Stampa e Tv disegnano il quadro di un’Ucraina
povera ma democratica che si dibatterebbe nelle grinfie dell’orso russo
che, dopo avere strappato la penisola di Crimea, se la vorrebbe mangiare
tutta. Ma la storia dei rapporti tra Russia e Ucraina è tutt’altro che
lineare. E l’Europa sembra avere dimenticato storia, geografia e
politica
L’Europa non è certo nata in chiave antiamericana ma,
date le dimensioni e il numero degli abitanti, almeno come grande
mercato autonomo e con una moneta forse concorrenziale; e per alcuni
anni questo è stata. Ma da qualche tempo ha sottolineato in modo
sbalorditivo un ruolo che una volta si sarebbe detto “atlantico”. Non
più sotto il vessillo anticomunista, il comunismo essendo scomparso da
un pezzo, ma antirusso.
Qualche anno fa, Immanuel Wallerstein mi
diceva che, spento ogni scontro ideologico, le nuove guerre sarebbero
state commerciali. E quale altro senso dare al conflitto in corso a
Kiev? Esso sembra avere per oggetto l’identità nazionale dell’Ucraina.
Eccezion fatta per il manifesto, tutta la stampa e le tv
disegnano il quadro di un’Ucraina povera ma democratica che si
dibatterebbe nelle grinfie dell’orso russo; il quale le ha già strappato
la penisola di Crimea e se la vorrebbe mangiare tutta. Manca poco che
la Russia non sia definita un nuovo terzo Reich. In occasione del
settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia, il presidente
francese Hollande è stato accusato di aver invitato alle celebrazioni
anche Putin - come se la battaglia di Stalingrado non avesse permesso
agli Stati Uniti il medesimo sbarco, distraendo dal Nord Europa il
grosso della Wehrmacht - nello stesso tempo invitando niente meno che
dei reparti tedeschi a partecipare alla rievocazione del primo
paracadutaggio alleato sul villaggio di Sainte-Mère-l’Eglise.
Da
qualche giorno poi sappiamo che gli Stati Uniti, neppure il presidente
Obama, ma il suo ex rivale Mc Cain - hanno ammonito la Bulgaria, la
Serbia e gli altri paesi coinvolti in un progetto di gasdotto per
trasportare il gas russo in Europa (con un tracciato che evitava
l’Ucraina, perché cattiva pagatrice) a chiudere i cantieri in corso,
preferendo un nuovo tragitto attraverso l’Ucraina a quello diretto per
l’Europa occidentale. Stupore e modeste proteste di Bruxelles, convinta
che si tratti di una minaccia simbolica. Che tuttavia va inserita nel
quadro di un cambiamento delle esportazioni Usa, ormai indirizzate al
commercio del gas di scisto, per altro non ancora avviato.
L’Europa
teme dalla Russia rappresaglie per avere applaudito all’abbattimento
del presidente ucraino filorusso Yanukovic da parte delle forze (piazza
Maidan) che sono ora al governo a Kiev. Ma la storia dei rapporti tra
Russia e Ucraina è tutt’altro che lineare. Il principato di Kiev è stato
la prima forma del futuro impero russo, annesso da Caterina II alla
Russia verso la metà del XVIII secolo, stabilendo in Crimea la sua più
forte base navale. La sua cultura, il suo sviluppo e i suoi personaggi,
da Gogol a Berdiaev, sono stati fra i protagonisti della letteratura
russa del XIX secolo. L’intera letteratura russa resta segnata dalla
guerra fra Russia, Inghilterra e Francia, che hanno cercato di mettervi
le zampe sopra: si pensi soltanto a Tolstoi e alla topografia delle
relative capitali ricche di viali e arterie che la commemorano
(Sebastopoli). Ma il paese, che all’origine era stato percorso, come
l’Italia, da una moltitudine di etnie, dagli Sciti in poi, ha stentato a
unificarsi come nazione, distinguendosi per lotte efferate e non solo
ideali fra diversi nazionalismi, spesso di destra. Il culmine è stato
nella prima e seconda guerra mondiale: nella prima sotto la presidenza
di Petliura, nazionalista di destra, quando l’Ucraina è stata l’ultimo
rifugio dei generali “bianchi” Denikin e Wrangel, con lo scontro fra lui
e la repubblica sovietica di Karkov. Solo con la vittoria definitiva
dell’Urss si è consolidata la Repubblica sovietica nata a Karkov,
destinata a diventare negli anni trenta il centro
dell’industrializzazione. Industrializzazione sviluppatasi
esclusivamente all’est (il bacino del Donbass, capoluogo Karkov), mentre
l’ovest del paese restava per lo più agricolo (capoluogo Kiev, come di
tutta la repubblica); e questo rimane alla base del contenzioso fra le
due parti del paese. Nella seconda guerra mondiale, poi, l’occupazione
tedesca ha incontrato il favore di una parte del panorama politico
ucraino, un’eredità evidentemente ancora viva nei recenti fatti di
piazza Maidan: il partito esplicitamente nazista circola ancora e non è
l’ultima delle ragioni per cui il paese resta diviso fra la zona
orientale e quella occidentale. Nel secondo dopoguerra, Kruscev dette
all’Ucraina piena autonomia amministrativa, Crimea compresa, senza
alcuna conseguenza politicamente rilevante perché restava un processo
interno all’Unione Sovietica.
È soltanto dal 1991 e dal crollo
dell’Urss che, anche su pressione polacca e lituana, il governo
dell’Ucraina guarda all’Europa (e alla Nato) e incrementa lo scontro con
la sua parte orientale. Sembra impossibile che in occidente non si sia
considerato che l’Unione Sovietica non era solo una formula giuridica:
scioglierla d’imperio e dall’alto, come è avvenuto nel 1991, significava
creare una serie di situazioni critiche sia nelle culture che nei
rapporti economici che attraversavano tutto quel vasto territorio. Da
allora, Kiev non ha nascosto di puntare a un’unificazione etnica e
linguistica anche forzosa delle due aree, fino a interdire l’uso della
lingua russa agli abitanti dell’est cui era abituale.
L’Europa e
la Nato non hanno mancato di appoggiare le politiche di Kiev, e poi
l’insurrezione contro il presidente Yanukovic assai corrotto, costretto a
tagliare la corda in Russia. Ma la zona orientale non lo rimpiange
certo: non tollera il governo di Kiev e la sua complicità con la Nato,
ma non perché abbia nostalgia di questo personaggio. Si è rivoltata
contro la politica passata e recente di Kiev che ha tentato perfino di
impedire l’uso della lingua russa, usata dalla maggioranza della
popolazione all’est. L’Europa e la Nato, appoggiate da Polonia e
Lituania, affermano che non si tratta di un vero e spontaneo sbocco
nazionalista, ma di una ingerenza diretta della Russia, e così dicono
stampa e televisione italiana. Non c’è dubbio che la Russia abbia voluto
il ritorno della Crimea nel suo grembo, ma la proposta dell’est di
andare a una federazione con l’ovest, garantendo l’autonomia di tutte e
due le parti, è stata bocciata da Kiev e dal governo degli insorti. La
decisione di votare in un referendum all’est contro Kiev è stata presa
non da Putin, messo in imbarazzo, ma dalla popolazione dell’est che ha
votato in questo senso al 98%. Non si tratta di un processo regolare
(non accetteremmo che l’Alto Adige votasse una delle prossime domeniche
la sua appartenenza all’Austria, senza alcun precedente negoziato
diplomatico), ma non è stato neppure una manovra russa come l’Europa
tutta ha sostenuto.
È sorprendente che perfino il poco che resta
delle sinistre europee abbia sposato questa tesi e che in Italia le
riserve di Alexis Tsipras sulle politiche di Bruxelles non abbiano
alcuna eco. C’è perfino chi evoca in modo irresponsabile azioni armate
contro Mosca. La deriva dei conflitti, anche militari, e non solo in
Ucraina, rischia di segnare sempre di più un’Europa che ha dimenticato
storia, geografia e politica.
Rossanda Rossanda, www.sbilanciamoci.info, 29 giugno 2014
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