Con la
sentenza emessa lunedì 23 settembre la seconda sezione bresciana del Tar,
presieduta da Giorgio Calderoni, ha respinto il ricorso proposto da Aprica spa
contro il Comune di Calcinato nei confronti di Garda Uno spa per l'annullamento
di due deliberazioni consiliari del 13 dicembre 2012, quella con la quale era
stato affidato alla società di Padenghe il servizio di igiene urbana, raccolta
e trasporto rifiuti per 15 anni, e quella che autorizzava l’acquisto dello 0,1%
del capitale di Garda Uno spa per un importo pari a 10mila euro.
Il
Comune di Calcinato, dopo aver praticato negli ultimi anni l’esternalizzazione
della gestione del servizio di igiene urbana con l'affidamento proprio ad
Aprica, aveva deciso di affidare il
servizio in house, con la
scelta di aggregare il territorio comunale all’ambito già servito da Garda Uno.
Ciò è stato inteso dal Tar “come una forma di attuazione anticipata del
principio in base al quale lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di
rilevanza economica è organizzato in modo unitario all’interno di ambiti o
bacini territoriali ottimali e omogenei, tali da consentire economie di
scala”. Fra l'altro”le ragioni che
rendono possibile l’affidamento in house
sono state esplicitate dal Comune tramite apposita relazione” e “Garda Uno spa
opera in regime di equilibrio economico-finanziario e non applica alcun margine
di utile finalizzato a produrre dividendi”.
Successivamente all’adozione delle
deliberazioni impugnate, ma prima dell’udienza che ha deciso la causa, “il
consiglio di amministrazione di Garda Uno spa ha approvato il 16 aprile 2013
alcune modifiche statutarie e il contestuale patto parasociale che rafforzano
in modo significativo il ruolo dei soci minoritari e ultraminoritari”.
In particolare “viene introdotto un comitato
di coordinamento, diretta espressione della popolazione degli enti locali, che
partecipa alle riunioni dell’organo amministrativo ed esprime pareri da cui
l’organo amministrativo può discostarsi solo con congrua motivazione (hanno
diritto di nominare un componente (su sette) del comitato i comuni e i
raggruppamenti di comuni che rappresentino almeno il 15% della popolazione
residente) e i firmatari del patto parasociale si impegnano a votare in
assemblea, su questioni che riguardano i servizi prestati in uno specifico comune,
in conformità alla volontà espressa dal comune direttamente interessato”.
“Tali innovazioni – osserva il Tar - da un
lato attribuiscono rilievo direttamente alla popolazione e dall’altro assicurano a ciascun comune il ruolo di dominus nelle decisioni circa il
frammento di gestione relativo al proprio territorio. Si può quindi considerare
pienamente dimostrata l’attuale esistenza di un controllo analogo esteso anche
ai comuni con partecipazioni sociali minime”.
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