martedì 28 gennaio 2014

Where has Pete Seeger gone?

Sembrava una immortale torre di guardia. E' invece è volato via dalla terra nella giornata di ieri, al New York Pre­sbi­te­rian Hospi­tal, alla veneranda età di 94 anni, il più longevo folksinger ame­ri­cano, quel magico folletto che rispondeva al nome di Pete See­ger.
 Nato il 3 mag­gio 1919, per quasi un secolo c'è sempre stato in ogni battaglia nonviolenta in difesa degli oppressi, della cultura e dell'ambiente, questa vera e propria leg­genda del folk e dell’impegno poli­tico, che ha rea­liz­zato oltre 100 album durante la sua lunga car­riera, scrivendo e cantando canzoni che tutti conoscono: da "If I had a hammer" a "Where have all the flo­wers gone?", che è diventata nei decenni la can­zone antimilitarista per eccel­lenza. 
 Impensabili senza di lui gli itinerari umani, artistici e politici di Bob Dylan e Joan Baez. Seger è stato attivo fino all’ultimo - a set­tem­bre l'ultimo concerto dal vivo al Farm Aid al Sara­toga Per­for­ming Arts Cen­ter di Sara­toga Springs, insieme con Wille Nel­son, Neil Young, John Mel­len­camp e Dave Mat­thews.

mercoledì 22 gennaio 2014

Le parole insidiose

Il filosofo del linguaggio Jason Stanley (Yale University) venerdì prossimo terrà una conferenza alle ore 16.30 all'Auditorium di Roma, nell'ambito del Festival delle Scienze. Il quotidiano il manifesto ieri ne ha anticipato un estratto che di seguito pubblichiamo.

Pla­tone  aveva una scarsa con­si­de­ra­zione della demo­cra­zia. Rite­neva che la poli­tica fosse un’arte ed era con­vinto che per com­pren­dere l’essenza di quell’arte biso­gnasse avere delle com­pe­tenze. Il filo­sofo ha sem­pre soste­nuto che non c’è alcuna spe­ranza che la mol­ti­tu­dine possa con­se­guire le abi­lità richie­ste per gover­nare, poi­ché viene facil­mente ingan­nata dai sofi­sti. Da ciò ne è con­se­guito, per il pen­sa­tore greco, un rifiuto netto per la demo­cra­zia come sistema di potere pra­ti­ca­bile. È «pro­ba­bile che le ori­gini della tiran­nia si tro­vino pro­prio in un regime demo­cra­tico e in nes­sun altro luogo» (Pla­tone, La Repub­blica). Un giu­sto sistema di governo deve inse­diare al potere i filo­sofi, sono loro gli unici in grado di com­pren­dere l’essenza delle cose.
Pla­tone aveva ragione a con­si­de­rare le sue opi­nioni incom­pa­ti­bili con la demo­cra­zia. L’idea che i cit­ta­dini non siano capaci di dare giu­dizi sull’amministrazione pub­blica, che l’economia e la poli­tica siano aree di com­pe­tenza, come il campo medico, è qual­cosa di pro­fon­da­mente anti­de­mo­cra­tico. Cosa è neces­sa­rio dun­que per una demo­cra­zia al fine di evi­tare la minac­cia che si «tra­sformi in tiran­nia»? Secondo quanto affer­mato da molti stu­diosi, la demo­cra­zia esige una cit­ta­di­nanza infor­mata, qual­cuno che possa impe­gnarsi in dibat­titi pub­blici moti­vati su que­stioni poli­ti­che. È uno stan­dard elevato.
Un’idea più «mode­sta» dei requi­siti neces­sari alla demo­cra­zia è tut­ta­via difen­di­bile: i cit­ta­dini devono avere una ragio­ne­vole capa­cità nel rico­no­scere quando un’azione poli­tica viene fatta nel loro inte­resse. La visione di Pla­tone è anti­de­mo­cra­tica per­ché parte dal pre­sup­po­sto che anche que­sto livello sia troppo alto. La mol­ti­tu­dine sarà sem­pre ingan­nata dalla pro­pa­ganda e dalla falsa reto­rica, indotta a votare con­tro i pro­pri interessi.
Una pro­fonda com­pren­sione di come il lin­guag­gio venga uti­liz­zato per insi­diare la demo­cra­zia stessa è, quindi, essen­ziale in ogni stato democratico.
Non è neces­sa­ria nes­suna spe­cia­liz­za­zione in filo­so­fia del lin­guag­gio o in lin­gui­stica per riu­scire a indi­vi­duare alcuni usi della pro­pa­ganda. Per esem­pio, è pra­tica comune negli Stati Uniti dare un nome fuor­viante ai dise­gni di legge. Quello del 2001, che ha per­messo alle forze gover­na­tive di vio­lare la Costi­tu­zione degli Stati Uniti, con lo spio­nag­gio dei suoi cit­ta­dini, senza un man­dato, è stato chia­mato «Patriot Act», un nome che ha inde­bo­lito la pos­si­bi­lità di fare opposizione.
Più di recente, nel novem­bre 2013, la Camera dei Rap­pre­sen­tanti ame­ri­cana ha appro­vato la legge «Swap Regu­la­tory Impro­ve­ment Act». Il nome del dise­gno di legge sug­ge­riva che quel dispo­si­tivo avrebbe dovuto miglio­rare la rego­la­men­ta­zione del mer­cato nel campo dei deri­vati, lo stesso che pro­vocò il crollo del sistema finan­zia­rio mon­diale nel 2008 e obbligò al sal­va­tag­gio di grandi isti­tu­zioni finan­zia­rie in Usa. Eppure, scritto quasi inte­ra­mente dalla mega­banca Citi­group, il dise­gno di legge per­mette pro­prio alle ban­che di uti­liz­zare i depo­siti assi­cu­rati dal governo fede­rale per spe­cu­lare sul mer­cato dei deri­vati. Tutela in tal modo le stesse ban­che: saranno infatti nuo­va­mente «sal­vate» se i mer­cati dei deri­vati, ancora una volta, subi­ranno un col­lasso. È que­sto in realtà l’unico «miglio­ra­mento nor­ma­tivo» che il dise­gno di legge propone.
La stra­te­gia è par­ti­co­lar­mente dif­fusa nella poli­tica eco­no­mica, in cui le parole uti­liz­zate per rac­con­tare ciò che sta acca­dendo con gli Stati ven­gono pre­le­vate dai con­te­sti che descri­vono le finanze di una fami­glia nor­male. La parola «debito» è diversa se appli­cata all’Unione euro­pea, che può stam­pare la pro­pria moneta, piut­to­sto che ad una fami­glia, che non può farlo. Ma un capo­fa­mi­glia, che si iden­ti­fica in colui che cerca di evi­tare di debito, può essere ingan­nato e appog­giare poli­ti­che che, di fatto, vanno con­tro gli inte­ressi della sua fami­glia; l’imbroglio sta nell’incapacità di com­pren­dere che «debito» signi­fica qual­cosa di molto dif­fe­rente se riguarda un governo o una unione politica.
Ci sono poi forme più sot­tili di pro­pa­ganda, per le quali un’analisi det­ta­gliata del lin­guag­gio e dell’uso lin­gui­stico risulta assai utile. I lin­gui­sti distin­guono tra ciò che è pre­sup­po­sto da un enun­ciato e il punto focale del mede­simo. Chi è in disac­cordo, deve accet­tare prima i pre­sup­po­sti di quell’enunciato. Se affermo: «È Gio­vanni che ha risolto il pro­blema», e qual­cuno non è d’accordo, deve sug­ge­rire che un altro abbia agito. È dif­fi­cile dire «no» e voler con ciò asse­rire che il pro­blema non sia stato affatto risolto. L’espressione «È Gio­vanni che ha risolto il pro­blema» fa pre­su­mere che qual­cuno lo abbia comun­que districato.
Allo stesso modo: «È stato il pre­si­dente Obama a cau­sare il disa­stro», ci dice qual­cosa circa il suo ten­ta­tivo di ampliare l’accesso alle cure sani­ta­rie, ma ipo­tizza che la legge sani­ta­ria sia cata­stro­fica, affer­mando però che la causa è pro­prio il pre­si­dente Obama (piut­to­sto che le assi­cu­ra­zioni sani­ta­rie). L’attenzione al dibat­tito in lin­gui­stica circa il «pre­sup­po­sto» è essen­ziale per com­pren­dere a fondo cosa stia accadendo.
Un altro tipo di esem­pio. Lo slo­gan di canale Fox descrive l’emittente come «impar­ziale ed equi­li­brata». Ma è abba­stanza ovvio, anche al suo stesso pub­blico, che il canale Fox News non sia né l’uno né l’altro. La ragione per cui sfog­gia que­sto slo­gan è quello di invi­tare a pen­sare che non esi­ste qual­cosa che sia giu­sto ed equi­li­brato — che non vi è alcuna pos­si­bi­lità di dare noti­zie obiet­tive, esi­ste solo la pro­pa­ganda. Lo scopo è quello di insi­nuare che tutti i media siano gene­ral­mente insin­ceri. Gli effetti di un tale pre­giu­di­zio sono evi­denti nelle società in cui i media sta­tali usano il lin­guag­gio sol­tanto come un mec­ca­ni­smo di con­trollo, invece che come fonte di infor­ma­zione. I cit­ta­dini che cre­scono in uno stato in cui le auto­rità distri­bui­scono esclu­si­va­mente pro­pa­ganda non svi­lup­pano alcuna dome­sti­chezza con i mec­ca­ni­smi della fiducia.
Quindi, anche se i mem­bri di quella società hanno accesso a noti­zie atten­di­bili, magari via Inter­net, non si fidano. Sono adde­strati al sospetto. Senza fidu­cia, non vi è alcun modo, per qual­siasi spea­ker, di essere preso sul serio nel pub­blico domi­nio. Il risul­tato di que­sto atteg­gia­mento? È una società in cui le distin­zioni tra poli­tici e clo­wns svaniscono.
Uno Stato demo­cra­tico è quello in cui l’ingresso delle per­sone comuni nelle scelte poli­ti­che le rende legit­time. Ma la dif­fu­sione e l’accettazione della pro­pa­ganda da parte dei poli­tici e dei media mina la pre­gnanza della loro par­te­ci­pa­zione. Se l’opinione pub­blica è stata diso­rien­tata dalla pro­pa­ganda costruita da chi detiene il potere, l’entrata in poli­tica dei cit­ta­dini è irri­le­vante e lo stato non demo­cra­tico. Uno Stato demo­cra­tico neces­sita una cit­ta­di­nanza sem­pre vigile, in grado di moni­to­rare e punire i suoi poli­tici e i media quando pie­gano il lin­guag­gio ad un mec­ca­ni­smo di con­trollo, dimen­ti­cando che è invece una fonte di informazione.

martedì 21 gennaio 2014

Un interprete della civiltà



Clau­dio Abbado si è spento nella sua casa di Bolo­gna, dopo una lunga malat­tia che, alla fine, ha avuto ragione della sua fibra, ormai inde­bo­lita. Fino all’ultimo ha col­ti­vato la spe­ranza di dar vita a nuovi pro­getti, con la ferma con­vin­zione che sarebbe riu­scito ancora una volta a vin­cere la stan­chezza e a salire sul podio. Espri­mere la bel­lezza attra­verso il dono della musica è sem­pre stata, per Abbado, una que­stione di civiltà, prima ancora che l’orizzonte natu­rale della sua espe­rienza di vita.
L’amore per la musica rap­pre­sen­tava infatti il perno dell’esistenza di Abbado, nato a Milano nel 1933 e cre­sciuto in una casa che ruo­tava in maniera vir­tuosa attorno all’attività del padre Miche­lan­gelo, vio­li­ni­sta e pro­fes­sore al Con­ser­va­to­rio di Milano, e allo stu­dio musi­cale dei figli, tutti desti­nati a lasciare un’impronta nella vita musi­cale, tranne il minore, Gabriele, dive­nuto archi­tetto. Mal­grado i disa­stri della guerra e le atro­cità del regime, i geni­tori di Abbado riu­sci­rono in maniera ammi­re­vole a pre­ser­vare l’humus arti­stico di fami­glia e a instil­lare nel gio­vane Clau­dio la disci­plina dello stu­dio e il rispetto per il lavoro. Molto pre­sto, quel ragazzo, allievo per la com­po­si­zione di Gior­gio Fede­rico Ghe­dini e per la dire­zione d’orchestra di Anto­nino Votto al Con­ser­va­to­rio di Milano, comin­ciò a mostrarsi gra­ziato da un cari­sma spe­ciale. Subito gli si aprì la strada per Vienna, dove potè svi­lup­pare il suo talento a con­tatto con arti­sti come Hans Swaro­w­sky e Frie­drich Gulda, in grado di tra­smet­tere in maniera viva e diretta l’esperienza della grande tra­di­zione musi­cale mitteleuropea.
Nel 1958, con sua stessa sor­presa, Abbado vinse il Con­corso Kous­se­vi­tsky a Tan­glewood, in Mas­sa­chu­setts, e le porte per una car­riera inter­na­zio­nale gli ven­nero dun­que spa­lan­cate. La grande svolta tut­ta­via avvenne nel 1968, con la nomina a diret­tore musi­cale del Tea­tro alla Scala. L’arrivo di un arti­sta molto gio­vane, inse­diato a soli tren­ta­cin­que anni alla guida di un’istituzione così rap­pre­sen­ta­tiva, rispec­chiava il pro­fondo ter­re­moto che aveva attra­ver­sato la società ita­liana negli anni Ses­santa. Era una rivo­lu­zione cul­tu­rale di por­tata sto­rica, che avrebbe segnato l’inizio di una fase com­ple­ta­mente nuova nel rap­porto tra il Tea­tro e la città. Le pre­messe ideali della nomina di Abbado tro­va­rono un ulte­riore svi­luppo quando, nel 1972, gli venne affian­cato come sovrin­ten­dente Paolo Grassi, nomina che saldò le diverse anime della vita arti­stica mila­nese. A quel punto il pal­co­sce­nico della Scala si apriva final­mente alla grande cul­tura euro­pea, por­tando a Milano titoli e autori cono­sciuti in pre­ce­denza sol­tanto da una ristretta cer­chia di per­sone e rin­no­vando allo stesso tempo il reper­to­rio tra­di­zio­nale attra­verso una nuova sin­tassi tea­trale. Emble­ma­tico il lavoro su opere emar­gi­nate di Verdi come Mac­beth, Don Carlo e soprat­tutto Simon Boc­ca­ne­gra, un «tavolo zoppo» che Abbado ha saputo ripor­tare in vita per merito anche dello spet­ta­colo memo­ra­bile di Gior­gio Stre­hler, con l’immensa vela sullo sfondo del Palazzo Ducale a evo­care la meta­fora dell’infinita avven­tura della vita.
Gra­zie a Abbado, un’intera gene­ra­zione sco­priva l’esistenza di mondi cul­tu­rali ancora intatti, capaci di par­lare al pre­sente con la stessa forza espres­siva del loro tempo. Il Woz­zeck diretto alla Scala, nel 1971, in un vec­chio spet­ta­colo di Svo­boda e rifatto nel 1977 con un nuovo alle­sti­mento di Ron­coni e Gae Aulenti, aveva il signi­fi­cato, per il mae­stro, di un risar­ci­mento per l’accoglienza inde­co­rosa e vol­gare riser­vata dal pub­blico mila­nese al capo­la­voro di Alban Berg nel 1952. Ma era solo l’inizio della risco­perta della Vienna modern di ini­zio Nove­cento, che Abbado sen­tiva così pro­fon­da­mente nelle sue fibre. Negli anni Set­tanta e Ottanta face cono­scere a Milano le Sin­fo­nie di Mahler e la grande musica del Nove­cento, pro­muo­vendo l’associazione dei musi­ci­sti della Scala in Orche­stra Filar­mo­nica auto­noma, sulla fal­sa­riga del modello dei Wie­ner Phi­lhar­mo­ni­ker, in maniera da svi­lup­pare l’interesse dei pro­fes­sori per il reper­to­rio sinfonico.
Abbado ha sem­pre amato lavo­rare con i grandi arti­sti. Non solo inter­preti del cali­bro di Rudolf Ser­kin, Mau­ri­zio Pol­lini o Mar­tha Arge­rich, ma anche arti­sti pro­ve­nienti da espe­rienze di segno diverso. Il soda­li­zio con un archi­tetto come Renzo Piano, un attore come Roberto Beni­gni o un regi­sta cine­ma­to­gra­fico come Andrej Tar­ko­v­skij rap­pre­sen­tano solo una pic­cola parte dei nume­rosi esempi dell’interesse di Abbado per le idee che pos­sono aiu­tare a miglio­rare l’offerta musi­cale. La gran­dezza di un arti­sta si misura anche nella capa­cità di met­tere il pro­prio ego al ser­vi­zio della musica: Abbado sapeva pen­sare in grande, ma soprat­tutto sapeva ascol­tare. La sua lezione di one­stà arti­stica si svi­luppò in maniera dav­vero ecla­tante quando venne eletto dai Ber­li­ner Phi­lhar­mo­ni­ker diret­tore musi­cale, nel 1989, giu­sto l’anno della caduta del Muro. Ber­lino era una città che respi­rava all’improvviso, ine­briata da una libertà cul­tu­rale impen­sa­bile prima, e Abbado trovò il modo di sfrut­tare que­sta ener­gia intel­let­tuale spin­gendo l’orchestra di Kara­jan verso una meta­mor­fosi arti­stica impre­ve­di­bile e vitale.
Per un’intera gene­ra­zione di gio­vani Clau­dio Abbado è stato molto più che un grande arti­sta e un mira­bile diret­tore d’orchestra: è stato l’eroe di un mondo diverso e più giu­sto, nel quale l’arte e la cul­tura si sup­pon­gono al ser­vi­zio dei valori più alti e non pie­gata a ornare aber­ra­zioni ideo­lo­gi­che o a nascon­dere il carat­tere vio­lento dei rap­porti sociali. La grande cam­pana di Andrej Rublev, che cam­peg­giava nel Boris Godu­nov alle­stito a Lon­dra con Tar­ko­v­skij nel 1983 e che Abbado ha poi voluto al cen­tro della scena nel nuovo alle­sti­mento di Her­bert Wer­nicke a Sali­sburgo nel 1994, rap­pre­senta l’allegoria più auten­tica di que­sto rap­porto indis­so­lu­bile tra arte e vita. Ora che la cam­pana di Rublev ha suo­nato anche per Abbado, tutti noi ci ritro­viamo più soli e smar­riti a vagare in un mondo che ci appare più ostile.
Oreste Bossini, il manifesto, 20 gennaio 2014

lunedì 20 gennaio 2014

Nasce il Progetto "Dona, cerca, trova"

A Calcinato l'ufficio servizi sociali propone il Progetto "Dona, cerca, trova", concepito come "un piccolo spazio di libero scambio di indumenti, scarpe, accessori che per alcuni potrebbero essere molto importanti e necessari, ma anche un luogo di scambio di saperi, competenze, conoscenze da mettere a disposizione di tutti".
 Chi ha abiti e materiali affini in buono stato che vuole donare ad altri può portarli all'asilo nido comunale "Magica Bula" in via Stazione a Ponte San Marco. Lo spazio è aperto ogni martedì dalle ore 13.30 alle 14.30. Per informazioni ci si può rivolgere allo 030/9989221 oppure si può scrivere una mail a servizi.sociali@comune.calcinato.bs.it.

mercoledì 15 gennaio 2014

Porta a porta: tre incontri di verifica

Il controverso avvio un anno fa del nuovo sistema di raccolta differenziata porta a porta dei rifiuti solidi urbani a Calcinato viene sottoposto in questi giorni a tre momenti di verifica pubblica.  
 Stasera all'oratorio di Calcinatello chi fosse interessato può offrire suggerimenti, migliorie e critiche agli amministratori comunali in merito. Domani sarà possibile farlo all'oratorio di Ponte San Marco e lunedì 20 gennaio all'auditorim Don Bertini di Calcinato.
 L'appuntamento è sempre alle ore 20.30. Per informazioni ulteriori sono a disposizione l'Ufficio tecnico allo 030/9989225 o l'Azienda servizi comunali allo 030/9969502.

martedì 14 gennaio 2014

Uno spettacolo sull'acqua come bene comune

Domani sera alle ore 20.30 al Cinema Gloria di via San Pietro 3 a Montichiari Itineraria Teatro, in collaborazione con l'associazione Vocabolari di Pace, presenta lo spettacolo "H2oro: l’acqua, un diritto dell’umanità”, su testo di Ercole Ongaro e Fabrizio De Giovanni, per la regia di Emiliano Viscardi e con musiche di Augusto Ripari. L'ingresso è gratuito.
  Concepito come un'opera multimediale per sostenere il diritto all'acqua per tutti, per riflettere sui paradossi e gli sprechi del "Bel Paese", per passare dalla presa di coscienza a nuovi comportamenti, questo spettacolo teatrale attraverso una documentazione rigorosa affronta i temi della privatizzazione delle risorse idriche, del ruolo delle multinazionali nella gestione degli acquedotti, del Contratto mondiale dell'acqua, delle guerre dell'acqua e delle dighe nei paesi in via di sviluppo, degli sprechi e dei paradossi nella gestione dell'acqua in Italia, della necessità di contrastare e invertire l'indirizzo di mercificazione e privatizzazione in corso, nonostante l'inequivocabile esito della consultazione referendaria in materia.

lunedì 13 gennaio 2014

Assegnati i fondi per la cooperazione internazionale

A fine anno  la Giunta comunale di Calcinato ha assegnato i fondi destinati agli organismi di volontariato che si occupano di cooperazione internazionale. 6mila gli euro stanziati: mille e 800euro ciascuno all´Aps di Antonio Corsini per lo sviluppo economico dell´Africa, al Gruppo dei Prati, che opera in Guinea Bissau, e agli Amici delle missioni orsoline in Brasile; 300 al Gruppo di impegno missionario di Esenta di Lonato e 300 all´associazione Cesar attiva in Sudan.

sabato 4 gennaio 2014

Gianni Danieli, un cristiano di base

In paese lo conoscemmo sorpresi e attenti a fine anni '80, quando diffuse una "lettera ai comunisti" mica male per i tempi. Poi lo frequentammo quando dal nulla creò il Comitato per la pace Giorgio La Pira. Distanti ma incuriositi, gli demmo persino una mano per le sue iniziative culturali.
  Fu dietro suo invito che padre Alex Zanotelli tenne proprio a Calcinato la su ultima conferenza prima di partire per l'esilio keniota (volontario e profetico insieme) dopo la fatwa lanciatagli da Spadolini (allora ministro dellla difesa) per aver denunciato i traffici di armi e non solo.
  Un po' bene lo conoscemmo proprio dopo quell'incontro, a casa sua, dove ospitò il missionario comboniano in una convivialità d'altri tempi.
  Poi, solo poi, vennero le comuni battaglie in consiglio comunale.
  Ora Gianni Danieli ci racconta la sua formazione, e anche molto di altro, nel volume "Una chiesa... tante chiesuole" (Gam edizioni, 382 pagine, 15 euro).
  73 anni, esponente di rilievo del cristianesimo di base di casa nostra, lui che aveva cominciato nella gioventù di Azione Cattolica nel quartiere di Bottonaga, passa poi alla fondazione del Gruppo di esperienze religiose, sodalizio dal quale nascerà a Bedizzole la Comunità Casa Emmaus, finanziata in gran parte da padre David Maria Turoldo e aperta dal 1972 al 1983.
  Danieli ha condensato la memoria di quel singolare fenomeno ecclesiale, corredando il suo libro di una considerevole mole di documentazione inedita.
  Il lungo excursus, che miscela autobiografia e saggistica, parte con il racconto della formazione spirituale fra campagna e città di un giovane cristiano (Bottonaga era nel dopoguerra un borgo di remota periferia) che ha un occhio costante all'attualità sociale e si interroga sui fermenti conciliari, prendendo contatto con il meglio del cattolicesimo progressista italiano, dai padri Giovanni Vannucci, Ernesto Balducci e David Maria Turoldo al bresciano don Renato Piccini.
  "Ho insistito sulla parte teologica che riguarda la scelta della comunità" sottolinea "perché a determinare l'avvio dell'esperienza di Bedizzole fu, tra gli altri, l'incontro con Vannucci nel 1969 all'eremo chiantigiano di San Pietro alle Stinche (Si). 'Il futuro della chiesa è in queste piccole comunità che si ritrovano intorno alla Parola e la testimoniano' mi disse e per me fu come un mandato".
  L'illustrazione analitica delle diverse iniziative svolte dalla Comunità Casa Emmaus è costantemente accompagnata dall'esame di ciò che significa comunità nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli nella Lettera a Diogneto. Questa parte culmina con il convegno del 14 e 15 giugno 1974, quando si confrontarono a Bedizzole i membri dei gruppi ecclesiali spontanei della Badia, di Torricella, di Mompiano, di Palazzolo, di san Giorgio, della Santà Trinità, di Santo Spirito, della Mandolossa e delle Acli di Sant'Eufemia.
  Segue poi una serie di schede sugli ideali e le pratiche di associazioni assai distanti dai valori di Danieli, dall'Opus Dei ai Legionari di Cristo, da Comunione e liberazione ai neocatecumenali di Rinnovamento nello Spirito.
  L'opera è infine completata dalla pubblicazione di numerosi documenti delle comunità di base bresciane, fra i quali si segnala la trascrizione di due conferenze del teologo Giulio Girardi e del saggista Raniero La Valle.

giovedì 2 gennaio 2014

Depositata la variante al Pgt

Approvata a fine anno dal consiglio comunale, la variante al Piano di Governo del Territorio, con gli allegati e gli elaborati costituenti il provvedimento concernente il Piano delle Regole e il Piano dei Servizi, è depositata in libera visione al pubblico fino a sabato 1° febbraio. 
 La si può consultare nella segreteria comunale o all’ufficio tecnico del Municipio, in Piazza Aldo Moro 1 ed è pure pubblicata sul sito web www.comune.calcinato.bs.it. 
 Trascorso tale periodo, nei trenta giorni successivi, quindi entro lunedì 3 marzo, chiunque potrà presentare osservazioni in triplice copia e in carta libera, eventualmente corredate da grafici e da altra documentazione ritenuta utile. Le osservazioni dovranno essere presentate all’Ufficio Protocollo del Comune.