lunedì 24 ottobre 2011

Muhammar

Dal volume Giù dal marciapiede (Lumini editore, 1997) pubblichiamo la poesia Muhammar, ricostruzione in versi di un sogno che Flavio Marcolini fece nella notte fra il 3 e 4 settembre 1986. Erano i giorni in cui il dittatore libico - accusato di essere il mandante di alcune stragi terroristiche - fu pesantemente bombardato dagli aerei americani. Allora sfuggì alla morte. Non così il 20 ottobre 2011.

Muhammar

Braccato da aerei sibilanti,
in una strada logora,
le pareti screpolate,
non ci sono mobili
a cui potersi aggrappare.
"Figlio, figlio!" urli,
ma il buio non ti risponde.
"Papà, papà!" chiama,
e tu non lo senti.
Poi, un abbraccio convulso,
due corpi si toccano;
una breccia e, dal tetto,
si vede un cielo pieno zeppo
di punti neri che scendono veloci.
Noi, nell'altra stanza,
si sta al sicuro,
siamo alleati, degli americani.
Dobbiamo soltanto
non farti fuggire,
orribile mostro
che spargi il terrore
negli aeroporti d'Europa.
Ti vogliono uccidere,
fartela smettere.
Ma, che vadano al diavolo!
Io vengo di là e vi porto via,
te e tuo figlio.
Mi scosto dal gruppo,
ti copro di azzurro,
andiamocene da questa tomba.
Saliamo sull'automobile
e, come d'incanto,
viaggiamo verso mia moglie.
Non te lo dirò che siamo italiani
perché io non sono tuo nemico.
Non ti dirò che andiamo in Italia,
sulle Alpi, a sparire da qui.
E tu vieni e fai domande confuse,
ricevi confuse risposte e ti conforti.
Tuo figlio è tra le mie gambe
e tu, steso dietro,
parli con mia moglie.
Nessuno ti deve scoprire!
E i turisti chiedono chi sei.
Sei il mio cugino arabo
(con un poco di barba
sembri già meno quel mostro
che tutti ti pensano).

Accenno improvviso uno strano dialetto
per fingere che so parlare con te.
In vero non so, non riesco
a capire le tue parole e i tuoi pensieri.
Poi, strani, sembrano scoprire chi sei,
si offusca l'immagine, prendon tuo figlio,
il sogno mi scoppia in mente, la sveglia è improvvisa.

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