Noto per le sue iniziative di cooperazione
con i paesi in via di sviluppo, Gesualdi ha attraversato da protagonista gli
ultimi decenni della vita sociale italiana. Nato nel 1949 nei pressi di Foggia,
ha frequentato la scuola popolare di Barbiana, condotta da don Lorenzo Milani
(è lui il Francuccio al quale sono indirizzate numerose lettere nonché il
testamento spirituale del priore). Attivo nel movimento del ‘68 come
sindacalista, nel ’70 entra in fabbrica come operaio. Dopo un paio d’anni è
insegnante a tempo pieno alla “scuola di servizio sociale” di Calenzano. In
seguito compie missioni sociosanitarie e agroalimentari nel Terzo mondo,
operando con la moglie nel Bangladesh. Tra i suoi volumi più noti, oltre ai
contributi nella stesura della celebre “Lettera a una professoressa”, si
ricordano “Signornò” (una storia di naia pubblicata nel ’73 da Guaraldi che
vendette 25 mila copie in pochi mesi) e il manuale alternativo “Economia:
conoscere per scegliere”.
A Vecchiano, in provincia di Pisa, dirige il
Centro nuovo modello di sviluppo,
coordinamento nazionale del movimento dei “consumatori critici” nei
confronti degli iniqui meccanismi che regolano i rapporti fra i produttori del
Sud del pianeta e i distributori delle merci.
Di
fronte ai diktat della finanza internazionale, Gesualdi non crede che l'unica
cosa che si possa fare sia stringere la cinghia e pagare. In pagine di
avvincente lettura ricostruisce la storia del fenomeno, mostrando come il
debito non nasca da una serie di sfortunate circostanze e di errori di
pianificazione, ma da una precisa e condivisa strategia, orientata a contenere
il conflitto sociale e a rafforzare la posizione di rendita di un apparato
bancario e finanziario dall'appetito insaziabile.
Alla lunga quella strategia ha mostrato la corda, com'era prevedibile, e
a quel punto le forze della finanza globale l'hanno denunciata come la
disinvolta iniziativa di governi inclini allo sperpero. E soprattutto l'hanno
duramente sanzionata, imponendo il ricorso a misure di austerity destinate a
impoverire ulteriormente larghi strati della popolazione.
Sfuggire al
ricatto della finanza internazionale, per l'economista toscano, è possibile
solo ristrutturando, anziché onorare ciecamente, il debito degli stati sovrani,
prestando maggior attenzione alle esigenze dell’ambiente e ai reali bisogni
delle persone.
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