domenica 1 marzo 2020

"Fontamara" per i compagni incarcerati

Il dattiloscritto originale di “Fontamara”, il vangelo rivoluzionario del Novecento che segnò l’esordio letterario del sino allora militante comunista Ignazio Silone, reca la dedica a un gruppo di compagni, fra i quali figura il verniciatore bresciano Roberto Allegri.
È la scoperta fatta rovistando negli archivi moscoviti del Komintern dallo scrittore Giulio Napoleone, che ne dà notizia nel suo libro “Il segreto di Fontamara” (Castelvecchi, 256 pagine, 35 euro), avvincente indagine sulle tracce della giovinezza del grande scrittore marsicano.
“Questo romanzo è dedicato ai militanti comunisti, operai e intellettuali dell’Italia settentrionale, finora condannati dal Tribunale Speciale per essersi recati nel Mezzogiorno a compiervi opera di risveglio e di organizzazione dei contadini poveri” si legge nella pagina che segue il frontespizio nella prima stesura del romanzo di Silone, iniziata nel luglio 1928, di cui a Mosca ci sono la prefazione e il primo capitolo. Seguono i nomi di dieci compagni, fra i quali appunto “Roberto Allegri, di Brescia, condannato a 12 anni e 9 mesi di reclusione”.
“Se c’era qualcuno che meritava di assurgere alla fama - osserva Napoleone - non poteva che essere un umile militante che, sprezzante del pericolo, a causa del Partito viveva la dura esperienza del carcere fascista”.
Ma chi era Roberto Allegri? Nato a Fiesse il 17 febbraio 1906, faceva il verniciatore ed era entrato giovanissimo in politica. Con lo pseudonimo “Gianni” aveva lavorato sotto l’egida di Giuseppe Amoretti, uno dei migliori dirigenti formati da Antonio Gramsci. Dopo aver militato negli Arditi del Popolo, era già stato segnalato come sovversivo dalla Questura di Brescia per avere ricostituito in città la Fgci. In seguito divenne fiduciario del Pci per l’Italia centrale ma, dopo il fallimento dell'attentato al re a Milano, il 21 aprile 1928 cadde vittima della grande repressione scatenata dal regime che nell’Italia centrale colpì 560 antifascisti, quasi tutti comunisti. Catturato a Terni dopo la perquisizione della sua casa romana, Allegri subì durissime torture. “Al suo arresto - annota Napoleone - seguì il sequestro di diverso materiale di propaganda, oltre a macchine da scrivere e rulli per il ciclostile. Portato davanti alle autorità romane venne poi colto in flagrante mentre scriveva frasi ingiuriose nei confronti del Duce, nella cella dove era detenuto. Il suo lavoro per il movimento comunista gli costò una condanna a dodici anni e nove mesi di reclusione”: era il 18 dicembre 1928. Il 26 settembre 1934 verrà poi scarcerato dallo stabilimento penale di Pianosa per un provvedimento di clemenza. Da lì di lui si perdono le tracce. 
Allegri e gli altri suoi compagni a cui è dedicato quello splendido romanzo di 90 anni fa furono i fulgidi esempi di “uomini e donne che Silone scelse di unire in un unico messaggio di speranza, per quanti, leggendo la storia di Fontamara, capissero subito che sebbene la lotta fosse ardua e con scarse possibilità di successo, il partito era vicino a loro e mai sarebbero stati abbandonati” sottolinea Napoleone. “Queste persone erano l’esempio da seguire, militanti che avevano scelto di dare tutto al movimento comunista, la loro libertà e la loro vita. Dei piccoli grandi eroi con cui iniziare il suo romanzo per la rivoluzione, il modo migliore per convincere quella parte dei lavoratori delle campagne, i ‘cafoni’, ancora lontani dall’essere consapevoli del ruolo nella sfida al capitalismo ed al fascismo. Un fronte comune era l’unico modo per stringere la morsa al regime, ma bisognava ridurre la distanza tra queste due categorie, operai e contadini, e trasformarli in una grande onda d’urto. A questo sarebbe servito il suo romanzo. Per questo scelse questi suoi compagni di partito, che si accingevano a marcire in galera per aver provato a difendere la libertà di tutti i lavoratori”.
Flavio Marcolini

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