E
così anche Ginsberg se n'è andato.
Il
suo viso dolce e decadente
sta
facendo il giro dei canali tivù
mentre
il solito maleducato Dylan
dal
vecchio stereo arrugginito
scatarra
i suo versi in melodie blu.
Lo
scaffale gronda di necrologi
ritagliati
dai giornali di mezzo mondo.
Impilati
in alto sulla libreria
stanno
in lutto Jukebox
all'idrogeno,
Mantra
del Re di Maggio,
Primi
Blues,
La
Caduta dell'America,
Diario
Indiano.
Allen
Ginsberg,
mentore
dei miei sedici anni
sulle
strade di Kerouac.
Allen
Ginsberg,
con
i tuoi salmi ebrei per la mamma
e
i fiori freschi per la polizia.
Allen
Ginsberg,
perché
il tuo urlo non ha fermato
la
voglia di fare la guerra?
©
Flavio Marcolini
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