Da mesi a Genova è in atto una mobilitazione partita dai
lavoratori del porto, che ha impedito l'imbarco di materiale bellico diretto
in Arabia Saudita e destinato alla guerra in Yemen. Analoghe
manifestazioni a sostegno del blocco del traffico di armi si sono svolte
in altri porti europei - Bilbao, Le Havre, Marsiglia - contro le navi della compagnia saudita Bahri, che rifornisce di armi e
mezzi militari tutto il Medio Oriente.
I venti di guerra però non si
sono fermati né in Siria, né in Libia, né in Iraq: conflitti sanguinosi quotidianamente mietono vittime,
devastano territori, spingono migliaia di persone ad abbandonare i loro
paesi per emigrare. Il complesso militare industriale è tra i molti
responsabili di questa escalation, in combutta con governi sempre pronti
ad approvare politiche di saccheggio verso le risorse naturali in varie
zone del mondo. Il combinato disposto con una crisi economica non risolvibile all'interno del sistema capitalista rende la
guerra una costante nelle nostre società. Fermarli però è possibile,
cominciando dai territori.
Oggi a Genova arriva una nuova nave carica di
armi, la Bahri Yanbu. I lavoratori chiamano tutta la città solidale
a unirsi a loro per bloccare l'ennesimo traffico di morte. Chiediamo a
tutti i lavoratori, ai cittadini, ai sindacati e alle forze politiche di
sostenere questo blocco trasformando la giornata in un'azione nonviolenta contro la guerra e per la pace. Dalla produzione
bellica alla sua logistica, dalle basi militari ai centri di ricerca,
l'ingranaggio bellico è ampio e diffuso e permette a chiunque e
dovunque di agire per opporvisi: la guerra è un crimine contro l'umanità.
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