sabato 9 marzo 2024

Gianni Alessi ricorda il suo 28 maggio 1974

Oggi a Montichiari verrà inaugurato il quarto plesso dell'Istituto statale "Don Milani", intitolato al “28 maggio 1974”. Quel giorno per le ore 10 era stata indetta in Piazza della Loggia a Brescia una manifestazione sindacale per protestare contro la violenza fascista allora dilagante. Alle 10.12 una bomba contenente almeno un chilogrammo di esplosivo squarciò la piazza piena di gente, provocando 8 morti e 102 feriti. I nomi dei caduti - Giulietta Banzi, Livia Bottardi, Clementina Calzari, Euplo Natali, Luigi Pinto, Bartolomeo Talenti, Alberto Trebeschi e Vittorio Zambarda - sono scolpiti nella memoria civile del nostro Paese.
Di fronte ai tentativi di chi cerca di mistificare i connotati politici di quei compagni, facendoli passare per individui casualmente coinvolti nella strage o semplici passanti, è necessario ricordare il senso del loro impegno. 
Lo facciamo dando la parola a uno dei testimoni oculari, il nostro Gianni Alessi, da 50 anni militante della Cgil, allora come operaio oggi come pensionato.
Avevo 18 anni, di giorno lavoravo in fabbrica e la sera studiavo al corso per disegnatore meccanico alla “Moretto” in città. Come tanti, avevo raccolto l’invito di Cgil, Cisl e Uil a manifestare contro l’aria che tirava in quei mesi: decine le aggressioni e attentati fascisti alle sedi dei partiti democratici, dei gruppi giovanili, delle scuole superiori.
Quella era una delle mie prime manifestazioni. In piazza c’ero arrivato con un compagno e allo scoppio ci trovavamo sotto i portici all’altezza della gioielleria, a pochi metri dal cestino dei rifiuti dove era stato collocato l’ordigno, proprio dalla parte opposta del pilastro che ci ha protetti e resta tuttora scheggiato vicino alla stele che ricorda l’eccidio.
Fu sconvolgente. Ricordo ancora bene l’odore di carne bruciata e di polvere esplosiva, in una piazza fattasi improvvisamente cupa. Mi fermai solo pochi minuti perché volli correre a telefonare ai miei genitori per informarli della tragedia. Poi, seguendo le indicazioni degli organizzatori, in diversi cortei ci dirigemmo a migliaia verso i nostri luoghi di lavoro, io alla Sant’Eustacchio. Quelli seguenti furono giorni di mobilitazione generale: fino al giorno dei funerali la piazza si trasformò in un presidio democratico permanente, autogestito dai lavoratori bresciani; anch’io partecipai ai turni di presenza insieme con i miei compagni.
Dedicare un edificio di una scuola come il “Don Milani” a quella tragica data è un modo efficace per ricordare a tutti che non si possono confondere vittime e carnefici, che studiare quella storia è necessario per evitare il ripetersi di nuovi e più orribili massacri, che chi è morto quel mattino era in piazza per difendere e trasmettere ai giovani valori che non moriranno mai, come la giustizia sociale e la libertà.

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