Siamo nei tre giorni della merla, i giorni più freddi dell'anno e da
stamattina c'è un vento razzente che sibila ad altezza del barbozzo e
toglie ogni aspettativa estiva a chiunque sogni i raggi del sole.
La
merla della leggenda aveva anche lei un freddo dell'ostia e così insieme
ai suoi piccini, che formavano una bella e bianca tribù, andò a
sistemarsi il 29 al calduccio dentro un camino da cui uscirono tre
giorni dopo neri per la fuliggine e da quel giorno tutti i merli rimasero
neri come il calì, che non so cosa significhi ma è anch'esso un detto
delle mie parti.
Le tradizioni popolari, soprattutto quelle tramandate
di voce in voce e raccontate ai bambi come leggende, hanno il fascino
della bellezza antica e evocano nostalgie mai sopite dell'unico tempo in
cui siamo stati tutti felici.
Stamattina, appena svegliato, con l'unico
occhio che mi funziona, ho visto un merlo ripararsi sotto una piantina
fuori dai vetri e lo sapevo perché era venuto: per ricordarmi che questi
erano i tre giorni suoi, in cui andava corteggiato e portato in palmo
di mano. Poi, così com'era venuto, tutto a un tratto, leggero e
spensierato, è volato via.
Giorgio Mora
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