si difenda. Lo fa con metodi diversi e sarà sicuramente sostenuto da molte altre nazioni”.
50 anni dopo, Carlo Filippini riesclama il suo “Signornò”, invitando ad ascoltare sempre la voce della coscienza. In guerra i soldati obbediscono, gli uomini obiettano.

1 commento:

  1. Siamo d'accordo, non si risolve nulla con le proposte di chi ci governa. Dobbiamo contrastare il pensiero unico e ragionare con il "dubbio".

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