A 96 anni stamattina è morta a Milano Licia Rognini, la vedova del ferroviere anarchico Pino Pinelli, ingiustamente accusato della strage di Piazza Fontana e morto innocente nei locali della Questura.
Nata nel 1928 a Senigallia (An), si era trasferita con la famiglia nel capoluogo lombardo a 18 mesi a Milano, dove ha sempre vissuto, all'inizio in una casa di ringhiera; Le condizioni economiche della famiglia non le permettono di continuare gli studi e a 13 anni comincia a lavorare.
Dopo aver vissuto i fermenti della Resistenza e della nascita della Repubblica, a un corso di esperanto conosce quello che nel 1955 diventerà suo marito, un giovane anarchico dal quale avrà due figlie, Silvia e Claudia. Dopo il matrimonio la loro piccola casa si aprirà a moltissimi studenti e lavoratori, anarchici, cattolici e comunisti.
Negli anni tra il 1968 e il 1969 l’impegno politico di Pino nel movimento anarchico cresce sempre più, fino al 12 dicembre 1969, quando una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana provoca 17 morti e 88 feriti. Pino viene fermato dalla polizia, invitato dal commissario Calabresi a seguirlo in questura con il suo motorino. A casa non tornerà mai più: nella notte tra il 15 e il 16 dicembre muore, precipitando, durante un interrogatorio, da una finestra della Questura, dopo uno stato di fermo durato tre giorni, ben oltre i termini legali.
Licia ha trascorso 55 anni alla ricerca della verità sulla morte di suo marito, Nel 1982 racconta quanto ha vissuto in una lunga intervista con Piero Scaramucci e ne nasce il volume "Una storia quasi soltanto mia", che si trova in libreria nelle edizioni Feltrinelli.
A 40 anni dalla strage nel 2009, in occasione della Giornata della memoria delle vittime del terrorismo, viene invitata al Quirinale dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che riabilita definitivamente la memoria di Pino Pinelli, la diciottesima vittima della prima strage di Stato.