MENO ARSENALI, PIÙ
OSPEDALI!
Il 16 luglio di 75 anni fa nel deserto
del Nuovo Messico negli Stati Uniti fu esplosa la prima bomba atomica: :
il “Trinity test”, come anticipazione e prova delle bombe che sarebbero
state sganciate tre settimane dopo, il 6 e il 9 agosto 1945, su Hiroshima
e Nagasaki. Le vittime furono nell’immediato centinaia di migliaia e,
in seguito, per i postumi altre decine di migliaia.
Da allora
la corsa omicida alla costruzione di
nuovi e più terribili ordigni nucleari non si è mai fermata, fino ad
arrivare a metà degli anni ‘80 a 70.000 testate. Nonostante da più 30
anni sia venuto meno l’alibi della guerra fredda, si continuano a spendere
centinaia di miliardi di dollari per progettare, costruire e disseminare bombe
sempre più potenti, sofisticate e “intelligenti”, il tutto per il
mantenimento del dominio delle élite sul resto dell’umanità.
Lo
stato italiano non è estraneo a questa follia e si comporta sia come servo in
casa propria sia come padrone all’estero. In Italia, infatti, rinuncia alla
propria sovranità concedendo più di 100 basi militari a potenze
straniere, Stati Uniti e NATO, nelle quali sono immagazzinate pronte
all’uso, a Ghedi e ad Aviano, almeno 70 bombe atomiche, nonostante
l’Italia abbia sottoscritto il trattato di non proliferazione delle armi
nucleari. All’estero lo stato italiano è presente con più di 30 basi proprie disseminate in ogni parte
del mondo ovunque siano in gioco, secondo i nostri governanti , gli
interessi nazionali.
Oltre al
fatto morale di armare un esercito predisposto per uccidere migliaia di
persone, cosa che è già avvenuta e continua ad avvenire (Afghanistan, Iraq, Libia per citare solo alcuni casi), e al fatto
che si espone il nostro territorio a sanguinose ritorsioni, è necessario
ricordare i costi della politica degli
armamenti dello stato italiano: secondo gli ultimi dati ufficiali nel 2019
la spesa militare è stata di quasi 27 miliardi di euro e per il 2020 la previsione è di un aumento di un
ulteriore miliardo e mezzo. A tutto questo va aggiunto che vi sono forti
pressioni da parte degli USA affinché l’impegno italiano passi dall'1,4%
(vale a dire 70 milioni al giorno) al 2% del PIL.
Come si finanzia il continuo aumento
della spesa militare? Riducendo le
spese dello stato sociale a partire dalle spese sanitarie: tutti I rapporti sulla spesa pubblica
per la salute sottolineano la progressiva riduzione delle spese sanitarie, basti
pensare che l'Italia
destina alla salute un secco -38% di spesa pubblica rispetto
ai principali paesi europei. Negli ultimi dieci anni
sono stati tagliati 37 miliardi alla sanità pubblica con la
perdita di 70mila posti letto e la chiusura di 359 reparti in vari
ospedali, tra cui il Forlanini. Secondo il WHO nel 1980 avevamo 922
posti letto per 100mila abitanti, nel 2013 solo 275.
E qui si spiega lo stretto legame fra morti per Covid e
spese militari:
quanti
dei 35.000 decessi ufficiali a causa della pandemia avrebbero
potuto essere evitati in assenza della politica di armamenti e di
aggressioni esercitata dallo stato italiano?
È ora di dire basta: basta armi e più salute pubblica!
É ora di ribellarsi perché ribellarsi è giusto!
Coordinamento Bresciano contro la Guerra
Giovedi
16 luglio alle ore 18 manifestazione all'ingresso degli Spedali Civili di Brescia: ingresso nord Satellite via Valsabbina 1
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