Anticipiamo il testo del discorso che Tiziana Spreafico pronuncerà stasera in consiglio comunale contro la possibilità che la gestione dell'acqua potabile di Calcinato venga privatizzata.
L’acqua è un diritto essenziale e inalienabile di ogni uomo, come ricorda anche lo Statuto della costituenda società “Acque bresciane srl” che all’articolo 1.4 recita: “La società riconosce l’acqua quale patrimonio dell’umanità, bene comune, diritto inalienabile di ogni essere vivente. L’acqua e i servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale per il pieno godimento del diritto alla vita e di tutti gli altri diritti umani secondo i principi enunciati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione n. 64 del 28 luglio 2010”.
Bene Comune ritiene che l’accordo che ci viene chiesto di approvare stasera non sia rispettoso di questi principi, non garantisca l’acqua come diritto umano essenziale e contenga elementi tali che rischiano di portarci nella direzione opposta.
Così come non rispetta la volontà popolare, espressa inequivocabilmente dai cittadini italiani con i referendum del 12 e 13 giugno 2011, quando la stragrande maggioranza dei votanti aveva chiaramente espresso la volontà che l’acqua non deve essere privatizzata, che la gestione dell’’acqua deve essere pubblica, che sull’acqua non si devono fare profitti.
La scelta operata dalla Provincia di Brescia prevede invece la costituzione, in prospettiva, di una società mista con la partecipazione significativa (non inferiore al 40%) di un socio privato. Forse da un punto di vista strettamente giuridico, come qualcuno sostiene, può anche essere che questa scelta sia formalmente rispettosa delle norme così come sono uscite dopo le abrogazioni approvate dal referendum, ma certamente da un punto di vista sostanziale e politico non è rispettosa della volontà popolare: i cittadini hanno espresso la volontà che sull'acqua non si possono fare profitti e allora qualcuno deve spiegarci che interesse può avere un socio privato a partecipare.
Ci chiediamo quindi perché i nostri sindaci abbiano voluto ignorare una precisa volontà dei propri cittadini. Crediamo che ciò costituisca un grave vulnus alla democrazia rappresentativa e alla Costituzione.
Questi sono i motivi di fondo per i quali Bene Comune è fortemente contrario a questo accordo. Ci sono poi anche motivazioni più direttamente connesse all’accordo stesso e al percorso ipotizzato, che non risulta per nulla chiaro. Non si capisce bene, ad esempio, quali comuni saranno “gestiti” dalla nuova società e in quali tempi; con si capisce bene che differenza vi sia tra l’essere socio della società e non esserlo; che valore ha sottoscrivere l’accordo senza diventare soci della società.
Vorrei chiedere al Sindaco: "A Calcinato adesso che cosa succede? Se non ho capito male, il nostro comune, in cui il Servizio idrico integrato è attualmente gestito da Garda Uno, continuerà ad essere “servito” da questa società nei prossimi anni. Ma fino a quando? E dopo che cosa succede? E poi se la situazione è questa, e cioè che per alcuni anni saremo ancora “serviti” da Garda Uno, che senso ha aderire adesso all’accordo? Che vantaggio ne abbiamo? Tanto, se non ho capito male, si può sempre aderire, anche successivamente, all’accordo così come sarà sempre possibile diventare soci della costituenda società. Mi risulta, ad esempio, se non sbaglio, che diversi comuni del Garda e delle valli non stiano, almeno per ora, aderendo all’accordo.
E veniamo alle considerazioni e osservazioni puntuali, che riprendono in gran parte le osservazioni inviate alla Provincia a fine gennaio dal Comitato Brescia Acqua Comune, da noi sostanzialmente condivise. Lo facciamo scorrendo il testo della delibera di approvazione, che riporta anche alcuni passi del testo dell’accordo.
Non è ovviamente una trattazione esaustiva; toccheremo solo alcuni punti, quelli che ci paiono più significativi.
Prima considerazione: sottoscrittori accordo
La norma sancita dall’art. 15 della legge n. 241/1990 (richiamata in modo esplicito pure dal titolo dell’Accordo) di per sé regolamenta esclusivamente gli accordi tra pubbliche amministrazioni, mentre, dalla lettura dei documenti portati in approvazione, la sottoscrizione dell’Accordo viene estesa anche a soggetti privati o di diritto privato come le società che attualmente gestiscono il servizio in Provincia, indicate, appunto, quali parti dell’accordo assieme ai Comuni.
Le società, peraltro, sono mero strumento di gestione del servizio e, quindi, non possono nemmeno essere parte di un accordo che ne determini ruoli e funzioni. Ai sensi della normativa vigente ci parrebbe quindi che soltanto le amministrazioni pubbliche socie delle società potrebbero e dovrebbero essere parte dell’accordo.
Seconda considerazione: affidamento in house ed esercizio del controllo analogo
Nella prima fase del percorso si prevede l’affidamento diretto del servizio alla costituenda Acque Bresciane srl o, come comunemente definito, l’affidamento in “house providing”. Per questa modalità di affidamento devono però sussistere i requisiti previsti dalla giurisprudenza comunitaria: partecipazione totalmente pubblica, svolgimento di attività prevalente a favore degli enti affidatari in house del servizio, assenza di vocazione commerciale e, in particolare, quello che viene chiamato l’esercizio del controllo analogo. Ma tutti questi requisiti possono sussistere solo in presenza di una partecipazione diretta degli enti locali affidatari del servizio, ossia in una impresa partecipata di primo livello, cosa che non è garantita visto che i comuni possono partecipare attraverso loro enti o società a capitale interamente pubblico.
Il principio del controllo analogo comporta che gli enti locali affidatari del servizio in “house” abbiano la possibilità di esercitare un controllo analogo a quello che esercitano sui servizi direttamente erogati; cioè nel nostro caso di esercitare il potere di dettare le linee strategiche e le scelte operative della società in house. Per garantire tale principio l’accordo prevede l’istituzione di un Comitato di indirizzo e controllo (non è chiarissimo chi ne farà parte). Ma come può questo Comitato essere in grado di esercitare tale controllo analogo, non essendo un organo sociale previsto dalle norme del codice civile e quindi di fatto privo di ogni valore giuridico?
Terza considerazione: socio privato
Dal testo della delibera cito: “I soggetti che sottoscrivono il presente Accordo si impegnano affinchè la società espleti entro il termine del 31 dicembre 2018 la procedura ad evidenza pubblica per la scelta del socio privato”.
Si prevede, quindi, nella seconda fase del percorso, l’ingresso di un socio privato con la costituzione di una società mista.
Perché il socio privato? In genere si ricorre ad un socio privato per l’apporto di capitali che diversamente non si avrebbero disponibili. Ma nel caso del servizio idrico il referendum del 2011 ha cancellato questa possibilità (cancellazione dalla tariffa della quota relativa alla remunerazione del capitale investito) e la tariffa deve coprire tutti i costi del servizio. Non si capisce perciò quale sia il ruolo del privato. Esso poi non serve neppure per assicurare una gestione più efficiente, efficace ed economica della società perché non è la proprietà che fa la differenza ma chi è chiamato a gestire la società.
E’ utile ricordare che secondo il Rapporto sullo sviluppo umano diffuso nel dicembre 2006 dall’UNDP (il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), nessuno fra i programmi di privatizzazione realizzati in tutto il mondo ha raggiunto i risultati attesi: questo la dice lunga sulla capacità del settore privato di essere in grado di conciliare l’equità e l’efficienza necessarie per garantire a tutti il diritto all’acqua.
A livello mondiale dal 2001 si sta assistendo ad una inversione di rotta. I problemi che derivano dalla gestione privata dell’acqua hanno convinto molte comunità e i loro rappresentanti politici che il settore pubblico è più qualificato per fornire servizi di qualità ai cittadini e per promuovere il diritto umano all’acqua e allo sviluppo sostenibile delle risorse idriche. Molte amministrazioni pubbliche hanno ripubblicizzato il servizio idrico (si veda, ad esempio, il Comune di Parigi, che dopo 25 anni di gestione affidata a privati ha ripubblicizzato il proprio servizio idrico): nel 2000 si sono verifica due casi in due Paesi, interessando meno di un milione di persone, nel marzo 2015 si è arrivati a 235 casi in 37 Paesi, con una popolazione interessata superiore ai 100 milioni.
Noi, buoni ultimi, invece vogliamo andare in una direzione che si è già dimostrata fallimentare?
Conclusioni
Chiediamo al Consiglio Comunale di agire nel rispetto della volontà del popolo italiano e di dichiararsi contrario all’ingresso di un socio privato nella costituenda Acque Bresciane srl; di dichiararsi invece favorevole al mantenimento della società Acque Bresciane interamente pubblica e alla gestione in house del servizio idrico, prevedendo la trasformazione della società Acque bresciane srl in un’Azienda Speciale Consortile di diritto pubblico, senza fini di lucro, posseduta e controllata in forma paritaria (proporzionale agli abitanti) da tutti i Comuni del territorio provinciale bresciano.
Bene Comune opererà in questa direzione. In raccordo con il Comitato Brescia Acqua Bene Comune e altre associazioni e istituzioni, ci adopereremo affinché si cambi la scelta per ora operata dalla Provincia, abbandonando l’idea di una società mista e puntando alla costituzione di una società totalmente pubblica.
Tiziana Spreafico
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