Anche a Calcinato ci fu qualcuno che si prodigò per la salvezza dei cittadini ebrei perseguitati dl regime nazifascista nel corso della seconda guerra mondiale. Si tratta dei coniugi Angelo Tosi e Teresa Pasquali, coppia che si rese protagonista nella seconda parte della guerra di una toccante vicenda umanitaria che vale la pena di ricordare in tempi di crescente diffusione di negazionismi ideologici privi di fondamento storico. I due sposi ospitarono infatti nella propria abitazione in via San Vincenzo 3 due famiglie ebree, i Sarfatti e i Salinas, formate da internati politici a Calcinato e sottrattesi alle ricerche delle autorità germaniche dopo l'8 settembre 1943.
I clandestini furono alloggiati in casa Tosi per quasi diciotto mesi, dal 17 novembre 1943 al 27 aprile 1945, all'indomani della Liberazione. I rifugiati coraggiosamente accolti da Angelo e Teresa erano ben otto: la famiglia di Samuele Sarfatti era composta dalla moglie Clara Eschenazi e dai figli Susanna e Sara; quella di Davide Salinas comprendeva la moglie Virginia Sarfatti e i figli Giuseppe e Sara.
Le due famiglie erano state in precedenza internate nel 1941 nel campo di concentramento fascista di Ferramonti, in provincia di Cosenza, dove erano rimaste per circa un anno. Poi furono trasferite a Calcinato, sempre come internate. In paese trascorsero i primi due anni presso la Casa Bianchi, insieme ad altre famiglie ebree. "Quei due anni" ricordava anni fa Sara "sono stati il periodo più bello e spensierato della guerra: eravamo internati, c'erano le leggi razziali, ma potevamo comunque uscire per le vie del paese e incontrare gli amici. Poi è cominciato l'incubo: dopo l'8 settembre 1943 i nazisti occuparono l'Italia e insieme ai fascisti cominciarono a dar la caccia agli ebrei al fine di deportarli tutti nei famigerati lager dai quali era difficilissimo uscire vivi. Le nostre due famiglie furono salvate grazie alla generosità e bontà della famiglia Tosi, che nascosero, in casa loro e a loro rischio, ben otto persone nella cameretta al piano di sopra".
"Da lì non potevamo uscire" spiegava "altrimenti ci avrebbero arrestati e deportati; durante il giorno non potevamo nè muoverci nè parlare, altrimenti qualcuno in strada poteva sentirci e capire che i Tosi nascondevano in casa loro degli ebrei e ciò li avrebbe portati a subire la nostra stessa sorte".
Anche il fratello Giuseppe ricordava bene quei mesi. "Avevo 14 anni e, dopo la segnalazione dei carabinieri che i tedeschi ci cercavano, siamo stati ospitati da questa famiglia, costretti a trascorrere tutto il giorno al chiuso, sopravvivendo solo grazie alla loro cortese attenzione e cura. Essi avevano un figlio partito con l'Armir per la campagna di Russia ed avevano fatto una sorta di voto, in virtù del quale ci avrebbero ospitato affinchè egli tornasse sano e salvo dalla guerra. Se qualcuno del paese veniva in casa Tosi noi dovevamo nasconderci in soffitta fino al momento in cui se ne andava. Gli ultimi sei mesi della guerra furono i più duri ed angoscianti; ci nascondemmo nella stalla della casa degli Speranzini, che ricevevano sempre visite dai fascisti perché cercavano loro figlio. Vivevamo tutti i momenti con la paura che ci scoprissero".
Poi, finalmente, la primavera del '45 e il 25 aprile, con la libertà per tutti gli ebrei che non erano stati deportati nei campi di concentramento.
La famiglia Sarfatti in seguito si trasferì negli anni '60 in Israele, dove i genitori morirono poco dopo. Così come i Tosi, scomparsi entrambi negli anni '70. Giuseppe e Sara Salinas invece vissero a lungo a Milano, dove Giuseppe è scomparso tre anni fa. A Calcinato erano tornati insieme il 25 aprile 1998 per l'inaugurazione di una mostra storica su quel terribile periodo.
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