martedì 26 aprile 2022

35 rifugiati ucraini a Calcinato

A coordinare le 14 famiglie ucraine ospitate a Calcinato da quando è scoppiata la guerra è la signora Svitlana Mitkyeyva, originaria di Kharkhiv.
Da oltre vent’anni in Italia, abita qui da noi dal 2007 e dopo l’invasione si è subito messa in moto col marito e le due figlie per creare e organizzare una rete di ospitalità.
“Il mio Paese è sotto le bombe, la mia città ora è completamente distrutta da questa terribile guerra e noi non potevamo rimanere inerti. Nel nostro appartamento di 80 mq inizialmente avevamo ospitato due famiglie, per un totale di sette persone, Poi, grazie al Comune, una di esse era stata sistemata in una casa di Ponte San Marco ed è era rimasta una mamma con due gemelle, atlete della nazionale ucraina di nuoto sincronizzato. Il loro impegno sportivo ha suscitato l’attenzione della società Russian Synchro di Brescia, che gratuitamente consente alle ragazze di allenarsi e ha messo per tutte e tre a disposizione un appartamento in centro, dal quale le due giovani possono recarsi al liceo che frequentano da marzo. Subito dopo abbiamo ospitato, per una settimana, il cugino di mio marito giunto da Kiev con la moglie e tre figli; dopo un successivo periodo in un agriturismo di Desenzano, ora abitano a Toscolano, ospitati da una signora 70enne nella propria villa sul lago”.
In queste 14 famiglie di profughi c'è un totale di 35 persone, tutte mamme con i loro figli minorenni; i ragazzi sono ben inseriti a scuola e nel tempo libero vanno in palestra e svolgono attività sportive.
“Ma ora che si va verso l’estate - osserva Svitlana - non avendo nessuna possibilità economiche, stiamo studiando come garantire che i bambini trascorrano serenamente con i loro coetanei la bella stagione. Inoltre, molte fra le loro mamme desidererebbero trovare una occupazione, svolgendo lavori anche umili. Per loro è importante guadagnarsi da vivere; sono consapevoli che gli aiuti non possono durare più di tanto ed è necessario puntare all’autonomia economica”.
E lancia un appello: “al di là delle medicine, degli alimenti e dei vestiti che numerosi di questi profughi hanno ricevuto, siamo in cerca di strumenti, sussidi e materiale didattici che i ragazzi italiani non utilizzano più: astucci, quaderni, matite, penne, ma anche testi di alfabetizzazione e libri di facile lettura”.
Infine - propone - “dal momento che alcune mamme parlano inglese, ma pochissimi sanno l’italiano, sarebbe bello attivare corsi in italiano per chi pensa di fermarsi per un periodo lungo, considerato che non si sa quando la guerra terminerà”.
Già, la guerra, un immane macello che non accenna ad attenuarsi. “I miei anziani genitori - conclude Svetlana - vivono a Ruska Lozova, a 15 km da Kharkhiv: la loro dacia è stata bombardata e abitano in un appartamento senza più finestre. Ci sentiamo poco, solo con i messaggi, perché non hanno più la linea telefonica. Mi sembra tutto un incubo… spero finisca al più presto. Con mio marito avevo acquistato due appartamenti là, pensando un giorno di tornare in patria. Ora… chissà?”.

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