lunedì 14 febbraio 2022

Angurie e marinai: l'Ucraina prima della guerra

"Marina non vuole parlare della guerra” racconta preoccupato Giovanni Sguazzi, ingegnere bresciano di 49 anni che da oltre 3 trascorre lunghi periodi dalla sua compagna a Kherson, in Ucraina.
“Oggi da Folzano ho mandato pasta, olive e pesto affidando ai pulmini Vito il mio rito settimanale per sentirmi vicino a lei”.
“Non sono stati 3 anni normali come puoi immaginare. Là la Crimea è appena oltre il Dnepr, pochi chilometri di strade dritte ma generose: piccoli crateri, scheletri di vecchie industrie arrugginite, grovigli di cavi e reti elettriche, piccoli mercati di grandi sacchi di cipolle, patate e in stagione tante tante angurie”.
E’ la regione più mite dell’Ucraina: “il piccolo ufficio turistico offre escursioni sul grande fiume che a me sembra l’Adriatico, la visita ad una cantina e le calamite con la fetta di anguria e la faccia del Marinaio Russo. Ai tempi dell’Urss ci si veniva a studiare per diventare marinai anche da molto lontano, esattamente come aveva fatto, non credo volontariamente, il giovane Luis Kabrera che dalle spiagge di Cuba si era trovato su quelle dello Dnepr per studiare da marinaio frequentando una ragazza locale”.
“Cresciuta a Cuba fino a 6 anni, Marina, la mamma e il piccolo Luis tornarono a Kherson quando già la principale attività industriale, la costruzione di navi, era in rapida decadenza come tutto il carrozzone Cccp”.
Giovanni è a Brescia da qualche giorno: “I miei occhi non hanno visto nulla di veramente preoccupante che giustifichi il bollino giallo col punto esclamativo sulla mappa dell’Ucraina sul sito Viaggiare Sicuri” racconta. “Nessuna manifestazione, nessuna protesta in strada, nessuna concentrazione di polizia o militari, solo gente che passeggia e si accontenta di giostre, calcinculo e vecchie ruote panoramiche. Tutti hanno lo smartphone e chattano; i bambini giocano tra i block sovietici in piccoli parchi giochi delimitati da copertoni pitturati di giallo e blu, in quartieri ben definiti dalla rete del teleriscaldamento che viaggia aerea tra i palazzoni decadenti”.
“Quando Marina e Varya, sua figlia di 11 anni, mi hanno riaccompagnato alla stazione ferroviaria si sono scusate per come si presentava l’area retrostante lo scalo, quasi si vergognassero delle spettacolo postsovietico, ma io ho tagliato corto dicendo che tutte le zone dietro la stazione sono uguali, a Brescia come a Kherson, anzi mi piaceva molto come alcune pareti cieche dei block erano state ricoperte da bellissimi murales colorati”.
“Marina non parla della guerra - ripete Giovanni - ma mi ha sempre detto che là nessuno, a parte pochi fanatici, chiede di passare sotto il nuovo impero russo, nonostante la condizioni fatiscenti delle strade, le buche e il buio per colpa del quale Varya non può andare a danza per buona parte dell’anno”.
“Di recente - osserva - dai pulminetti gialli fatiscenti si è passati a più moderni Mercedes azzurri su cui si sale con la mascherina lasciando una manciata di banconote all’autista. Nei labirinti dei mercati si vende di tutto: sono bellissimi e orgogliosamente dignitosi, pieni di umanità della gente che capisce subito che non sei di Kherson perché ti guarda le Adidas o le Nike”.
Fra poco Giovanni tornerà da loro. “Ricevo aggiornamenti da Google che ha capito alla perfezione cosa mi preoccupa, guardo ogni giorno il sito di Ryanair aspettandomi di vedere che spariscano i voli per Kiev e Odessa e, senza dirlo a Marina, già immagino come si possa andare al confine più vicino possibile per intercettare i nuovi profughi d’Europa, che non vengono dalla Siria o dall’Afghanistan”.
“Io, pacifico dipendente di multinazionale anglofona piena di buoni principi” - dichiara - “penso che dopo il crollo dell’Urss, invece di provare sostenere una transizione democratica dell’Est, ci si sia accomodati a fare affari con i brillanti oligarchi vendendogli vestiti di lusso, marmi preziosi, bottiglie di bollicine, villoni sul Garda e tanta tecnologia per preparare quello che sta per succedere, in cambio del gas, facendo finta di nulla mentre questi affaristi investivano e investono a casa nostra da dove poi partono ministri duri e incazzati che fanno gli ultimi patetici tentativi di discutere coi loro omologhi del nuovo impero russo”.
E in attesa degli eventi “da giorni manca la corrente per ore, la gestione del calore è ridotta al minimo e i grandi caloriferi in ghisa vengono accessi quando proprio il Mar Nero non riesce più ad attenuare le ondate gelide che arrivan da nord-est”. 
Flavio Marcolini

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