lunedì 16 gennaio 2012

L'antisemitismo degli intellettuali

In vista della celebrazione il prossimo 27 gennaio della Giornata della Memoria, istituita dall’Unione Europea a ricordo del 67esimo anniversario della liberazione del campo di sterminio nazista di Auschwitz da parte dei soldati dell’Armata Rossa, giunge opportuna la pubblicazione dell’ultimo saggio dello storico bresciano Francesco Germinario, “Argomenti per lo sterminio” (Einaudi, pp. 396, euro 32), che indica sin dal sottotitolo – “L’antisemitismo e i suoi stereotipi nella cultura europea (1850-1920)” – come il brodo di coltura in cui si sviluppò la dozzina di anni più terribile per il nostro continente sgorghi da fonti ben più antiche e altrettanto inquinate.

Per Germinario, apprezzato collaboratore della Fondazione Micheletti, le camere a gas di Auschwitz sono l’approdo terrificante di un processo messo in moto molto prima da una assai diffusa cultura politica antisemita che seppe amplificare pregiudizi e atteggiamenti antiebraici, sostenuti, motivati e valorizzati da consistenti settori dell’intellighenzia europea, i quali dall'alto di una pretesa ma equivoca neutralità scientifica si scagliarono contro un popolo stoltamente accusato di voler dominare il mondo.

Fra la prima metà dell'Ottocento e gli inizi del Novecento in Europa si affermò infatti una cultura che procedette con sicumera nella “razzizzazione” della figura dell'ebreo. Nell’immaginario collettivo a partire da quel periodo si diffuse una preoccupante serie di stereotipi, dall'ebrea seducente, sessualmente perversa e incline alla prostituzione, all'ebreo nevrotico e dunque rivoluzionario, capaci di determinare un'immagine differenziata di questo popolo. La differenziazione toccherà il culmine nell'associare l'ebreo agli animali nocivi (frequenti gli accostamenti a ratti, iene, pidocchi) e fornirà il bagaglio culturale necessario ai nazisti per programmare la loro politica di sterminio.

Sconcerta scoprire in queste pagine come a legittimare gli atteggiamenti dell'antisemitismo militante fu la cosiddetta “cultura alta”, espressa da scrittori, sociologi, medici e giornalisti che, con le loro opere frutto di una concezione politica antipluralista e ostile ai sistemi politici liberali, diedero spietatamente argomenti agli scalmanati e violenti impegnati nelle agitazioni di piazza.
Quello che colti e scienziati avevano elaborato con copiosità - offrendo suggestioni, spunti e fondamenti ideologici all’antisemitismo - il nazismo lo tradurrà poi in atroci realtà, quelle dei lager che insanguinarono il cuore del vecchio continente .Il libro

Di grande interesse è infine la distinzione che lo storico traccia fra antisemitismo e razzismo. “L’antisemitismo — scrive Germinario — ha disposto di un testo, ‘I Protocolli dei Savi di Sion’, e di una visione della Storia, il cospirazionismo, di cui non c’è traccia nel pensiero razzista; il razzismo non è mai stato convinto che le ‘razze’ ritenute ‘inferiori’ cospirassero contro l’umanità e disponessero, anzi, degli strumenti e delle capacità di orientare la Storia”.

flavio marcolini

Nessun commento:

Posta un commento