venerdì 14 ottobre 2011

L’ALFABETO DI DON MILANI

A
AMORE: “Il desiderio di esprimere il nostro pensiero e di capire il pensiero altrui è l’amore. Per cui essere maestro, essere sacerdote, essere artista, essere amante e essere amato sono in pratica la stessa cosa”.
AUTOMOBILE: “L’automobile non la guido fino a che i miei parrocchiani non l’avranno anche
loro. Quando avere l’automobile sarà una cosa normale, quel giorno la comprerò anch’io”.
B
BOCCIARE: “Bocciare è come sparare su un cespuglio: forse era un ragazzo, forse una lepre: si
vedrà a comodo”.
BOCCIATURA: “Il modo di scrivere che io ho insegnato là è considerato scarno e poi con il tipo di
temi che ricevono non sono capaci di scrivere perché considerano il tema una farsa, una cosa
convenzionale. Qui (a Barbiana) erano abituati a scrivere quando occorreva scrivere e mai per
esercitazione. Parlare una lingua straniera là è considerato zero, se non si conoscono le regoline. La storia moderna su cui (i miei alunni) sono ferrati, là non la fanno nemmeno. La geografia politica su cui saprebbero tutto, là non viene chiesta. La cultura sindacale ancora meno. La passione per l’insegnamento cha hanno fatto qua ai loro compagni minori non è considerato quanto la conoscenza del “parentado “ di Enea”.
C
COMPAGNA DI SCUOLA: “Una sola compagna mi parve un po’ elevata. Leggeva bei libri. Si
chiudeva in camera ad ascoltare Bach. E’ il frutto massimo cui può aspirare una scuola come la
vostra. A me invece hanno insegnato che questa è la più brutta tentazione. Il sapere serve solo per darlo”.
COSCIENZA: “A Norimberga e a Gerusalemme sono stati condannati uomini che avevano
obbedito. L’umanità intera consente che essi non dovevano obbedire, perché c’è una legge che gli
uomini non hanno ancora ben scritta nei loro codici, ma è scritta nel loro cuore. Una gran parte
dell’umanità la chiama la legge di Dio, l’altra parte la chiama la legge della Coscienza”.
COTTIMO: (Agli insegnanti) “Io vi pagherei a cottimo. Un tanto per ogni ragazzo che impara tutte le materie. O meglio, multa per ogni ragazzo che non ne impara una. Allora l’occhio vi correrebbe sempre su Gianni. Cerchereste nel suo sguardo distratto l’intelligenza che Dio ci ha messa uguale agli altri. Lottereste per il bambino che ha più bisogno, trascurando il più fortunato, come si fa in tutte le famiglie. Vi scegliereste di notte col pensiero fisso su lui a cerare un modo nuovo di far scuola, tagliato a misura sua. Andreste a cercarlo a casa, non vi dareste pace perché la scuola che perde Gianni non è degna di essere chiamata scuola”.
D
DIPLOMA: “Giorno per giorno (alcuni ragazzi) studiano per il registro, per la pagella, per il
diploma. Lingue, storia, scienze tutto diventa voto e null’altro. Dietro a quei fogli di carta c’è solo
l’interesse individuale. Il diploma è quattrini. Nessuno di voi lo dice, ma stringi stringi il succo è
quello”.
E
ESSERE POVERI: “La povertà non si misura a pane, a casa, a caldo, ma sul grado di cultura e sulla funzione sociale”.
F
FEDE: “La fede non è qualcosa da infilare alla prima occasione nei discorsi, ma un modo di vivere
e di pensare”.
FRONTIERE: “Ai miei ragazzi insegno che le frontiere son concetti superati”.
G
GIORNALE: “A Barbiana leggevamo ogni giorno il giornale, ad alta voce, da cima a fondo. Sotto
gli esami due ore di scuola spese sul giornale, ognuno se la strappa dalla sua avarizia. Perché non
c’è nulla sul giornale che serva ai vostri esami. E’ la riprova che c’è poco nella vostra scuola che
serva nella vita. (…) Ma politica e cronaca, cioè le sofferenze degli altri, valgono più di voi e di noi
stessi”.
GIUSTIZIA: “La più accanita (professoressa) protestava che non aveva mai cercato e mai avuto
notizie sulle famiglie dei ragazzi. ‘Se un compito è da quattro, io gli do quattro’. E non capiva,
poveretta, che era proprio di questo che era accusata. Perché non c’è nulla che sia ingiusto quanto far le parti uguali tra disuguali”.
H
HO DA DIRVI: (Prima di morire ai ragazzi di Barbiana) “Ragazzi mi date molto di più di quello
che ho dato a voi. Quanto è bella l’amicizia, specialmente in situazioni simili”.(…)
“Chi non si abbandona alla morte vuol dire che prima non si è abbandonato alla vita, alle passioni e all’amore”.(…)
“Mi sono fatto cristiano e prete solo per spogliarmi di ogni privilegio; ora mi sento l’ultimo
anch’io”.
I
I CARE: “Sulle pareti della mia scuola c’è scritto grande ‘I care’. E’ il motto intraducibile dei
giovani americani migliori: ‘Me ne importa, mi sta a cuore’. E’ il contrario esatto del motto fascista ‘Me ne frego’”.
INCOMPETENTI: “La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde: La vostra scuola
dell’obbligo ne perde per strada 462.000. A questo punto gli unici incompetenti di scuola siete voi
che li perdete e non tornate a cercarli”.
L
LEGGE: “Non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è d’obbedirla. Posso
solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste: Quando invece vedranno che non sono giuste (cioè quando sanzionano il sopruso del forte) essi dovranno battersi perché siano cambiate”.
LINGUE: “(I miei ragazzi) devono imparare almeno tre lingue perché le barriere spariranno e
vivremo a contatto con persone che parlano lingue diverse”.
M
MAESTRO: “La scuola è l’unica differenza tra l’uomo e gli animali. Il maestro dà al ragazzo tutto
quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualcosa e così l’umanità va avanti”.
MAESTRO E PROFETA: “Il maestro deve essere per quanto può un profeta, scrutare i segni dei
tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e noi
vediamo solo in modo confuso”.
N
NON TI FIDARE: (A Pipetta, una giovane attivista comunista di Cadenzano) “E’ un caso, sai, che
tu mi trovi a lottare con te contro i signori. Ma il giorno che avremo sfondata insieme la cancellata
di qualche parco, installata insieme la casa dei poveri nella reggia del ricco, ricordatene Pipetta, non ti fidar di me, quel giorno io ti tradirò. Quel giorno io non resterò là con te. Io tornerò nella tua casuccia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio Signore crocefisso”.
O
OBBEDIENZA: “Occorre avere il coraggio di dire ai giovani che essi sono sovrani, per cui
l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni; che non credano di potersene
far scudo né davanti agli uomini né davanti a Dio, che bisogna che si sentano ognuno l’unico
responsabile di tutto”.
OBIETTORI: “Aspettate a insultarli (gli obiettori di coscienza). Domani forse scoprirete che sono
dei profeti…”
OSPEDALE: “Lo abbiamo visto anche noi che con loro (i ragazzi difficili, i bocciati) la scuola
diventa più difficile. Qualche volta viene la tentazione di levarseli di torno. Ma se si perde loro, la
scuola non è più scuola: è un ospedale che cura i sani e respinge gli ammalati”.
P
PAROLA: (Ai suoi ragazzi) “Ogni parola che non conosci è una pedata in più che avrai nella vita”.
PATRIA: “Se voi avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel
vostro senso, io non ho patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri”.
POLITICA: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la
politica. Sortirne da soli è l’avarizia”.
Q
QUANDO: Quando i ragazzi tornavano dai loro viaggi all’estero, don Lorenzo faceva suonare le
campane di Barbiana. “Ecco i miei bambini” esultava felice.
QUATTRO: “Consegnandomi un tema con un quattro lei mi disse: ‘Scrittori si nasce, non si
diventa’. Ma intanto (lei professore) prende lo stipendio come insegnante di italiano. La teoria del
genio è un’invenzione borghese. Nasce da razzismo e pigrizia mescolati insieme”.
R
RAGAZZI: “ Ragazzi, ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che Lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo posto”.
RASOIO: “La scuola siede tra passato e futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi sul filo del rasoio: da un lato formare il loro senso della legalità, dall’altro la
volontà di leggi migliori, cioè di senso politico”.
S
SCUOLA: “Il fine ultimo della scuola è dedicarsi al prossimo; quello immediato, da ricordare
minuto per minuto; è di intendere gli altri e di farsi intendere”.
SCUOLA: “La scuola non deve consegnare ai poveri le cose che abbiamo costruito e che stanno
cadendo da tutte le parti, ma solo gli arnesi del mestiere perché costruiscano loro cose tutte diverse dalle nostre e non sotto il nostro patrocinio né paterna compiacenza”.
SCUOLA: “Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola. Quello che
loro credevano di stare imparando da me, sono io che l’ho imparato da loro. Io ho insegnato loro
soltanto ad esprimersi, mentre loro mi hanno insegnato a vivere”.
T
TRAGEDIA: “Quale tragedia più grossa di essere derisi dai poveri?”.
U
UGUAGLIANZA: “Perché il sogno dell’uguaglianza non resti un sogno, vi proponiamo tre
riforme: 1- Non bocciare, 2- A quelli che sembrano cretini dargli la scuola a tempo pieno,
3- Agli svogliati basta dargli uno scopo”.
UOMINI: “Da bestie si può diventare uomini e da uomini si può diventare santi: Ma da bestie a
santi d’un sol passo non si può diventare”.
V
VITA: (Al momento del trasferimento a Barbiana) “La grandezza di una vita non si misura dalla
grandezza del luogo in cui si è svolta e neanche le possibilità di fare il bene si misurano sul numero dei parrocchiani”.
VOI: “Voi (professori) dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza parla come voi.
Appartiene alla ditta”.
Z
ZUCCONE: “Chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come il
primo della classe. Sembrava che la scuola fosse fatta per lui. Finchè non aveva capito, gli altri non andavano avanti”.

(Le citazioni sono tratte dai volumi “Esperienze pastorali”, “L’obbedienza non è più una virtù” e “Lettera a una professoressa”)

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