domenica 14 giugno 2009

IL FATALISMO E' TUTTO QUELLO CHE CI RESTA ?

siamo molto felici di aver ricevuto questa mail da william; qualora emergessero ulteriori punti di vista, VI PREGHIAMO di inviarceli e provvederemo a pubblicarli.
A Flavio da William, con preghiera di pubblicazione sul blog di Linea Indipendente

A proposito di “look back in anger!”

Punto per punto (parimenti in ordine sparso)

La riunione del 12 giugno era inerte, immatura e inutile: che altro si può dire a un funerale? Il fatalismo è quasi tutto quel che ci resta.
Qualcuno di noi può onestamente dirsi accollato e adeguato oggi, in quest’Europa, in quest’Italia, in questa Calcinato? Attenzione: pensare bene prima di rispondere.
Cercare la vera ragione della sconfitta: sarà utile? Per cosa? Per sfogare la nostra rabbia di portatori di valori seri umiliati da portatori di slogan (peraltro maledettamente seri!)?
Le citazioni sul catechismo sono personalmente offensive e inopportune: alimentano l’astio di quei cattolici che ricordano e hanno sempre e solo ben presente come contenuti della sinistra l’anticlericalismo e l’oppio dei popoli.
Le riflessioni di Tosi a cui ti riferisci non le ho ricevute e quelle che ha espresso in sede di riunione le ho ascoltate, condivise e accettate come una parte del tutto (lutto, luoghi comuni, fatalismo, umiliazione, rabbia ... tutto quel che si può dire e fare ad un funerale, ripeto!).
Mi consta che le “arroganti e stupide accuse alla sinistra” fossero quelle espresse dal consigliere Capra, che esprimeva rincrescimento perchè la sinistra radicale, per colpa di un eccessivo spezzettamento, dovuto ad un desiderio di fare distinguo sempre più sottili, non ha portato neppure un deputato in Europa; questo pensiero mi è stato espresso poche settimane fa dall’amico e compagno Gianni perfino con maggior veemenza.
E non c’entrano i simboli? Ma se ho sentito anche te esprimere questa preoccupazione prima delle elezioni!
Ad un funerale si è tutti un po’ inetti e amareggiati. Non mi pare di aver rilevato arroganza, da strapotere democristiano, ma orgoglio per dei valori, non di moda, non vissuti o addirittura rifiutati dalla parte opposta e oltretutto condivisi da tutti e tre i soggetti della nostra lista.
La realtà dice altre cose, scrivi: che la Legati e i suoi sono piaciuti. O lei o i suoi simboli o le sue idee: mi pare di aver sentito dire che costoro sono “in” oggigiorno. Nessuno ne ride, anzi... dire che il giocattolo si romperà è un pio (e mi associo a questo sentire) desiderio più che una previsione.
Le recriminazioni sulla formazione delle liste, sull’estensione del programma, su quegli scheletri rinchiusi di cui parli non sono in grado di giudicarli, perché sono arrivato a giochi già fatti. Però l’atteggiamento che vedo non è sicuramente “atarassico” come scrivi più avanti e nemmeno pacifico, ma, al contrario, colmo di rabbia e di invettive al centro e a destra (non a manca). Non c’è sugo, né utilità, né futuro, né necessità, né piacere (se non un sadismo che non ti conoscevo o un masochismo che non ti auguro) e neppure strategia politica.
Ti propongo non la atarassia epicurea (assenza di dolore per voluta assenza di desiderio) che peraltro non hai affatto esercitato in questa occasione, neppure l’apatia stoica (assenza di dolore per riconosciuta provvidenzialità e razionalità di ciò che accade - l’amor fati che tu contesti ai convenuti PDisti -), ma piuttosto l’atarassia scettica (assenza di dolore perchè nessuna retta conoscenza è possibile), più consona alla confusione del nostro quotidiano politico.
Infine, verrò martedì sera con le uniche due opzioni che questo tuo atteggiamento mi lascia: la prima dare le dimissioni (anche se giuro che mi interessa per davvero fare questa esperienza, anche come 2 di coppe) perché non mi va di rimanere dilaniato dal tentare di lavorare serenamente con dei collaboratori e compagni di strada e avere una base (se il pensiero è condiviso dalla base) che mi dice continuamente “occhio al demonio democristiano”; la seconda opzione è fare due gruppi consiliari di opposizione: è così trendy!
William Spassini

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