da tempo pensiamo ad uno studio strutturato del patrimonio storico artistico, della memoria collettiva, della storia del lavoro e della cultura materiale. nel solco delle teorie di fernand braudel e dell'idea riegliana del kunstwollen collettivo, riteniamo che ogni frammento delle trasformazioni che l'uomo ha operato sul suo territorio abbia dignità di testimonianza. talvolta si presentano delle emergenze in questo tessuto fitto, denso di significato e valore. e su di queste voleva posarsi la nostra attenzione.
ma negli ultimi anni ci troviamo coinvolti in una situazione di rincorsa continua. sotto i nostri occhi vengono demoliti e cancellati numerose permanenze, capisaldi di quella che è la struttura e l'assetto morfologico del nostro paese; questo
a partire dalla folle scelta di demolire la Filanda, nei primi settanta, destrutturando il rapporto tra l'abitato e i suoi rapporti con l'orografia e lo schema delle acque superficiali (dando tra l'altro il là per un uso stupido e speculativo de suolo), fino ai fatti recenti delgi ultimi 2/3 anni.
perdere questi pezzi di patrimonio non significa solo distruggere fisicamente degli edifici, dei luoghi, degli spazi, delle memorie; diviene metafora di un atteggiamento culturale (se così possiamo definirlo) facilemnte traslabile a tutti i campi e settori.
incentrati su una cultura di retroguardia, che incapace di confrontarsi con la contemporaneità rifugge nella simulazione di linguaggi passatistici, reazionari, dal gusto strapaesano di tafuriana memoria, i nostri amministratori mortificano le discipline e le qualità della modernità, impossibilitate ad esprimersi, non solo attraverso le forme che le sono proprie, ma anche nei loro strumenti e metodi analitici, propedeutici ad una trasformazione (consapevole) in un'ottica gadameriana.
nel frattempo non sanno riconoscere il patrimonio enorme lasciatoci dai nostri antenati, dalle produzioni materiali, fino ai nomi assegnati ai luoghi.tutto questo viene velocemente distrutto; e non certo per lasciare spazio a qualcosa di migliore; nè tantomeno di progettuale, contemporaneo .
Nella fotografia sopra riportiamo la ciminiera della fornace Marcoli di Ponte San Marco, costruita del 1906 da una delle più importanti famiglie dell'imprenditoria laterizia del del nord italia. Resistita a 2 guerre mondiali, a terremoti, alla costruzione dell'autostrada e scampata al tracciato TAV TAC, è stata mozzata due anni fa senza alcun motivo.
Memoria della fatica e del lavoro, orgoglio della tecnica, componente fondamentale dello skyline del paese, la possiamo ammirare oggi monca, dimezzata, castrata. senza scomodare deleuze, ruskin o i teorici della conservazione, semplicemnte prendiamo atto, impotenti (l'autorizzazione non venne presentata in nessun organo ufficiale) della distruzione della nostra storia.
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