Magari la finissero tutti quanti con questo tira-e-molla delle nomine ad personam e venisse nominato non Ignazio ma Vincenzo Visco quale governatore di Banca d’Italia! Noi italiani contribuenti fiscali totali vogliamo lui, Vincenzo Visco per intero, non ci accontentiamo più di una semi omonimia! Del resto, dalle mie dichiarazioni all’ “Isola dei Famosi” su papa e omofobia e riduzione delle tasse promessa e mai mantenuta da Berlusconi, anzi, al contrario, e inesistenza di un segretario della Sinistra, all’assoluzione di Dominique Strauss-Kahn da me confermata a “Agorà” quattro mesi prima della sentenza americana, dal nome di Draghi come eccellenza italiana su cui puntare per un cambio di Governo o per recuperare credibilità in Europa un sei mesi fa a “Linea notte” di Bianca Berlinguer al lontano “Babele” di Corrado Augias in cui dissi a uno sperduto e semisconosciuto Prodi che presto sarebbe diventato Primo Ministro e al grande odore di sagrestia & letterarietà che emana da Nicki Vendola eccetera eccetera, io non ho mai sbagliato un colpo.
Anni e anni fa, ebbi un breve ma intenso scambio epistolare con l’allora Ministro delle Finanze Vincenzo Visco, che mai e poi mai sono riuscito ad associare a Sinistra o a Destra: troppo antidemagogico e antiretorico qual è, mi è sempre apparso come uomo a servizio delle istituzioni e basta. Dalle sue lettere, traspare intanto un umanesimo solido, ben articolato, elegante, mai una reticenza, una vera umiltà da aristocratico intellettuale formatosi alla dura bottega della Realpolitik, una competenza fuori dall’ordinario nel suo mestiere di servire al meglio il Denaro Pubblico di cui servirsi; ricordo che nel 2008, dopo la sua iniziativa, da me appoggiata incondizionatamente e affossata dal Garante sulla privacy, di mettere on line le dichiarazioni dei redditi con nome e cognome regione per regione, tutto quello che gli evasori piccati e i delinquenti pettegoli riuscirono a scovare di scandaloso sul suo conto, equivaleva a quanto i mafiosi scovarono su Francesco Saverio Borrelli (da me adorato almeno quanto il p.m. Ilda Boccassini): se l’illustre magistrato aveva l’imperdonabile tic di andare a cavallo e alla Scala, Visco guidava niente meno che una fuoriserie! L’epistolario si concluse, ma può essere un caso, dopo che avevo espresso più di una riserva sull’operato politico di Massimo D’Alema (che già albergava in sé un che di destrorso alla Felce & Mirtillo che poi sarebbe stato esplicitato quasi a manifesto dal suo attuale oppositore da nemesi storica più acerrimo, il Renzi sindaco di Firenze); io avevo ancora troppa difficoltà a inquadrare la Bicamerale (1997!) nei miei ideali e nelle mie conseguenti azioni di uomo di vera e sanguigna Sinistra anticlericale, ecco, per fidarmi di D’Alema (e infatti ho letto recentemente che ha permesso al Vaticano di insignirlo di un non so quale titolo nobiliare e non capisco che pro gli faccia e, soprattutto, che pro faccia un conte o un barone o un marchese agli elettori, sempre più virtuali, del Pd). Visco non fece seguire più risposta alcuna, ma ho sempre ritenuto che era meglio così, che era stato fin troppo generoso con me e che mi aveva dedicato fin troppo del suo prezioso tempo e, non ultimo, se davvero le mie critiche a D’Alema erano state il motivo del suo silenzio, era semmai una dimostrazione di lealtà verso colui al quale ne doveva la priorità, non altro.
L’uomo è di assoluto valore, e sarebbe ridicolo appioppargli un’etichetta partitica sorpassata: di sicuro, a differenza dei bei nomi della friabilissima sinistra italiana, Vincenzo Visco non ha una mentalità né berlusconizzata né, se mai l’ha avuta al di fuori del normale do-ut-des tra confratelli di partito, dalemiana, e di questo il Paese ha oggi bisogno per rinnovare i suoi vertici. Inoltre, Visco non ha mai piegato l’economia a sé o a una ideologia di parte contro il restante tutto, sa, eccome, che l’economia risponde solo all’economia, spietatamente, visto che non esiste più un’economia comunista da nessuna parte al mondo, a parte quella criminogena delle agenzie di rating anglosassoni, ed è un bene.
Visco non solo è onesto, ma all’altezza tecnica e umana del compito di dirigere la Banca d’Italia, e non è lontanamente pensabile che possa volere farsi forza con la stessa debolezza costituzionale dei deboli e dei poveri di spirito e di coscienza che ci governano: licitare oggi un solo condono. A proposito: che fine ha fatto? Non importa: lo si vada a prendere di peso e lo si porti dove gli spetta e ci spetta che stia.
Aldo Busi
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