Il popolo siriano è vittima quotidiana delle peggiori atrocità in una guerra
civile che - secondo le Nazioni Unite – ha già fatto centomila morti e
milioni di sfollati.
La situazione in Siria è drammatica, ma un intervento militare non servirà a
pacificare il Paese. L’ultimo decennio ha mostrato che le guerre alimentano
ed esasperano violenza e fondamentalismi di ogni tipo. E’ sufficiente
guardare la Libia, l’Afghanistan, o l’Iraq “pacificato”, dove attentati e
vittime civili continuano a essere all’ordine del giorno nell’indifferenza
generale.
La guerra causa sempre vittime innocenti: più del 90 percento civili inermi.
Per questi motivi l'Italia ripudia la guerra. E la Costituzione non dice che
l’Italia può cedere sovranità per fare guerre ma, anzi, afferma che il
nostro Paese pur di assicurare pace e giustizia tra le Nazioni è disposta a
“cedere parte della sua sovranità”.
Nessuno lavora sulla prevenzione dei conflitti e sul rispetto dei diritti
umani, l’unica vera via per costruire la pace. Al contrario, la storia ci
insegna che le grandi potenze soffiano sul fuoco per alleanze politiche o
interessi economici, anche legati alla vendita di armi, ignorano le
violazioni di diritti umani quando queste vengono commesse dai propri
alleati.
Sarà il popolo siriano a fare le spese del prossimo intervento militare.
Quel popolo ha bisogno della comunità internazionale, ma non dall’alto di un
bombardiere: ha bisogno che sia la diplomazia, in tutte le sue facce, a
farsi avanti, a costruire un tavolo di proposte con dei mediatori davvero
credibili. Ha bisogno che la comunità internazionale smetta di considerare
la guerra come opzione possibile: per costruire la pace è necessario
praticare i diritti.
Un intervento armato non porterà soluzioni, ma un crescendo di lutti e
disastri.
L'Italia si metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si
chiami fuori da questa guerra, chiunque decida di farla.
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