giovedì 6 dicembre 2012

Addio a Oscar Niemeyer, l'ultimo dei grandi architetti

A Rio de Janeiro si è spento nella notte Oscar Niemeyer, 104 anni, l’architetto conosciuto in tutto il mondo come il padre di Brasilia, inaugurata nel 1960.
 Nel 1945 Niemeyer entra nel partito comunista brasiliano al quale resterà sempre fedele. Nel 1947 viaggia a New York per lavorare al Palazzo di Vetro dell’Onu. Nel 1951 l’originalità delle linee rotonde che contraddistinguono il suo lavoro si impone a livello mondiale: disegna a San Paolo il Parco Ibirapuera con la sede della Biennale e la Oca, una struttura in cerchio derivata dalle capanne degli indios. Nel 1952-53 costruì la propria casa a Rio de Janeiro, la Casa das Canoas, il suo capolavoro domestico. Nel 1957 a San Paolo firma l’immenso edificio residenziale Copan:140 metri, 38 piani.
Pochi anni dopo vince con Lucio Costa il concorso per il piano pilota della nuova capitale, Brasilia, che sostituirà Rio de Janeiro con una città avveniristica spostata più a nord, al centro della savana brasiliana. Niemeyer progettò un grande numero di edifici residenziali, commerciali e di governo
 Nel 1964 soffre sulla sua pelle il golpe militare. Nel 1967 va esule a Parigi. Dell’anno seguente è il suo più famoso progetto in Italia: la sede della Mondadori a Segrate. Torna in Brasile alla fine della dittatura e progetta il Memorial da America Latina a San Paolo, e il Museo di Arte Contemporanea a Niteroi, città dirimpettaia di Rio de Janeiro. Negli Stati Uniti vince nel 1988 il premio Pritzker, il Nobel dell’architettura.  Nel 1996, riceve il Leone d’Oro della Biennale di Venezia e nel 2000 disegna il progetto dell’auditorium di Ravello, inaugurato nei primi mesi del 2010. 
 Nel novembre del 2006 Niemeyer si è risposato all’età di 98 anni. In Spagna gli è stato intitolato il Centro Culturale Internazionale Oscar Niemeyer, da lui progettato e inaugurato nel 2011.
 Per ricordarlo pubblichiamo un estratto del saggio "Brasilia", a lui dedicato nel giugno scorso dal giovane studioso Filippo Lamberti.

Il progetto di Brasilia rappresenta il momento di sintesi e condensazione estetica della architettura moderna brasiliana elaborata dagli architetti di Rio de Janeiro nel ventennio compreso fra gli anni trenta e cinquanta.
L’uso frequente dei pilotis e la conseguente apertura della superficie sottostante l’edificio rappresentano una soluzione architettonica non solo tecnica ma anche funzionale alla scala urbana. A Brasilia viene introdotto il concetto del piano terra libero, in questo modo lo spazio del terreno diventa continuo e ininterrotto e dunque in un certo senso illimitato.
 In questo modo si crea una relazione indissolubile fra il disegno dell’edificio ed il paesaggio, fra la forma dell’edificio ed il vuoto: questi due concetti sono la chiave di volta di tutta l’architettura brasiliense: forma in relazione, in continuità con il paesaggio e viceversa, come se ci fosse una continuità fra le due.
Oscar Niemeyer pubblica nel 1961 un saggio intitolato “Minha expêriencia em Brasília” (La mia esperienza a Brasilia), nel quale espone tutte le proprie sensazioni e commenti sulla sua opera in generale e specialmente su Brasilia. Si sofferma a lungo su un punto chiave della sua architettura: la forma libera.
Niemeyer ritiene che per raggiungere la categoria di opera d’arte un’opera architettonica abbia bisogno, come condizione fondamentale, di presentare un contenuto di “creazione”, ovvero un contributo personale dell’architetto. In mancanza di questa condizione, l’opera architettonica diviene solo una ripetizione di forme e soluzioni già note che ben presto si fanno superate ed accademiche. Niemeyer si dichiara favorevole alla libertà plastica, quasi illimitata, una libertà che non si subordini servilmente alle ragioni della tecnica e del funzionalismo. Questa libertà per l’architetto genera un’atmosfera di estasi, di sogno e di poesia.
Tuttavia, continua Niemeyer, molti settori dell’architettura contemporanea sono timidi nei confronti di questa libertà plastica e continuano ad adottare passivamente soluzioni ripetute difendendo intransigentemente i principi del funzionalismo: ragioni costruttive, convenienze di modulazione ecc., argomenti che non reggono quando si parla di opere speciali, come una capitale, dove il problema economico è secondario. Questi esigono che gli edifici siano contenuti in piante semplice e compatte e che mirino a volumi puri e geometrici, in questo modo fanno rientrare in queste forme prestabilite dei programmi complessi che richiederebbero, proprio per aderire alle ragioni funzionali che essi tanto difendono, strutture più complesse ed elaborate. E così per mantenere il purismo desiderato, che tuttavia è apparente, creano il vero formalismo. Con questo sistema gli edifici pubblici, le scuole, i teatri, i musei ecc., vanno acquistando degli aspetti identici nonostante funzioni così diverse a cui sono adibiti.
 Niemeyer afferma di non pretendere di assumere una posizione di lotta nei confronti della corrente in questione, ritrovandovisi dentro alle volte anch’egli, ma di non sottovalutare l’architettura più libera e creatrice, da lui preferita, nell’ambito della quale cerca di orientare i propri progetti non basandoli mai sulle imposizioni radicali del funzionalismo ma, al contrario, sulla ricerca di soluzioni nuove, diverse e sempre logiche, nella convinzione che ciò che rimane oltre ai contrasti fra forma e funzione, sono soltanto le soluzioni belle, inattese e armoniose.
  L’architetto brasiliano porta ad esempio il suo progetto per il Palazzo del Congresso, dove afferma che la composizione dell’edificio è stata sviluppata seguendo i criteri di convenienza e proporzione dell’architettura e dell’urbanistica, dei volumi, degli spazi liberi, della profondità visiva e delle prospettive e, specialmente, dell’intenzione di fornire alla composizione un carattere di alta monumentalità. Afferma che se avesse studiato il Palazzo con uno spirito accademico si avrebbe ora una costruzione in altezza che ostacola la vista, invece di quella spianata che meraviglia molti per la sua imponenza, con la vista che si estende in profondità oltre l’edificio, fra le cupole e che abbraccia la piazza dei Tre Poteri e gli altri elementi architettonici. Le cupole e le colonne caratterizzano tutti gli edifici dell’asse monumentale, dal Palazzo del Planalto, a quello dell’Alvorada dando loro maggior leggerezza, collocandoli come se fossero svincolati o appena leggermente posati a terra. Le colonne sono state modificate appositamente per questo motivo, le forme a cuneo e slanciate delle colonne del Palazzo presidenziale così come di quelle del palazzo del governo creano attraverso entusiasmanti giochi di luce curve armoniose e mostrano al visitatore aspetti e combinazioni nuove ed inattese come non fossero cosa viva. Niemeyer conclude il suo saggio con queste parole: “… nel concepire quei palazzi, mi sono preoccupato anche dell’atmosfera che queste avrebbero dato alla Piazza dei Tre Poteri. Non la pretendevo fredda e tecnica, con la purezza classica, dura, già prevista, delle linee rette. Desideravo vederla, al contrario, piena di forme, sogno e poesia. Forme nuove, che sorprendessero per la leggerezza e la libertà di creazione. Forme che non pesassero sulla terra, come un’imposizione della tecnica, ma che mantenessero i palazzi quasi in sospensione, leggeri e bianchi, nelle notti senza fine dell’Altipiano. Forme di sorpresa e d’emozione, che alleviassero il visitatore – magari per qualche istante – dai problemi difficili, a volte insuperabili, che la vita fa pesare su tutti gli uomini.”

1 commento:

  1. Cercando informazioni su Oscar Niemeyer ho trovato questo blog, ma c'è un errore sulla morte del maestro, lui è morto nel 2012 con 105 anni. Saluti

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