Forse qualcuno credeva di avere fatto un grande affare pubblicando a volumi i “Diari” di Mussolini, ricevendo addirittura credito da una casa editrice solitamente seria come Bompiani (che però ha aggiunto nel titolo la parentesi “(veri o presunti)”), sebbene diversi esperti del fascismo avessero immediatamente contestato l'autenticità dei documenti. Ma lo storico camuno Mimmo Franzinelli ha pazientemente radiografato il testo del primo volume, dedicato al 1939, producendo un accurato saggio - "Autopsia di un falso" (Bollati Boringhieri, pp. 278 , euro 16) - nel quale prova, documenti alla mano, che esso non è assolutamente attribuibile al duce, anzi è accostabile ad altre fantasiose operazioni del genere tentate in passato.
Al di là della rigorosa operazione filologica condotta dallo studioso - che rileva la frequenza di errori ortomorfosinttatici, incongruenze nella trascrizione di nomi di persone ben note al presunto estensore, errori di datazione e di collocazione geografica assai difficilmente riconducibili al duce - ciò che è interessante in questo suo libro è il senso di quella che lo stesso autore chiama nel sottotitolo “la manipolazione della storia”, una pratica sotterranea e ambigua, ma costante e preoccupante, negli anni che stiamo vivendo.
Complessa e tortuosa è la vicenda della costruzione e della divulgazione, nel tentativo di vendita per trarne speculazioni non solo economiche, di alcuni volumi di questi pseudo-diari.
Tutto cominciò a metà degli anni ’50 quando due donne vercellesi, Rosetta e Amalia Panvini Rosati, produssero una loro redazione dei “diari mussoliniani”. Le due, madre e figlia, intendevano sfruttare un filone assai fortunato per le attenzioni che gli riservavano i nostalgici del regime. Nel 1956 Arnoldo Mondadori li acquistò per 22 milioni di lire ma poi, accortosi che erano falsi, recuperò quasi tutto il denaro trattenendo copia di quei materiali.
Successivamente si pronunciarono archivisti, autorità giudiziarie, storici e grafologi, con esiti sovente divergenti. Che Mussolini abbia tenuto un diario non è messo in discussione dagli studiosi e, chiaramente, questa certezza ha attirato l’attenzione di quanti si son dati da fare nel corso dei decenni per recuperarli. La loro storia è ripercorsa da Franzinelli con dovizia di particolari e scoperte sorprendenti, che coinvolgono un illustre senatore, un commerciante di Domodossola figlio di un partigiano e altre personalità insospettabili.
Lo studioso traccia poi un raffronto rivelatore fra gli altrettanto falsi diari di Hitler pubblicati in Germania nel 1983 dal setimanale “Stern” e subito tradotti in tutto il mondo e quest’ultima edizione dei diari di Mussolini. Lo Stato tedesco si occupò della vicenda affidando una perizia agli archivisti dell'Archivio di Stato dell’allora Germania occidentale, alla fine della quale il ministro dell'interno convocò un’affollatissima conferenza stampa in cui dichiarò ufficialmente la falsità dei diari del Fuhrer; i responsabili della contraffazione furono denunciati e condannati e nessuno in seguito si azzardò a ridare credibilità a quei testi. Qui da noi invece lo Stato brilla per assenza di posizioni in una vicenda che pure ne chiama in causa ad altissimi livelli la storia e la dignità. E ciò mentre, giunte a 10mila le copie vendute dal volume dedicato al 1939 (pp. 994, euro 21,50), nessuna casa editrice straniera ha chiesto di tradurlo e pubblicarlo. Ora, sempre da Bompiani, è appena uscito quello dedicato al 1935 ( pp. 836, euro 22,90). Vedremo se la storia si ripeterà.
Flavio Marcolini
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