martedì 21 gennaio 2020

Trovate 17 lettere di caduti calcinatesi nella prima guerra mondiale

C'era chi scriveva alla moglie per chiederle, come nella canzone-simbolo di quella carneficina, di tenergli da conto i bambini e chi si informava apprensivo di come andava l'attività lavorativa che aveva dovuto lasciare al paesello, chi provava con vergogna a raccontare le tragedie del mestiere di cecchino alla sua maestra elementare e chi si soffermava sugli agghiaccianti particolari della vita quotidiana in trincea.
È uno spaccato alquanto eterogeneo ma caratterizzato dalla descrizione di quanto fosse orribile vivere il primo conflitto mondiale quello che emerge da un corpus di 17 lettere inedite di caduti calcinatesi dal fronte, che verrà presentato dallo storico Silvio Ferraglio venerdì 24 gennaio alle ore 20.30 all'Auditorium Don Bertini a Calcinato, per iniziativa del locale gruppo dell'Associazione Nazionale Alpini.
La serata prende il titolo dalla citazione di una di queste epistole, “Vorrei tanto rivedere un arcobaleno”. A leggerle saranno, insieme a Ferraglio, gli attori Giancarlo Bellini e Osvaldo Romano. Gli originali delle missive - mai consegnate ai destinatari - sono custoditi in parte all'Archivio Storico Militare per l'Alta Italia di Bologna e in parte all'Archivio storico di Cremona. 
Singolare è la lettera di uno di questi sfortunati soldati morti nella prima guerra mondiale, Attilio Colombini, un figlio di N.N. ritrovato a Calcinato il 4 aprile 1899, allevato in orfanotrofio, partito volontario per necessità a 17 anni, arruolato come alpino nel battaglione Edolo e caduto dopo pochi giorni mentre era impiegato come staffetta. La cartolina postale è indirizzata all'orfanotrofio Ferretti di Castiglione delle Stiviere: "Ci scrivo per dirvi che sto bene e qua tuti mi tratano bene e mi dano da mangiare tre volte al giorno e quanto. ciò a una bela divisa ma a me non mi fa fare gnente non o gnanca il fusile sono la stafeta del signor capitano. Prima viene Dio e poi il signor capitano e dopo tanto gli altri uficiali e dopo tanto ma tanto prope a noi alpini il signor capitano a dito bravo a me e mi a dato mezo franco che non o mai visto tante palanche tote ensema e anca la ciocolata e io fato gnent salito di corsa a la piana dal tenente col foglio del sr capitano e i striaci sparavano male e gnanca schiato e mi sono tolto la zuba e il capel e anca le scarpe che si cor meglio ensoma sto bene".
“Le Regie Poste Italiane durante il conflitto sono riuscite a consegnare l'iperbolica cifra di quattro miliardi di lettere” spiega Ferraglio. “Con una media giornaliera di 3.127.124 missive, naturalmente la preminenza era lasciata ai vivi. Perché queste lettere rimasero inevase? La risposta sta nel fatto che erano talmente antiretoriche da sconsigliarne l'inoltro dal momento che cozzavano contro l'immagine ufficiale della guerra così come la propaganda andava costruendola”.
Flavio Marcolini

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