lunedì 7 ottobre 2024

Non c’è pace per la Palestina: parla don Flavio

A un anno dai massacri di Hamas volge al pessimismo il pensiero di don Flavio Dalla Vecchia, sacerdote originario di Ponte San Marco e profondo conoscitore della terra di Palestina. 
”Ho visitato quelle zone numerose volte” racconta. “Ci ero andato ai tempi della prima intifada nel 1988 e poi ci sono tornato molto spesso, sia per motivi di studio sia come guida dei pellegrinaggi. In tutto questi anni ho avuto modo di incontrare archeologi, specialisti e personalità del mondo, per lo più del mondo cristiano, ma ho avuto confronti anche con qualche associazione ebraica di volontariato sociale e per la pace”. 
"L’ultima volta sono stato in Palestina nel maggio 2023 e l’aria che tirava già non era buona". Cinque mesi dopo le orrende stragi di Hamas in terra di Israele, che causarono più di milleduecento morti fra militari e civili, con il rapimento altre 250 persone molte delle quali assassinate nei mesi seguenti. 
“Per capire come si è giunti a questa situazione - spiega - bisogna rendersi conto che le condizioni odi vita nei territori occupati erano diventate gradualmente sempre sempre più terribili, a causa del progressivo espandiamo dei coloni. Una delle cause più forti degli ingiustificabili crimini del 7 ottobre è la solitudine dei palestinesi: la sigla dei patti di Abramo implicava un approccio al problema che li isolava e li destinava ad essere lasciati soli politicamente dai paesi arabi. L’unico attore nazionale che sottotraccia li sosteneva era l’Iran”.
“La frustrazione derivata da questo isolamento da un lato e il modo di gestire il territorio da parte dei coloni aveva via via incrementato la loro rabbia” sottolinea. “Prima essi si illudevano di ottenere il consenso internazionale, anche con campagne di una certa forza morale. Ricordiamo che l’intifada nel 1988 era una rivolta senza armi da fuoco. Io da quelle parti le bombe le ho viste solo dopo il 1993. Gli eccidi di un anno fa sono stati lo scellerato tentativo di ritrovare una centralità persa da tempo nell’attenzione delle masse arabe, ma non hanno avito allora e non possono avere - nemmeno ora che hanno scatenato questa carneficina ininterrotta nella Striscia di Gaza (si stimano già oltre 42 mila morti) con pericolose estensioni delle ostilità ai vicini stati del Libano e dell'Iran - nessuna giustificazione”.
Secondo don Flávio “i terroristi non si sono accorti che non stavano agendo per il bene del proprio popolo, ma per rafforzare col sangue il prestigio di Hamas, è prevalso in loro lo spirito bellicista. E nessuno, neanche fra gli arabi, è intervenuto per fermare l’escalation in corso, evidentemente non non ne hanno convenienza oggi. Ricordiamo che, mentre un tempo l’idea che stava alla base di tutti questi popoli era che bisogna spazzare via Israele, ora i trattati siglati fra i diversi Stati implicano il riconoscimento reciproco. Solo Hamas, Hezbollah e Iran restano fermi sulla necessità della eliminazione di Istraele, producendo nel suo governo una prevedibile reazione altrettanto bellicista”.
Constatazioni amare le sue: “Con la guerra scatenata nella Striscia di Gaza il governo di Tel Aviv si illude che ciò porterà a maggior sicurezza, ma va avanti perché non c’è nessuno che si muove. L’Onu in questa vicenda sembra scomparsa, molti Stati dichiarano di non essere d’accordo con quel che fa Istraele, ma non sono in grado di fermarlo. E così la situazione è bloccata, senza un organismo internazionale che possa intervenire”.
“In questo momento - dichiara - io la penso come il patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa: non ci sono vie percorribili perché tutti gli attori sono in vicoli chiusi. I palestinesi non hanno nessuno a cui appoggiarsi, nessuno è in grado di far pressione per far terminare le ostilità, non si vede nessun attore d pace disposto a mettersi in gioco. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di essere consapevoli che la complessità della situazione richiede pazienza. La via verso la pace passa dalla giustizia e da un processo di riconciliazione, di disponibilità al perdono, con la capacità da parte di entrambi i soggetti in campo di guardare anche la sofferenza dell’altro, non solo la propria”.
“L’occupazione dei territori da parte dei coloni - prosegue - non ha fatto altro creare problemi su problemi agli abitanti palestinesi, limitati nei propri diritti. Istraele non capisce che la sicurezza non è tutto, ma non vedo prospettive di riconciliazione perché gli attori in campo non danno segnali di speranza”. 

Nessun commento:

Posta un commento