Vi scriviamo per sottoporre alla vostra attenzione alcune questioni che riguardano la responsabilità sociale d’impresa di Banca Valsabbina relativamente ai finanziamenti alla produzione di sistemi militari ed ai servizi che la Banca concede alle aziende del settore per esportare materiali d’armamento con particolare riferimento alle operazioni bancarie svolte da Banca Valsabbina per conto dell’azienda R.W.M. Italia S.p.A..
La “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento per l’anno 2016”, inviata alle Camere lo scorso 18 aprile dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, nella sezione curata dal Ministero dell’Economia e Finanze (Dipartimento del Tesoro – Direzione V), riporta relativamente alle operazioni per esportazioni definitive di materiali d’armamento svolte da Banca Valsabbina un ammontare complessivo di 262.020.210,90 euro per “Importi segnalati” e di 107.125.423,51 euro per “Importi accessori segnalati” (Tabella AA).
Tali importi rappresentano l’ammontare più consistente per operazioni nel settore da quando nel 2006 Banca Valsabbina è comparsa nella suddetta Relazione per un’operazione bancaria riguardante l’esportazione di materiali militari del valore di 1.782.000 euro svolta per conto della Società Esplosivi Industriali S.p.A. (S.E.I.), azienda con sede in via Industriale 8/D a Ghedi (Brescia), le cui attività e linee produttive del ramo Difesa sono state incorporate nel 2011 dalla R.W.M. Italia S.p.A., società del gruppo tedesco Rheinmetall Defence, che ha sede centrale nella medesima via Industriale 8/D a Ghedi (Brescia) e uno stabilimento in località Matt’è Conti a Domusnovas (Carbonia Iglesias).
Negli anni successivi, Banca Valsabbina ha assunto un numero crescente di operazioni bancarie per
esportazioni di materiali d’armamento italiani. Tutte le operazioni autorizzate alla Banca nel 2011, per un totale di 67.047.638,45 euro, sono riconducibili – in base alle informazioni riportate nella Relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – all’azienda S.E.I. S.p.A.: tra queste compaiono però alcune operazioni che, secondo la Relazione predisposta dal Ministero degli Esteri, sono state autorizzate nel 2011 alla R.W.M. Italia S.p.A. Inoltre, anche successivamente, diverse operazioni per esportazioni e importazioni di materiali militari sono state svolte da Banca Valsabbina per conto dell’azienda R.W.M. Italia S.p.A. Sebbene le recenti Relazioni annuali della Presidenza del Consiglio non riportino più gli “importi autorizzati” alle aziende e agli istituti di credito6, esse permettono comunque di conoscere gli “importi segnalati” dalle aziende e dagli istituti di credito. In proposito, si rileva un ulteriore e costante incremento degli “importi segnalati” da Banca Valsabbina per operazioni nel settore e soprattutto si evidenzia la peculiare analogia tra gli importi segnalati da R.W.M. Italia S.p.A. e quelli segnalati dalla succursale di Ghedi di Banca Valsabbina per esportazioni di sistemi militari.
In aggiunta, il “Bilancio di Esercizio” relativo all’anno 2016 di R.W.M. Italia S.p.A. riporta tra le
immobilizzazioni finanziarie «l’acquisto a titolo oneroso con fini di durevole permanenza nel portafoglio societario delle azioni della Banca Valsabbina per euro 29.700 avvenuto nel precedente esercizio»: trattandosi dell’unica partecipazione azionaria comunicata nel suddetto Bilancio, tale operazione rappresenta un ulteriore elemento di evidenza dei rapporti economico-finanziari che intercorrono tra R.W.M. Italia S.p.A. e Banca Valsabbina.
Quanto detto permette, innanzitutto, di affermare che Banca Valsabbina ha assunto una serie di operazioni, effettuate negli anni scorsi prima dalla S.E.I. S.p.A. e più recentemente da parte di R.W.M. Italia S.p.A., diventando così uno degli istituti di credito di riferimento della R.W.M. Italia S.p.A. per svolgere operazioni bancarie relative ad incassi e pagamenti per esportazioni e importazioni di materiali d’armamento.
Come noto, da oltre due anni l’azienda R.W.M. Italia S.p.A. è al centro dell’attenzione di un ampio movimentodi associazioni che promuovono il controllo del commercio di armamenti e la tutela dei diritti umani per le esportazioni di bombe aeree, prodotte dall’azienda, all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti. Dal marzo del 2015, infatti, una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta, senza alcun mandato da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel conflitto in corso in Yemen con pesanti bombardamenti anche sulle zone abitate da civili, tra cui strutture sanitarie ed educative. Questi bombardamenti, che sono la causa di più della metà delle morti tra i civili del conflitto yemenita, sono stati ripetutamente condannati dal Segretario generale delle Nazioni Unite e sono stati oggetto di una specifica indagine del Gruppo di esperti dell’Onu che lo scorso 27 gennaio ha inviato al Consiglio di Sicurezza un dettagliato rapporto che documenta, tra l’altro, l’impiego di bombe prodotte dalla R.W.M. Italia S.p.A. da parte dell’aeronautica militare saudita per bombardare città e aree abitate da civili in Yemen. Tali bombardamenti sono espressamente vietati dalle convenzioni internazionali e pertanto – come evidenzia il rapporto – «possono costituire crimini di guerra» («may amount to war crimes»).
Il Parlamento europeo, a seguito dell’intervento militare da parte della coalizione a guida saudita, ha votato ad ampia maggioranza tre risoluzioni sulla situazione umanitaria nello Yemen. Nell’ultima risoluzione – votata lo scorso 15 giugno – l’Europarlamento ha ribadito la necessità, «che tutti gli Stati membri dell’Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sulle esportazioni di armamenti» ed ha ricordato, a tale riguardo, quanto indicato nella precedente risoluzione del 25 febbraio 2016 attraverso la quale aveva già invitato l’Alta Rappresentante dell’Unione e Vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, «ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all’Arabia Saudita violerebbe la Posizione comune del Consiglio sulle esportazioni di sistemi militari».
Pur a fronte di questa situazione, le autorità italiane14 hanno continuato ad autorizzare l’esportazione di materiali e sistemi bellici alle forze armate della coalizione a guida saudita attive nel conflitto in Yemen e principalmente all’aeronautica militare saudita. In particolare, è proseguito il rilascio delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi d’armamento all’azienda R.W.M. Italia S.p.A. che, dall’inizio del conflitto in Yemen, ha visto un crescente incremento di autorizzazioni all’esportazione delle bombe aeree da essa prodotte e destinate principalmente alle forze militari dell’Arabia Saudita.
Per verificare la conformità di queste esportazioni al dettato della legge n. 185 del 9 luglio, la Rete italiana per il Disarmo ha presentato nel gennaio del 2016 un esposto in diverse Procure16. Al momento la materia è al vaglio della Procura di Roma, ma – è bene chiarirlo – questa nostra missiva non concerne né intende sollevare la questione di eventuali illeciti commessi dalle aziende o dagli istituti di credito operativi nel settore, bensì porre all’attenzione la responsabilità sociale d’impresa di Banca Valsabbina.
Banca Valsabbina, infatti, si contraddistingue per essere uno dei pochi istituti di credito italiani a non aver emanato direttive atte a limitare il tipo di servizi che concede alle aziende produttrici ed esportatrici di armamenti. Lo riteniamo un fatto particolarmente grave sia in considerazione dell’accresciuta operatività di Banca Valsabbina nel settore sia, soprattutto, per la tipologia della Banca che – secondo lo Statuto – intende svolgere la propria attività «ispirandosi ai principi del Credito Popolare» (Art. 3).
Per i suddetti motivi, come direttori delle tre riviste promotrici della Campagna di pressione alle “banche armate”, Vi chiediamo di:
1) Assumere l’impegno di definire al più presto un “Codice di responsabilità sociale” che espliciti i
princìpi di responsabilità sociale che Banca Valsabbina si impegna ad attuare ed i servizi bancari che
la Banca intende proseguire, limitare o porre a termine con le aziende produttrici di materiali
d’armamento e di armi comuni, con particolare attenzione ai servizi che intende concedere alle
aziende per l’esportazione di tali prodotti;
2) Rendere note tutte le operazioni che Banca Valsabbina ha svolto dal 2006 specificando, per ogni
singola autorizzazione e segnalazione inviata al Ministero delle Finanze (Dipartimento del Tesoro), il
numero MAE di autorizzazione e il valore monetario della fornitura oggetto della segnalazione;
3) Sospendere da subito, anche a fronte di eventuali penali, tutti i finanziamenti e i servizi disposti da
Banca Valsabbina alla produzione e all’esportazione di materiali militari e di armi comuni verso paesi in conflitto armato ed i cui governi siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate dalle associazioni internazionali accreditate alle Nazioni Unite.
Vi informiamo che, contestualmente a questa missiva, segnaleremo all’opinione pubblica ed in particolare alle associazioni del settore del volontariato, della cooperazione internazionale e della promozione dei diritti umani queste nostre richieste ed inviteremo i correntisti di Banca Valsabbina, a fronte di una mancata risposta, a valutare la possibilità di porre termine ai rapporti con la Banca.
Siamo fiduciosi che Banca Valsabbina che «da oltre cento anni accompagna la crescita e lo sviluppo
economico del territorio bresciano, ponendosi come interlocutore di famiglie, artigiani, piccole attività economiche e PMI» intenda operare secondo rigorosi criteri di responsabilità sociale d’impresa mettendo in atto tutte le disposizioni necessarie affinché lo sviluppo che si propone di favorire sia sostenibile e rispettoso del valore della persona umana per contribuire alla promozione della pace e attuare uno dei princìpi fondamentali espressi nella nostra Costituzione: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11).
In attesa di un Vostro cortese riscontro porgiamo
Distinti saluti,
p. Mario Menin (direttore di “Missione Oggi”)
p. Efrem Tresoldi (direttore di “Nigrizia”)
p. Alex Zanotelli (direttore responsabile di “Mosaico di pace”)
La “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento per l’anno 2016”, inviata alle Camere lo scorso 18 aprile dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, nella sezione curata dal Ministero dell’Economia e Finanze (Dipartimento del Tesoro – Direzione V), riporta relativamente alle operazioni per esportazioni definitive di materiali d’armamento svolte da Banca Valsabbina un ammontare complessivo di 262.020.210,90 euro per “Importi segnalati” e di 107.125.423,51 euro per “Importi accessori segnalati” (Tabella AA).
Tali importi rappresentano l’ammontare più consistente per operazioni nel settore da quando nel 2006 Banca Valsabbina è comparsa nella suddetta Relazione per un’operazione bancaria riguardante l’esportazione di materiali militari del valore di 1.782.000 euro svolta per conto della Società Esplosivi Industriali S.p.A. (S.E.I.), azienda con sede in via Industriale 8/D a Ghedi (Brescia), le cui attività e linee produttive del ramo Difesa sono state incorporate nel 2011 dalla R.W.M. Italia S.p.A., società del gruppo tedesco Rheinmetall Defence, che ha sede centrale nella medesima via Industriale 8/D a Ghedi (Brescia) e uno stabilimento in località Matt’è Conti a Domusnovas (Carbonia Iglesias).
Negli anni successivi, Banca Valsabbina ha assunto un numero crescente di operazioni bancarie per
esportazioni di materiali d’armamento italiani. Tutte le operazioni autorizzate alla Banca nel 2011, per un totale di 67.047.638,45 euro, sono riconducibili – in base alle informazioni riportate nella Relazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – all’azienda S.E.I. S.p.A.: tra queste compaiono però alcune operazioni che, secondo la Relazione predisposta dal Ministero degli Esteri, sono state autorizzate nel 2011 alla R.W.M. Italia S.p.A. Inoltre, anche successivamente, diverse operazioni per esportazioni e importazioni di materiali militari sono state svolte da Banca Valsabbina per conto dell’azienda R.W.M. Italia S.p.A. Sebbene le recenti Relazioni annuali della Presidenza del Consiglio non riportino più gli “importi autorizzati” alle aziende e agli istituti di credito6, esse permettono comunque di conoscere gli “importi segnalati” dalle aziende e dagli istituti di credito. In proposito, si rileva un ulteriore e costante incremento degli “importi segnalati” da Banca Valsabbina per operazioni nel settore e soprattutto si evidenzia la peculiare analogia tra gli importi segnalati da R.W.M. Italia S.p.A. e quelli segnalati dalla succursale di Ghedi di Banca Valsabbina per esportazioni di sistemi militari.
In aggiunta, il “Bilancio di Esercizio” relativo all’anno 2016 di R.W.M. Italia S.p.A. riporta tra le
immobilizzazioni finanziarie «l’acquisto a titolo oneroso con fini di durevole permanenza nel portafoglio societario delle azioni della Banca Valsabbina per euro 29.700 avvenuto nel precedente esercizio»: trattandosi dell’unica partecipazione azionaria comunicata nel suddetto Bilancio, tale operazione rappresenta un ulteriore elemento di evidenza dei rapporti economico-finanziari che intercorrono tra R.W.M. Italia S.p.A. e Banca Valsabbina.
Quanto detto permette, innanzitutto, di affermare che Banca Valsabbina ha assunto una serie di operazioni, effettuate negli anni scorsi prima dalla S.E.I. S.p.A. e più recentemente da parte di R.W.M. Italia S.p.A., diventando così uno degli istituti di credito di riferimento della R.W.M. Italia S.p.A. per svolgere operazioni bancarie relative ad incassi e pagamenti per esportazioni e importazioni di materiali d’armamento.
Come noto, da oltre due anni l’azienda R.W.M. Italia S.p.A. è al centro dell’attenzione di un ampio movimentodi associazioni che promuovono il controllo del commercio di armamenti e la tutela dei diritti umani per le esportazioni di bombe aeree, prodotte dall’azienda, all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti. Dal marzo del 2015, infatti, una coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita è intervenuta, senza alcun mandato da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel conflitto in corso in Yemen con pesanti bombardamenti anche sulle zone abitate da civili, tra cui strutture sanitarie ed educative. Questi bombardamenti, che sono la causa di più della metà delle morti tra i civili del conflitto yemenita, sono stati ripetutamente condannati dal Segretario generale delle Nazioni Unite e sono stati oggetto di una specifica indagine del Gruppo di esperti dell’Onu che lo scorso 27 gennaio ha inviato al Consiglio di Sicurezza un dettagliato rapporto che documenta, tra l’altro, l’impiego di bombe prodotte dalla R.W.M. Italia S.p.A. da parte dell’aeronautica militare saudita per bombardare città e aree abitate da civili in Yemen. Tali bombardamenti sono espressamente vietati dalle convenzioni internazionali e pertanto – come evidenzia il rapporto – «possono costituire crimini di guerra» («may amount to war crimes»).
Il Parlamento europeo, a seguito dell’intervento militare da parte della coalizione a guida saudita, ha votato ad ampia maggioranza tre risoluzioni sulla situazione umanitaria nello Yemen. Nell’ultima risoluzione – votata lo scorso 15 giugno – l’Europarlamento ha ribadito la necessità, «che tutti gli Stati membri dell’Unione applichino rigorosamente le disposizioni sancite nella Posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio sulle esportazioni di armamenti» ed ha ricordato, a tale riguardo, quanto indicato nella precedente risoluzione del 25 febbraio 2016 attraverso la quale aveva già invitato l’Alta Rappresentante dell’Unione e Vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini, «ad avviare un’iniziativa finalizzata all’imposizione da parte dell’Unione europea di un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all’Arabia Saudita violerebbe la Posizione comune del Consiglio sulle esportazioni di sistemi militari».
Pur a fronte di questa situazione, le autorità italiane14 hanno continuato ad autorizzare l’esportazione di materiali e sistemi bellici alle forze armate della coalizione a guida saudita attive nel conflitto in Yemen e principalmente all’aeronautica militare saudita. In particolare, è proseguito il rilascio delle autorizzazioni all’esportazione di sistemi d’armamento all’azienda R.W.M. Italia S.p.A. che, dall’inizio del conflitto in Yemen, ha visto un crescente incremento di autorizzazioni all’esportazione delle bombe aeree da essa prodotte e destinate principalmente alle forze militari dell’Arabia Saudita.
Per verificare la conformità di queste esportazioni al dettato della legge n. 185 del 9 luglio, la Rete italiana per il Disarmo ha presentato nel gennaio del 2016 un esposto in diverse Procure16. Al momento la materia è al vaglio della Procura di Roma, ma – è bene chiarirlo – questa nostra missiva non concerne né intende sollevare la questione di eventuali illeciti commessi dalle aziende o dagli istituti di credito operativi nel settore, bensì porre all’attenzione la responsabilità sociale d’impresa di Banca Valsabbina.
Banca Valsabbina, infatti, si contraddistingue per essere uno dei pochi istituti di credito italiani a non aver emanato direttive atte a limitare il tipo di servizi che concede alle aziende produttrici ed esportatrici di armamenti. Lo riteniamo un fatto particolarmente grave sia in considerazione dell’accresciuta operatività di Banca Valsabbina nel settore sia, soprattutto, per la tipologia della Banca che – secondo lo Statuto – intende svolgere la propria attività «ispirandosi ai principi del Credito Popolare» (Art. 3).
Per i suddetti motivi, come direttori delle tre riviste promotrici della Campagna di pressione alle “banche armate”, Vi chiediamo di:
1) Assumere l’impegno di definire al più presto un “Codice di responsabilità sociale” che espliciti i
princìpi di responsabilità sociale che Banca Valsabbina si impegna ad attuare ed i servizi bancari che
la Banca intende proseguire, limitare o porre a termine con le aziende produttrici di materiali
d’armamento e di armi comuni, con particolare attenzione ai servizi che intende concedere alle
aziende per l’esportazione di tali prodotti;
2) Rendere note tutte le operazioni che Banca Valsabbina ha svolto dal 2006 specificando, per ogni
singola autorizzazione e segnalazione inviata al Ministero delle Finanze (Dipartimento del Tesoro), il
numero MAE di autorizzazione e il valore monetario della fornitura oggetto della segnalazione;
3) Sospendere da subito, anche a fronte di eventuali penali, tutti i finanziamenti e i servizi disposti da
Banca Valsabbina alla produzione e all’esportazione di materiali militari e di armi comuni verso paesi in conflitto armato ed i cui governi siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertate dalle associazioni internazionali accreditate alle Nazioni Unite.
Vi informiamo che, contestualmente a questa missiva, segnaleremo all’opinione pubblica ed in particolare alle associazioni del settore del volontariato, della cooperazione internazionale e della promozione dei diritti umani queste nostre richieste ed inviteremo i correntisti di Banca Valsabbina, a fronte di una mancata risposta, a valutare la possibilità di porre termine ai rapporti con la Banca.
Siamo fiduciosi che Banca Valsabbina che «da oltre cento anni accompagna la crescita e lo sviluppo
economico del territorio bresciano, ponendosi come interlocutore di famiglie, artigiani, piccole attività economiche e PMI» intenda operare secondo rigorosi criteri di responsabilità sociale d’impresa mettendo in atto tutte le disposizioni necessarie affinché lo sviluppo che si propone di favorire sia sostenibile e rispettoso del valore della persona umana per contribuire alla promozione della pace e attuare uno dei princìpi fondamentali espressi nella nostra Costituzione: «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» (Art. 11).
In attesa di un Vostro cortese riscontro porgiamo
Distinti saluti,
p. Mario Menin (direttore di “Missione Oggi”)
p. Efrem Tresoldi (direttore di “Nigrizia”)
p. Alex Zanotelli (direttore responsabile di “Mosaico di pace”)
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