venerdì 15 dicembre 2017

No Tav: parla Venosi

Vi proponiamo una intervista sul Tav al fisico ambientalista Erasmo Venosi, ex membro della Commissione per la modifica del Piano nazionale dei trasporti presso l'omonimo ministero dal 2006 al 2008 e vicepresidente della Commissione per il rilascio delle autorizzazione integrate ambientali al Ministero per l'Ambiente dal 2008 al 2009.
Ci può spiegare come si configura la recente decisione della Corte dei Conti che - incaricata di verificare l'impatto sugli equilibri finanziari per il progetto della tratta Brescia-Verona della nuova linea ferroviaria ad alta velocità (costo 2 miliardi e 499 milioni di euro) - ha rispedito la documentazione relativa al Ministero dell'Economia e delle Finanze, sospendendo l'istruttoria per "incompletezza documentale"?
Questi progetti devono seguire regole, fissate dal legislatore sia nazionale che comunitario, che prevedono la redazione del primo livello progettuale, il progetto preliminare. Su questo si vanno a misurare gli impatti che determina sull'ambiente, con la Valutazione di impatto ambientale. Si dice: io per questa infrastruttura consumo tanto suolo, i cantieri per la costruzione producono tanta polvere, tanto rumore, tanta vibrazione. Tutti questi elementi che alterano l'ambiente vengono misurati, e alla fine il Ministero per l'Ambiente dà un parere positivo e contenente dei suggerimenti per migliorare il progetto, ad esempio porre delle barriere per contenere il rumore, mettere altri presidi per evitare le vibrazioni, mantenersi lontano dalle abitazioni quanto basta per contenere i campi elettromagnetici. Dopo questo procedimento, la norma prevede che il progetto sia approvato dal Cipe, presieduto dal Presidente del Consiglio, formato dai ministri competenti e integrato dal presidente della Regione nella quale si realizza l'opera.
Nel nostro caso il processo del Cipe si è concluso il 10 luglio. L'ulteriore e finale passaggio prevedeva che la Corte dei Conti facesse un'analisi economico-finanziaria delle disponibilità per la costruzione del progetto, andando a verificare se in bilancio dello Stato esistevano i soldi, oppure se era una promessa. Insomma, tutte le verifiche tecniche, contabili, di coerenza giuridica che un'amministrazione seria dovrebbe fare. La Corte ha verificato che ci sono delle incongruenze, che mancano dei documenti fondamentali, quindi non ha registrato la delibera del Cipe. Ciò ha comportato che la mancata autorizzazione abbia impedito di andare in Gazzetta Ufficiale. La pubblicazione avrebbe fatto scattare la triade indifferibilità - opera di pubblica utilità – urgenza; quindi non c'è per ora la possibilità del general contractor andare a fare gli espropri.
E adesso?
La mancata registrazione impedisce il procedere delle opere, per ora. Poi si vedrà, dalle motivazioni della Corte dei Conti, il livello di gravità o superficialità che le ha impedito alla Corte di registrare la delibera. E' ancora presto per dire se l'opera è solo differita nel tempo. Sarà una cosa abbastanza seria, presumo. La Corte una volta che interrompe si prende almeno 60 giorni per riaprire il progetto. Bisogna mettere insieme questo stop con l'imminenza del rinnovo del Parlamento che rende la cosa problematica.
Come può comportarsi il cittadino con i tecnici che si recano nella sua proprietà per le prime ricognizioni?
C'è un articolo che ancora esiste, il 41. Esiste la libertà di impresa esercitata all'interno di vincoli, nel rispetto dei diritti degli altri. La proprietà privata è ancora costituzionalmente tutelata. Per operare un esproprio o per entrare all'interno di una proprietà privata ci vuole il consenso del soggetto potenzialmente espropriato. A meno che non ci sia una dichiarazione di pubblica utilità, che non c'è, perché essa è legata alla registrazione della delibera da parte della Corte dei Conti. Fino a quando non ci sarà quel passaggio, tutte le pressioni saranno legittime per la volontà dei soggetti coinvolti, che potranno unirsi e dire no.

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