Accogliendo il ricorso presentato dalla ditta che tratta rifiuti non pericolosi in località Barconi a Calcinatello, la prima sezione bresciana del Tar per la Lombardia ha ordinato “l'annullamento dell'atto dirigenziale della Provincia di diffida all'attuazione delle procedure previste per la bonifica di siti contaminati” e “della determinazione del Comune di Calcinato per l’approvazione del piano di caratterizzazione matrici ambientali”.
Insomma, non c'è alcuno obbligo di bonifica per la società titolare dell'impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi finalizzato alla produzione di fertilizzanti per l'agricoltura, che fu teatro la sera del 28 agosto 2015 di un incidente: “un addetto all'impianto veniva informato dai Carabinieri di Desenzano di uno sversamento interessante il confine lato sud dell'insediamento; lo stesso addetto verificava che il tubo di irrigazione in loco era stato erroneamente collegato, circa due ore prima, al serbatoio contenente acqua in depurazione prima del trattamento biologico, invece che all’attacco dell’acqua corrente; a un successivo sopralluogo dello stesso giorno Arpa accertava che lo sversamento interessava i terreni agricoli posti a sud ovest dell’insediamento e che il liquido era colato fino ad interessare il sifone per lo scarico delle acque meteoriche dell’autostrada”; inoltre “effettuava campionamenti sia all’interno dello stabilimento che sui terreni interessati”.
Le indagini e verifiche che seguirono, nonostante Arpa il 31 agosto accertasse l'assenza di “elementi di pericolosità ambientale”, portavano il 18settembre la Provincia ad avviare un “procedimento volto all’adozione della diffida, contestando una potenziale contaminazione delle matrici ambientali”. Da lì partiva una procedura al termine della quale il 16 novembre la Provincia diffidava l'azienda "a presentare entro 7 giorni specifica documentazione contenente descrizione delle misure di prevenzione e messa in sicurezza di emergenza adottate o da adottarsi; ed entro 30 giorni, al Comune di Calcinato, Piano di Caratterizzazione redatto da tecnico abilitato”.
Da subito la ditta aveva contestato “l’assenza dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza e contestava i contenuti della relazione istruttoria” per una serie di erronee e false applicazioni delle norme vigente in materia.
E nella sentenza si legge che “non si è mai verificato il 'rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale', richiesto dalle norme invocate; le larve di tafano, facilmente presenti nei terreni di campagna, sono state comunque trovate solo nei pressi dell’autostrada e non nei pressi dell’insediamento; la proposta, contenuta nella relazione istruttoria, di includere l'estensione dell'indagine preliminare nel piano della caratterizzazione sarebbe in contrasto con la legge”.
“Nessuna amministrazione è riuscita a dimostrare la pericolosità per l'ambiente dello sversamento”, dal momento che non è mai stato accertato l'avvenuto superamento della soglia di contaminazione.
Addirittura “il generico contenuto dell'ordinanza imporrebbe alla ricorrente di effettuare complesse e onerose ricerche per stabilire se il terreno sia effettivamente inquinato, per poi eventualmente procedere alle attività richieste”. E quindi “la Provincia non poteva legittimamente imporre, in mancanza dell’accertato superamento della soglia di contaminazione, la presentazione del Piano di Caratterizzazione”.
Ulteriore conseguenza è che anche l’atto del Comune di approvazione del Piano di Caratterizzazione "è affetto dai vizi di illegittimità, in accoglimento dei quali, anche detto atto va annullato” conclude il Tar.
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