martedì 1 novembre 2011

Ho conosciuto un uomo

Ho conosciuto un uomo che aveva spiegato le sue ali di libertà

contro le maglie intricate e semplificanti di mille macchine automatiche

un uomo che cantava mentre gli altri facevano lunghi discorsi

che mai si fregiava di aver letto Marx Lenin e Mao

perché alle stalattiti dell'ideologia comunista

di gran lunga preferiva i voli nel cielo libero del Susquehanna,

le rotondità della sorella dello zio Wiggily del Connecticut,

la ribellione all'appiattimento egualitario propugnato da novelli Cesari

che bruciavano l'aria con i loro moti di stizza.

Un uomo che, ubriaco di parole, se ne tornava alle cinque del mattino

nel santuario in riva al fiume di acqua agrodolce e scura

nel suo letto di tessuto bianco formato John Donne

tra i suoi libri sporchi del sudore degli indici rosicchiati.

Un uomo che le tenaglie della vita avevano ridotto a pezzi

immediatamente rimontati nel libero cielo della sua creatività

lontano dalla pazza folla del paese sudicio e invisibile

vicino alle formiche, alle cicale, agli scriccioli girovaghi,

sempre cercando di risalire la china della nostra vita.

Un uomo che da tempo immemorabile e ormai consunto

aveva smesso di aspettare la liberazione e cercava spazi

in cui i suoi occhiali potessero posarsi e le sue scarpe riposare

senza che fosse costretto a salutare un dongiovanni dall'aria pellegrina

magari involontariamente incontrato per la stretta via.

Un uomo il cui andare era fermo e tuttavia ritmato,

simile alla peluria del pulcino che, bagnato dal liquido materno,

se ne esce pigolando dal pollaio ben deciso ad affrontar la vita

e a coglierne i teneri frutti senza timore reverenziale.

Un uomo fuori posto, fuori età, fuori senso in questa maledetta terra

dove la bontà è il pensiero del domani ed il niente è ancora tutto.

Dove il vecchio Neal con le sue dodici amanti pagate a rate

non riuscirebbe a rimediare nemmeno una donna da marciapiede.

Dove Zoroastro non farebbe che parlare alle stelle in cielo

inascoltato in mezzo a tanto clangore, fragore, clamore, rumore.

Dove Angela non è riuscita a resistere più di vent'anni

rimirando cogli occhi il contrario di questo grigio deserto.

Dove non nasceranno più le menti più belle,

offuscate dal progetto orripilante di una massificazione omologante.

Dove Pasolini, genio tra i pochi che in questa terra mai rifulsero,

finì sotto le ruote di un'automobile la sua splendida esistenza.

Un uomo che la saggezza ha mantenuto giovane vecchio tra vecchi giovani,

un uomo che l'arte ha consacrato sulla strada della divinità.

Un uomo scevro da violenze e menzogne ma continuamente proteso

verso le montagne magiche in cui si dice vivesse Seymour

dopo la sua morte terrena e quella dei suoi innumerevoli fratelli.

E se Socrate ritornasse a vivere

darebbe a lui il posto accanto al fuoco nella sua povera stanzetta

e si farebbe insegnare a oltrepassare le Scilla e i Cariddi

del moralismo contrabbandato per bene comune.

Un uomo che per diciassette ore ho visto zufolare con allegria

davanti a tristi e grigi terreni occupati da tristi e grigi soldatini imberbi,

che si è fumato sessanta sigarette in sei ore

chiedendo ancora un vermouth prima di uscire nella notte

piena di stelle e tuttavia oscura

della sua pungente e dolorosa solitudine invecchiata.

Un uomo che raccoglie pietre come altri contano anni

che rosicchia i dogmi addestrati o sinistrati

e impazzisce per The Raven, per la scoppiettante Suite

e per i biondi capelli di una ragazza il cui nome mi ricorda

la felice età delle pecore intente ed occupate

a bere il sudore delle compagne.

Un uomo che ha spezzato i flutti del tempo

e i ritmi senza meta della vita vuota e vana

di milioni di persone che passando da uno scatolone all'altro

trascorrono e gettano piccoli pezzi di storia

in pasto a piovre affamate di plastica e assetate di Coca-Cola.

Un uomo che urlava e urla la sua gioia disperata

dietro a tutta quella brava gente che purifica i propri cancri

con Chanel acquistato nell'ennesimo negozio metropolitano

che - se non sai dov'è - ci arrivi appena voltato l'angolo.

Un uomo che non ha bisogno

di calze, cappelli, maglie o pantaloni

perché la sua carne grimaldelliana

spezza tutte le serrature,

rompe tutti i cardini,

apre a tutti tutte le porte dell'infinito.

© flavio marcolini, 1987

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