Caro William,
La riunione si è tenuta l’11, non il 12 giugno.
Inerte, immatura e inutile: magari si può anche non essere d’accordo sull’aggettivazione, ma nessuno di noi tre sotto casa di Flavio pensava di andare a un funerale.
Il fatalismo lo lasciamo ai pigri, ottusi e servili. Agli accidiosi, per dirla con il Catechismo della Chiesa Cattolica.
Cercare le ragioni (sono molteplici, purtroppo) della sconfitta è necessario, certo. Lo dice anche Tagliani in apertura della sua lettera di congedo. Per riannodare i fili di un discorso che non possiamo in alcun modo lasciar cadere qui. Non significa “sfogare la nostra rabbia di portatori di valori seri umiliati da portatori di slogan (peraltro maledettamente seri!)”. L’analisi di com’è andata ha più a che fare con la lucida razionalità del post, non con la rabbia (emotivamente motivante, ma poi?).
Ti porgiamo le nostre scuse se come cattolico ti sei sentito offeso dalle “citazioni sul catechismo”. Spero tu sappia che non era nelle nostre intenzioni e non è nelle nostre corde. Noi vogliamo alimentare il dialogo con i cattolici, non l’astio. E su questo da te abbiamo tutto da imparare.
Le riflessioni di Tosi (Roberto) te le giriamo in allegato. Sono giunte (misteri della fede!) solo a Flavio Marcolini. Quelle a cui ti riferisci tu sono di Tosi (Ilario) espresse verbalmente la sera dell’11.
Sulle “arroganti e stupide accuse alla sinistra” di Capra e altri, come si fa a non vedere che la sinistra in Calcinato Migliore ha tenuto durante la campagna elettorale, ha marcato la presenza ai seggi, ha migliorato le posizioni nelle preferenze (dopo essere stata falcidiata in sede di stesura di squadra dal crivello preventivo di Tagliani)? Come si fa a non vedere che quello che è crollato è il voto democristiano? Suvvia, non siamo noi responsabili di quel che succede a sinistra fuori da Calcinato.
Sulle “arroganti e stupide accuse alla sinistra” di Capra e altri, come si fa a non vedere che la sinistra in Calcinato Migliore ha tenuto durante la campagna elettorale, ha marcato la presenza ai seggi, ha migliorato le posizioni nelle preferenze (dopo essere stata falcidiata in sede di stesura di squadra dal crivello preventivo di Tagliani)? Come si fa a non vedere che quello che è crollato è il voto democristiano? Suvvia, non siamo noi responsabili di quel che succede a sinistra fuori da Calcinato.
Sulla questione dei simboli, Flavio Marcolini ti ricorda sommessamente una conversazione telefonica intercorsa in seguito a un tuo colloquio con don Bernardo. A lui ci rimettiamo.
Sul fatto che a te non pare di “aver rilevato arroganza, da strapotere democristiano”, forse gioverebbe un po’di esercizi sottotestuali a cui ci hanno allenato cinque lunghi defatiganti anni di preconsiliari, nelle quali tutti ci consideravano “il sangue infetto della coalizione” (citazione testuale da un intervento di Tagliani, che noi abbiamo poi lealmente sostenuto in campagna elettorale).
Condividiamo comunque con gli amici del Pd “l’orgoglio per dei valori, non di moda, non vissuti o addirittura rifiutati dalla parte opposta e oltretutto condivisi da tutti e tre i soggetti della nostra lista”. Unitari, ma radicali. Noi almeno.
Marika Legati e i suoi sono piaciuti. Impossibile negarlo. Con i loro simboli e idee. Hanno stravinto. E lì da vedere. Discutiamo poi se a seppellirli sarà il fatalismo di Tagliani o la risata di libertaria memoria. Non è questione di lana caprina; fa parte della strategia che la lista intende darsi in questi anni di opposizione il parlarne, presto e bene.
Sull’atarassia, dribblando wikipedia, noi continuiamo a stare con il vecchio gobbo di Recanati. Lungi dal limitarsi a scimmiottare la “calma grandezza” dello Stoà, Leopardi seppe dare una base razionale al suo modus vivendi operandique, inscrivendolo in un ambito materialista e meccanicista (non è un caso che lo zio Carlo si sia laureato con una tesi su Epicuro!) che vede nella sensibilità e nel desiderio la fonte di ogni dolore. Basta osservare i dati sensibili ed empiricamente catalogabili della natura umana per rendersi conto che a maggior desiderio corrisponde maggior dolore (“più conosci, più soffri” – per dirla con PPP) in quanto tendere verso ciò di cui siam privi genera sofferenza. Se ne esce quindi dalla parte della verità, non da quella della felicità, distaccando (mediante la res cogitans) la res extensa da qualunque coinvolgimento troppo intenso e vincolante.
Non è vero - come tu scrivi - che nessuna retta conoscenza sia possibile. Non ti ricordi più nemmeno di Simone Weil? Noi non saremo felici, ma nemmeno così confusi come ci dipingi, pur ciascuno con le sue personali convinzioni su come risalire la china della disfatta subita.
Sulle due opzioni per martedì sera, ne parliamo de visu. Quando vuoi. Come sempre, fraternamente.
flavio (marcolini) e flavio (vida)
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