lunedì 18 aprile 2011

SENTENZA DEL TRIBUNA LE DI BRESCIA, CONTRO IL COMUNE DI CALCINATO. IL RIFERIMENTO E' L'ORDINANZA DEL SINDACO LEGATI SULLA CONCESSIONE DELLA RESIDENZA


ORDINANZA N. 588/2011 DEL . 31.03.2011 TRIBUNALE DI BRESCIA, SEZ. VOL. GIUR.,



TRIBUNALE DI BRESCIA SEZIONE DELLA VOLONTARIA GIURISDIZIONE

II Giudice Designato Dott. Cesare Massetti

Sul ricorso ex articoli 44 D.Lgs. n. 286/1998 (c.d. Testo Unico delle Leggi sull'Immigrazione) e 4 D.Lgs. n. 215/2003 proposto da:

FONDAZIONE GUIDO PICCINI PER I DIRITTI DELL'UOMO - ONLUS,
in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore

e da

ASCI - ASSOCIAZIONE STUDI GIURIDICI SULL'IMMIGRAZIONE,
in persona del presidente e legale rappresentante prò tempore

entrambe con gli avv.ti Alberto Guariso del Foro di Milano e Alessandro Zucca del foro di Brescia

nei confronti del

COMUNE DI CALCINATO,
in persona dei Sindaco prò tempore con l'aw. Maria Ughetta Bini del Foro di Brescia letti gli atti del procedimento;

sentite le parti all'udienza tenutasi il 24 marzo 2011 ;

a scioglimento della riserva formulata nel corso di tale udienza;

premesso che i ricorrenti impugnano per discriminazione
l'ordinanza sindacale del Comune di Calcinato n. 21 del 03/03/2010, avente ad oggetto "Ordinanza per l'applicazione delle norme legislative statali vigenti in materia di ospitalità del cittadino straniero e per i cittadini richiedenti l'iscrizione anagrafica nel registro della popolazione residente con disposizioni congiunte in tema di ordine pubblico di pubblica sicurezza e tutela igienico -sanitaria",
assumendo che il contenuto della medesima contempla dei requisiti non previsti dalla legge ai fini dell'iscrizione all'anagrafe della popolazione residente. Richiamati i principi generali di cui agli articoli 2 c. I c 43 c I e II del Testo Unico sull'Immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998, di seguito T.U.I.), che enunciano - rispettivamente - la parità di trattamento tra straniero e cittadino italiano in materia di diritti civili e il divieto del compimento di atti discriminatori, nonché le disposizioni specifiche in tema di anagrafe (articoli 6 c. VII del T.U.I. e articolo. 15 del relativo Regolamento di Attuazione D.P.R. n. 394/1999), che ribadiscono il cit. principio della parità di trattamento, censurano -in particolare - il fatto che il Comune di Calcinato, per concedere la residenza allo straniero o all’ extracomunitario, richieda la produzione di documenti che, quand'anche finalizzati ad accertare l'effettiva dimora dei richiedenti nel territorio comunale nonché la sussistenza delle condizioni igienico - sanitarie degli alloggi da essi scelti, non sono affatto previsti per il cittadini italiani. Infatti, sulla scorta di detta ord., viene richiesto di fornire:

a) la prova di un "reddito annuo proveniente da fonti lecite, non inferiore all'importo dell'assegno sociale";

b) il passaporto valido con regolare visto d'ingresso;

c) per gli stranieri comunitari, la "certificazione di idoneità dell'alloggio rilasciata dall'Ufficio Tecnico" e, per gli stranieri extracomunitari, "l 'attestazione dell'idoneità dell'alloggio"-,

d) relativamente alla comunicazione di ospitalità ex articolo. 7 T.U.I., poi, è richiesta la durata del soggiorno, anche se con la formula del mero invito, l'indicazione della capienza abitativa dell'alloggio e la certificazione di idoneità dello stesso.

Quanto alla legittimazione ad agire, le ricorrenti evidenziano di essere associazioni che, anche in forza delle proprie previsioni statutarie, operano da molti anni nell'ambito della lotta alle discriminazioni, e perciò di essere iscritte nell'apposito elenco previsto dall'articolo 5 del D.Lgs. n. 215/2003, che ha dato attuazione della direttiva comunitaria n. 2000/43/CE, la quale conferisce la legittimazione attiva anche a soggetti diversi da quelli effettivamente lesi, purché siano titolari di un interesse al contrasto delle discriminazioni, e purché si tratti di discriminazioni collettive, ove non siano immediatamente individuabili i soggetti lesi, come accade in ipotesi di provvedimenti amministrativi di portata generale;

premesso che il resistente, costituendosi in giudizio, ha innanzitutto eccepito il difetto di legittimazione delle associazioni ricorrenti e comunque la loro carenza di interesse ad agire, per mancanza di immediata lesività dell'ordinanza impugnata, generale e astratta, nonché per mancanza del requisito della non agevole individuazione dei destinatari della pretesa discriminazione, poiché i destinatari sarebbero facilmente individuabili in coloro che si sono visti rifiutare l'iscrizione anagrafica per mancanza di uno dei documenti richiesti, e poiché una concreta lesione potrebbe verificarsi solo quando taluno chiedesse la residenza o dovesse effettuare la comunicazione di ospitalità; ha in secondo luogo eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, in relazione al fatto che l'ordinanza impugnata avrebbe carattere autoritativo quanto alle richieste inerenti la dichiarazione di ospitalità.
Per quanto riguarda il merito delle contestazioni mosse dalie associazioni ricorrenti, il Comune evidenzia che l'indicazione della durata del soggiorno nella comunicazione di ospitalità è facoltativa, ed ha la finalità di acquisire dati utili alla gestione del territorio, della sicurezza e dei servizi ai cittadini, mentre la richiesta della capienza abitativa dell'alloggio e la certificazione di idoneità dello stesso rientrano nelle facoltà regolamentari del Comune in materia di igiene e sanità.
Per quanto riguarda le altre richieste relative all'iscrizione anagrafica, il medesimo Comune osserva che il provvedimento impugnato si limita a richiamare disposizioni legislative già vigenti, senza introdurre innovazioni o deroghe, al fine di consentire la verifica della regolarità del soggiorno dello straniero nel territorio italiano (e, segnatamente comunale), che costituisce il presupposto per l'iscrizione anagrafia. Infatti, il passaporto e/o documento equipollente nonché il visto di ingresso sono già previsti dall'articolo. 4 c. I del T.U.I.; la disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica è richiesta dall'articolo. 5 bis T.U.I. per ottenere il permesso di soggiorno per lavoro subordinato; anche il permesso di soggiorno per lavoro autonomo è soggetto alla dimostrazione di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l'esecuzione della partecipazione alla spesa sanitaria ai sensi dell'articolo 26 T.U.I
Infine, il resistente ha eccepito che la modifica o la revoca dell'ordinanza impugnata non rientra nei poteri del giudice ordinario, secondo i principi in tema di riparto della giurisdizione, trattandosi di provvedimento di carattere generale e astratto;

rilevato come, ad avviso del giudicante, il ricorso sia fondato nei termini che seguono:

I) ECCEZIONE PRELIMINARE RELATIVA ALLA CARENZA DI LEGITTIMAZIONE AD AGIRE DETTE ASSOCIAZIONI RICORRENTI

E ' infondata, in quanto detta legittimazione trova giustificazione nell'articolo 5 D.Lgs. n. 215/2003 (Attuazione della direttiva n. 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica), secondo cui le associazioni e gli enti che svolgono attività nel campo della lotta alla discriminazione possono agire, da un lato (c. I), "in nome e per conto o a sostegno del soggetto passivo della discriminazione" e, dall'altro lato c. IH), "in proprio", ciò in presenza di una discriminazione "collettiva", qualora non siano individuabili in modo diretto e immediato le persone lese dalla discriminazione.

Nel caso di specie, le associazioni ricorrenti hanno, appunto, agito "in nome e per conto proprio", ai sensi del c. IH dell'articolo citato, nell'interesse di tutti gli stranieri aspiranti ad ottenere la residenza nel Comune di Calcinato, in tesi eventuali soggetti passivi della discriminazione, perché pregiudicati dall'ordinanza per cui è causa rispetto agli italiani.

Ed, infatti, in tema di discriminazione "collettiva", deve ritenersi corretta una lettura della norma secondo cui, ai fini del riconoscimento della legittimazione delle associazioni e degli enti, è sufficiente che i soggetti lesi, pur astrattamente determinabili alla luce del contenuto della condotta discriminatoria, siano concretamente individuabili solo con difficoltà, il che, appunto, giustifica il riconoscimento della facoltà di agire autonomamente ed in nome proprio in capo a dette organizzazioni.
Tale situazione ricorre certamente nel caso di specie, posto che - contrariamente a quanto sostenuto dal Comune - non sarebbe per nulla agevole rintracciare tutti i potenziali aspiranti residenti nel Comune di Calcinato, trattandosi di soggetti che non sono facilmente individuabili.

II ECCEZIONE PRELIMINARE RELATIVA ALLA CARENZA DI INTERESSE AD AGIRE DELLE MEDESIME ASSOCIAZIONI.

E' altrettanto infondata, in quanto, se l'interesse ad agire va individuato, come di regola, nell'interesse a ottenere, previa emanazione di un provvedimento giurisdizionale a sE favorevole, il bene della vita a cui sì aspirava, tale evenienza sussiste pienamente nel caso in scrutinio, dato che l'eventuale accoglimento del ricorso implicherebbe la rimozione di una condotta pregiudizievole e l'adozione di un provvedimento atto a superare gli effetti della discriminazione.

Inoltre, i documenti richiesti ai fini dell'iscrizione anagrafica e della comunicazione di ospitalità degli stranieri costituiscono condizioni per ottenere i provvedimenti amministrativi cui si riferiscono, e sono pertanto requisiti soggettivi astrattamente individuabili, con la conseguenza che ben può dirsi che l’ordinanza sia immediatamente lesiva dei diritti di coloro che tali requisiti non possiedono, posto che la loro mancanza da luogo ad una esclusione automatica degli aspiranti, senza necessità di attendere un rifiuto espresso della P.A. a seguito di specifica domanda.

III) ECCEZIONE PREGIUDIZIALE RELATIVA ALLA CARENZA DI GIURISDIZIONE DEL GIUDICE ORDINARIO LIMITATAMENTE ALLA DICHIARAZIONE DI OSPITALITÀ

E' altrettanto infondata, in quanto l’articolo 4 D.Lgs. n. 215/2003 (Attuazione della direttiva n. 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica) stabilisce che "la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui ali'articolo 2 si svolge nelle forme previste dall'articolo 44 c. da 1 a 6, 8 e 11 del testo unico", mentre l’articolo 44 D.Lgs. n. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) attribuisce al giudice ordinario (nella specie: il Tribunale in composizione monocratica) la cognizione dell'azione civile contro la discriminazione, anche qualora la discriminazione provenga dal comportamento di una Pubblica Amministrazione ed ancorché esso sia posto in essere mediante l’adozione di un provvedimento, cioè nella forma tipica dell'esercizio del potere autoritativo.

D'altro canto, l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario discende dall'applicazione dei principi generali in tema di riparto della giurisdizione (articolo. 2 All, E Legge n. 2248/1865 nonché articoli 102 - 103 Costituzione), dato che il ricorso verte in materia di diritti fondamentali dell'individuo (quale è senz'altro il diritto a non subire discriminazioni), riconosciuti dall’ordinamento italiano, comunitario e internazionale (articoli 2-3 Costituzione nonché articoli 12-13 Trattato Ce nonché articolo 6 Trattato Uè nonché articolo. 1-27 Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo).

Inoltre, ove la Pubblica Amministrazione (e, segnatamente, il Sindaco) contravvenga al divieto compiere atti discriminatori, pone in essere un'attività illegittima, e pertanto in carenza di potere, con la conseguenza che non agisce più in via autoritativa; in tal caso, avverso i suoi atti, è allora esperibile la tutela giurisdizionale davanti al giudice ordinario cui, come dianzi accennato, l’articolo 2 All. E Legge n. 2248/1865 attribuisce la tutela dei diritti soggettivi, quantunque vi sia coinvolta una Pubblica Amministrazione.

IV) LE DISPOSIZIONI IN TEMA DI RESIDENZA, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLO STRANIERO.

Il concetto di residenza, in generale, è stabilito nell'articolo. 46 c.c., e s'identifica nella c.d. dimora abituale.

Per i cittadini italiani, la disciplina dell'istituto si rinviene nella Legge n. 1228/1954 (Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente) e nel D.P.R. n. 223/1989 (Approvazione del nuovo regolamento della popolazione residente).

Per i cittadini extracomunitari, l'articolo 6 c. VII del T.U.I. dispone che "le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione", mentre l'articolo 15 del Regolamento di Attuazione rimanda ai casi e ai criteri fissati nella Legge n. 1228/1954 e nel D.P.R. n. 223/1989, vale a dire alla stessa disciplina valevole per i cittadini italiani.

Infine, per i cittadini comunitari si distingue a seconda che il soggiorno sia invocato fino a 3 mesi o per un periodo superiore: nel primo caso, il diritto non è subordinato ad alcuna condizione o formalità, mentre, nel secondo caso, il D.Lgs. n. 30/2007 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri) indica le ipotesi in cui esso è consentito (lavoratore subordinato o autonomo, soggetto in grado di disporre di risorse economiche sufficienti per mantenere sé e i propri familiari senza oneri a carico dell'assistenza sociale, iscritto a corsi di studio o di formazione professionale presso istituti pubblici o privati, familiare di uno dei precedenti soggetti), e prevede il requisito del reddito minimo, poiché l'iscrizione anagrafica per i cittadini comunitari equivale ad attestazione della regolarità del soggiorno in un contesto dì libera circolazione.

V) CONSIDERAZIONI SPECIFICHE SUL CASO CONCRETO.
In generale il concetto di "discriminazione" implica una disuguaglianza nel trattamento di situazioni simili ovvero una uguaglianza nel trattamento di situazioni dissimili.

Il fondamento di tale concetto pare rinvenibile nel principio di uguaglianza di cui all'articolo 3 Costituzione

La discriminazione, pertanto, suppone necessariamente il riferimento a un termine di paragone, onde apprezzare se -effettivamente - siano state poste in essere delle disuguaglianze ovvero delle uguaglianze illegittime, nel senso sopra specificato.

L'articolo. 43 T.U.I. introduce, poi, una clausola generale di non discriminazione, idonea a comprendere nel suo alveo sia le discriminazioni dirette che quelle indirette, purché tali comunque da incidere sui diritti umani e sulle libertà fondamentali. La tutela de qua è riconosciuta sia a favore dello straniero, sia a favore del cittadino italiano discriminato.

Nel caso concreto sottoposto all'attenzione del giudicante, viene impugnata una ordinanza sindacale che, nella prima parte, contiene premesse a carattere normativo e, almeno nelle intenzioni, parrebbe indicare la volontà di non introdurre alcuna disposizione a carattere discriminatorio.
Si precisa, infatti, che la richiesta di iscrizione anagrafica costituisce un diritto soggettivo del cittadino, e perciò non deve essere vincolata da alcuna condizione al di fuori di quelle previste dalla legge, e si legge, quindi, che "gli esiti della verifica attuata con finalità preventive in ordine alla sussistenza dei requisiti di salubrità ambientale dell'alloggio, si pone non certo quale eventuale presupposto invalidante la stessa iscrizione, bensì quale distinto e autonomo atto di accertamento da cui può scaturire un diverso procedimento amministrativo, finalizzato finanche all'interdizione dell'utìlizzabilità dell'alloggio indicato quale dimora abituale".
Detta verifica sembra riferirsi alle richieste di idoneità dell'alloggio di tutti i richiedenti l'iscrizione anagrafica (stranieri e italiani).

Tuttavia, nella parte dispositiva dell'ordinanza impugnata, vengono in rilievo talune differenze di trattamento tra cittadini italiani, per i quali si rinvia sic et simpliciter alla normativa anagrafica [vale a dire alla Legge 1228/1954 e relativo Regolamento di Attuazione D.P.R. 223/1989 (punto 6 ordinanza)), e cittadini stranieri, soprattutto extracomunitari, ai quali viene richiesto un quid pluris, costituito dal passaporto in corso di validità con regolare visto per l'ingresso nel territorio nazionale, dall'attestazione di idoneità dell'alloggio (richiesta anche agli stranieri comunitari) e dall'attestazione di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite e documentate, di importo pari o superiore all'assegno sociale.

Tali documenti, richiesti agli stranieri e non anche ai cittadini italiani i quali versando nelle medesime condizioni aspirino a ottenere la residenza, hanno evidente carattere discriminatorio.

Non vi è dubbio, infatti, che un italiano privo di "reddito minimo" possa comunque ottenere la residenza.

Peraltro, nelle premesse normative dell'ordinanza, viene richiamata la previsione legislativa (articolo. 9 D.Lgs. n. 30/2007) di condizioni reddituali per l'iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari
Detta norma legittima, la diversità di trattamento dei cittadini comunitari rispetto ai cittadini italiani, ma non rende certo legittima l'estensione di tali condizioni, operata attraverso l'ordinanza stessa, anche ai cittadini extracomunitari, posto che la diversità di disciplina è giustificata dal fatto che, come già sopra evidenziato, per i comunitari l'iscrizione anagrafica equivale a verifica delle condizioni per il soggiorno in territorio nazionale per un periodo superiore ai tre mesi, mentre la verifica di tali analoghe condizioni in capo agli extracomunitari (non ultime la disponibilità di un alloggio adeguato ed il possesso di un reddito minimo) è demandata alla competenza degli uffici statali, che attestano tali requisiti mediante il rilascio del permesso di soggiorno (articolo. 5 T.U.I).

Non vi è dubbio neppure che nei confronti di un italiano, il quale richieda l'iscrizione anagrafica, non essendo al lui richiesta alcuna attestazione di idoneità dell'alloggio, non si procederà a quelle verifiche e controlli delle condizioni poste a garanzia della salubrità e abitabilità degli alloggi, che il Comune intende effettuare contestualmente al sopralluogo di verifica dei requisiti per la registrazione anagrafica, nello svolgimento delle funzioni proprie del Sindaco quale Autorità Locale Igienico - Sanitaria e di Pubblica Sicurezza.

Invero, se deve pur ammettersi che il Comune, nella persona del Sindaco, ha poteri di controllo dell'abitabilità degli alloggi, con eventuale possibilità di intervento in caso di carenze igienico -sanitarie degli stessi, ai sensi dell'articolo 221 del R.D. n. 1265/1934, come sostituito dall'articolo 4 del D.P.R. 425/1994, nonché in caso di superamento dei limiti stabiliti dal D.M. 05/07/1975, per evitare il sovraffollamento delle abitazioni, tuttavia, occorre evidenziare che detti poteri vanno esercitati osservando il principio di imparzialità dell'azione ammnistrativa previsto dall'articolo. 97 Costituzione

Sicché, ove detti poteri vengano esercitati utilizzando criteri di scelta dei soggetti controllati che non hanno il carattere della generalità dei residenti nel territorio comunale, ma sono limitati solo a talune categorie di aspiranti residenti, scelti in ragione della loro nazionalità (e, segnatamente, agli stranieri comunitari ed extracomunitari), allora il comportamento viola il principio della parità di trattamento, e pertanto assume pertanto carattere discriminatorio in relazione a dette categorie di soggetti.

Quanto alla richiesta del "passaporto in corso di validità con regolare visto per l'ingresso nel territorio nazionale", richiesto ai soli stranieri extracomunitari, si evidenzia che articolo. 14 D.P.R. n. 223/1989 prevede l'esibizione del passaporto o di altro documento equipollente ai soli fini identificativi del soggetto istante, mentre non richiede alcun "visto per l'ingresso nel territorio nazionale", posto che la regolarità del soggiorno dello straniero, che costituisce presupposto per l’iscrizione anagrafica ai sensi dell'articolo 6 del T.U.I., è già comprovata dal permesso di soggiorno, pure richiesto agli stranieri extracomunitari.

Infarti, l'articolo 6 citato prevede espressamente che lo straniero, al fine di poter fruire della parità di trattamento, debba essere "regolarmente soggiornante in Italia", e l'articolo 2 T.U.I. fissa analoga condizione per il riconoscimento allo straniero del godimento dei diritti in materia civile attribuiti all'italiano; inoltre, la più recente normativa (articolo. 10 bis D.Lgs. n. 286/1998, introdotto dalla Legge n. 94/2009) ha, addirittura, elevato lo stato di "clandestinità" a reato, di talché il Comune non potrebbe conferire la residenza all'autore di un illecito penale.

Tuttavia, l'accertamento della regolarità del soggiorno in territorio italiano degli soggetti extracomunitari è demandata ai competenti uffici statali, ai sensi dell'articolo. 5 del T.U.I., e non anche ai Comuni, che non hanno poteri in materia di controllo dell' immigrazione.

Per quanto riguarda invece le informazioni aggiuntive richieste nella comunicazione di ospitalità (durata del soggiorno, anche se con indicazione meramente facoltativa, capienza abitativa dell'alloggio e certificazione di idoneità dello stesso), queste non sono affatto previste dalla legge che disciplina la comunicazione di ospitalità (articolo.7 T.U.I.), e implicano degli adempimenti burocratici ulteriori per l'ospitante.
Sì consideri che la certificazione di idoneità dell'alloggio comporta una specifica richiesta all'Ufficio Tecnico Comunale, e presumibilmente un suo sopralluogo per la verifica in loco, con la conseguenza che dette ulteriori informazioni ben possono avere effetto dissuasivo nell'offrire ospitalità agli stranieri.

Inoltre, la giustificazione della necessità delle informazioni aggiuntive ai fini dell'adeguamento della tassa asporto rifiuti urbani appare pretestuosa, poiché per F adeguamento della tassa è sufficiente la comunicazione di ospitalità, che indica il numero delle persone ospitate.

Infine, il richiamo della difesa del Comune all'impossibilità di operare il "paragone" da cui potrebbe discendere il carattere discriminatorio della comunicazione di ospitalità, essendo questa richiesta dalla legge solo per gli stranieri, nonché quello relativo a generiche facoltà regolamentari che lo stesso può esercitare nell'ambito delle funzioni di igiene e di sanità appaiono, invece, pretestuosi e discriminatori, laddove, come già detto, la Pubblica Amministrazione ai sensi dell'articolo 97 Costituzione deve rispettare il principio di imparzialità nella propria azione amministrativa (e, quindi, anche in quella "regolamentare"), mentre analoga disposizione ai fini dell'adeguamento della tassa rifiuti non è richiesta ai cittadini italiani i quali aspirano all'iscrizione nell’anagrafe del Comune dì Calcinato.
Di talché il carattere discriminatorio della disposizione può desumersi dal quid pluris chiesto per i soli cittadini extracomunitari in una comunicazione già prevista per legge, per una finalità (adeguamento tassa rifiuti) cui sono tenuti pure i cittadini italiani, ove a questi ultimi nulla è richiesto per la stessa finalità.

In conclusione, ha carattere discriminatorio la parte della circolare che impone al cittadino extracomunitario o comunitario la produzione dei documenti ulteriori sopra indicati rispetto a quelli richiesti al cittadino italiano per ottenere l'iscrizione anagrafica nel Comune, nonché la parte che prescrive informazioni aggiuntive nella comunicazione di ospitalità ulteriori rispetto a quelle richieste dalla legge.


- VI) PROVVEDIMENTI CONCLUSIVI
A questo punto, venendo ai provvedimenti concreti da adottare, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa del Comune la facultas del giudice ordinario di "incidere" sull'atto amministrativo, fino al punto di determinarne "la revoca e la modifica", si ricava dallo stesso testo di legge (articolo. 44 c. I T.U.L), laddove viene espressamente attribuito al giudice ordinario il potere di ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e di adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della discriminazione.

Pertanto ai sensi dell'articolo 44 D.Lgs. n. 286/1998 e dell'articolo 4 D.Lgs. n. 215/2003, va accertato - per tutti i ricorrenti e in linea generale - il carattere discriminatorio dell'ordinanza sindacale impugnata, nella parte in cui impone al cittadino extracomunitario o comunitario la produzione dei documenti ulteriori sopra indicati rispetto a quelli richiesti per un cittadino italiano, per ottenere l'iscrizione anagrafica nel Comune, nonché nella parte che prescrive informazioni aggiuntive nella comunicazione di ospitalità, ulteriori rispetto a quelle richieste dalla legge.

Per l'effetto, va ordinato al Comune di Calcinato la cessazione del comportamento discriminatorio, con l'adeguamento dell'ordinanza n. 21 del 03/03/2010 a quanto stabilito dalla legge in relazione al diritto di iscrizione anagrafica e alla comunicazione di ospitalità, senza l'aggiunta di richieste dì documenti o informazioni ulteriori, o comunque va ordinato di non tenere conto della predetta ordinanza ai fini dell'iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente e della comunicazione di ospitalità degli stranieri.

Infine, va ordinato al Comune di Calcinato di astenersi per il futuro dal porre in essere analoghi atti di discriminazione in relazione all' iscrizione nel! ' anagrafe della popolazione residente e alla comunicazione di ospitalità degli stranieri.

Avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, non si ritiene indispensabile od opportuna la pubblicazione del provvedimento sulla stampa ex articolo, 4 Dlgs n. 215/2003, mentre, ai fini della rimozione degli effetti del provvedimento discriminatorio, si ritiene sufficiente la pubblicazione della presente decisione giudiziale sul sito Internet del Comune, avendosi cura di dare e essa adeguata rilevanza.

Le spese e competenze di causa seguono la soccombenza e possono essere liquidate nel complessivo importo di € 4.500,00= oltre accessori di legge.

PQM
- accerta il carattere discriminatorio dell'ordinanza sindacale del Comune di Calcinato n. 21 del 30/03/2010, nella parte in cui impone al cittadino extracomunitario o comunitario la produzione dei documenti ulteriori sopra indicati rispetto a quelli richiesti per un cittadino italiano, al fine di ottenere l'iscrizione anagrafica nel Comune, nonché nella parte che prescrive informazioni aggiuntive nella comunicazione di ospitalità, ulteriori rispetto a quelle richieste dalla legge;

- per l'effetto, ordina al Comune di Calcinato la cessazione del comportamento discriminatorio, con l'adeguamento dell'ordinanza n. 21 del 03/03/2010 a quanto stabilito dalla legge in relazione al diritto di iscrizione anagrafica e alla comunicazione di ospitalità degli stranieri, senza l'aggiunta di richieste di documenti o informazioni ulteriori, o comunque ordina di non tenere conto della predetta ordinanza ai fini dell 'iscrizione nell ' anagrafe della popolazione residente e della comunicazione di ospitalità degli stranieri;

- ordina al Comune di Calcinato di astenersi per il futuro dal porre in essere analoghi atti di discriminazione in relazione all'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente e alla comunicazione di ospitalità degli stranieri;

- ordina la pubblicazione della presente decisione giudiziale sul sito Internet del Comune, avendosi cura di dare alla stessa adeguata rilevanza;

- condanna il Comune di Calcinato a rifondere le spese e competenze di causa sostenute dai ricorrenti, liquidate nel complessivo importo di € 4.500,00= oltre accessori di legge.

Si comunichi.
Brescia, lì 31 marzo 2011
IL G.D. Dr. Cesare Massetti
Provvedimento redatto con la collaborazione del M.O.T. dott.ssa Maria Magri

1 commento:

  1. Chi paga i 4.500 €, la parcella dell'avvocato Bini e il costo della struttura organizzativa che ha predisposto l'ordinanza censurata?

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