Lo strano caso dell’Italia scatenata contro le nuove
raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)
sullo zucchero. Potremmo titolarla così la sorprendente iniziativa
che il nostro paese ha intrapreso in assoluta solitudine nei giorni
scorsi all’Oms, con un’aggressività diplomatica mai vista prima da
chi scrive, malgrado la sorvegliata frequentazione dell’agenzia
dal lontano 1999. Detta così, questa battaglia nostrana sullo
zucchero sembra una questione tecnica, una storia per addetti ai
lavori. Invece c’è dell’altro. A incastro fra la seconda Conferenza
internazionale sulla nutrizione della Fao (Icn2) e Expo Milano, la
presa di posizione dell’Italia contro le nuove linee guida dell’Oms ha
implicazioni squisitamente politiche che investono le scelte
globali in campo sanitario, e gli assetti di governance interna. La
vicenda avrà ricadute diplomatiche non irrilevanti. Due giorni fa,
a porte chiuse, si è tenuto l’ennesimo incontro tra Oms e Italia.
Nell’euforia di Expo, c’è da immaginare che la nostra delegazione
riprenderà il tema prima dell’Assemblea mondiale della salute.
Insomma, non finisce qui.
Ma di che cosa stiamo parlando? Al Consiglio esecutivo dell’Oms
appena concluso a Ginevra il nostro paese, appellandosi alla regola
sui procedimenti d’urgenza, si è lanciato nella richiesta di
inserire un nuovo punto all’ordine del giorno per rivedere le
modalità con cui l’Oms mette a punto le linee guida volte ad orientare
le politiche sanitarie dei governi su specifici temi. Le linee
guida sono una delle funzioni normative più importanti che
connotano l’unicità, e l’importanza stessa della funzione dell’Oms,
rispetto ad altre agenzie dell’Onu e alla miriade di organizzazioni
pubblico-private nate negli ultimi anni nel campo della salute.
L’iniziativa solitaria dell’Italia ha colto di sorpresa gli Stati
membri, nel metodo e nel merito. L’Italia non è membro dell’organo di
governo dell’Oms (per turnazione, questo posto le spetterebbe di
diritto da molti anni; ma non ce ne sono le condizioni politiche,
fanno capire da Ginevra), ed è apparsa assai poco diplomatica
l’italica modalità di intervento a gamba tesa, e senza preavviso, su
un’agenda del Consiglio esecutivo già densa di priorità. Con rare
eccezioni, gli Stati membri del Consiglio esecutivo hanno
sostenuto con imbarazzo la lobby battente in cui si sono
avventurati i nostri delegati. Ambiguo è parso il documento
(EB163/1 Add. 1) con cui il nostro governo ha intavolato la
discussione. L’Italia chiede la revisione delle procedure in
materia di linee guida, ma l’interesse vero è diretto alle nuove
raccomandazioni sulla assunzione di zucchero per adulti
e bambini, contenute in un documento licenziato dall’Oms ma non
ancora pubblicato («Guideline: Sugars intake for Adults and
Children»), che limitano l’assunzione di zuccheri semplici (quelli
tipici delle merendine, per intendersi) al 10% del fabbisogno
calorico giornaliero, con l’esortazione a ridurre ulteriormente
questa soglia a meno del 5%.
Cosa c’è che non va? Perché l’Italia spara a raffica su queste
raccomandazioni, con un’azione senza precedenti? «Direttive
ricevute da Roma», dicono i delegati italiani. Che prendono di mira
l’Oms perché le nuove raccomandazioni sono «draconiane»; non sono
solide sotto il profilo scientifico; non sono state condotte in
maniera trasparente; gli Stati membri devono poter intervenire
sulla procedura delle linee guida, insistono, anche con la scelta
degli esperti e delle fonti scientifiche. In due paginette molto
tecniche, il Dipartimento nutrizione dell’Oms risponde a tutte le
critiche sulla tenuta scientifica dei dati epidemiologici.
Questi rimandano in effetti a meticolosi studi effettuati in
Giappone sulle carie dentali negli anni ’60, in una fase di forte
transizione dietetica del paese dopo la guerra. I dati hanno il
conforto di una nuova analisi del 2014 di Sheiham e James, che
avvallano le nuove raccomandazioni. L’idea di esplorare la soglia
del 5% deriva infine da uno studio sistematico della letteratura
scientifica del 2014 di Moynian e Kelly. In quanto alla trasparenza
del processo, la metodologia delle linee guida imposta negli
ultimi anni dall’Oms stabilisce un’attenzione speciale alla gestione
del conflitto d’interesse nella selezione degli esperti, e alla
condivisione dei processi intermedi. La messa a punto di tutte le
linee guida prevede una consultazione aperta con i governi, che
partecipano con i loro commenti, come è avvenuto per lo zucchero.
Infine, sarebbe scellerato affidare la decisione tecnica sulle
linee guida agli stati membri e ai loro interessi nazionali, hanno
replicato all’Italia il Segretariato dell’Oms, e diverse
delegazioni europee, oltre agli Stati uniti.
Ma allora da dove vengono fuori, ci si chiede, le «direttive da Roma»?
Contro ogni tradizione di severità in materia alimentare, in
Italia da qualche tempo si agita un vento nuovo sulla agenda del cibo
e delle malattie croniche, le cui dinamiche si sono squadernate
visibilmente durante il negoziato che ha concepito i documenti
finali della Seconda conferenza sulla nutrizione (ICN2). Per mesi il
nostro paese, approfittando senza troppi scrupoli della presidenza
Ue, ha ostinatamente opposto resistenza al discorso sulle «healthy
diets», le diete salutari. Queste sono la risposta più realistica
alle interferenze delle aziende alimentari che puntano alla
medicalizzazione del cibo e alla «bio-fortificazione» tramite
l’ingegneria genetica, come soluzioni alla malnutrizione. Effetto
Expo? Certo che nei ministeri l’aria è cambiata, confermano fonti
informate che chiedono di restare anonime. L’influenza delle grandi
aziende alimentari nelle decisioni del nostro paese è palpabile,
con una nuova filiera decisionale che procede da «livelli molto
alti».
Chi sono queste aziende? La delegazione italiana accreditata
all’Oms contiene qualche risposta. Delle due figure apparse per la
prima volta sotto la generica denominazione di «esperti della salute
del ministero Affari esteri», Luca del Balzo risulta in effetti
«senior advisor della Ferrero» in diversi link rintracciabili fino
a qualche giorno fa sul web. Con questa funzione Del Balzo compare
in un convegno dell’Istituto Luigi Sturzo del 16 luglio 2014 su «Il
voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia»,
e in un incontro con le aziende italiane organizzate in
Portogallo, dove è stato ambasciatore dell’Italia, a ottobre 2014.
Un classico esempio di revolving doors, o meglio di paso doble fra
pubblico e privato, nella progressiva ibridazione della
governance nazionale e mondiale.
Difficile in effetti immaginare che gli interessi della Ferrero,
peraltro molto attiva durante la ICN2, corrispondano a quelli della
salute pubblica di un paese in cui, secondo il recente rapporto
dell’Osservatorio del Dipartimento di sociologia e ricerca sociale
dell’università Milano Bicocca, un bambino su 4 è sovrappeso e uno su
10 è obeso. In Italia la prevalenza di sovrappeso in età pediatrica
supera di circa 3 punti percentuali la media europea, con un tasso
di crescita/annua dello 0,5–1 per cento, pari a quella degli Stati
uniti. Nel mondo, le malattie croniche – malattie dentali,
diabete, tumore, effetti cardiovascolari, etc. — sono la
principale causa di morte e lo zucchero è uno degli agenti più comuni
nelle diete di bassa qualità, e uno dei massini fattori di rischio
dell’obesità.
L’insidiosa offensiva italiana – con l’infiltrazione dell’industria
nella delegazione del nostro paese – non è passata inosservata agli
stakeholders dello zucchero, la filiera produttiva. Lo ha detto
il rappresentante degli Usa, alludendo alla necessità di tornare
sull’argomento. Coincidenza vuole che proprio al Consiglio
esecutivo dell’Oms abbia tenuto banco la questione dell’interazione
dell’Oms con gli attori del business, con l’ennesima richiesta di
approfondire il tema del conflitto d’interesse e la gestione
dell’indebita influenza dei portatori di interessi privati. Quello
della Ferrero assomiglia a un caso studio. Uno strano caso, che
richiede chiarezza nel nostro paese, quanto prima.
C’era una volta la Nutella, buona e aggregante, ed era un bel tempo.
Oggi rischia di esserci il cinismo di un governo che – assoggettato
agli interessi privati — non sembra curarsi dei prevedibili
effetti delle proposte che fa nel campo della salute, indicatore
drammatico dello stato di salute di una società.
Nicoletta Dentico, Osservatorio italiano sulla salute globale
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