Sulla nota
del Dipartimento per le libertà civili e l´immigrazione del
Ministero dell´Interno che l’8 agosto ha previsto la sistemazione
di almeno 200 profughi nell´ex caserma Serini alla Fascia d´Oro di
Montichiari, lungo la strada che porta all´Aeroporto Gabriele
D´Annunzio, bisognerà pur dire due parole.
Aver inserito l´ex caserma tra le strutture dismesse e
utilizzabili per le finalità dell´accoglienza degli stranieri
significa non conoscere la struttura di cui si parla. Io la visitai
alla fine degli anni Ottanta, per una conferenza ai militari che vi
erano alloggiati, e già allora mi sembrava molto spartana, anzi, un
bel po’ malandata. Recentemente l’ho rivista, è assai malridotta
e vi mancano le condizioni minime di agibilità. Invece di portarli
in un edificio fatiscente il cui ripristino appena decente potrebbe
comportare un paio di milioni di euro minimo e chissà quanto tempo,
le autorità competenti farebbero prima, e con meno costi, a trovare
sul territorio una serie di alloggi adeguati, che potrebbero essere
assegnati loro in locazione a canoni calmierati coperti dalle
amministrazioni comunale e regionale nell’ambito di un apposito
capitolo di spesa corrente creato a bilancio. Ma anche questa non può
essere la soluzione di un problema che a medio termine va affrontato
distribuendo equamente i nuovi arrivati su tutto il territorio
nazionale da Palermo ad Aosta ad Ortisei, facendo finalmente cadere i
vieti privilegi di cui ancora godono le regioni a statuto speciale,
con il coinvolgimento diretto degli enti locali che non possono e non
devono subire diktat irresponsabilmente calati dall’alto.
La effettuazione delle
necessarie opere di riqualificazione di cui parla il documento del
Ministero porterebbe a lungaggini inutili, che fanno a pugni con la
logica dell’emergenza che dovrebbe ispirare operazioni di questo
tipo, considerato il fatto che, dopo 300 anni di colonialismo e 50 di
smaltimenti abusivi di scorie e rifiuti tossici, da anni il
continente africano manda ogni giorno sulle nostre coste centinaia di
disperati che vengono a riprendersi una milionesima parte di quello
che è stato depredato ai propri padri. Già ne arrivano due su tre -
io da tempo non compro più pesce del Mediterraneo per paura di
mangiare libici, somali, siriani o iracheni, non sono cannibale,
preferisco quello di allevamento o il merluzzo dell’Atlantico - per
finire in case cosiddette di accoglienza ovvero centri di
identificazione ed espulsione, dove si sono viste persone, denudate,
lavate con la canna dell’acqua; almeno chi si salva da queste
odissee inenarrabili riceva una ospitalità umana, in linea con le
norme del diritto internazionale vigenti in materia.
Insomma,
questa gente non deve subire una ennesima e reiterata forma di
martirio, fra l’altro in un contesto sociale, quello monteclarense,
totalmente sguarnito, con poco più di dieci carabinieri in servizio
e altrettanti in organico alla Polizia locale, oltre che automezzi e
dotazioni di sicurezza insufficienti a contenere possibili e
comprensibili fughe di profughi dalla caserma.
Montichiari è rimasta assolutamente priva di politiche
d’integrazione negli ultimi 15 anni, un periodo lunghissimo per i
tempi che corrono, durante il quale il numero degli stranieri è
lievitato a oltre 5mila, per limitarci a conteggiare le presenze
regolari. Queste persone sono vissute, e si vivono esse stesse, come
corpi estranei alla nostra cittadina: quando mi incontrano hanno
ancora ritrosia a salutare persino me, che per principio saluto
tutti, perché non sono abituate alla gentilezza civile che riservo
loro come a tutti da sempre.
Quello delle forme di accoglienza da dare a questi
profughi è un argomento che dovrebbe sviluppare un acceso quanto
veloce dibattito. Non per temporeggiare con la furbizia a corto di
fiato di chi fa lo gnorri, ma per risparmiare tempo, dolore,
criminalità e dare una soluzione fattibile, pragmatica e dignitosa.
Invece qui a Montichiari tutto tace. Forse sono in ferie: ebbene,
rientrino immediatamente. Io, ad esempio, vorrei conoscere la
posizione della Chiesa locale, sentire il parere dei sindacati, delle
associazioni di categoria, del volontariato. Invece sento solo il
diffondersi di facili quanto sciocchi allarmismi sul fatto che i
nuovi arrivati porterebbero nuove malattie: dire queste cose
significa, non so quanto inconsapevolmente o consapevolmente,
seminare discordie, non conoscere le profilassi poste in atto nei
centri medico-sanitari di prima accoglienza sulle isole e nei luoghi
ai quali questi disperati approdano, scatenare una guerra fra poveri
assai pericolosa perché porta alla diffidenza, alla rabbia, al
rancore, che prima o poi finiscono per diventare reciproci, creando
ghetti e comunità chiuse di tutti contro tutti. Mi aspetto che la
nuova amministrazione comunale di Montichiari si ispiri molto di più
all’operato del sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini che non a
quella vecchia, vecchia e di bassa lega in tutti i sensi: meglio
duecento profughi che una sola discarica in più, perché bisognerà
pur cominciare a decentrare e distribuire anche quelle.
Possono cominciare passando almeno
una mano di vernice sulle scritte ‘Munticiàr’ agli ingressi
della città, allestire in municipio il registro delle coppie di
fatto, istituire nelle scuole corsi di educazione sanitaria per la
prevenzione delle malattie veneree e da tossicodipendenze, contro
l’omofobia e il machismo e, magari, contro il clericalismo di chi
vorrebbe abolire la realtà per imporre i suoi sempre più bislacchi,
ridicoli e pelosi idealismi. Inoltre, ovviamente, si potrebbe sempre
far partire un paio di treni di millecinquecento profughi ciascuno
con destinazione Monaco di Baviera, Salisburgo, Lione, Anversa,
Rotterdam, Bath, Ginevra e navi da crociera mensili, però con
quindicimila profughi per volta, che facciano scalo a New York. Con
tutti i miliardi di dollari fatturati dalla fornitura di armi Made in
Usa alle dittature africane e mediorientali, Obama e il Congresso
dovrebbero ospitarli full credit al Pierre per il resto della loro
vita.
Infine, nel mio
piccolo pur sempre relativo, io a Montichiari ho un bell’appartamento
arredato di 70 mq, abbastanza per accogliere un piccolo nucleo
famigliare. Se l’amministrazione comunale provvede alle spese di
luce, acqua, gas e condominiali, oltre ad assumersi la responsabilità
civile e penale degli inquilini, glielo cedo in comodato per cinque
anni e non voglio alcun affitto, il che significherebbe pur sempre
circa 30mila euro di tasca mia. Sono sicuro che ci sono almeno cento
monteclarensi che non vedono l’ora di essere messi in grado di fare
altrettanto.
Aldo Busi
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