sabato 18 luglio 2009

INTERPELLANZA DEI VERDI IN CONSIGLIO REGIONALE



il gruppo consiliare dei verdi in regione lombardia ha pesentato, circa due settimane fa, un interpellanza in merito all'uso di particolari pesticidi molto dannosi per la salute umana e pericolosi per l'inquinamento delle falde, specie nella pianura orientale bresciana.


contattata la segreteria regionale, stiamo predisponendo uno studio ed un'analoga interpellanza da sottoporre all'amministrazione comunale di calcinato.

2 commenti:

  1. [Bresciaoggi - 22 luglio 2009]

    IL CASO. La Bassa è ancora in allarme per il problema legato ai trattamenti contro l’insetto che divora il mais

    Pesticidi, va tutelata
    meglio la salute pubblica
    Pietro Gorlani

    Imposta una fascia di rispetto di 50 metri dalle abitazioni. Ed i Comuni dovranno rivedere i loro regolamenti d’igiene


    Piante di mais colpite dalla diabrotica, un insetto dannoso alle coltureLa Bassa è ancora in allarme per il problema legato all’emergenza diabrotica (il terribile insetto che sta divorando migliaia di ettari di mais) combattuta dagli agricoltori con trattamenti massicci di potenti insetticidi (Nurelle e Karate su tutti) che nelle ultime tre settimane hanno provocato ingenti danni a flora e fauna, essendo neurotossici non selettivi. Fortunatamente qualcosa è cambiato: in seguito anche alle proteste sollevate da singoli cittadini, l’Asl di Brescia e i sindaci della Bassa cercheranno di far rispettare la fascia di rispetto di 50 metri dalle case, come zona off limits ai pesticidi.
    Il provvedimento vuole evitare danni alle persone, agli orti ed ai giardini, visto che il principio attivo dei fitosanitari non decade se non dopo diversi giorni.
    Resta un punto molto importante: i Comuni dovranno rivedere il regolamento d’igiene, imponendo ferree restrizioni all’uso di questi prodotti, proprio per tutelare al meglio la salute pubblica e l’ambiente. Andrà studiata la possibilità di aumentare la fascia di rispetto a 100 metri (come in diversi Comuni italiani) prestando seria attenzione alla contaminazione della falda freatica. L’Asl di Brescia potrebbe nei prossimi giorni dettare le coordinate operative.
    Trattamenti contro la diabrotica verranno fatti anche in futuro, anche qualora dovesse ritornare legale la possibilità di utilizzare semi conciati con neonicotinoidi (vietati lo scorso anno dal ministero perché responsabili della moria delle api).

    BRESCIAOGGI il 1 luglio aveva sollevato il problema e soprattutto l’assenza di controlli da parte delle istituzioni così come il vuoto normativo rispetto alle regole (distanza minima dalle case, divieto assoluto di irrorare pesticidi in presenza di vento, segnalazione dei campi trattati). Problema denunciato dall’associazione apicoltori bresciani, dalle associazioni ambientaliste e dalle associazioni venatorie. In seguito all’utilizzo di questi insetticidi infatti è stata massiccia la moria di api, ma anche di lepri, fagiani e volatili che accidentalmente entravano nei campi di granoturco. Vista la latitanza di Regione e Provincia il 1 luglio il consigliere regionale dei Verdi Marcello Saponaro ha presentato una interpellanza urgente all’assessore regionale all’Agricoltura per sapere se ci sia una normativa da rispettare o controlli in atto, un piano contro la diabrotica.

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  2. [Bresciaoggi - 17 luglio 2009]

    AGRICOLTURA E TERRITORIO. I comuni della Bassa bresciana, Provincia e Regione hanno fatto il punto sulla direttiva che impone di scaricare meno azoto sui campi

    Nitrati, le denunce entro il 31 luglio
    Thomas Bendinelli
    Le aziende agricole dovranno fornire tutte le informazioni sull’utilizzo dei reflui zootecnici


    Stretta europea sullo spandimento dei liquamiLa politica farà la sua parte per ottenere delle deroghe, dall’altra le aziende agricole dovranno però impegnarsi per essere meno impattanti sul territorio.
    Il convegno sulla direttiva nitrati di ieri al Pirellino di via Dalmazia promosso dall’Associazione Comuni bresciani è stato l’occasione per fare il punto della situazione e per ricordare a vecchi e nuovi amministratori dei Comuni della Bassa le loro competenze in materia. I tempi, in qualche modo sono stretti: entro il 31 luglio le aziende dovranno presentare ai Comuni la comunicazione contenente le informazioni relative all’utilizzazione agronomica dei reflui di allevamento; poi, a seconda che siano o meno dotate di adeguate vasche di stoccaggio dei liquami, dovranno effettuare gli eventuali adeguamenti strutturali, già per fine anno o al più tardi per il prossimo.
    Problema che si trascina da anni, la direttiva nitrati dell’Unione europea è stata approvata nel 1991 con lo scopo di ridurre e prevenire l’inquinamento delle acque e del suolo, causato da nitrati provenienti da fonti agricole. Dopo non poche resistenze e l’avvio di una procedura di infrazione (e il conseguente rischio di non avere risorse finanziare da fonte europea), le Regioni italiane hanno deciso di iniziare ad adeguarsi. Il problema è praticamente solo padano: come ricordato ieri dal funzionario regionale Vitaliano Peri, due terzi delle zone «vulnerabili», ovvero di aree nelle quali la quantità di azoto totale al campo apportato da effluenti di allevamento non deve superare i 170 chilogrammi per ettaro e per anno, sono in Pianura Padana. Ottantuno Comuni dei quali, lo ha sottolineato ieri Giuliana Pezzi dell’Acb, nella Bassa Bresciana: praticamente tutti. Sono questi anche i Comuni (non gli unici) della Lombardia che più di altri hanno percentuali troppo sopra i limiti previsti.
    Vitaliano Peri ha ieri ricordato che la procedura d’infrazione europea è stata sospesa nell’estate del 2008 ma questo non significa che il problema dell’inquinamento sia stato risolto. Tre sono le strade che si possono percorrere. Una è quella di tipo politico: il che, detto in altri termini, significa fare lobby in tutti gli ambiti possibili per fare in modo che si tenga conto delle peculiarità della pianura padana e che si possa avere una deroga rispetto ai limiti previsti. Non 170 chilogrammi di azoto per ettaro bensì 240, limite che da molti agricoltori viene ritenuto comunque non sufficiente (ora sono nell’ordine dei 300-350 chilogrammi per ettaro). Il secondo piano è quello che prevede una maggiore efficienza (alimentazione, distribuzione, trattamento degli effluenti di allevamento) per le imprese. Cose che costano ma per le quali sono previsti anche fondi regionali e nazionali.

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