venerdì 5 marzo 2010

SINISTRA, SE CI SEI BATTI UN COLPO




[Flaviano De Luca - Il Manifesto]

A colloquio con Francesco Guccini che ha appena pubblicato la sua biografia, Non so che viso avesse. «Sono sempre più perplesso, in questa situazione così dura, che l'opposizione non si faccia sentire»

Domenica prossima sarà a presentare il suo nuovo libro, Non so che viso avesse, a Che tempo che fa di Fabio Fazio su Raitre ma i brani storici dei suoi ultimi concerti, da Farewell a La Locomotiva, da Eskimo a Incontro, impazzano su Youtube, generalmente registrazioni di videocamere amatoriali postate da ragazzi entusiasti della serata che lo chiamano Guccio, soprannome familiare per questo cantautore colto e impegnato, quasi un fratello maggiore di tante giovani generazioni, che continua a fare un paio di spettacoli al mese (il 12 marzo sarà a Trieste e il 26 a Roseto degli Abruzzi). «Fortunatamente non c'è tutto il concerto di Pesaro su Internet...- risponde cortesemente al telefono con la r arrotata e la z dolce degli abitanti dell'appennino toscoemiliano- Va così, al giorno d'oggi, i dischi non si vendono più ma i concerti funzionano molto bene. Si vede che la gente ama radunarsi, ascoltare e commentare, anche stare scomodi perché, verso la fine del concerto, a certi canzoni tipo Cyrano, si alzano finalmente in piedi per sgranchirsi le gambe, stare seduti in un palasport non è molto comodo».
Questo grande affabulatore di parole, «tirato su a castagne ed erba spagna / cresciuto tra i saggi ignoranti di montagna» presenta le canzoni, prende in giro Emanuele Filiberto e il festival di Sanremo, lancia bordate sull'attualità. «Non è che io mi preparo delle battute, mi vengono spontanee, leggo i giornali, commento gli avvenimenti che accadono. Il fatto di parlare col pubblico viene da lontano. All'Osteria delle Dame ho cantato per anni per un pubblico ristretto, molto più piccolo, centinaia di persone. Quindi la gente la vedevi tutta in faccia e veniva naturale, spontaneo inframmezzare aneddoti e situazioni curiose, anche perché molta di quella gente la conoscevo. In fondo, ho semplicemente trasportato quest'abitudine di presentare le canzoni, fare le battute e intrattenere il pubblico nei teatri e nei palazzi dello sport».
Così può succedere che chieda ai suoi orchestrali, una nutrita band, di intonare Per fortuna che Silvio c'è ma solo per celia, per provarne il repertorio. «Le mie non sono canzoni politiche - continua Guccini - ci sono stati cantautori molto più politicizzati di me dal punto di vista delle canzoni, io sono l'unico che si diverte a fare questi riferimenti durante gli spettacoli... Non sono mai stato d'accordo con certi colleghi, chiamiamoli così. Dicono: 'noi siamo artisti dobbiamo cantare per tutti, non dobbiamo fare distinzioni, non mi pronuncio perché ho la mia linea politica ma la tengo per me'. Io sono quello che sono, lo dico, non lo nascondo, sebbene non abbia mai avuto una militanza partitica. Lo dico, non ho paura di schierarmi, sono fatto così.»
La sua coerenza e onestà intellettuale non va a scapito della poesia, della tradizione da cantastorie, di queste canzoni allo stesso tempo colte e popolari.... «Colto è discutibile. Ho dato la mia adesione alla manifestazione del popolo viola a Roma con piacere. In questa situazione di tangenti, leggi ad personam, attacchi alla magistratura se il Pd battesse un colpo o anche due non sarebbe male...il Pd o la sinistra in generale... La situazione si sta davvero corrompendo, è un mistero che un'opposizione non si faccia sentire, non sappia incanalare il disagio del precariato, delle persone che vedono peggiorare la loro vita giorno dopo giorno. Anche l'ultima notizia, la lista presentata in ritardo a Roma, mi sembra un segno dei tempi, pasticcioni e arrivisti, d'oggi. Quello che mi indigna è la supponenza, il voltagabbanismo di certi personaggi, per fare un esempio Capezzone che un anno fa diceva esattamente il contrario di quello che afferma oggi, con la stessa tranquillità. Mi indigna l'impunità continua per certi personaggi, m'indigna la mancanza di correttezza, di etica, a volte, sebbene in misura molto minore, anche della sinistra. Io voto ancora a Bologna...ma bisogna chiarire che le accompagnatrici, le massaggiatrici sono diverse, quelle da Salaria Village e quelle mandate al Cup per le prenotazioni delle visite mediche».
Le pagine del libro sono farcite di episodi divertenti, quello con Nunzio Gallo ad esempio...«Allora si suonava musica da ballo, però si imparava il mestiere, a stare sul palco, ad avere a che fare con la gente...Adesso molti fanno tutto da soli nel garage senza nessun contatto con l'esterno. Esattamente prima di fare il militare, nella primavera del 1962, ci siamo trovati con grande emozione in questa cittadina della svizzera tedesca, Zofingen, che era piena di italiani, in una situazione completamente diversa dalle sale da ballo alle quali eravamo abituati. Facevamo l'Emilia e la Toscana, lì c'era una fortissima presenza meridionale e le canzoni che amavano erano inevitabilmente diverse. Ci siamo trovati molto spaesati, la nostra sigla era See you later alligator. Con Nunzio Gallo fu una tragedia, noi eravamo un po' alle prime armi, lui aveva degli spartiti che sembravano delle lenzuola e quindi...lui era un grande professionista, in pubblico non ha rivelato le nostre manchevolezze, si limitava a bestemmiare voltandosi dietro, durante le pause del canto, a insultare il pianista. È stata un'esperienza utile...».
Da circa dieci anni, però, Guccini si è ritirato a Pavana, il paese dove è nato e cresciuto... «Pavana è rimasta l'isola alla quale tornare a una certa età, è rimasta sempre come presenza fisica, nel senso di geografia fisica, nel mio mondo. Abitare a Pavana complica la vita, non ho la patente, per i concerti c'è uno che mi viene a prendere e portare. Se si riesce a uscire da quest'inverno che sembra non finire poi si apre la bella stagione, è tutto verde, c'è il lago vicino, c'è tempo per scrivere, vedere gli amici, così è nato nel '90 il primo romanzo Cronache Epifaniche, poi Vacca di un cane, e gli altri, i gialli, ideati per caso, con Loriano Macchiavelli, ne stiamo facendo un altro, anche raccontini umoristici, insomma sono un poligrafo. Da ragazzo il mio desiderio era fare lo scrittore, ci sono riuscito molti anni dopo in contemporanea col mio primo computer, comprato per schedare i vocaboli del dialetto pavanese. Mi sono accorto che scrivere sul computer era più facile che farlo a macchina e da lì ho continuato imperterrito».

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