lunedì 11 novembre 2024

Ciao, Licia!

A 96 anni stamattina è morta a Milano Licia Rognini, la vedova del ferroviere anarchico Pino Pinelli, ingiustamente accusato della strage di Piazza Fontana e morto innocente nei locali della Questura.
Nata nel 1928 a Senigallia (An), si era trasferita con la famiglia nel capoluogo lombardo a 18 mesi a Milano, dove ha sempre vissuto, all'inizio in una casa di ringhiera; Le condizioni economiche della famiglia non le permettono di continuare gli studi e a 13 anni comincia a lavorare.
Dopo aver vissuto i fermenti della Resistenza e della nascita della Repubblica, a un corso di esperanto conosce quello che nel 1955 diventerà suo marito, un giovane anarchico dal quale avrà due figlie, Silvia e Claudia. Dopo il matrimonio la loro piccola casa si aprirà a moltissimi studenti e lavoratori, anarchici, cattolici e comunisti.
Negli anni tra il 1968 e il 1969 l’impegno politico di Pino nel movimento anarchico cresce sempre più, fino al 12 dicembre 1969, quando una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana provoca 17 morti e 88 feriti. Pino viene fermato dalla polizia, invitato dal commissario Calabresi a seguirlo in questura con il suo motorino. A casa non tornerà mai più: nella notte tra il 15 e il 16 dicembre muore, precipitando, durante un interrogatorio, da una finestra della Questura, dopo uno stato di fermo durato tre giorni, ben oltre i termini legali.
Licia ha trascorso 55 anni alla ricerca della verità sulla morte di suo marito, Nel 1982 racconta quanto ha vissuto in una lunga intervista con Piero Scaramucci e ne nasce il volume "Una storia quasi soltanto mia", che si trova in libreria nelle edizioni Feltrinelli.
A 40 anni dalla strage nel 2009, in occasione della Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, viene invitata al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che riabilita definitivamente la memoria di Pino Pinelli, la diciottesima vittima della prima strage di Stato.

sabato 9 novembre 2024

In biblioteca una mostra su Rachel Carson, madre dell'ambientalismo

A sessant’anni dalla scomparsa della celebre biologa e zoologa americana, lo spazio espositivo della civica biblioteca di via Venti Settembre 80 a Calcinato da martedì 12 a sabato 30 novembre ospiterà la mostra "Meraviglia: la natura nei libri di Rachel Carson”, articolata in una esposizione mostra multisensoriale per grandi e piccini dedicata al pensiero e alle opere di questa scienziata pionieristica.
Una nutrita serie di pannelli fotografici documentano l’itinerario esistenziale della Carson e i suoi scritti autografi e non, in lingua inglese e italiana; contestualmente si possono consultare centinaia di albi illustrati che da lei traggono ispirazione nell’ambito della letteratura per l’educazione dei bambini e dei ragazzi.
Le tematiche sviluppate sono quelle che hanno reso famosa l’autrice di “Primavera silenziosa”, dalle dinamiche dell’interconnessione alla critica dell'antropocentrismo, dal valore della divulgazione scientifica alla ecopedagogia.
L’auspicio degli organizzatori è che i visitatori prendano coscienza della verità di un noto assunto della Carson: «Le nostre azioni sconsiderate e distruttive entrano a far parte dei vasti cicli della Terra e con il tempo ci ritornano indietro, creando pericoli per noi stessi». Ad ingresso gratuito, la mostra è aperta il martedì e il sabato dalle ore 9 alle 13 e dalle 14 alle 18, il mercoledì, giovedì e venerdì dalle 14 alle 18. Chi desiderasse acquisire ulteriori informazioni o prenotare una visita guidata può telefonare in orario di ufficio alla segreteria organizzativa al numero 030 963481.

domenica 3 novembre 2024

4 Novembre: mai più morti invano!

Per aver distribuito un volantino che riprendeva estratti dal volume di monsignor Antonio Fappani “La guerra sull'uscio di casa. Brescia e i bresciani nella prima guerra mondiale” (pubblicato nel 1969 dal settimanale diocesano “La voce del popolo”) durante la commemorazione del 4 Novembre di 50 anni fa sette nostri compagni furono fermati dai carabinieri, identificati e portati in caserma, a causa d un semplice gesto di pace, compiuto proprio nel giorno in cui la patria festeggiava la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra.
Mentre decine di conflitti armati insanguinano il pianeta, a mezzo secolo di distanza le celebrazioni del IV novembre continuano a festeggiare quella “inutile strage” - la definizione è di Papa Benedetto XV - e le Forze Armate.
Noi piangiamo i nove milioni di soldati - italiani e stranieri - morti in battaglia. Chi volle la prima guerra mondiale fu un mascalzone. Chi la festeggia oggi è un ignorante. Da tempo i libri di scuola disapprovano questa guerra, mentre le istituzioni la celebrano in piazza. Ci chiediamo per quale oscura ragione il livello di consapevolezza raggiunto dalla cultura venga demolito dalla retorica nazionalista.
Nel ricordo e nel nome di tutte le vittime, riaffermiamo il dovere di opporsi alla guerra e alle uccisioni.
Per la pace, il disarmo e la nonviolenza! Nostra patria è il mondo intero perché vi è una sola umanità!

sabato 2 novembre 2024

4 Novembre: non festa, ma lutto

Il 4 Novembre, data dell’armistizio che poneva fine alla prima guerra mondiale, è diventato la Festa dell’unità nazionale e delle Forze Armate.
Il Movimento Nonviolento vuole fare memoria di cosa ha significato quell'immane conflitto, in cui erano stati mandati a combattere, l’uno contro l’altro, 70 milioni di esseri umani.
Di questi, 9 milioni non sono più tornati a casa. Altri milioni rimasero invalidi, menomati, impazziti, distrutti nei corpi e nella psiche, mentre anziani e donne nelle campagne dovettero gestire il lavoro nei campi da soli con i figli a morire al fronte.
Nella prima guerra mondiale si usarono per la prima volta armi di sterminio di massa, si bombardarono le città e per la prima volta nella storia a morire a causa della guerra non furono solo i militari al fronte, ma in pari numero i civili vittime di bombardamenti o di stenti, malattie, epidemie causate dalla guerra stessa.
Da quell' "inutile strage" (come la definì papa Benedetto XV) sarebbero sorti i nazionalismi ed i fascismi del XX secolo, che avrebbero preparato la carneficina della seconda guerra mondiale.
Il 4 Novembre 2024, anziché festeggiare, noi vogliamo ricordare le vittime di tutte le guerre. Di ieri e di oggi, vittime innocenti delle lucide follie e strategie dei potenti della Terra.
L'interesse economico, la sete di potere, l'arroganza nazionale di chi si vuole rappresentante e portatore di civiltà e valori superiori da imporre ad altri, le ideologie totalitarie così come l'uso fondamentalista delle religioni non possono essere il pretesto per giustificare altri conflitti bellici, sotto qualsiasi sigla o motivo essi vengano condotti e motivati.
Purtroppo l’attualità ci mostra ancora una volta cos’è davvero la guerra: dolore, fame, distruzione, morte, sopraffazione, ingiustizia . E ci dimostra che la guerra, lungi dal risolvere i conflitti, li esaspera e prolunga all’infinito.
Tutti noi siamo coinvolti e, volenti o nolenti, collaboriamo alla guerra, anche semplicemente non opponendosi al commercio delle armi o accettando l’esorbitante incremento delle spese militari e la sempre più pervasiva militarizzazione della scuola e della società.
Il Movimento Nonviolento da sempre sostiene coloro che si rifiutano di uccidere, obiettori di coscienza e disertori di tutte le guerre, e, per questa ragione, oggi promuove a loro sostegno la Campagna di Obiezione alla Guerra” affinché l'Unione Europea si faccia garante del diritto all'obiezione di coscienza, dando accoglienza, asilo e protezione a tutte e tutti coloro che si rifiutano di imbracciare le armi e per questo vengono arrestati e perseguitati per la loro scelta di pace.
Facciamo sì che il 4 Novembre non sia "Festa delle Forze Armate" ma un giorno di memoria e di impegno per disarmare l'animo individuale, le coscienze di tutti e le mani degli uomini, distruggendo quelle armi che garantiscono la ricchezza di pochi e perpetuano la sofferenza dei più.
Con tutte le vittime, contro tutte le guerra e tutti gli eserciti.
Movimento Nonviolento - via Milano 65 - Brescia

venerdì 1 novembre 2024

La nuova amministrazione alla prova del bilancio

Approvati lunedì in consiglio comunale a Calcinato gli indirizzi generali di governo, ora aspetta la nuova maggioranza amministrativa la complessa e decisiva prova della redazione del bilancio per il 2025.
Nella convinzione che, come si sta facendo in numerose realtà locali in Italia e nel mondo, sia possibile sperimentare su questo terreno una concezione completamente nuova della politica, secondo la quale i cittadini non si limitano a votare ogni cinque anni, ma partecipano attivamente, direttamente e responsabilmente alla gestione della vita pubblica e al cambiamento della realtà sociale, crediamo nell'efficacia dello strumento del Bilancio Partecipativo. 
E’ molto importante che tutti gli interessati possano contribuire ai processi di trasformazione in corso, con un potere reale e decisionale fondato su un confronto aperto e responsabile, un confronto alimentato dal calore umano, da cui possa scaturire l’energia creativa necessaria per la realizzazione degli obiettivi del cambiamento. 
Ciò significa, innanzitutto, che i nuovi amministratori comunali sono chiamati a superare il vecchio vizio di molti che pensavano di avere la verità in tasca, dimostrando grande capacità di ascoltare: ascoltare chiunque abbia qualcosa da dire… e anche chi non dice niente perché è stanco di gridare al vento. Ascoltare soprattutto il variegato mondo del volontariato e dell’associazionismo: gente che crede nella forza delle idee e fa progetti anche senza soldi, senza sponsor, senza padrini. Fondamentale, in tale contesto, è la pratica del consenso che, pur nella sua complessità, consente di ragionare collettivamente per la definizione di scelte condivise, facendo convivere e valorizzando le differenze in un rapporto di reciproco rispetto e di reciproca fiducia. 
Il coinvolgimento diretto dei cittadini nelle principali scelte amministrative e, più in generale, nella gestione della cosa pubblica, crediamo possa rappresentare il miglior antidoto alla crisi dei partiti, al dilagare del leaderismo politico e alla perdita di credibilità della politica e delle istituzioni pubbliche, contribuendo altresì alla realizzazione di una forma più elevata di democrazia.