sabato 6 aprile 2013

Alcune considerazioni sulla scuola primaria di Ponte San Marco

Uscito sull'ultimo numero del periodico "Il Ponte", l'articolo che pubblichiamo di seguito ha suscitato le scomposte reazioni di una nutrita serie di maggiorenti in paese. Il dibattito è aperto.

"La scuola è l'unica differenza che c'è tra l'uomo e gli animali"
(da "Lettera a una professoressa")

Quando parlo di tempo prolungato a scuola mi sorge spontaneo citare la Scuola di Barbiana e in questa occasione lo ritengo doveroso perché quest'anno cade il novantesimo dalla nascita di un "povero pretino" osteggiato fino all'inverosimile in vita e completamente dimenticato dopo la morte: Milani don Lorenzo. Le nuove generazioni non ne hanno mai sentito parlare. Eppure questo sacerdote ha lasciato, non una scia, ma un solco indelebile nella moderna pedagogia. Ma fare confronti tra il tempo prolungato attuale e l'esperienza di Barbiana - dove non c'era ricreazione, non c'era vacanza neppure la domenica, ma subito dopo la messa si ricominciava con lo studio – è assolutamente fuori luogo e estremamente ridicolo.
Nato come un progetto alternativo di studio, che dava la possibilità agli alunni, di affiancare alle materie tradizionali, dei corsi diversi, quali potevano essere: il teatro, la pittura, la fotografia ed altri ancora, il tempo prolungato si è trasformato anno dopo anno in un "parcheggio" per bimbi. I genitori possono lavorare l'intera giornata e nel pomeriggio recuperare il pargolo: questa è ora l'unica giustificazione per un tempo prolungato nella scuola primaria, avvalorato anche dal fatto che qualsiasi progetto, che potrebbe esistere a monte è vanificato dalla scuola media dove non c'è nessun tempo prolungato.
Mi permetto un appunto tanto scontato da sembrare ridicolo, ma ho l'impressione che qualche dotto personaggio non abbia ancora inteso che ciò che viene definito tempo prolungato non sono altro che trenta ore di pura lezione scolastica, al raggiungimento delle tanto agognate quaranta ore concorrono dieci ore di mensa, ore che non hanno nulla da spartire con lo studio, con i compiti, con le lezioni, con le .... Perciò l'unica differenza fra le ventisette ore e le quaranta sono tre misere, insignificanti e meschine orette. Una valenza diversa avrebbe avuto un tempo pieno di cinquanta ore, in tutto questo tempo gli scolari avrebbero avuto a disposizione il tempo per la mensa, il tempo per le lezioni pomeridiane, inoltre il tempo per i compiti e lo studio quotidiano. Comunque il tempo pieno è servito negli anni addietro: i genitori hanno potuto lavorare e quindi delegare la custodia dei figli alla scuola.
A distanza di qualche anno dall'introduzione del tempo pieno o prolungato, ci si interroga sulla validità di questo tipo di esperienza. I bambini hanno la possibilità, la predisposizione, lo stimolo, la capacità di adattamento per rimanere un "pacco" di ore a scuola, nello stesso ambiente, a contatto con gli stessi maestri, in compagnia dei soliti compagni? Secondo il mio ignobile modo di pensare no: i bambini ad una determinata età hanno un estremo bisogno di giocare (No PC - No TV) ed utilizzare il gioco per socializzare con altri compagni al di fuori della cerchia delle mura scolastiche; hanno diritto a praticare qualche sport (notoriamente di squadra, ma anche individuale), i figli della nomenklatura seguire le lezioni impartite da un maestro per imparare la musica e l'uso di uno strumento: pianoforte, violino o magari clavicembalo.
Qualche decennio fa, certo Dewey John (1859 – 1952), pedagogista americano illuminato come si direbbe oggi, comunque vero democratico (fautore del voto alle donne, difesa di Sacco e Vanzetti), ha individuato tre fasi nella vita del bambino; la prima che va dai quattro agli otto anni dove prevalgono gli istinti e i bisogni in modo spontaneo, che si manifestano e si esprimono con il gioco e l'attività ludica in genere. Dai nove ai dodici anni, secondo periodo, con la frequenza della scuola primaria, basata sul lavoro, per permettere all'individuo di acquisire le abitudini culturali della società in cui vive e, infine, dai dodici ai quattordici anni all'alunno viene data la possibilità di ampliare le sue conoscenze astratte attraverso lo studio in biblioteca e laboratorio all'interno della scuola media. La scuola di Dewey è chiamata "progressiva" in quanto l'attività che si svolge al suo interno, presuppone uno sviluppo progressivo. La scuola deve rappresentare per il bambino un luogo di vita: quella vita sociale che deve svilupparsi per gradi, partendo dall'esperienza acquisita in famiglia e nell'ambito sociale in cui vive.
Queste brevi, schematiche e incisive constatazioni basterebbero ad illuminare qualsiasi genitore, dubbioso se iscrivere il proprio pargolo alla scuola con orario normale, oppure al corso di tempo prolungato.
Quindi è in famiglia e nell'ambito sociale in cui vive che deve crescere il bambino: si deve nutrire dell'affetto dei suoi cari, genitori, fratelli, sorelle e (ben vengano) nonni, compagni e amici extra scolastici. La scuola non deve essere considerata la prima e unica fonte educativa, ma con altri soggetti deve concorrere a formare, passo dopo passo, un cittadino cosciente e responsabile.

Giulio Botticini

7 commenti:

  1. Soprattutto i riferimenti a Don Milani mi sembrano fuori luogo. Fare delle 40 ore un dramma, come se chi avesse scelto questo modulo fossero dei genitori "assenti" o peggio "parcheggiatori" e' una "ignobile" interpretazione della quotidianita' e necessita' della comunita' in cui viviamo; allo stesso modo questo sig Botticini avrebbe dovuto prendersela con la gestione dell'asilo nido ..... con le scuole dell'infanzia che promuovono le classi "primavera" ecc...
    Ma perche' invece solo le 40 ore ???
    Forse perche' tolgono "clienti" all'oratorio di Ponte San Marco.
    Se cosi' fosse mi piacerebbe che il parroco ne desse una giustificazione o almeno promuovesse la sua offerta "sociale"

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  2. Spiace vedere come le reazioni scomposte all'intervento di Giulio proseguano anche qui, e per giunta ignobilmente (queste sì) anonime.

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  3. Non citerò mai più Don Milani, sono stato un suo indegno seguace e di ciò me ne dolgo. Premetto che le considerazioni dell’articolo volevano essere semplicemente constatazioni e non verità assolute come qualcuno ha affermato; Gandhi diceva che la Verità è Dio e che i termini sono convertibili, quindi me ne guardo bene nelle mie affermazioni. Non sono contrario al tempo pieno di cinquanta ore, non condivido il tempo prolungato così com’è strutturato: la scuola è cultura, è insegnamento, è didattica, è preparazione dei fanciulli per il loro ingresso nella vita sociale ed economica. Se vogliamo considerare la scuola come servizio sociale non facciamo altro che mancare di rispetto all’intero corpo insegnante: dal dirigente scolastico all’ultimo dei docenti. Non faccio assolutamente il procacciatore di “clienti” per l’oratorio di P.S.M., ne ha già in abbondanza! Ma sul territorio del ns. Comune esiste già da parecchi anni il C.A.G. Punto Ragazzi organizzato dall’assessorato ai Servizi Sociali; questi sì, svolgono con diligenza, capacità e competenza un servizio pensato per permettere alle famiglie di conciliare i tempi di cura e lavoro durante il pomeriggio. Giulio Botticini

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  4. Ebbene si, sono uno di quei genitori che hanno iscritto la propria amatissima figlia alle 40 ore. Lavoriamo in due, e' l'unica figlia e stiamo scoprendo giorno dopo giorno di aver azzeccato la scelta. Insegnati ottimi, compagni di scuola bravissimi, genitori (altri) disponibili: non e' stata una scelta "sociale" ma lo sbocco naturale di accompagnamento alla crescita personale, educativa di una bimba che oltre con la famiglia ha bisogno di stare e crescere con altri bambini. Non avevamo bisogno di un luogo dove parcheggiare pomeriggio dopo pomeriggio la bimba ma di un luogo dove anche nel tempo mensa sviluppasse conoscenze e relazioni e gioco con gli altri; ovvio che le difficolta' del "tempo compiti" ci sono ma e' in quei momenti che ancora di piu' si sta insieme e ci si riappropria della genitorialita'.
    Che dire del sig. Botticini, forse l'articolo andava calato in un contesto diverso, non doveva essere preso come un "insulto" ma anche questo fa parte della non-comunicazione che ormai pervade la nostra societa' e putroppo anche la nostra comunita'.
    Fa bene il sig. Botticini a ricordare che sul territorio esistono "servizi sociali" ma e' anche vero che ognuno fa scelte proprie che devono essere rispetate perche' la scelta delle 40 ore non e' una soluzione di comodo come qualcun'altro potrebbe connotare quella del CAG.
    Concludendo, nel mio caso, ma credo in tutti i genitori delle 40 ore, e' prevalsa la fiducia verso la scuola e le proprie insegnati per quello che rappresenta la scuola stessa: formazione crescita relazione.
    Buona serata
    Roberto Tosi

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  5. Tosi la tua è la classica lettera insignificante.... tanto per scrivere. complimenti.

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  6. Invitiamo nuovamente gli anonimi ad astenersi dai commenti. Se proprio sono in preda ad un attacco di graforrea, almeno argomentino quel che han da dire: qui è giorno fatto, e neanche tanto luminoso.

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