Tutto si logora, anche le ricorrenze.
Nella
perdita di senso e di significati indotta dall'azione percussiva e
incessante degli ideologi del potere onnisfruttatore che gestisce la
comunicazione globale e le tecnologie totalitarie e cosi' impone anche
le mode e le amnesie, per molte persone ormai il primo maggio e'
l'occasione per una scampagnata, il 25 aprile una pasquetta laica, "e
cosi' via", direbbe Kilgore Trout.
Figurarsi
se l'otto marzo puo' sfuggire a questo processo di svuotamento e
riconfigurazione alienata, a questa massiccia pressione omologatrice
agli immanenti ferrigni decreti della societa' dello spettacolo,
all'universal mercificazione.
Non
solo: l'opera degli ideologi del potere vi si accanisce
particolarmente, cercando di capovolgerlo nel suo opposto: una
ripigliata stracca e sbilenca della zuccherosa festa della mamma, quasi
una sorta di giuliva festa della fidanzata modesta e virtuosa o della
moglie fedele custode della casa, in cui l'iniziativa e' ancora una
volta del maschio padrone e dei suoi istituti, con dispiegamento degli
strumenti e dei rituali del corteggiamento e finanche della momentanea
carnevalizzazione funzionale al richiamo all'ordine che subito segue:
all'ordine patriarcale della societa' gerarchica, della produzione
disciplinata, della gabbia di ferro e della famiglia del padre padrone.
E
quindi: le magnifiche rose e la libera uscita semel in anno, ovvero
l'ora d'aria e naturalmente l'onnipresente comando: "sii bella e taci".
Invece.
*
Invece l'otto marzo e' ancora quello memore delle operaie in lotta bruciate vive dal padrone.
E' ancora quello di Clara Zetkin e "se non si puo' ballare, questa non e' la mia rivoluzione".
E' ancora quello di Aleksandra Kollontaj e del suo bicchier d'acqua.
E' ancora quello di Virginia Woolf e della sua stanza tutta per se' e delle tre sue ghinee.
E' ancora e sempre quello di Simone Weil insegnante e miliziana, operaia e contadina.
E' quello delle madres de Plaza de Mayo.
Di
Rigoberta Menchu' e di Shirin Ebadi, di Bertha von Suttner e di Wangari
Maathai. E di Jane Addams e di Emily Greene Balch, di Mairead Corrigan e
di Betty Williams, di madre Teresa di Calcutta e di Alva Myrdal, di
Aung San Suu Kyi e di Jody Williams, di Ellen Johnson Syrleaf e di
Leymah Gbowee, di Tawakkul Karman e di Malala Yousafzai.
Del
pane e delle rose, dell'insurrezione nonviolenta, della dichiarazione
dei diritti della donna e della cittadina, della dichiarazione
d'indipendenza di Seneca Falls.
*
L'otto marzo e' il giorno della resistenza contro il fascismo femminicida.
L'otto marzo e' il giorno che convoca alla lotta contro la dittatura maschilista e patriarcale.
L'otto marzo e' l'appello alla lotta per l'eguaglianza di diritti di tutte le persone umane.
E
da tre anni l'8 marzo comincia gia' il 14 febbraio con l'azione diretta
nonviolenta globale One Billion Rising che sta trasformando il mondo
nella direzione indicata da Rosa Luxemburg e da Hannah Arendt, da Simone
de Beauvoir e da Shulamith Firestone, da Franca Ongaro Basaglia e da
Laura Conti, da Bianca Guidetti Serra e da Assia Djebar.
L'otto marzo e' il giorno in cui ci si ricorda che la rivoluzione nonviolenta in cammino.
*
Uscire dalla subalternita'. Uscire dall'amnesia.
Entrare
nella lotta di liberazione dell'umanita' cominciando col contrastare la
violenza maschilista, che di tutte le violenze e le menzogne e' la
prima radice.
La verita' e' in marcia, e niente potra' fermarla.
Questo significa l'otto marzo.
Peppe Sini
Nessun commento:
Posta un commento