martedì 8 ottobre 2024

Dicono che domani

Dicono che domani
Ci sarà la guerra
E domani sotto la tua casa
Sfileranno mille baschi neri
E i tuoi occhi rotondi
Mi cercheranno
Ti hanno detto di aspettarmi
Senza fare tante storie
E chi scriverà la storia
Non parlerà di te

Dicono che domani
Ci sarà la guerra
Siamo nati nati per soffrire
Solo questo mi han saputo dire
Solo questo mi han detto
Per consolarmi
Mi hanno detto di lasciarti
Senza fare tante storie
E chi scriverà la storia
Non parlerà di me

Dicono che domani
Ci sarà la guerra
Tornerete carichi di gloria
Solo questo ha detto il generale
E mi ha stretto una mano
Senza guardarmi
Mi hanno detto di morire
Senza fare tante storie
E chi scriverà la storia
Non parlerà di noi

Dicono che domani
Ci sarà la guerra
E domani sotto la tua casa
Torneranno cento baschi neri
E i tuoi occhi rotondi
Mi piangeranno

Sergio Endrigo

lunedì 7 ottobre 2024

Non c’è pace per la Palestina: parla don Flavio

A un anno dai massacri di Hamas volge al pessimismo il pensiero di don Flavio Dalla Vecchia, sacerdote originario di Ponte San Marco e profondo conoscitore della terra di Palestina. 
”Ho visitato quelle zone numerose volte” racconta. “Ci ero andato ai tempi della prima intifada nel 1988 e poi ci sono tornato molto spesso, sia per motivi di studio sia come guida dei pellegrinaggi. In tutto questi anni ho avuto modo di incontrare archeologi, specialisti e personalità del mondo, per lo più del mondo cristiano, ma ho avuto confronti anche con qualche associazione ebraica di volontariato sociale e per la pace”. 
"L’ultima volta sono stato in Palestina nel maggio 2023 e l’aria che tirava già non era buona". Cinque mesi dopo le orrende stragi di Hamas in terra di Israele, che causarono più di milleduecento morti fra militari e civili, con il rapimento altre 250 persone molte delle quali assassinate nei mesi seguenti. 
“Per capire come si è giunti a questa situazione - spiega - bisogna rendersi conto che le condizioni odi vita nei territori occupati erano diventate gradualmente sempre sempre più terribili, a causa del progressivo espandiamo dei coloni. Una delle cause più forti degli ingiustificabili crimini del 7 ottobre è la solitudine dei palestinesi: la sigla dei patti di Abramo implicava un approccio al problema che li isolava e li destinava ad essere lasciati soli politicamente dai paesi arabi. L’unico attore nazionale che sottotraccia li sosteneva era l’Iran”.
“La frustrazione derivata da questo isolamento da un lato e il modo di gestire il territorio da parte dei coloni aveva via via incrementato la loro rabbia” sottolinea. “Prima essi si illudevano di ottenere il consenso internazionale, anche con campagne di una certa forza morale. Ricordiamo che l’intifada nel 1988 era una rivolta senza armi da fuoco. Io da quelle parti le bombe le ho viste solo dopo il 1993. Gli eccidi di un anno fa sono stati lo scellerato tentativo di ritrovare una centralità persa da tempo nell’attenzione delle masse arabe, ma non hanno avito allora e non possono avere - nemmeno ora che hanno scatenato questa carneficina ininterrotta nella Striscia di Gaza (si stimano già oltre 42 mila morti) con pericolose estensioni delle ostilità ai vicini stati del Libano e dell'Iran - nessuna giustificazione”.
Secondo don Flávio “i terroristi non si sono accorti che non stavano agendo per il bene del proprio popolo, ma per rafforzare col sangue il prestigio di Hamas, è prevalso in loro lo spirito bellicista. E nessuno, neanche fra gli arabi, è intervenuto per fermare l’escalation in corso, evidentemente non non ne hanno convenienza oggi. Ricordiamo che, mentre un tempo l’idea che stava alla base di tutti questi popoli era che bisogna spazzare via Israele, ora i trattati siglati fra i diversi Stati implicano il riconoscimento reciproco. Solo Hamas, Hezbollah e Iran restano fermi sulla necessità della eliminazione di Istraele, producendo nel suo governo una prevedibile reazione altrettanto bellicista”.
Constatazioni amare le sue: “Con la guerra scatenata nella Striscia di Gaza il governo di Tel Aviv si illude che ciò porterà a maggior sicurezza, ma va avanti perché non c’è nessuno che si muove. L’Onu in questa vicenda sembra scomparsa, molti Stati dichiarano di non essere d’accordo con quel che fa Istraele, ma non sono in grado di fermarlo. E così la situazione è bloccata, senza un organismo internazionale che possa intervenire”.
“In questo momento - dichiara - io la penso come il patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa: non ci sono vie percorribili perché tutti gli attori sono in vicoli chiusi. I palestinesi non hanno nessuno a cui appoggiarsi, nessuno è in grado di far pressione per far terminare le ostilità, non si vede nessun attore d pace disposto a mettersi in gioco. L’unica cosa che possiamo fare è cercare di essere consapevoli che la complessità della situazione richiede pazienza. La via verso la pace passa dalla giustizia e da un processo di riconciliazione, di disponibilità al perdono, con la capacità da parte di entrambi i soggetti in campo di guardare anche la sofferenza dell’altro, non solo la propria”.
“L’occupazione dei territori da parte dei coloni - prosegue - non ha fatto altro creare problemi su problemi agli abitanti palestinesi, limitati nei propri diritti. Istraele non capisce che la sicurezza non è tutto, ma non vedo prospettive di riconciliazione perché gli attori in campo non danno segnali di speranza”. 

domenica 6 ottobre 2024

Sui fatti di ieri a Roma

Cosa è successo sabato, a Roma, alla manifestazione indetta da alcune organizzazioni palestinesi per protestare contro il genocidio scientificamente attuato a Gaza dallo Stato di Israele? Andiamo con ordine. 
Primo tempo: la manifestazione era stata vietata dal questore di Roma, ossequiosamente prono ai desiderata del governo Meloni, che finge di non sapere che la protesta non aveva nulla a che vedere con 
l’antisemitismo. Il divieto era dunque una scelta politica arbitraria e illegittima di chi non aveva il potere di adottarla perché palesemente in contrasto con la Costituzione (articolo 21). 
Secondo tempo: nel corso della giornata il divieto assoluto viene rimosso e il questore autorizza lo svolgimento della manifestazione nella sola area della Piramide, mantenendo la proibizione per il corteo. 
L’accesso all’area, blindata da ogni lato da un imponente cordone di polizia, viene però consentito solo previa esibizione dei documenti di identità che vengono collocati, l’uno accanto all’altro, in serie di quattro, sul piano posteriore delle auto dei militi e da questi fotografati prima di essere restituiti ai legittimi proprietari. Si tratta una vera e propria schedatura di massa per una manifestazione alla fine autorizzata, sebbene nei limiti di cui si è detto: un vero e proprio atto intimidatorio e un’ulteriore violazione della Costituzione (articolo 16). 
Terzo tempo: per oltre tre ore, circa 7 mila persone manifestano pacificamente, senza potersi allontanare di un palmo dal luogo cintato e senza alcun tentativo di farlo. 
Quarto tempo: quando la manifestazione viene dichiarata conclusa dagli organizzatori e le persone lentamente defluiscono dalla piazza, una sessantina di giovani, seguendo un collaudato copione che con la 
causa palestinese non c’entrava una cippa, forzano il cordone entrando in conflitto con la polizia. Non accade nulla di particolarmente grave, ma, inconsapevolmente (o forse no) il gruppetto regala al governo e ai suoi corifei l’occasione di rivendicare la bontà delle norme penalmente repressive di ogni forma di dissenso che il parlamento si appresta ad approvare. 
Quinto tempo: mentre la Meloni e La Russa strillano come aquile, rivendicando la bontà dei divieti, va in scena la rappresentazione fasulla, perfettamente rilanciata dai giornali e dai media mainstream, che fa della giornata un episodio di teppismo politico, dove le ragioni della mobilitazione, insieme allo sconvolgente dramma palestinese, vengono inabissate. E’ anche questo un aspetto, certo non secondario, dell’abisso morale in cui stiamo precipitando, un giorno dopo l’altro.
Dino Greco

mercoledì 2 ottobre 2024

Contro i voli armati dall’aeroporto di Montichiari

Venerdì 4 ottobre il movimento per la pace torna a manifestare all’aeroporto D’Annunzio di Montichiari a partire dalle ore 10 per protestare “contro il carico e scarico di materiale bellico, con tutti i conseguenti rischi per i lavoratori e le popolazioni limitrofe”.
Nei mesi scorsi due interrogazioni parlamentari hanno chiesto lumi al governo su quanto è accaduto e continua ad accadere, mentre si susseguivano le azioni di protesta da parte dei lavoratori dello scalo, e c’è anche stata una lettera aperta di oltre cento “cittadini contro la guerra”.
In prima fila nella campagna di sensibilizzazione c’è l’Usb (Unione sindacale di base), che ha denunciato “la situazione di rischio elevato per la sicurezza dei lavoratori derivante dall’attività di movimentazione di merci pericolose (armi ed esplosivi) che viene svolta, con l’utilizzo di carrelli elevatori (muletti), scarico di pallet-contenitori di armi dai camion, collocati nei piazzali dell’aeroporto, e successivo carico sugli aeromobili in un aeroporto civile”. 
“I lavoratori non vogliono essere partecipi e complici delle guerre che ci sono in giro per il mondo, diciamo no ai voli che trasportano armi (missili, bombe, armamenti pesanti e leggeri) che sono voli militari travestiti da voli civili” sottolinea il coordinamento bresciano del sindacato di base.
“Mentre nel nostro Paese i salari continuano ad essere tra i più bassi d’Europa, si spendono miliardi di euro in armamenti, la sanità è al collasso e i servizi pubblici subiscono tagli inaccettabili, il Governo ci sta trascinando in guerra. Per queste ragioni abbiamo chiesto ufficialmente un incontro alla Prefettura di Brescia”.