Nel 1972, in pieno fermento culturale, quando il dibattito sull'archeologia industriale era affermato su solide posizioni condivise, la retrogurdia amministrativa della DC Calcinatese decideva che era cosa buona e giusta sbarazzarsi dell'imponente mole della Filanda Liloni, dei suoi stabili e della sua ciminiera, per lasciar spazio a 3 condomini in abuso, parcheggi, stradine, marciapiedi e aiuoline.
Quasi tutto il comparto industriale ai piedi della collina del castello sparisce. Pochi anni dopo la stessa sorte viene riservata alla ex Scattolin, speculare rispetto al canale, oggi interrato e dimenticato. Questa demolizione scardina la logica insediativa dle paese, liberando terreni buoni per un villaggetto di villettine senza qualità e i già citati condomini sui quali la giustizia intervenne a suo tempo.
La memoria collettiva è ancora molto forte sul tema della Filanda, che tra le due guerre offrì imiego a molte donne del paes ee dei dintorni; ma la sua immagine ci è miracolosamente giunta grazie alle fotografie dell'archivio Negri di Brescia.
Mentre la Fondazione Micheletti si batteva (e si batte) per la salvaguardia della storia materiale e locale e una figura come Eugenio Battisti, studioso eclettico e pioniere, in Italia, della salvaguardia del patrimonio diffuso pubblicava i suoi articoli e studi ed aveva visibilità internazionale, Calcinato distrugge l'unica emergenza architettonica di indiscutibile valore sul suo territorio, l'elemento che, tra l'altro, la connotava come comunità.
Unico superstite lo stabile ad est della biblioteca, di recente oggetto di trasformazione sulla testata.
Unico superstite lo stabile ad est della biblioteca, di recente oggetto di trasformazione sulla testata.
Auspichiamo che il Comune si proponga per l'acquisto dell'immobile, oggetto di inestimabile valore storico e strategico (oltre ad essere in centro al paese e disposto su 3 piani è limitrofo alle attrezature pubbliche e quindi loro naturale ampliamento).
Proviamo solo per un attimo ad immaginarci la Filanda ancora esistente; e non com'era dov'era come stupidamente accuserebbero i falsi progressisti. Ma opportunamente trasformata sede di uffici comunali, che da anni necessitano di ampliamento (scelte che sono costate fior di quattrini alla collettività con l'acquisto dell'albergo adiacente il comune e la concessione di folli diritti edificatori all'area limitrofa), sede di una biblioteca degna di questo nome, con spazi per le associazioni, sale civiche, auditori, piazze pubbliche protette, luoghi di ritrovo per la vita comunitaria. Apriamo gli occhi e guardiamo invece le speculazioni e gli abusi realizzati; dove sta il senso del favorire gli interessi di pochi, specie di fronte ad esiti che manifestano ignoranza, incapacità e senso dell'orrido?
Quello che più fa rabbia è che dietro a tali scelte non c'è un preciso indirizzo culturale o politico (sul quale, benchè distanti potremmo controbattere); in assenza di alternative potremmo anche comprendere (senza giustificare, ovviamente, e gridando a gran voce la nostra) l'interesse nel favorire delle volontà private. Ma evidentemente, visto che le alternative c'erano e ci sono, ci troviamo di fronte a scelte casuali, sommarie, illogiche, ingiustificabili, ignoranti. La linea politica che 35 anni fa decise di demolire la filanda è la stessa di quelli che a metà anni ottanta si facevano belli di aver compromesso l'integrità formale e materica della torre civica e oggi, a suon di varianti al PRG per distruggerlo nella sua componente di tutela, si dicono paladini della storia.
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