lunedì 13 gennaio 2020

La società dello spettacolo

Lo spettacolo del mattino cancella persino la memoria dello spettacolo della sera precedente. È la logica di ciò che, nei Commentari, Guy Debord chiama capitalismo spettacolare integrato. Il pensiero fugge, il presente non si cristallizza, il passato esiste solo come arma retorica.
Se la cronaca rosa aveva fatto amare al popolo - la canaglia, per dirla con Rimbaud - persino i calzini sporchi del re, facendo perdere il gusto e lo sfizio del tagliare teste, il capitalismo spettacolare integrato si articolava oramai intorno alla cronaca nera, rendendo tutti al contempo spettatori e mandanti di ogni genere di crimine. Ma siamo andati oltre, dobbiamo metterlo. Qualcosa ci sfugge: l'accelerazione ha disarticolato la notte: quel tempo, minimo ma certo di attrito che tra la sera precedente e il mattino seguente si frapponeva al passaggio di consegne. 
Un capitalismo (mi si perdoni il termine, che oramai non vale nemmeno più come offesa) spettacolare disintegrato avanza. Musica di sottofondo nei telegiornali, corrispondenti da Pechino che discettano dei barboncini di Londra, salottari romani e giornalisti milanesi che si azzuffano su guerre e spinaci, su zenzero e stragi. Vale tutto, quando niente vale: zero analisi, zero pensiero. Tutto è cronaca, bullshit. È il massimo stress condiviso e quello che un tempo era riservato ai gesti simbolici e ai drammi di fondazione si gioca ora tra un canguro che piange e un sapientone che urla. Manca il fiato. Fino al prossimo giro di giostra.
Marco Dotti

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