martedì 30 giugno 2009

ALLE ORIGINI DEL DECLINO





ROSSANA ROSSANDA

Alle origini del declino

[dal quotidiano "il manifesto" del 27 giugno 2009]



La diagnosi dello stato della politica in Italia e' semplice: meta' dei cittadini si e' astenuta alle elezioni europee, ai ballottaggi delle amministrative, e al referendum molto di piu'. Il quadro e' simile in tutta Europa. I socialisti hanno perduto dovunque, il parlamento europeo e' largamente di centrodestra. Le sinistre radicali sono piu' deboli del previsto, quelle italiane sono scomparse di scena. In Italia e' assente una socialdemocrazia, indebolita altrove. Dovunque spunta o si rafforza una destra estrema. Il segnale e' opposto a quello venuto dagli Stati Uniti, e infatti in Europa per nulla raccolto. In Italia Berlusconi non supera, come sperava, il 35% ed e' meno forte di unanno fa. La Lega va al 10, sono inseparabili. Fini gioca un gioco suo. Se questo portera' a una crisi di governo, sara' prodotta e gestita dalla maggioranza (e appoggiata dal Vaticano, via Casini). La minoranza e' divisa fra un Pd in calo, diviso e confuso e una sinistra radicale in briciole. Neanche i Verdi sembrano fuori dalla crisi, malgrado che Obama negli Usa e molti in Europa vedano nell'ecologia un investimento necessario e un valore-rifugio. L'opzione bipartitica che era stata comune a Berlusconi e Veltroni e' caduta.




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1. Se su questo quadro sintetico siamo d'accordo, resta da vedere se si condivide il perche' di questo esito. A mio avviso per l'Italia esso va cercato lontano, nell'arco della mia generazione, che d'altronde non e' piu' che un momento storico. Infatti il disastro di oggi appare piu' grande in quanto la sinistra del dopoguerra e' stata piu' forte che altrove. Mai stata maggioranza, come ha osservato Norberto Bobbio, anche perche' era rappresentata, in un paese tenuto fuori dal crogiuolo degli anni Venti e Trenta in Europa, da comunisti e socialisti e un forte sindacato, che hanno schiacciato, fra se stessi e la Dc, una interessante terza forza (Giustiziae Liberta'). Questa forma presa dalla sinistra, dalla Resistenza al 1956, e' alquanto diversa dalle altre in occidente. I socialisti e i comunisti, liberi dalle contese degli anni Trenta coperte dal fascismo, sono ancora uniti e i comunisti appaiono - salvo alla Dc e al "partito americano" - abbastanza svincolati dall'Urss (concepita peraltro anch'essa non come un pericoloincombente). Cosi' dopo il 1956 e la divisione con il Ps, il Pci supera gradualmente, in quantita' e qualita' di ascolto, il gia' piu' forte Pcf, facendo propria una larga frangia d'opinione. E' difficile separare da esso la messa a fondamento del senso comune repubblicano, costituzionale, antifascista; e questo, perlopiu', colorato di un'ombra di concezione classista (vivissima nella Resistenza anche in Giustizia e Liberta' e poi nel cattolicesimo di Dossetti e della corrente di base della Dc).



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2. Il quadro muta negli anni Sessanta-Settanta, in corrispondenza alla grande modernizzazione del paese nella composizione sociale, produttiva e culturale. Il Ps ha mutato fronte, nel Pci si apre un dibattito, il sindacato cresce e muta la sua struttura di base, un'area di sinistra radicale comincia ad apparire separata dai comunisti, che pero' crescono di peso. Il corto circuito e' determinato dal movimento del 1968. Diversamente dal resto d'Europa esso si verifica in presenza di un forte partito comunista che non lo attacca frontalmente, ma del quale esso chiude l'egemonia. Il 1968 ha in Italia una coda lunga un decennio. Come in nessuna parte altrove, ha modificato diversi parametri della cultura, ha prodotto la densa politicizzazione dei gruppi extraparlamentari diversa da quella del movimento comunista, ha indotto un vasto associazionismo che si vive come controcultura e contropotere. E' una seconda e tumultuosa modernizzazione del paese che si colloca a sinistra del Pci ma non riduce la sua forza nell'opinione di massa, anzi. I comunisti arriveranno a un terzo dei voti, il sindacato e' forte, l'intellettualita' e' come non mai politicizzata e diffusa. Il "movimento" critica Pci e Cgil ma trascina l'appartenenza al sindacato (il piu' modificato) e il voto al Pci; le elezioni del 1975 danno alla sinistra tutte le grandi citta'. Questa tendenza non sembra intaccata dal compromesso storico (1973), poco percepito a livello di opinione. E' come se soltanto l'astensione comunista del 1976 verso il governo Andreotti ne rivelasse il vero senso. E' in quell'estate che si spezza ogni speranza delle minoranze di movimento, il movimento stesso si divide e una piccola parte di esso (non occorrono molti per sparare) va davvero sulle armi (omicidio di Coco a Genova). Tuttavia l'elettorato sosterra' sempre maggiormente il Pci fino alla morte di Berlinguer, il quale peraltro fa, negli ultimi anni, e isolato dal resto del gruppo dirigente, una virata a sinistra.



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3. Tardiva. Sul piano mondiale il 1968 non e' sfuggito alle classi dominanti, che si riattrezzano. Il Pci non ha compreso il senso dell'abolizione del gold standard, ne' quello della crisi dell'energia del 1973-74 e tanto meno i mutamenti strutturali del capitale e delle tecnologie in atto e la ricomposizione delle strategie che ne conseguono (Trilaterale). Ne' ha capito realmente le soggettivita' che si dibattono contro di esso. Non intende neppure, se non in un breve sussulto concernente le donne, la rivoluzione passiva che si compie fin dall'inizio fra generazioni nei rapporti familiari e d'autorita'. Non capisce la portata ideale dell'anticomunismo del movimento. Del tutto estraneo gli e' il 1977 italiano, assai reattivo ai mutamenti del lavoro ma errato nella previsione, come non aveva capito prima il formarsi dell'estremismo delle Brigate rosse e di Prima linea, di cui non vede altro che il pericolo che costituiscono per il suo accreditamento come forza di governo. Berlinguer pratica duramente l'emergenza inseguendo Moro, anch'egli incerto e isolato nella Dc. Negli anni Ottanta il salto tecnologico e' avvenuto, specie nell'informazione e in quel che ne deriva per il movimento dei capitali e per la finanziarizzazione, ma i comunisti leggono solo in termini di politica antisovietica la restaurazione di Thatcher e Reagan, sottovalutano la stagnazione dell'Urss di Breznev, non capiscono il tentativo di Andropov, esitano su Solidarnosc in Polonia come avevano esitato su Praga; la berlingueriana "fine della forza propulsiva" del 1917 arriva quando la scomposizione del Pcus e' ormai avanzata e tutti i rapporti con il dissenso ancora di sinistra dell'est sono stati mancati. Cosi' fino a Gorbaciov. Con Craxi e poi con la morte di Berlinguer e' gia' andata molto avanti, anche se non in termini elettorali, la crisi del Pci e comincia quella della Cgil. La fine della prima Repubblica e' soprattutto la fine loro.



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4. Negli anni Ottanta il movimento del '68 si chiude del tutto, abbattuto assieme alle Brigate rosse, con le quali pur non aveva avuto a che fare, il radicalismo e anche l'estremismo essendo una cosa, passare alle armi un'altra. Si forma e struttura, di nuovo, soltanto il filone del secondo femminismo. Con il 1989 la crisi del Pci semplicemente si compie, la "svolta" induce un altro partito, idealmente e organizzativamente, e si fa senza una rivolta di base. Rifondazione nasce come un ritorno a ieri e si dibattera' senza pace sul come diventare una chiave per il domani; ne' il Pci ne' Rc fanno un bilancio storico del comunismo e della loro stessa funzione in Italia. Quella che era stata l'intera area della sinistra resta, fra disincanti e fibrillazione, mentre precipitano socialisti e comunisti. Bruscamente va in pezzi quel che era parso per venti anni senso comune, il rifiuto del "sistema". Le sinistre si restringono in piccoli gruppi, alcune si affinano, non riusciranno o forse non vorranno piu' unificarsi. Da allora una perpetua discontinuita' produce spezzoni di movimento puntuali e perlopiu' incomunicanti. Il sussulto di quello enorme per la pace e poi del sindacato al Circo Massimo non daranno luogo a una ripresa costante, anche per il senso di impotenza che deriva dalla nullita' del loro risultato.



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5. L'89 e' tutto gestito dalla ripresa del capitale e nella sua forma prekeynesiana. L'ideologia dei Fukuyama e degli Huntington - fallimento abaeterno del socialismo e inevitabile scontro di civilta' - colpisce a fondo la sinistra storica, che patisce i fallimenti dei socialismi reali, non li affronta e si arrende; le socialdemocrazie altrove e gli ex comunisti in Italia praticano con zelo e pentimento le politiche liberiste. Ma anche le culture diffuse delle sinistre radicali galleggiano a fatica. Molte percezioni del '68 si rovesciano su se stesse nel risentimento verso quel che il movimento operaio, gia' venerato, non ha compreso: ha sacrificato la persona alla collettivita', l'individuo al partito, il conflitto dei sessi all'"economicismo", la terra allo sviluppo devastatore. Ha sottovalutato la dimensione del sacro, dell'etnia, dei cicli. Ha glorificato la ragione contro l'emozione, l'occidente contro le diversita',l'avvenire rispetto al presente. Il postmoderno ha dato una mano. Questa e'la tendenza maggioritaria. Restano, ma molto minoritari, alcuni movimenti. La trasmigrazione verso l'ecologia e' la piu' forte. La precipitazione della politica nella corruzione e nella bassezza e l'emersione di Berlusconi non trovano freno. L'area gia' comunista e socialista non tenta neppure un riallineamento verso la socialdemocrazia. La spoliticizzazione segue alla delusione; si vive nell'oggi perche' e' dannata la memoria del passato e non si sa che cosa volere per il futuro. Incertezza, risentimento, paura. Protezionismo degli ancora occupati davanti a una crisi che non intendono. Mai, per parafrasare Guicciardini, la gente italiana e' stata cosi' infelice e cosi' cattiva.



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6. Se "sinistra" ha avuto un senso nel XIX e XX secolo era liberta',eguaglianza, fraternita', declinate nell'eredita' della rivoluzione francese. La prima nell'idea di democrazia, la seconda da Marx, la terza (diversamente dal senso che aveva avuto nel 1789) come solidarieta' fra gli umani. Esse percorreranno fra le tragedie tutto il XX secolo. Il loro rifiuto non significa che sia avvenuta una rideclinazione. Significa il ripiegamento dalla liberta' all'individualismo e il volgere il bisogno di appartenenza verso categorie metastoriche (religioni, nazionalismi, etnie e altre presunte origini). Significa negare l'eguaglianza di diritti (e non solo ne' tanto nell'interpretazione che ne da' parte del movimento delle donne) e fare dell'affermazione del piu' forte il principio e motore della societa'. Significa affogare la fraternita' nell'odio e nella paura dell'altro e del diverso. Berlusconi e Bossi sono inimmaginabili negli anni'60.



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Questa e' oggi la meta' dell'Italia che parla. L'egemonia e' passata a destra. La sua affermazione segnala una rivoluzione antropologica prima che politica. La degenerazione della politica ne e' concausa e conseguenza. Almeno se politica significa, non marxianamente ma arendtianamente, "preoccuparsi del mondo". Di questo rozzo tentar di delineare il quadro vorrei discutere.

lunedì 29 giugno 2009

RIUNIONE GRUPPO CONSILIARE

stasera alle 18.30, per discutere di commissioni (specie di quella edilizia).

giovedì sera invece convocazione dell'assemblea della lista, alle 20.30 presso la sede di via XX settembre.


sabato 27 giugno 2009

PEDALATA PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE



A sessantaquattro anni di distanza, le ferite di Hiroshima e Nagasaki restano aperte: l'umanità non è ancora riuscita a fare i conti con le armi nucleari ed il dilemma posto da Einstein (o l'umanità eliminerà le atomiche o le atomiche elimineranno l'umanità) rimane drammaticamente attuale. preoccupanti scenari di crisi fanno da contraltare ai primi scenari di speranza dopo molti anni: i prossimi mesi saranno cruciali per stabilire se il mondo finalmente volterà pagina, imboccando con decisione la via della denuclearizzazione o se si materializzeranno gli spettri della proliferazione.

Quale china prenderà la storia, dipende anche un pò da noi


per questo l'onlus Beati i costruttori di Pace organizza per i giorni 6-7-8-9 agosto una bicicletatta tra le due basi NATO italiane con bombe nucleari: Ghedi ed Aviano.


PEDALIAMO PER LA PACE E PER UN FUTURO SENZA ATOMICHE

da Ghedi [bs] ad Aviano [pn] dal 6 al 9 agosto 2009


250 km in bici suddivisi in 4 tappe


per sensibilizzare ed incontrare la popolazione dei paesi attraversati;


per proporre un nuova forma, simpatica, dinamica ed ecologica della manifestazione;


per far prendere coscienza a quante più persone possibile della necessità, della concretezza e dell'importanza dell'obiettivo, da raggiungere velocemente per il bene di tutta l'umanità.



PROGRAMMA DI MASSIMA:


6 agosto ore 8.15 commemorazione del bombardamento di Hiroshima davanti alla base di Ghedi

Ghedi - Valeggio sul Mincio - Verona 70 km


7 agosto Verona - Vicenza - Castefranco Veneto 96 km


8 agosto Castelfranco Veneto - Maserada - Vallenoncello 82 km


9 agosto Vallenoncenllo - base USAf Aviano 15 km

ore 11.00 commemorazione del bombardamento di Nagasaki davanti alla base di Aviano



tenendo conto che realisticamente la media sarà intorno ai 15 km/h ogni giorno si pedalerà per 6 ore suddivise in due semi tappe (3 ore la mattina., 3 ore il pomeriggio).

al seguito della carovana ci saranno un furgone (per caricare le biciclette) ed un pulmann (per caricare i pedalatori stanchi o chi non può pedalare), perciò NESSUNO SI SENTA ESCLUSO.

per garantire la sicurezza di tutti e la buona riuscita dell'iniziativa sarà necesario seguire le indicazioni logistiche degli organizzatori, soprattutto durante i trasferimenti in bicicletta.


PER INFORMAZIONI ED ADESIONI:




348 3323254


049 8070522


domenica 5 luglio presso la sede BCP di Padova dalle 9.30 alle 17, verranno affinati i dettagli organizzativi delle 4 giorate, compreso pranzo conviviale. si richiede di confermare preventivamente la presenza.


beati i costruttori di pace - via A. da Tempo 2 - 35131 Padova http://www.beati.org/

giovedì 25 giugno 2009

IL DOTTORE

ha accettato. William Spassini sarà CAPOGRUPPO consiliare del gruppo CALCINATO MIGLIORE.
Sono stati definiti anche i primi incarichi all'interno delle strutture della lista: coordinatore dell'assemblea e membro della commissione elettorale è Fabio Quinzani.

martedì 23 giugno 2009

IL GRUPPO CONSILARE



è definito anche il gruppo consiliare della lista CALCINATO MIGLIORE:



gli eletti Gianluca Capra, William Spassini, Flavio Vida, Antonio Guarisco, Elena Ringhini;



rinunciano all'incarico Tagliani e Tosi, sostituti dai primi non eletti Fabio Quinzani e Ivan Bertoli.

lunedì 22 giugno 2009

venerdì 19 giugno 2009

COMUNICATO POST ASSEMBLEA 16.VI.2009


pubblichiamo con un po' di ritardo (dovuto ad una serie di verifiche interne) resoconto dell'assemblea -caratterizzata da una buona partecipazione- tenutasi martedì sera a Calcinato.


Assemblea pubblica di Linea Indipendente

L’argomento principale all’ordine del giorno era discutere delle diverse possibilità di fare opposizione in Consiglio Comunale con o in Calcinato Migliore prendendo in esame:


una proposta giunta dall’esterno di Linea Indipendente. Mario Carleschi proponeva un distacco netto dei 2 consiglieri eletti di Linea Indipendente da Calcinato Migliore per costruire in questi 5 anni, nel Consiglio e sul territorio, una forza autonoma di sinistra, con possibilità di futura collaborazione elettorale da una posizione di maggior peso politico, rispetto all’attuale.

Alcune proposte da parte della componente PD di Calcinato Migliore. Alcuni esponenti del PD hanno ritenuto ingiusta e inappropriata nei tempi e nei modi l’analisi del voto sul blog di Linea Indipendente ed hanno quindi proposto sia un distacco netto delle 2 anime di Calcinato Migliore, sia la possibilità invece di marciare uniti mantenendo la discussione aperta, dialettica e anche polemica, ma all’interno della coalizione, in sede di coordinamento di lista, per uscire in Consiglio con una posizione unitaria.

La proposta fatta a William Spassini di fare il capogruppo consiliare di Calcinato Migliore.



La discussione è stata vivace e molto partecipata; erano presenti anche persone di diversa appartenenza politica.


L’indirizzo prevalente è stato di continuare la logica di coalizione mantenendo la dialettica all’interno della stessa, con alcune riserve:


lo sforzo di agire in trasparenza, comunicando il proprio punto di vista a tutta Calcinato Migliore, dev’essere “condiviso”,


la possibilità di avere comunque una dialettica di movimento o di partito nelle proprie sedi (di rete o di incontri) rimane inviolabile.



Infine il sottoscritto s’è dichiarato disponibile ad accettare la proposta di capogruppo consiliare.


Queste riflessioni verranno portate e ridiscusse alla riunione di coordinamento di Calcinato Migliore.

William Spassini

giovedì 18 giugno 2009

mercoledì 17 giugno 2009

LA NUOVA GIUNTA



LEGATI MARIKA - SINDACO; assessore ai servizi sociali


BERTAGNA ALBERTO - vicesindaco; assessore allo sport, agricoltura e commercio


DE GIOVANNI ROBERTO - assessore all'ecologia


GOBBETTO RICCARDO - assessore al bilancio ed alla programmazione


COCCOLI DAMIANO - assessore all'urbanistica e sicurezza


TONONI ANGELA - assessore ai lavori pubblici


VERGANO STEFANO - assessore alla pubblica istruzione ed alla cultura


Il sindaco Marika Legati ha distribuito le deleghe ai sei assessori che compongono la nuova giunta municipale di destra, espressa dalla lista “Insieme per la libertà” uscita vittoriosa dalle elezioni del 6 e 7 giugno scorsi con 3.846 voti, pari al 60,79%. Vicesindaco con l’incarico di seguire i settori delle attività produttive, agricoltura, commercio e sport è Alberto Bertagna. Al bilancio e programmazione va Riccardo Gobbetto, mentre Stefano Vergano seguirà cultura e pubblica istruzione, Roberto De Giovanni l’ecologia, Angela Tononi i lavori pubblici e Damiano Coccoli urbanistica e sicurezza.
Sul fronte della minoranza di centrosinistra, nella lista “Calcinato Migliore” (che ha avuto 2.481 voti, pari al 39,21%) il candidato alla carica di sindaco Matteo Tagliani e il consigliere Ilario Tosi hanno rinunciato al proprio seggio, rassegnando le proprie dimissioni ancor prima dell’avvio della tornata amministrativa. Verranno sostituiti dai primi due candidati non eletti, Fabio Quinzani e Ivano Bertoli, che si uniranno sui banchi dell’opposizione agli altri cinque consiglieri di “Calcinato Migliore”: Gianluca Capra, Guglielmo Spassini, Flavio Vida, Antonio Guarisco ed Elena Ringhini.
La seduta di insediamento del consiglio comunale si svolgerà nel palazzo municipale venerdì 26 giugno alle ore 20.45. All’ordine del giorno ci saranno l’esame degli eletti alla carica di sindaco e di consigliere comunale e delle condizioni di eleggibilità e di compatibilità di ciascuno di essi, il giuramento della prima cittadina, la comunicazione della composizione della nuova giunta municipale e la elezione della commissione elettorale comunale.

DUE RIGHE DOVER(D)OSE


A PROPOSITO DI LOOK BACK IN ANGER

Look Back In Anger è una commedia scritta negli anni Cinquanta da John Osborne.
Tratta della relazione sentimentale generatasi da uno strano triangolo e del turbolento rapporto matrimoniale tra due dei protagonisti. In scena viene spesso rappresentata in uno spoglio monolocale dello Yorkshire, molto simile alla sede della lista in via XX settembre.

Numerosi sono i riferimenti alla commedia inglese nel nostro sito: da Beckett a Shakespeare, da Harold Pinter a Ben Jonson, fino a quello esplicito a Osborne.

Testo esplicitamente ironico, quello di Linea Indipendente da Osborne riprende la metafora del difficile rapporto tra coniugi, il linguaggio esplicito, la durezza del confronto.

Kenneth Tynan recensiva la commedia più o meno così: “(ci ritroviamo inaspettatamente)…la tendenza anarchica, l’istinto sinistroide, il rifiuto automatico delle abitudini "ufficiali", lo humour surrealistico (Jimmy descrive un amico omosessuale come "una Charlotte Bronte al femminile"), la promiscuità disinvolta, il senso di vuoto per la mancanza di una crociata per la quale combattere e, come sfondo a tutto ciò, la certezza che al momento del trapasso saremo ricordati”.

Tutti elementi che possiamo ritrovare, attualizzati al tema elettorale, in maniera inequivocabilmente ironica.

Alison, l’impassibile moglie borghese proveniente dall’upper class militare, sposata con Jimmy, un intellettuale maldisposto figlio della working class, campeggia in scene in cui i due si agitano continuamente in burrascosi dialoghi e atteggiamenti. La cosa che più urta Jimmy è l’estrazione borghese della moglie e il difficile rapporto che ha con la famiglia di lei, agli occhi della quale lui è un reietto della società.

La trasposizione all’ambito calcinatese crediamo sia inutile da esplicitare.

Alla fine il tutto si risolve. La commedia termina con una grande sorpresa -- una riconciliazione molto sentimentale fra Alison e Jimmy. Rifanno un vecchio gioco a cui erano soliti giocare, fingersi orso e scoiattolo, e lo spettatore suppone che da allora in poi vivono se non felicemente, almeno in uno stato di tregua. Il testo infatti, dopo un monologo incalzante e paratattico, a seguito di una riflessione sull’atarassia, come momento di meditazione silenziosa e distaccata (ecco il perché del silenzio nelle sedi del dibattito orale) si conclude con una frase che può essere tutto fuorché lapalissiana: non è più tempo per arrabbiarsi per le solite cose; don’t look back in anger.
E cioè : SMETTIAMO DI RICORDARE CON RABBIA.



Altre letture celano vizio, malizia, diffidenza e aggressività preventiva.



D’accordo sull’opportunità di discutere de visu dei contenuti: non ha senso lanciare degli anatemi sulla forma, quanto meno se non è stata semanticamente interpretata correttamente.

Alan Sillitoe, autore di Saturday Night e Sunday Morning e The Loneliness of The Long Distance Runner, ha scritto che Osborne (oggi riconosciuto uno dei più grandi drammaturghi a livello mondiale) "non ha contribuito al teatro inglese, ha innescato una mina e ne ha fatto saltare in aria una buona parte".



Più o meno quello che è successo nella lista Calcinato Migliore.




Con sincera costernazione abbiamo assistito a reazioni dettate da incomprensione; comunque colti i messaggi costruttivi giuntici, siamo sempre disponibili per il confronto, auspicando interventi da ogni parte, per una serena collaborazione.




Brutta bestia l'ignoranza: la mancanza di conoscenza genera l'incomprensione e la paura

CON IL MANIFESTO RICORDIAMO IVAN DELLA MEA




Da il manifesto del 16.06.2009 pubblichiamo gli articoli in memoria di Ivan Della Mea. Stiamo pensando a una serata per ricordarlo insieme. Fateci avere opinioni, osservazioni, proposte suggerimenti e disponibilità. La difesa della memoria è difesa dalla barbarie.

COMMENTO di Ivan Della Mea Morte di un comunista

L'età non gliela do, impossibile. Se ne sta accucciato tra due bancarelle del mercato di Via Oglio. È sabato e sabato Via Oglio è mercato: frutta e verdura per lo più, un banco grande per il pesce: il pesce si fa sentire, grida da solo. Da un camioncino che diventa bottega arriva il sentore dei polli grigliati interi mezzi ali cosce petti, dei polli fritti interi mezzi ali cosce; coniglio fritto a pezzi; polpette e crocchette: un'aurea circonda l'ambaradam del fritturame, quasi lo santifica: c'è del mistico prima del mastico. Il tipo accucciato sta: accucciato. La fame ce l'ha addosso. Ha rimediato un'arancia mezza tra il marcio e il sano. Butta il marcio e grufola nel sano ci va dentro con tutta la bocca e morde e succhia e si sbrodola: possono essere i suoni della fame. Cazzo, penso, è la fame. Sono sempre stato un pirla tra il penoso e il pietoso. Compro un chilo di arance e glielo porto. Mi guarda serio. Mele mi dice. Fanculo. Il fruttivendolo mi schizza di brutto. Cambio? Nisba nient nada no. Compro un chilo di mele. Torno dal tipo e a muso duro: adesso ti tieni mele e arance, cazzi tuoi. E chi dice bah? Mi risponde allegro il tipo. Mi mancano una settantina di metri prima di raggiungere l'ingresso dell'arcicorvettocheincormistava, ora mi sta un po' meno frequentato com'è da una maggioranza di berluscazzi e leghisti. Quei metri accosto al mercato di solito li percorro dietro le bancarelle per evitare la ressa di massaie e pensionati in caccia del meglio al meno. Ci rinuncio. Dietro le bancarelle ce n'è un tot di barba, randa, una zingarella: stanno, non chiedono, non tendono le mani, soltanto la zingarella ha un bicchierone vuoto di cocacola. Se vuoi dare dai. Morta lì. Il Ricca è morto. Teneva casa davanti al Circolo. Tipo quieto e spesso sorridente, basso e tondo ma non troppo. Non fumava, mai visto fumare. Un calice per la compagnia. Grande giocatore di carte: scopa d'assi e tressette. Quando mancava uno per fare il quarto lo chiamavano dalla strada. Il Ricca si affacciava. Scendeva e il gioco iniziava. Nelle discussioni spesso incazzose del post partita lui ragionava con calma, mai alzava la voce, ma sapeva della regola del quarantotto per ricordare le carte sparigliate e parigliate e soprattutto ricordava perfettamente la sequenza delle diverse mani giocate: te hai giocato il re lui ha messo il fante io di mazzo ho calato un due, l'aletta ha spazzato con l'asso... andava oltre la memoria di parigli e sparigli ed era pressoché impossibile beccarlo in castagna ma quando accadeva, cosa rara, il Ricca si rivelava giocatore vero, capace di ammettere l'errore. Gli si poteva voler bene anche per questo. Il gioco delle carte è rivelatore della personalità dei giocatori. Il Ricca era una bella persona. Andò che due giorni fa lo chiamarono. Si affacciò. Disse vengo. Non arrivò. Morì sulle scale stroncato da un infarto fulminante. Non ci fu partita non per lui. Poi, l'inutile ambulanza, la barella, noi lì intorno. L'ho vista la faccia del Ricca, bianca dello stesso bianco del lenzuolo. Inutile e quasi blasfema la sirena: il Ricca ormai non aveva nessuna fretta, nessuna. Qualcuno, un socio, alzò il pugno. Forse il Ricca era stato o era comunista. Difficile dirlo. Non lo so. Mai l'ho sentito parlare di politica. Epperò quel pugno alzato nel saluto un significato deve avercelo. Ce l'ha: quando muore un comunista.



BALCONE di G. Cap.RICORDI«O cara moglie», tra affetti e scioperi

È soprattutto gratitudine che il ricordo personale di Ivan Della Mea può ispirare. Quella per le sue canzoni indimenticabili che hanno segnato il passo di diverse generazioni verso un cielo bianco di carta; quella per la passione politica che è riuscito a contagiare senza mai fare prediche o astrazioni; quella più forte di tutte, forse, per essere sempre stato, nelle sue parole, nelle musiche e negli scritti, un uomo intero, quasi fosse lui per molti di noi quel omm. Che a fianco alla politica e alla ragione ha sempre sostenuto le ragioni del cuore. Anche nel senso più privato. Tanto che le sue canzoni cominciarono a entrare come corpi «clandestini» (come De Andrè del resto) prima ancora del '68 nelle aule severe dei licei. E a venir cantate come un linguaggio altro e nuovo, che pure riusciva a esprimere qualcosa che pareva altrimenti inesprimibile. O cara moglie raccontava di scioperi e padroni e crumiri, ben prima dell'autunno caldo, ma attraverso la ricaduta dentro un universo familiare che poteva davvero essere familiare a chiunque. E dopo pochi anni, quando la lotta politica aveva dilagato nelle scuole e nelle piazze, Ivan Della Mea scrisse per Angela il più bello e caloroso e vissuto degli inni all'amore. Un uomo formidabile Della Mea, un cantautore che più cantava il valore della politica, più allargava il cuore verso la pienezza dell'esistenza. Suo fratello Luciano dava la forza del ragionamento dentro acque che si intorbidavano sempre più senza quasi ce ne accorgessimo; lui Ivan faceva di ogni canzone (e quante ne ha fatte divertenti) una smorfia allegra. Con voli improvvisi di delicatezza degni di un grande retore del passato. La Gelmini avrebbe ancora molto da imparare se riuscisse ad ascoltare fino in fondo la Ballata di Ciriaco Saldutto. Noi per fortuna lo terremo sempre nel cuore e nella memoria.

APERTURA di Cesare BermaniSINISTRA ITALIANA - Le provocazioni di un bastian contrarioPiccole e grandi storie. Dalla Milano anni 50 e 60 all'«Amendoleide»Con Ivan se ne va una fetta importante della vita di tanti compagni. Difficile, direi impossibile, comprimere in poche righe una personalità così complessa come la sua. Ivan è legato agli anni più belli della mia vita, gli anni 1962-1969 che segnarono lo svilupparsi della ricerca sul campo del canto sociale italiano e della realtà di base, il decollo del Nuovo Canzoniere Italiano, spettacoli come Bella ciao e Ci ragiono e canto, infine lo sfociare di tutto questo nella cultura del Sessantotto. Sia Ivan che io avevamo già alle spalle una milizia nella Federazione Giovanile Comunista, in quegli anni pervasa da un desiderio d'autonomia rispetto al Partito degli adulti. Credo però che sia stato l'incontro con Gianni Bosio a determinare su che binari si sarebbero incanalate le nostre vite. Gianni fu per entrambi un «padre». Grazie a lui io divenni, credo, uno «storico», e Ivan il cantante che meglio e più degli altri assimilò il progetto politico-culturale del gruppo, in particolare il rapporto tra grande e piccola storia, leit motiv dell'opera di Bosio.Ivan giunse nel gruppo con una drammatica testimonianza autobiografica, cantata con impegno di liberazione, che forse non ha mai completamente raggiunta tanto traumatica era stata la sua esperienza infantile e adolescenziale. La prima volta che comunicò la sua storia familiare riuscì a cantarla solo con la schiena voltata agli ascoltatori e con la faccia rivolta al muro. Poi di quella sua tragedia parlò sempre poco, se non in questi ultimi anni, ma riusciva a farlo solo scherzandoci su, come soltanto riuscivano a raccontare certi reduci dai campi di sterminio. Pochi giorni fa mi disse che finalmente era riuscito a scriverne estesamente in Se la vita ti dà uno schiaffo, pubblicato dalla Jaca Book. Non potei fare a meno di dirgli: «Ce l'hai fatta finalmente!». Quel lungo poemetto in musica che ce lo fece conoscere, pregno di un'intensità sofferente, lo intitolò poi La grande e la piccola violenza. Anticipava di un buon decennio il «personale-politico» e se da esso una morale se ne poteva trarre era che la grande violenza del fascismo aveva generato tante «piccole violenze» quotidiane, tra cui quella generata dal comportamento violento di suo padre nei confronti di sua madre.Del sodalizio di quei primi anni con Ivan ricordo in particolare uno spettacolo sperimentale che curammo assieme, Altri vent'anni, andato in scena il 18 marzo 1966, critico verso le politiche culturali della sinistra dalla Liberazione in poi. Notavamo allora come l'abbandono del concetto stesso di «cultura di classe» tendesse a sospingere le organizzazioni di sinistra «nella direzione della propagazione della cultura oggi più confacente alla società dei consumi e alla forza ideologica che, pur sotto svariate tendenze partitiche si avviava a esserne la coerente espressione politica, ossia la socialdemocrazia». E affermavamo come non ci sembrasse perciò «un aspetto negativo il progressivo svuotamento di tali organizzazioni, il loro abbandono da parte della classe; negativo è semmai che stentino a sorgerne di nuove e intimamente diverse».Tanto per ricordare che certi problemi dell'oggi hanno radici lontane. Quindi, la sinistra italiana, nella quale abbiamo sempre militato in questo o quel raggruppamento, c'è tuttavia sempre andata anche molto stretta. Da cui un nostro permanente essere critici nei suoi confronti e la fama - debbo dire più che meritata - di essere dei rompiballe e dei «provocatori». Molte canzoni e atteggiamenti di Ivan furono infatti espressione di voluta, anche se non sempre ponderata, provocazione politica verso prassi che non si riusciva più ad accettare. Da Nove maggio, che stigmatizza il fatto che Longo e Parri fossero stati nella celebrazione del Ventennale della Liberazione di due mesi prima a fianco di Andreotti, che Ivan cantò perché Cossutta gli aveva detto di non farlo in uno spettacolo abbinato proprio a un comizio di Luigi Longo, all'«Amendoleide», cantata in una sezione del Pci romano: «Amico mio di Roma/ stanotte ho fatto un sogno / tu eri al governo / leggevi l'Unità./ Ma poi mi son svegliato / e ho letto sul giornale / che alle ultime elezioni /a noi è andata male».Il suo modo d'essere lo portava a coniugare comunismo e anarchia, ateismo e cristianesimo, facendolo stare con naturalezza dalla parte di tutti gli sfruttati e di tutti gli emarginati, sino a rivendicare il «diritto alla follia». Ne L'estremista canta: «Rileggo Pasolini / il suo demofascismo/ è oggi la cultura / cresciuta a maggioranza/ e contro Cristo avanza / un clericofascismo / per il diverso e l'altro / c'è zero tolleranza / Rileggo anche Basaglia / e sono nei suoi matti / e sono nei migranti /e in tutti i mentecatti».Ivan è stato parte fondamentale della colonna sonora di una generazione di militanti perché le sue canzoni erano sempre il portato di una ricerca continua delle trasformazioni e di una poetica apparentemente semplice ma che solo lui ha saputo mettere in pratica: «La realtà si impara dove la realtà si fa e così la vita e così il mondo». Questo gli ha permesso di creare veri gioielli come El me gatt, Ballata per l'Ardizzone, Io so che un giorno, Mio Dio Teresa tu sei bella, Creare due, tre, molti Vietnam, la canzone che più incarna lo spirito del '68. E gli ha permesso di essere il cantore della Milano degli anni Cinquanta e del «lungo Sessantotto», quella che forse solo il suo amico Primo Moroni conosceva meglio di lui.Ma ecco, per esempio, come è nata una sua ballata. Nel 1973 lui e Clara vennero a trovarmi a Zaccheo, in Abruzzo, dove passavo le vacanze. L'8 agosto andammo a registrare alla festa di San Donato a Castiglione Messer Raimondo. Dalla processione e dai suoi canti Ivan trasse spunto per quella sua bellissima ballata che è Compagno ti conosco dove si interroga sul simbolismo religioso e laico.Dal 1996 Ivan ha anche fatto il presidente dell'Istituto Ernesto de Martino. Recentemente aveva chiesto di essere sostituito per motivi di salute. Avrebbe dovuto starsene un po' tranquillo ma non ce l'ha fatta a pensionarsi. E' sempre stato goloso di esperienze e ha sempre ingurgitato la vita tutta quanta. A settant'anni non si cambia. Così è morto sul campo, in piena attività.

TAGLIO MEDIO di Gabriele Polo«IL MEA»

Una vita da sovversivo narranteCantastorie, poeta, scrittore: intellettuale non «organico», bensì «rovesciato», per citare un libro del suo maestro, Giovanni Bosio. Questo è stato Luigi Della Mea, per tutti Ivan, per pochi «il Mea»: l'esatto contrario di ciò che è accademia o sapere separato da pratica e senso, l'opposto di impegno politico inteso come un mestiere qualsiasi. Insomma, un militante indipendente che intendeva il comunismo come ricerca e pratica della libertà. Quella di dire e fare cose scomode, soprattutto contro il potere, contro ogni potere. Anche quello che nasce a sinistra, anche quello «tuo personale», come cantava in Lettera a Michele, all'inizio degli anni '70, quando il «personale» non era ancora «politico», ma quando «il Mea» aveva già capito tutto su come le burocrazie potevano trasformare la militanza nell'alienazione dei sovversivi.Ecco, un sovversivo. Questo, nel profondo, era «il Mea», che ha raccontato le alienazioni e contro di esse si è battuto, non solo a parole, semmai usandole per costruire una narrazione comune. Quella indispensabile a capire la costrizione e a cercare di vivere la libertà. Sovversivo con gli altri e con se stesso, contro l'ordine costituito e contro quello «nuovo» dei suoi compagni di strada. Nelle feste dell'Unità e nei picchetti davanti alle fabbriche, nelle canzoni e nei suoi libri. Sovversivo persino con la propria esistenza (raccontata nel libro appena uscito, Se la vita ti dà uno schiaffo, Jaca Book), che ha sottoposto a continui stress, fino alla fine («Mica posso stare fermo, al diavolo i medici e le loro previsioni»).Sovversivo anche con noi, con questo giornale, cui ha dato canzoni e articoli, senza accettare nessun freno. Con quella voce strana su una chitarra rapezzata, con quella scrittura unica su una tastiera da cui a volte «spariva» la punteggiatura. Sarcastico e passionale, tenero e incazzato. Mandandoti al diavolo se non riceveva risposta nel giro di qualche minuto, perché «tutto si può sopportare, tranne il silenzio o l'indifferenza».«Mio il dovere di proporre, tuo il potere di disporre», scriveva a premessa di ciascun articolo che spediva. «Mea, scrivi troppo. E, poi, quale potere... qui siamo tutti schiavi del poco spazio». Sbottava: «Non fare il pirla con me, per quanto poco lo spazio c'è e c'è sempre chi sceglie come usarlo». Se vale per l'avversario - pensava - vale anche per noi. Questa la lezione, che finiva col metterti al muro nel cortocircuito della partecipazione personale: «Se non capite quanto vi voglio bene, sono solo problemi vostri».Ciao «Mea», cantastorie, poeta, scrittore... compagno. Termine da maneggiare con cura, un tempo inflazionato, oggi vilipeso. Con te si poteva usare senza paura di disperderlo o prendersi in giro.

TAGLIO BASSO "A QUEL OMM" Stamattina al Circolo Arci Corvetto il saluto degli amici e familiari
Oggi martedì 16 giugno, alle ore 11, presso il Circolo Arci Corvetto in via Oglio 21 a Milano, il saluto degli amici e dei familiari e l'abbraccio dei compagni dell'istituto Ernesto de Martino. Due anni fa, nel 2007, la Provincia di Milano ha prodotto un videodocumentario «A quel omm», una lunga intervista di quasi un'ora con Ivan Della Mea inframmezzata da filmati d'epoca e materiali originali, regista Isabella Ciarchi, nella collana Gente di Milano. Si comincia dalla scelta del nome, Luigi Della Mea all'anagrafe, ma i ragazzi dell'ex Convitto Rinascita (che poi confluirono in una sezione della gioventù comunista) si erano dati tutti nomi di battaglia russi e lui scelse Ivan. E si passa a raccontarne di ogni genere, da cantante di osteria ad appassionato di ping pong, dal bar Giamaica alla intatta capacità di sognare, con la genesi di «A quel omm», una canzone dedicata agli incontri notturni per le vie del capoluogo lombardo con Elio Vittorini, datata 1974. Pochi mesi fa è uscito «Antologia», il suo ultimo prodotto disocgrafico, un cd con 20 brani- tutti i suoi brani più belli e conosciuti, da «El me gatt» a «L'estremista», da «La nave dei folli» a «O cara moglie» - più un dvd col filmato «A quel omm», tutto su etichetta Alabianca.Per il manifesto aveva pubblicato due cd, «Ho male all'orologio» (1998) e «La cantagranda» (2000), ideati, suonati e realizzati tutti da solo. Aveva problemi da salute da tempo ma ha continuato a fare le cose che amava. In questi ultimi mesi ha ideato una ricerca con l'Arci di Firenze sulla storia delle case del popolo; il 25 aprile aveva suonato per la Festa della Liberazione a Fosdinovo (Carrara) dai compagni degli Archivi della Resistenza; era stato a Sesto Fiorentino all'Istituto Ernesto De Martino, che aveva diretto per 13 anni, per la conferenza stampa della rassegna Incanto; il 12 maggio aveva presentato l'ultimo numero della rivista «il de Martino», ad Acquanegra sul Chiese, paese natale di Gianni Bosio; il 28 maggio aveva suonato a Brescia per ricordare la strage di Piazza della Loggia; sabato 30 maggio era stato con Paolo Pietrangeli e Paolo Ciarchi a Montevarchi a cantare per il '68; il 3 giugno aveva scritto un appello al voto per Rifondazione comunista; venerdì 12 giugno il suo ultimo articolo sul manifesto dal titolo «Brucia compagno brucia».Nelle note di copertina del suo ultimo disco, scriveva «La sinistra per me è stata, è e sempre sarà, «questo pugno che sale - questo canto che va/ è l'Internazionale - un'altra umanità/ Questa lotta che eguale - l'uomo all'uomo farà/ è l'Internazionale. Fu vinta e vincerà». Ecco, vediamo di provare a vincere».

lunedì 15 giugno 2009

FESTA IN ROSSO - VEROLANUOVA



Associazione nazionale di amicizia Italia - Cuba

circolo bassa bresciana


Coordinamento antifascista della bassa bresciana


FESTA IN ROSSO19 - 20 - 21 giugno 2009

stadio di Verolanuova (Bs)


VENERDI 19 GIUGNO

serata antifascista

ore 19.30 aperitivo e visione del documentario

"NE NASCONO ALTRI CENTO" - intervista con Lorenzo Pinto sulla strage di piazza Loggiaa seguire cena sociale


(*)ore 22.00 concerti live: MAGIC CRASHED - DCP


SABATO 20 GIUGNOore 19.30:

aperitivo e reporto dall'Abruzzo "Storie di ordinaria solidarietà"a seguire cena con lo spiedo bresciano del Tachi!!!


(*)ore 22 concerti live: DHOPE - LUCA PAOLETTI & PIGGY BAND


DOMENICA 21 GIUGNO

ore 16 concerti in libertà: BLACK LINE - THE GHABRY - TRISTE COLORE ROSAore 19.30 cena cubana


(*)ore 22.00 latin jazz e musica latino americana con gli AZUCAR


durante tutte le serate sarà sempre attivo il bar, l'enoteca, il ristorante e l'angolo cubano.


cene sociali € 20,00 tutto compreso!!!


prenotazione obbligatoria a: vogliolafesta@yahoo.it

entro mercoledì 17/06


Il ricavato della festa come sempre in beneficenza. Continua il nostro impegno a favore di una scuola "Espécial" di L'Havana, centro didattico e formativo per i bambini davvero "speciali". Sono bambine/i con ritardi neurologici che imparano ad essere indipendenti ed autonomi. A voi tutti quindi chiediamo di partecipare alla festa, di venirci a trovare, di cenare con noi, sapendo che alla fine, a migliaia di chilometri da qui, c'è qualcuno che ci sorride e ci ringrazia.

E' MORTO IVAN DELLA MEA


Si è spenta per sempre la calda, incoraggiante, poderosa voce di Ivan Della Mea.
L’avevamo salutata con affetto lo scorso 28 maggio in Piazza Loggia per quello che è stato forse il suo ultimo concerto.
Linea Indipendente ne piange la scomparsa, stringendosi a tutti i compagni del movimento che in queste ore commossi lo ricordano.


Io so che un giorno
Io so che un giornoverrà da me
un uomo biancovestito di bianco
e mi dirà:«Mio caro amico tu sei stanco»
e la sua manocon un sorriso mi darà.
Mi porterà
tra bianche case
di bianche murain bianchi cieli
mi vestirà
di tela greggia dura e bianca
e avrò una stanza
un letto bianco anche per me.
Vedrò il giorno
e tanta gente
anche ragazzi
di bianco vestiti
mi parleranno
dei loro sogni
come se fossela realtà.
Li guarderòcon occhi calmi
e dirò lorodi libertà;
verrà quell’uomo
con tanti altri forti e bianchi
e al mio lettostretto con cinghie mi legherà.
«La libertà- dirò - è un fatto,
voi mi legate
ma essa resiste».
Sorrideranno:«Mio caro amico tu sei matto,
la libertà,la libertà più non esiste».
Io riderò
il mondo è bello
tutto ha un prezzo
anche il cervello
«Vendilo, amico,con la tua libertà
e un posto avrai
in questa società».
Viva la vita
pagata a rate
con la Seicento
la lavatrice
viva il sistema
che rende uguale e fa felice
chi ha il potere
e chi invece non ce l'ha.
(Ivan Della Mea, 1966)

A chi non conosce Ivan Della Mea consigliamo di
partire da qui
http://it.wikipedia.org/wiki/Ivan_Della_Mea

passare da qui

e finire qui
http://tv.repubblica.it/copertina/addio-a-ivan-della-mea/33887?video

domenica 14 giugno 2009

se dio muore è per tre giorni




Caro William,

La riunione si è tenuta l’11, non il 12 giugno.
Inerte, immatura e inutile: magari si può anche non essere d’accordo sull’aggettivazione, ma nessuno di noi tre sotto casa di Flavio pensava di andare a un funerale.



Il fatalismo lo lasciamo ai pigri, ottusi e servili. Agli accidiosi, per dirla con il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Cercare le ragioni (sono molteplici, purtroppo) della sconfitta è necessario, certo. Lo dice anche Tagliani in apertura della sua lettera di congedo. Per riannodare i fili di un discorso che non possiamo in alcun modo lasciar cadere qui. Non significa “sfogare la nostra rabbia di portatori di valori seri umiliati da portatori di slogan (peraltro maledettamente seri!)”. L’analisi di com’è andata ha più a che fare con la lucida razionalità del post, non con la rabbia (emotivamente motivante, ma poi?).
Ti porgiamo le nostre scuse se come cattolico ti sei sentito offeso dalle “citazioni sul catechismo”. Spero tu sappia che non era nelle nostre intenzioni e non è nelle nostre corde. Noi vogliamo alimentare il dialogo con i cattolici, non l’astio. E su questo da te abbiamo tutto da imparare.



Le riflessioni di Tosi (Roberto) te le giriamo in allegato. Sono giunte (misteri della fede!) solo a Flavio Marcolini. Quelle a cui ti riferisci tu sono di Tosi (Ilario) espresse verbalmente la sera dell’11.
Sulle “arroganti e stupide accuse alla sinistra” di Capra e altri, come si fa a non vedere che la sinistra in Calcinato Migliore ha tenuto durante la campagna elettorale, ha marcato la presenza ai seggi, ha migliorato le posizioni nelle preferenze (dopo essere stata falcidiata in sede di stesura di squadra dal crivello preventivo di Tagliani)? Come si fa a non vedere che quello che è crollato è il voto democristiano? Suvvia, non siamo noi responsabili di quel che succede a sinistra fuori da Calcinato.


Sulla questione dei simboli, Flavio Marcolini ti ricorda sommessamente una conversazione telefonica intercorsa in seguito a un tuo colloquio con don Bernardo. A lui ci rimettiamo.


Sul fatto che a te non pare di “aver rilevato arroganza, da strapotere democristiano”, forse gioverebbe un po’di esercizi sottotestuali a cui ci hanno allenato cinque lunghi defatiganti anni di preconsiliari, nelle quali tutti ci consideravano “il sangue infetto della coalizione” (citazione testuale da un intervento di Tagliani, che noi abbiamo poi lealmente sostenuto in campagna elettorale).


Condividiamo comunque con gli amici del Pd “l’orgoglio per dei valori, non di moda, non vissuti o addirittura rifiutati dalla parte opposta e oltretutto condivisi da tutti e tre i soggetti della nostra lista”. Unitari, ma radicali. Noi almeno.


Marika Legati e i suoi sono piaciuti. Impossibile negarlo. Con i loro simboli e idee. Hanno stravinto. E lì da vedere. Discutiamo poi se a seppellirli sarà il fatalismo di Tagliani o la risata di libertaria memoria. Non è questione di lana caprina; fa parte della strategia che la lista intende darsi in questi anni di opposizione il parlarne, presto e bene.


Sull’atarassia, dribblando wikipedia, noi continuiamo a stare con il vecchio gobbo di Recanati. Lungi dal limitarsi a scimmiottare la “calma grandezza” dello Stoà, Leopardi seppe dare una base razionale al suo modus vivendi operandique, inscrivendolo in un ambito materialista e meccanicista (non è un caso che lo zio Carlo si sia laureato con una tesi su Epicuro!) che vede nella sensibilità e nel desiderio la fonte di ogni dolore. Basta osservare i dati sensibili ed empiricamente catalogabili della natura umana per rendersi conto che a maggior desiderio corrisponde maggior dolore (“più conosci, più soffri” – per dirla con PPP) in quanto tendere verso ciò di cui siam privi genera sofferenza. Se ne esce quindi dalla parte della verità, non da quella della felicità, distaccando (mediante la res cogitans) la res extensa da qualunque coinvolgimento troppo intenso e vincolante.
Non è vero - come tu scrivi - che nessuna retta conoscenza sia possibile. Non ti ricordi più nemmeno di Simone Weil? Noi non saremo felici, ma nemmeno così confusi come ci dipingi, pur ciascuno con le sue personali convinzioni su come risalire la china della disfatta subita.


Sulle due opzioni per martedì sera, ne parliamo de visu. Quando vuoi. Come sempre, fraternamente.


flavio (marcolini) e flavio (vida)

PROPOSTE DA SINISTRA

A FLAVIO MARCOLINI, FLAVIO VIDA E GIANNI ALESSI
Ho messo in "colonna" alcune riflessioni e la mia personalissima proposta, di cui si parlava in piazza...ve le affido, fatene ciò che volete, e sottoponetele pure quando e a chi vi pare per le decisioni che dovrete assumere da qui in avanti:
1. l'esperienza della Lista per Calcinato tra 2004 e 2009 e le elezioni comunali dimostrano che non solo si è esaurito il bacino elettorale e di consenso diffuso dei democristiani (hanno solo il voto di "opinione" nazionale e non reggono neanche con le preferenze, loro storica risorsa finchè erano al governo del paese...), ma soprattutto che sono a un livello bassissimo di personale politico e di capacità di elaborazione;
2. nei prossimi anni, oltre a fare opposizione in maniera dignitosa (l'ultimo libretto elettorale è l'esempio di cosa non bisogna fare: rincorsa alla destra sulla sicurezza e accuse di scempi urbanistici che dovrebbero invece ricadere sulla dirigenza democristiana degli ultimi 15 anni e consigliare un’inversione di rotta...), bisogna marcare una presenza alternativa alle destre e, possibilmente, provare a ricontrattare con i democristiani da posizioni maggiormente di forza per le prossime scadenze elettorali (vi assicuro che mi sto facendo violenza scrivendo queste cose…). Ciò che è successo dimostra che lo schema che ci trasciniamo dal 1995 della sinistra debole e non strutturata che prova ad influire sulle scelte dei democristiani "forti", parassitando il loro consenso elettorale per accedere alla rappresentanza e provare a cambiare le cose, non può più funzionare, per il semplice motivo che loro non hanno più un consenso decisivo;
3. per ricostruire (o meglio: costruire una buona volta...) la nostra presenza sono convinto che serva autonomia e spirito di sana concorrenza nei confronti dei democristiani, arrivo a dire un po’ di “orgoglio” di parte; sono convinto che non serva logorarsi in inutili mediazioni all'opposizione, che serva dimostrare ogni volta e senza indugi che siamo più "bravi" di loro nel fare opposizione e nel proporre ciò che può provare a cambiare il senso comune del paese...
4. per fare questo, nei confronti di chi è interessato a seguirci e soprattutto nei confronti dei democristiani stessi, il passaggio a mio parere ineludibile è il gruppo consiliare autonomo...certo come premessa di molto di più, ma il "gesto" deve essere chiaro: un'alleanza così, a queste condizioni e con questi rapporti di forza, la prossima volta è inutile per noi e, cosa più importante, è inutile per combattere le destre...
5. secondo me questa scelta politica, se fatta, andrebbe fatta subito, dichiarandola esplicitamente (proprio come primo atto di autonomia) e non come esito negativo di una "trattativa" sul capogruppo...fatta poi a metà legislatura, magari dopo contrasti interni (ancor più laceranti in quanto inutili, visto che si è all’opposizione), non sarebbe più recuperabile in prospettiva 2014...
6. quanto sopra naturalmente è un discorso un po' troppo astratto e che sa di alchimia politica...come "sinistra" dovremo confrontarci sui contenuti, ma proprio il confronto tra noi, per essere più "produttivo", non dovrebbe avere, almeno per un tratto di strada, il "convitato di pietra" dei democristiani...Un saluto a voi e a tutti!
Mario Carleschi

RIFLESSIONI PREVENTIVE ALLA RIUNIONE

Ogg: Re: convocazione riunione sostenitori lista "Calcinato migliore"

Per arrivare alla riunione del 11 c.m (o 18 come preavvisato da Capra) credo sia opportuno che ognuno trovi un attimo di tempo per una valutazione dei punti sottoindicati e arrivare alla riunione stessa con considerazioni che non siano di accusa ma di PROPOSTA per una seria valutazione del risultato del voto ma anche per come si e’ arrivati a questo :

- il ritardo con cui si e’ deciso la candidatura di Tagliani sindaco
- la scelta da parte del Comitato dei saggi per la scelta delle candidature
-la campagna elettorale
-il comportamento nella campagna elettorale
-la presenza ai seggi
- la mancata grinta nella propaganda e allargamento della stessa a provinciali e Europee

La prima cosa comunque che mi sento di dire e’ un grazie ai giovani che sono stati coinvolti ma che forse abbiamo lasciati un po’ allo sbaraglio e la loro riconferma per la prossima tornata con la opportunita’ di essere nominati da subito nelle commissioni comunali mi sembra il minimo risarcimento possibile

….

A margine alcune considerazioni circa:

- l’opportunita’ (non capita) di sbaragliare il campo degli avversari con un eventuale “aiuto” alla ex vice-sindaco di presentarsi da sola (Cfr. Montichiari)
- positivo non aver invece “aiutato” Goglioni ad una sua lista che avrebbe sicuramente drenato ulteriori nostri voti
- il mancato inserimento della componente socialista nei candidati (cfr risultati della lista avversaria che ha fatto eleggere ben tre persone legate a “vecchi esponenti del socialismo calcinatese" che di fatto pone dei seri ostacoli ad una loro “unificazione” per il futuro al nostro fianco

…..

Invio queste mie “provocazioni” con la promessa che partecipero’ alle riunioni ma che spesso non riesco a mantenere per la priorita’ a una bimba che a quelle ore necessita’ della mia presenza.

Chi vuole puo’ inviarmi commenti , magari utilizzando tutti gli indirizzi e.mail in modo da far partire da subito una bella e serena discussione

Grazie a tutti

Roberto Tosi

IL FATALISMO E' TUTTO QUELLO CHE CI RESTA ?

siamo molto felici di aver ricevuto questa mail da william; qualora emergessero ulteriori punti di vista, VI PREGHIAMO di inviarceli e provvederemo a pubblicarli.
A Flavio da William, con preghiera di pubblicazione sul blog di Linea Indipendente

A proposito di “look back in anger!”

Punto per punto (parimenti in ordine sparso)

La riunione del 12 giugno era inerte, immatura e inutile: che altro si può dire a un funerale? Il fatalismo è quasi tutto quel che ci resta.
Qualcuno di noi può onestamente dirsi accollato e adeguato oggi, in quest’Europa, in quest’Italia, in questa Calcinato? Attenzione: pensare bene prima di rispondere.
Cercare la vera ragione della sconfitta: sarà utile? Per cosa? Per sfogare la nostra rabbia di portatori di valori seri umiliati da portatori di slogan (peraltro maledettamente seri!)?
Le citazioni sul catechismo sono personalmente offensive e inopportune: alimentano l’astio di quei cattolici che ricordano e hanno sempre e solo ben presente come contenuti della sinistra l’anticlericalismo e l’oppio dei popoli.
Le riflessioni di Tosi a cui ti riferisci non le ho ricevute e quelle che ha espresso in sede di riunione le ho ascoltate, condivise e accettate come una parte del tutto (lutto, luoghi comuni, fatalismo, umiliazione, rabbia ... tutto quel che si può dire e fare ad un funerale, ripeto!).
Mi consta che le “arroganti e stupide accuse alla sinistra” fossero quelle espresse dal consigliere Capra, che esprimeva rincrescimento perchè la sinistra radicale, per colpa di un eccessivo spezzettamento, dovuto ad un desiderio di fare distinguo sempre più sottili, non ha portato neppure un deputato in Europa; questo pensiero mi è stato espresso poche settimane fa dall’amico e compagno Gianni perfino con maggior veemenza.
E non c’entrano i simboli? Ma se ho sentito anche te esprimere questa preoccupazione prima delle elezioni!
Ad un funerale si è tutti un po’ inetti e amareggiati. Non mi pare di aver rilevato arroganza, da strapotere democristiano, ma orgoglio per dei valori, non di moda, non vissuti o addirittura rifiutati dalla parte opposta e oltretutto condivisi da tutti e tre i soggetti della nostra lista.
La realtà dice altre cose, scrivi: che la Legati e i suoi sono piaciuti. O lei o i suoi simboli o le sue idee: mi pare di aver sentito dire che costoro sono “in” oggigiorno. Nessuno ne ride, anzi... dire che il giocattolo si romperà è un pio (e mi associo a questo sentire) desiderio più che una previsione.
Le recriminazioni sulla formazione delle liste, sull’estensione del programma, su quegli scheletri rinchiusi di cui parli non sono in grado di giudicarli, perché sono arrivato a giochi già fatti. Però l’atteggiamento che vedo non è sicuramente “atarassico” come scrivi più avanti e nemmeno pacifico, ma, al contrario, colmo di rabbia e di invettive al centro e a destra (non a manca). Non c’è sugo, né utilità, né futuro, né necessità, né piacere (se non un sadismo che non ti conoscevo o un masochismo che non ti auguro) e neppure strategia politica.
Ti propongo non la atarassia epicurea (assenza di dolore per voluta assenza di desiderio) che peraltro non hai affatto esercitato in questa occasione, neppure l’apatia stoica (assenza di dolore per riconosciuta provvidenzialità e razionalità di ciò che accade - l’amor fati che tu contesti ai convenuti PDisti -), ma piuttosto l’atarassia scettica (assenza di dolore perchè nessuna retta conoscenza è possibile), più consona alla confusione del nostro quotidiano politico.
Infine, verrò martedì sera con le uniche due opzioni che questo tuo atteggiamento mi lascia: la prima dare le dimissioni (anche se giuro che mi interessa per davvero fare questa esperienza, anche come 2 di coppe) perché non mi va di rimanere dilaniato dal tentare di lavorare serenamente con dei collaboratori e compagni di strada e avere una base (se il pensiero è condiviso dalla base) che mi dice continuamente “occhio al demonio democristiano”; la seconda opzione è fare due gruppi consiliari di opposizione: è così trendy!
William Spassini

venerdì 12 giugno 2009

LOOK BACK IN ANGER

La riunione di ieri sera ha confermato quanto sia sterile l'atteggiamento del centro sisnistra. Una serie di considerazioni inerti, immature ed inutili che continuavano ad eludere il problema della sconfitta elettorale, dello scollamento dalla vita civile, sociale, economica e politica del paese, dell'inadeguatezza della dirigenza dei partiti aderenti.
Si è preferito rimenere nell'ambito della metafisica, con un atteggiamento impotente di fronte all'ineluttabilità del fato.
Questa è il pensiero emerso: si è perso perchè è andata così.
La riflessione ha fatto un passettino avanti quando è stato introdotto il tema escatologico (cosa aspettarsi da una riunione di catechismo?) con la preghiera per le morti della lega e di berlusconi.
Non una parola su quanto era girato in casella di posta agli invitati; riflessioni coerenti e realiste poste da Tosi, che dovevano essere il punto di partenza sedimentato per articolare una seria fenomenologia della sconfitta.
Tutti hanno invece fatto finta di niente; la colpa altro bel tema da catechismo, è dei simboli!! (della lega e del PdL, presenti sulla scheda). passiamo così all'iconoclastia.
Per non citare le arroganti e stupide accuse alla sinistra, causa prima, se non unica, dei mali del mondo.
Inettitudine è l'aggettivo che meglio identifica le posizioni sorte ieri sera. Ancora una volta, rinchiusoi in una torre d'avorio, memoria dello stradominio degli anni ottanta democristiani, gran parte dell'establishment del PD ha la presunzione di stare dalla aprte giusta, sempre e comunque, lanciando accuse a destra e a manca, evitando (anzi, non ponendosi neanche il problema) di fare valutazioni su quanto accaduto.
Possiamo tranquillamente andare avanti per cinque anni a trovarci e dirci che siamo meglio noi (noi chi, tra l'altro?), che l'egemonia culturale è la nostra (nostra di chi??), che siamo più seri, rispettabili, preparati, capaci, belli e simpatici.
Possiamo, certo. E gli anni di opposizione non saranno cinque; ma diventeranno venti.
Perchè la realtà dice altre cose: che il candidato sindaco avversario è piaciuto, ha dimostrato capacità di convincimento e coinvolgimento(anche emotivo) incredibile e partecipato; la lista ha ottenuto apprezzamenti e consensi, anche nelle giovani proposte; ha ottenuto un consenso di massa di 700 voti superiore a quello di 5 ani fa, considerando l'altissima astensione che ha caratterizzato queste elezioni (1700 calcinatesi hanno preferito non esprimersi).
Qualcuno ride di questo, forte di non so quale presunzione. Crediamo si debba riflettere piuttosto; iniziando a portare rispetto per l'esito elettorale.
Botticino, Rezzato, Castenedolo, Carpenedolo, Pralboino, Iseo, Manerba, Padenghe, Salò... non sono realtà anni luce distanti da Calcinato. Eppure il centrosinistra ha stravinto.
Quando non sarà tabù parlare di come è stata gestita la formazione della lista, della scelta del candidato, dei tempi imposti dal PD, della scrittura a porte chiuse ed in camera segreta del programma, con cassazione di tutti gli emendamenti apportati, della campagna elettorale, delle scelte grafiche e divulgative, della presenza ai seggi, delle rappresentanze di lista e dei valori (e degli scheletri nell'armadio) di cui questo carrozzone politico è portatore, allora avremo fatto un passo da gigante, verso la riscossa, quantomeno personale, della coalizione.
Nel frattempo l'atarassia, il distacco epicureo, rimane il nostro atteggiamento. Ascoltando, rimanendo in silenzio, le invettive (anche nei nostri confronti) degli sconfitti.
Non è più tempo di arrabbiarsi per le solite cose.
Dont' look back in Anger.
LineaIndipendente si trova martedì sera, in piazza Repubblica alla sala civica Morelli ale 20.30.
Parleremo di John Osborne, di disponibilità per le commissioni, di unità della sinistra e di un progetto che alcuni compagni di Castiglione vogliono proporci.

giovedì 11 giugno 2009

IL NAUFRAGIO DELLA SPERANZA

Stasera presso la sede della lista in via XX settembre, assemblea generale dei sostenitori; all'ordine del giorno tutto quanto concerne il naufragio della speranza di caspar friedrich ed il naufragio elettorale della lista.
L'appuntamento è alle 20.45, o alle 20.30 in via carlo alberto, per i compagni di LineaIndipendente. così facciamo la strada assieme.
I capitani decideranno di affondare con la nave?