Oggi proponiamo l'esemplare introduzione delo storico Mauro Pellegrini alla ricerca "Calcinato zona di guerra 1915-1919", che verrà pubblicata in aprile.
La prima guerra mondiale interruppe il lento e difficoltoso progresso del paese, creando fratture insanabili. Pur costituendo un vettore di unificazione e completamento delle aspirazioni risorgimentali, accelerò il processo distruttivo delle sue strutture politiche e sociali. La società civile italiana nel maggio del 1915 si trovò proiettata in un conflitto imposto da una minoranza che si era arrogata il diritto di farsi portavoce dello spirito patriottico del paese e delle sue reali volontà: evidente segnale di continuità della tendenza autoritaria dei governi liberali che si era manifestata dall'Unità fino a quei giorni in più occasioni, particolarmente durante le repressioni del movimento dei fasci siciliani e di quello dei moti di Milano del '98, e che si era ancor più accentuata nei primi del '900 come risposta alle rivendicazioni di equità e giustizia sociale promosse dalle classi popolari che si andavano organizzando nei partiti di massa.
L'entrata in guerra dell'Italia dimostrò perciò che la volontà di un'intera nazione poteva ancora essere piegata con le maniere forti all'arbitrio ed al volere di una minoranza. La ricerca storiografica successiva al '68 ha permesso di conoscere le diverse realtà del paese in guerra, anche i retroscena dei trionfalismi e della mitizzazione della vittoria. Attraverso l'investigazione del pensiero delle masse, analizzando nel dettaglio la gestione politica, militare, economica del conflitto, il consenso e il dissenso, volontarismo e coercizione, si è evidenziata l'inconsistenza di tanti convincimenti e stereotipie radicatesi nel tempo. Si è così rovesciata la rappresentazione dell'”apatia” come naturale forma di consenso delle classi subalterne.
Per oltre mezzo secolo si era infatti sostenuta l'immagine compiaciuta dell'”esercito contadino”, infinitamente rassegnato, paziente, disposto all'obbedienza in un'accezione paternalistica, che esigeva in quella “bontà” il requisito della sottomissione sociale e gerarchica alle autorità tradizionali. Si è fatta luce sull'indegno trattamento riservato dalle autorità militari e politiche italiane ai propri soldati prigionieri di guerra degli austro-tedeschi, privati di ogni assistenza di stato e lasciati morire di fame e di stenti nei campi, affinché la disumana condizione della prigionia servisse, ad estremo monito, a far apparire preferibile ad essa la morte “sul campo dell'onore” piuttosto che la resa.
Per oltre mezzo secolo si era infatti sostenuta l'immagine compiaciuta dell'”esercito contadino”, infinitamente rassegnato, paziente, disposto all'obbedienza in un'accezione paternalistica, che esigeva in quella “bontà” il requisito della sottomissione sociale e gerarchica alle autorità tradizionali. Si è fatta luce sull'indegno trattamento riservato dalle autorità militari e politiche italiane ai propri soldati prigionieri di guerra degli austro-tedeschi, privati di ogni assistenza di stato e lasciati morire di fame e di stenti nei campi, affinché la disumana condizione della prigionia servisse, ad estremo monito, a far apparire preferibile ad essa la morte “sul campo dell'onore” piuttosto che la resa.
Si sono indagate senza riserve le motivazioni dei disertori e dei renitenti che non vollero identificarsi negli obiettivi nazionali e di classe della “nostra guerra” rifiutandosi di scendere nelle trincee per combatterla; sono state poste in evidenza le resistenze della società civile di fronte all'autoritarismo dell'apparato militare in zona di guerra, e si sono finalmente potuti “apprezzare” i danni economici, sociali e morali che la società dovette subire come conseguenza dei sacrifici duramente e lungamente imposti, e che contribuirono a determinare la deriva reazionaria e antidemocratica del dopoguerra verso il fascismo.
Alla base di questa ricognizione sul periodo della Grande Guerra, inteso nella sua complessità fino alla smobilitazione del 1919 ed agli anni immediatamente successivi, ha contribuito «una professione di democrazia e, per essa, il bisogno di realizzare, di quel passato, un'immagine più convincente rispetto alla logica dei fatti che ne sono seguiti, e ai problemi del tempo presente». In questa ideale linea prospettica si colloca il progetto di ricerca storiografica “Calcinato, Zona di Guerra – 1915-1919 – Storia politica e sociale di una comunità agricola tradizionale di fronte alla Grande Guerra ed alle sue conseguenze”, del quale il presente calendario è una breve sintesi.
Alla base di questa ricognizione sul periodo della Grande Guerra, inteso nella sua complessità fino alla smobilitazione del 1919 ed agli anni immediatamente successivi, ha contribuito «una professione di democrazia e, per essa, il bisogno di realizzare, di quel passato, un'immagine più convincente rispetto alla logica dei fatti che ne sono seguiti, e ai problemi del tempo presente». In questa ideale linea prospettica si colloca il progetto di ricerca storiografica “Calcinato, Zona di Guerra – 1915-1919 – Storia politica e sociale di una comunità agricola tradizionale di fronte alla Grande Guerra ed alle sue conseguenze”, del quale il presente calendario è una breve sintesi.
Nella dimensione “locale” del tema della Grande Guerra, attraverso i documenti dell'Archivio Storico Comunale di Calcinato, altre fonti archivistiche rilevanti, le testimonianze coeve di combattenti e civili che in alcuni casi riassumono in poche pagine i quesiti essenziali che la storiografia italiana degli ultimi quarant'anni ha posto in chiara evidenza, si sviluppano le tematiche attinenti la partecipazione delle classi subalterne al conflitto totalizzante.
Dall'entusiasmo più o meno condizionato delle prime settimane di guerra fino alla cupa depressione apportata nei mesi seguenti e per gli anni successivi dalle contingenze dello stato di guerra, il filo della memoria si snoda seguendo la gente comune nel proprio vissuto quotidiano, al fronte come nelle famiglie, nelle campagne e nelle fabbriche di Calcinato e delle sue frazioni, nelle dinamiche del rapporto tra cittadini ed autorità, tra militari e civili, e tra le stesse autorità civili con quelle militari.
Dimensioni private e pubbliche, drammi personali, familiari e collettivi che il tempo sembrava aver rimosso dalla memoria si intrecciano presentandoci una dimensione del “paese in guerra” nella quale si evidenziano elementi di rottura e continuità, formazioni di “memorie divise” dal solco di diverse e contrapposte interpretazioni e di quanto l'evento in sé ha lasciato nella società.
I risultati ottenuti dell'aver riannodato questo filo che collega le diverse storie e rielaborazioni, alla ricerca di nessi logici che spieghino il cammino percorso dalla società anche negli anni successivi, senza indulgere in timori reverenziali o dover compiacere alcuno, appagano la volontà di continuare ad operare in questo modo per meglio comprendere.
Dimensioni private e pubbliche, drammi personali, familiari e collettivi che il tempo sembrava aver rimosso dalla memoria si intrecciano presentandoci una dimensione del “paese in guerra” nella quale si evidenziano elementi di rottura e continuità, formazioni di “memorie divise” dal solco di diverse e contrapposte interpretazioni e di quanto l'evento in sé ha lasciato nella società.
I risultati ottenuti dell'aver riannodato questo filo che collega le diverse storie e rielaborazioni, alla ricerca di nessi logici che spieghino il cammino percorso dalla società anche negli anni successivi, senza indulgere in timori reverenziali o dover compiacere alcuno, appagano la volontà di continuare ad operare in questo modo per meglio comprendere.
Ciò, con l'auspicio di permettere un confronto culturale su queste complesse problematiche e contestualizzare il dibattito sulle radici nelle quali affonda la nostra coscienza sociale, rimuovendo falsi miti e luoghi comuni attraverso principi di riflessione critica, fornendo un seppur modesto
contributo alla conoscenza storica, indispensabile strumento di elevazione civile per un paese ed una società che non dovrebbero temere di mettersi in gioco analizzando criticamente il proprio passato.
Mauro Pellegrini
contributo alla conoscenza storica, indispensabile strumento di elevazione civile per un paese ed una società che non dovrebbero temere di mettersi in gioco analizzando criticamente il proprio passato.
Mauro Pellegrini
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