lunedì 1 marzo 2010

SCIOPERO DEL PRIMO MARZO E QUESTIONE DI CLASSE




[di Franco Astengo]

Il prossimo 1 Marzo tutti i migranti d'Europa si fermano per una sciopero finalizzato a reclamare attenzione e visibilità al riguardo della loro stessa esistenza, del loro ruolo assolutamente decisivo per il funzionamento dell'economia dei paesi ricchi, delle esigenze di dignità, di prospettive per un futuro vissuto in una società diversa da quella in cui stiamo vivendo.
Ci siano permesse due osservazioni preliminari: il 1 Marzo rappresenta, in Italia, una data fondamentale nella storia del movimento operaio. In quel giorno, infatti, nell'anno 1944 gli operai delle grandi fabbriche del Nord a Milano, Torino, Genova, Sesto San Giovanni, Biella, Savona scesero in sciopero contro l'occupazione nazista; un atto di grande coraggio collettivo, per il quale fu pagato un prezzo altissimo soprattuto sotto l'aspetto delle deportazioni nei campi di sterminio di Mauthausen, Gusen, Ebersee, ma che dimostrò la ferma volontà della parte più avanzata dei lavoratori italiani di lottare in prima persona, per il riscatto nazionale, nel momento più difficile della nostra storia.
Ciò ricordato va affermato come, con lo sciopero dei migranti del 1 Marzo si perda comunque una occasione: quella di uno sciopero generale europeo.
Non abbiamo, certo, il mito soreliano dello “sciopero generale” come momento esaustivamente scatenante nella forza della lotta e ci rendiamo ben conto della situazione nella quale viviamo, in questa fase.
Eppure questa nostra richiesta appare suffragata da una analisi riguardante la condizione materiale di vita dei lavoratori europei (limitando a questi la nostra riflessione) che ci pare giustifichi in pieno una ben più forte assunzione di responsabilità collettiva, al riguardo di quella fin qui espressa dalle organizzazioni sindacali, dalle forze politiche, dalla associazioni.
La condizione dei lavoratori nella dimensione sociale di questo nuovo secolo, siano essi o no migranti, sia essi o no impegnati nell'industria, nei servizi, in tutti settori sta (secondo i canoni usati per valutare le conquiste strappate , in particolare, nella seconda metà del '900) paurosamente regredendo.Una condizione che sta regredendo in una dimensione “trasversale” che appare non tanto di classica “proletarizzazione” dei ceti intermedi e di formazione di un altrettanto classico “esercito di riserva” formato da sottoproletari, quanto del profilarsi di elementi, nella situazione stessa di lavoro, di ritorno alla “servitù della gleba”.
E' questa la situazione dei migranti nella quasi totalità dei frangenti in cui si trovano, vittime del ricatto della mancanza di documenti, dell'impossibilità di vivere in una casa, di essere legati ad un vero e proprio “nomadismo” nella ricerca di lavoro tramite l'ingaggio dei “caporali” ( non solo in agricoltura); ma è anche la situazione di altri, nati e cresciuti qui, dalla pelle bianca e dagli studi elevati, ridotti ad una sorta di servitù dalla morsa del precariato, dall'assenza di controlli, dalla pervicace corruzione imperante, dai capricci di una falsa economia globale che in realtà punta al servaggio di chi deve sottostare alla legge del “sempre più ricchi” per opprimere “i sempre più poveri”.
Non produciamo cifre, in questa occasione, ma le cifre ci sono e sono spaventose; neppure pensiamo di aver scritto queste cose per suscitare “mozioni degli affetti” e, appunto, ricerca di “visibilità”.
Abbiamo cercato di segnalare come, trasversalmente, dal punto di vista dell'analisi sociale si stanno creando le condizioni per una riproduzione della dimensione di classe in forme forse inedite sul piano della storia: di arretramento complessivo, di compressione definitiva della mobilità sociale; di costante ricatto per strappare le condizioni minimali di vita necessarie alla sopravvivenza.
In una situazione di forte innovazione tecnologica, di uso squisitamente individualistico dei beni di consumo, di rimozione delle possibilità di difesa collettiva e di rappresentanza politica lo sciopero dei migranti del 1 Marzo 2010 deve farci riflettere e, principalmente, deve farci recuperare il pensiero di una battaglia di fondo per la trasformazione sociale, che comincia reclamando nuovi rapporti di forza.
Ciò non avverrà per via semplice e diretta; occorreranno preparazione, capacità di confronto, organizzazione: ma i migranti, il 1 Marzo 2010, non dovranno essere lasciati soli.

Nessun commento:

Posta un commento